Ok, ricapitoliamo:
- 1989: esce quel capolavoro che è The Killer di John Woo.
- 1992: Walter Hill scrive un remake di The Killer per la TriStar, con l’idea di dirigerlo e appioppare il ruolo dei protagonisti a Richard Gere e Denzel Washington. Passano gli anni, e non succede.
- 1999: a cinque anni dall’ultimo disco, Axl Rose annuncia in un’intervista che il prossimo album dei Guns’N’Roses si chiamerà Chinese Democracy. Passano gli anni, e non esce niente.
- 2003: gli Offspring annunciano che il loro nuovo album si chiamerà Chinese Democracy: You Snooze, You Lose (espressione che tradotta è l’equivalente di “chi va a Roma perde la poltrona”). Axl li denuncia. Non avrebbe avuto le basi, ma gli Offspring fanno sapere che si trattava solo di uno scherzo e cambiano titolo senza fare storie.
- 2007: viene annunciato un remake di The Killer, una produzione coreana ambientata a Los Angeles, con John Woo a produrre e John H. Lee a dirigere. Non se ne fa nulla.
- 2008: dopo nove anni di attesa esce finalmente Chinese Democracy dei Guns’N’Roses, nella semi-indifferenza generale, in un panorama musicale che non sa cosa farsene di un disco dal sound troppo evoluto dai Guns classici per piacere ai fans ma allo stesso tempo troppo datato per piacere a qualcun altro.
- 2015: John Woo annuncia un remake di The Killer diretto da se stesso. Segue silenzio.
- 2019: qualcosa si muove, nel senso che viene annunciato che si tratta di un gender swap con Lupita Nyong’o. Segue silenzio.
- 2023: la gente si stufa, ed esce un film coreano intitolato The Killer. Non ha nulla a che fare con quello di John Woo. Pochi mesi dopo esce pure un film hollywoodiano intitolato The Killer. Nemmeno questo ha nulla a che fare con quello di John Woo. Nessuno dei due ha comunque la prontezza di spirito di chiamarsi The Killer: You Snooze, You Lose. Non vengono denunciati. Escono.
- 2024: all’improvviso, come se nulla fosse, e con Nathalie Emmanuel al posto di Lupita Nyong’o, John Woo butta finalmente fuori il suo autoremake hollywoodiano. È il terzo film intitolato The Killer in poco più di un anno, ed esce in un momento storico in cui a nessuno sembra interessare cosa faccia John Woo, specie visto che i suoi ultimi film erano stati Manhunt e Silent Night. Esce direttamente in streaming, per una piattaforma non povera ma nemmeno titolatissima come “Peacock”. Non si sa nulla di una distribuzione italiana. Non ne parla nessuno.
SIGLA!
Andiamo a bomba su uno dei temi principali: il famigerato “gender swap”.
Allora: per anni si è discusso di come il rapporto tra Dumbo e Topolino (vorrei vedere in questo momento la fazza di chi legge e non sa che i protagonisti dell’originale – almeno in italiano – durante il film si appioppano il soprannome di Dumbo e Topolino) fosse interpretabile da un pubblico occidentale come omoerotico, e in quanto tale fosse “respingente” per le grandi masse. Questi erano gli anni ‘90.
Oggi probabilmente ci sarebbe la tentazione contraria, ovvero quella di renderlo esplicito e liberatorio.
Ora vi dico la mia personalissima e controversa opinione, la mia hot take: secondo me (tenetevi stretti) è spettacolare così com’è.
Nel senso: è puro melodramma, spinto al massimo. È aperto alle interpretazioni, o meglio: non vuole per forza raccontarti un rapporto omosessuale, vuole provocarti e lasciare che tu ti risponda in totale libertà, in un verso o nell’altro. Non è vigliaccheria del non dire: è il mostrare la sostanza, asessuata, senza stare a metterci un’etichetta sopra, e lasciare che ognuno ci ragioni e decida liberamente come chiamarla se proprio ci tiene. Sia tirarla via che esplicitarla ne toglierebbe il gusto. Trovo sia più divertente così, e John in effetti ci si diverte visibilmente un mondo: del resto ha mano tutt’altro che timida e anzi, si spinge con vero gusto a giocare con sentimenti grossi fottendosene bellamente del rischio del ridicolo.

Colombe: presenti
Però ecco, indovinate cosa fa John nel remake? Tira via tutto.
Fa il gender swap a un personaggio solo, e lo scopo è appunto quello di cambiare la storia, e raccontarne un’angolazione diversa in modo diverso. Con il killer femmina e il poliziotto maschio, e l’aspetto sessuale di nuovo non esplicitato a lasciare che ognuno deduca quel che preferisce se è proprio un hobby di cui non può fare a meno, le differenze evidenziano più il rapporto tra il killer (Nathalie Emmanuel) e la cantante ferita di cui si prende cura (Diana Silvers), piuttosto che quello col poliziotto (Omar Sy) con il quale c’è grande rispetto reciproco ma non la clamorosa unione appassionata di due anime così diverse ma così uguali che caratterizzava l’originale.
Certo, possiamo sicuramente stare qui a ragionare sul fatto che se cambi la storia e togli un elemento chiave e distintivo come questo non è manco più un remake di The Killer ma direttamente un film diverso che avrebbe potuto chiamarsi in un altro modo. Sarebbe più che legittimo. A dirla tutta più che un remake di The Killer questo è quasi leggibile come un sequel di Nikita, se consideriamo un piccolo ruolo per Tchéky Karyo come strizzata d’occhio. Traspare chiaramente però l’idea che John non avesse davvero intenzione di raccontare una storia che ha già raccontato, ma una variante sullo stesso scheletro di partenza. Lo rispetto.

Mexican standoff: presente
Zee è una killer stilosissima, di quelle che prima di ogni missione passano apparentemente tre ore dal parrucchiere per farsi un’acconciatura diversa come se dovessero presenziare al red carpet del nuovo film con Zendaya e Chalamet. Non a caso vive a Parigi. Durante una missione in un night club, ferisce involontariamente una giovane cantante che sta cantando la cover inglese di Piangi con me facendole perdere la vista e, contrariamente agli ordini ricevuti, decide di risparmiarle la vita e proteggerla a costo di scatenare una guerra.
C’è più un senso di identificazione e solidarietà in quel che fa Zee, piuttosto che un Chow Yun-Fat che trattava Sally Yeh come una specie di figura angelicata pura e indifesa discesa dal cielo per instillargli i sensi di colpa. Le fasi del racconto sono un po’ più sfumate e distese. Il rapporto col poliziotto Sey (non servono soprannomi stupidi quando già i nomi di partenza sono stupidi) è forte ma non ha nulla da aggiungere a cose già viste in mille altri film. Il boss di Zee, qui interpretato da Sam Worthington che si gioca la carta dell’accento irlandese come ultimo disperato tentativo di dimostrare un carisma che non ha mai avuto, è comunque un altro personaggio che ci guadagna dal mischiare un po’ le carte. Éric Cantona invece fa l’unica cosa che può fare: la barzelletta. La sceneggiatura, in generale, ricalca poco dall’originale (l’inizio e la fine in chiesa, il mexican standoff di fronte alla cantante ignara anche se in contesto diverso) e cerca una sua onorevole strada.

Matrix ruba da John Woo, John Woo ruba indietro da Matrix
Passiamo al dunque: John Woo è vivo, ma le cose che doveva dire nella vita le ha già dette, e si vede.
Vuole rilassarsi, e togliersi gli ultimi piccoli sfizi. In nessun momento riesce a venderti questo remake di The Killer come qualcosa di necessario che sentiva l’impellente bisogno di raccontare. È solo la voglia di tornare a Hollywood, raccontare le storie che gli piacciono e girare l’azione a modo suo. Tipo portare The Killer a Parigi, così, tanto per chiudere il suo debito con Melville. E per farlo è disposto a scendere a grossi compromessi, perché non c’è budget.
Il cast è già una brutta spia: Nathalie Emmanuel è molto caruccia e non ho niente da obiettare a una che in un anno ha infilato un film da protagonista con John Woo e Francis Ford Coppola, ma non ha esattamente un carisma strabordante. Omar Sy è un simpatico giandone ma quando c’è da entrare in azione è l’esatto contrario di quello che ci si aspetta da un film di John Woo: un maldestro pezzo di legno (cosa su cui la sceneggiatura a un certo punto finisce per essere costretta a scherzare).
John Woo è in quella fase per cui tocca tapparsi il naso davanti a tanta ruggine e mancanza di grinta per poi accontentarsi dell’occasionale guizzo in cui riconosci la mano di qualcuno che, anche al di là della povertà dei mezzi, ha il talento della messa in scena nel sangue. A 78 anni è ormai entrato nella fase “Dario Argento negli anni ‘90”, per capirci. È come vedere Mike Tyson adesso: magari se ti prende bene con un cazzotto ti stende ancora, ma quelle gambette ormai sono rigide.

Questa la state immaginando meglio di com’è
Le scene action attraversano un po’ tutto il range: pilota automatico indistinguibile da un mestierante qualunque; mediocre imitazione di se stesso; riflesso condizionato che lo porta ad aggiustare scene senza guizzi con colpi d’occhio tanto semplici quanto magistrali; momenti di pura danza alla sua maniera che però, visti nel 2024, eseguiti con tale approssimazione e mancanza di grinta, nel migliore dei casi suscitano un sorriso di compassione per i bei ricordi di una volta e nel peggiore sfiorano l’auto-parodia.
The Killer, indipendentemente da qualsiasi confronto, finisce quindi per essere un incrocio di un paio di brutte cose: un pilot televisivo da catena di montaggio, basato su uno spunto meno interessante di quello da cui vuole distinguersi, e un pezzo di antiquariato old school nel senso più noioso del termine. Stilisticamente è ancora troppo simile a ciò che fanno a Hollywood oggi, che dopo averci messo una vita a imparare la lezione di John Woo sono finalmente riusciti a evolversi incorporando un nuovo stile di violenza cinematografica in un altro franchise casualmente incentrato su killer romantici e stilosi come John Wick, per cui non fa ancora l’effetto revival ma sembra soltanto qualcosa che ormai è rimasto indietro.
Ma hey, se siete quelli che sono rimasti contenti di Beverly Hills Cop 4 e magari persino Beetlejuice 2, ho esattamente il verdetto che volevate sentire: non fa venire voglia di cavarvi gli occhi con una forchetta sporca.
Lasciatevi però dire un’altra cosa: anche Chinese Democracy dei Guns’N’Roses, preso a se stesso, non è da buttare.
Streaming-quote:
“Nemmeno il miglior The Killer uscito nell’ultimo anno”
Nanni Cobretti, i400calci.com
Io ho faticato a non addormentarmi durante la visione, e questo, più di tutto mi sembra il peccato capitale che un film di John Woo non dovrebbe potersi permettere. Anche Silent Night era più interessante di questo e le scene di azione erano girate meglio.
“John Woo è vivo, ma le cose che doveva dire nella vita le ha già dette”.
Questo dice tutto riguardo il film, anche se purtroppo è qualcosa che era chiaro da anni. Io pensavo che gli anni novanta non sarebbero finiti mai.
John se devi fare sta roba piuttosto torna a collaborare per un videogame come feci per stranglehold. Altrimenti boh vieni pure tu in Italia e apri una scuola per fondare una nuova Hong Kong in Emilia . Non avrai più le idee e la voglia dei tempi di hard boiled e di a Better tommorow ma sicuramente non hai dimenticato come si fa.
Altrimenti stai a casa che al cinema hai già dato tanto e non serve portare pure schifezze, tanto le fanno già gli altri.😅
…provero’ ad ascoltare Chinese Democracy, anche se per i Guns andavo matto a 14 anni e gia’ Use Your Illusion per me fu una delusione.
Per darti un’indicazione, Chinese Democracy è composto da due You Could Be Mine seguite da dodici November Rain (come tipi di pezzo, non come qualità).
Grazie Nanni, non potevi prepararmi meglio all’ascolto. Aggiungo solo che You Could Be Mine e’ tra le poche cose che salvo di Use Your Illusion mentre November Rain, nonostante l’ottimo assolo finale, per me fu il tradimento di tutto cio’ che amavo dei Guns (fino a quel momento una band verace) e uno dei peggiori videoclip della storia. Pero’ hai fatto bene a ricordare quel disco, almeno un ascolto per affetto glie lo avrei dovuto dare. Triste farlo come sostituto (in termini di tempo) a un film di John Woo
Purtroppo i Guns erano così: Slash voleva essere i Rolling Stones, mentre Axl non sapeva decidersi se essere una versione ancora più violenta dei Dead Boys o una versione ancora più pompata di Elton John.
@Nanni se scrivi di musica da qualche parte ti prego dimmelo che vado subito a leggerti*. E se non lo fai, cazzo, dovresti.
*Non c’e’ bisogno del nome, ti riconoscerei.
Grazie! Scrivevo effettivamente anche di musica prima di fondare i Calci, ma non mi capita di rifarlo da allora credo. Un giorno invado da qualche parte e ricomincio.
Anche no.
Il The Killer di Fincher è tanta roba.
Sto aspettando di dimenticarmelo ancora un po per riguardarmelo con gusto.
A 2 euro su Prime c è invece Silent Night, lo recupero in settimana, con aspettative medie come le birre che ci berrò durante.
Anche per me la noia. Mi sono ritrovato a passare il tempo scommettendo in che momento sarebbero sbucate le colombe in slow motion…
Scopro solo adesso che in realtà in Italia è uscito su Rakuten nel più fragoroso, rimbombante e assordante silenzio…
Rumoroso come un peto di una mosca ad un concerto dei Manowar.
Però Nathalie Emmanuel è più vicino alla gnoccaggine e alla carucciaggine su!
Io mi sono innamorato del cinema con gli action di John Woo. Vederlo rielaborare il suo film-icona, The Killer, sostituendo il personaggio di Chow Yun-Fat con quello di una rachitica dalla pettinatura improbabile è quanto di più autolesionistico e indecoroso poteva combinare questo povero vecchio, che sta chiudendo la carriera mortificando l’epicità e il romanticismo dei suoi capolavori con produzioni indegne. Film come questo attestano l’agonia del genere che proprio Woo ha esaltato, l’action. Non è solo colpa sua certo, ma se si mette a girare questa roba (oltretutto cambia almeno trama e titolo, cazzo!) merita solo l’interdizione perpetua. Che tristezza
Non penso che guarderò questo film, più che altro per il rispetto che nutro nei confronti del maestro John Woo; credo che John Woo più che assomigliare a Dario Argento negli anni ’90, assomigli al maestro John Carpenter; questo film penso che si possa paragonare a The Ward; maestri come John Woo o John Carpenter sono entrati nel paradosso che avendo inventato un genere e uno stile registico che è stato copiato, riadattato e evoluto negli ultimi decenni praticamente da tutti (ma soprattutto in filmacci di serie B o film medi), ora quando questi due maestri vogliono fare un altro film nel loro stile, sembrano uno dei tanti loro emuli che cerca di scopiazzarli.
la sparatoria in ospedale con caricatori infiniti, la scena speculare in laboratorio mi hanno impedito di guardarlo fino in fondo. Per me un grosso zero
Manhunt mi era piaciucchiato, Silent Night non mi aveva fatto impazzire, ma aveva comunque un’idea interessante e 2-3 sequenze d’impatto, questo faccio davvero fatica a salvarlo, un “remake” inutile, noioso e pure fastidioso a tratti.
Spero che il maestro si fermi qui, ha già detto e fatto tutto quello che doveva dire e fare, a meno che non si metta realmente in gioco con qualcosa di totalmente differente, invece che giocare “sicuro” e sedersi sugli allori.