Non vedevo l’ora di parlarvi di questo film. È un film bellissimo, che mette al centro di tutto l’equilibrio creatosi tra persone che vivono sotto lo stesso tetto e quanto questo possa essere turbato dall’arrivo improvviso di un nuovo inquilino, che però non ha caratteristiche umane bensì tecnologiche. Si tratta infatti di un’intelligenza artificiale, dapprima benevola, gentile e servizievole, ma che ben presto si rivelerà ambigua, misteriosa e sinistra. Toccherà ai nostri protagonisti scoprire cosa sta succedendo in un crescendo di azione, avventura, inseguimenti senza sosta, combattimenti, c’è tutto il cinema che ci piace in questo film, senza tralasciare una manciata di inquadrature squisitamente horror. Ma soprattutto c’è un discorso molto sensato e lucido sulle intelligenze artificiali che si potrebbe sintetizzare non tanto con “dipende dall’uso che ne facciamo” ma proprio che se queste finiscono in mani stronze allora finiranno sicuramente per fare cose stronze, però è sbagliato demonizzare a prescindere come fa inizialmente uno dei protagonisti, bisogna invece vincere il pregiudizio, abbracciare le novità e ricordarsi che dietro una qualunque tecnologia ci siamo sempre noi. E siamo sempre noi che facciamo la differenza.
Per cui correte a guardarvi questo film strepitoso, si chiama Wallace & Gromit – Le piume della vendetta, lo trovate da una settimana su Netflix.
E ora passiamo a quella merda di AfrAId.
Di Chris Weitz non abbiamo mai parlato da queste parti, non sorprendentemente: è quello che insieme al fratello Paul ha dato inizio alla saga di American Pie, quello di About a Boy, de La bussola d’oro, quello di New Moon dalla saga di Twilight, che invece sorprendentemente abbiamo coperto. Weitz è però anche quello che a un certo punto ha cominciato ad avvicinarsi sempre di più alla roba che interessa a noi, dapprima scrivendo insieme a Tony Gilroy lo script di Rogue One di Gareth Edwards, e in seguito dirigendo il thriller storico Operation Finale. Poi, oh, stiamo parlando di uno che nella vita ha fatto e continua a fare di tutto, non pensiate che di colpo abbia smesso di sporcarsi le mani con la merda, se la Disney lo chiama per scrivere il remake in live action di un classico d’animazione lui risponde subito sì e ancora sì. Con Edwards tra l’altro ci è tornato purtroppo a lavorare qualche anno fa, scrivendo insieme a lui The Creator, dico “purtroppo” perché la sceneggiatura e i dialoghi erano proprio il problema ENORME di quel film, che era pure bello qui e là quando tutti stavano zitti. Insomma, non è una garanzia Weitz e ho come la sensazione che quando gli è andata bene sia stata una gran botta di culo, eppure il Chris se la sente caldissima sta cosa di voler essere riconosciuto come autore di fantascienza, ha pure scritto una serie di romanzi (The Young World, The New Order e The Revival) ambientati in un futuro post apocalittico in cui dei teenager lottano per sopravvivere in un mondo decimato da una misteriosa malattia. Che gli possiamo dire? Complimenti per l’impegno? Senza dubbio, voglio dire, io manco li ho letti quei libri, magari son belli, però se ti guardi AfrAId che il Chris se l’è scritto, diretto e prodotto, fa quasi tenerezza pensare che dietro c’è una persona che ci crede fortissimo e non un tizio qualunque che passava di lì per caso a cui Jason Blum ha chiesto di fare una roba tipo M3GAN ma senza M3GAN che sto giro non ci sono abbastanza soldi.
In realtà AfrAId con M3GAN ha ben poco a che fare non fosse per il tema che li accomuna delle intelligenze artificiali che si ribellano all’uomo e diventano spaventosamente minacciose. Il film di Gerard Johnstone parlava di responsabilità genitoriali/tutelari, del fatto che quando si sceglie di prendersi cura di qualcuno non esiste che deleghi il fardello a qualcosa di creato appositamente per far stare momentaneamente e superficialmente bene, perché poi toccherà a te salvare quella persona dalla dipendenza che tu stesso hai creato. M3GAN nel fare ciò ha un equilibrio molto ben giocato tra i momenti di locura in cui la bambola assassina dà il meglio di sé – ed è dove Johnstone e Blum non si scordano di non prendersi troppo sul serio – e quelli in cui il film si ferma e in una manciata di dialoghi rende chiare le sue intenzioni – ed è dove Johnstone e Blum non si scordano di inserire quei due o tre layer in più rispetto ad altri film.
AfrAId non è e non fa niente di tutto questo. Il tema centrale qui è la fottuta paura che dobbiamo avere per le intelligenze artificiali di tipo virtuale, punto e basta. Non ci sono sfumature, svolte narrative o una crescita/maturazione da parte dei nostri protagonisti, no, no, qui si passa in rassegna tutto, dal deepfake alla simulazione vocale, ai video falsi che sembrano veri (solo che qui è tutto davvero troppo vero perché ovviamente puoi barare usando il mezzo cinema), un vortice di paure contemporanee al cui interno poterci intrappolare un gruppo di persone e vederle impazzire. Queste persone sono una famiglia (madre, padre, figlia adolescente, figlio di mezzo e figlio piccolo) che viene selezionata da una potente multinazionale per testare una nuova tecnologia per uso domestico: un’intelligenza artificiale che è tipo Alexa ma sotto steroidi e si chiama AIA. Pare infatti ci sia più di una scena tagliata in cui il dispositivo dimostra il suo talento nella lavorazione di vari tipi di carne.
Il problema grosso di AfrAId, oltre a non creare tensione e paura nemmeno se ti metti in ginocchio a pregare davanti allo schermo, è la faciloneria in termini di scrittura dei personaggi a cui Weitz purtroppo ci ha spesso abituati. Non possono nemmeno definirsi tali, sono dei foglietti bloc-notes con sopra due appunti di numero che qualcuno ha preso e lanciato senza vergogna dentro la trama. Come nei peggiori drammi da tinello qui durante le discussioni si sbotta dal nulla in modo irrazionale, senza una vera costruzione della scena, ed è in generale tutto il film ad essere frettoloso, pieno di cambi repentini di atteggiamento nel giro di poco tempo, basta uno scambio di battute, una frase, una parola e siamo già in tutt’altra situazione rispetto a poco prima.
In mezzo a tutto ciò Weitz ci piazza qui e là qualche riferimento pop tra Harry Potter e 2001: Odissea nello spazio e poi a un tratto dal nulla la figlia adolescente scettica nei confronti di AIA chiude una conversazione con il padre dicendo con solennità «Se non stai pagando per un prodotto, allora il prodotto sei TU». Ce lo vedo proprio il Weitz a credersi il più sympa della cumpa con quei “10 punti a Grifondoro” e il più coltissimissimo con la frasona presa paro paro da The Social Dilemma. Ce lo vedo proprio, quello sfigato allucinante mentre si bulla con gli amici per le ingegnose e assolutamente non ruffiane trovate che ha infilato a forza in questo film, voi no?
È tutto così in AfrAId. È tutto giocato molto male, o in modo scontato, o in modo sfigato, come in una brutta puntata di Black Mirror. E la cosa peggiore è che non si tratta di un brutto che diverte, ma di un brutto che annoia. Il peggior brutto che possa capitare.
Per dire, c’è un momento in cui la figlia adolescente viene aiutata da AIA in merito a un finto video che gira sul web in cui si vede lei che fa sesso. Quando poi AIA individua pubblicamente il colpevole e lo denuncia, la ragazza si preoccupa per lui in quanto trattasi del suo partner, che per quanto abbia detto di non averlo fatto apposta e di esserne dispiaciuto, è comunque un pezzo di merda che ha condiviso con gli amici materiale privato senza consenso e in tutta quella situazione ha innanzitutto pensato a come salvarsi il culo. Ma lei è comunque preoccupata per lui e ok, ci sta, reazione coerente, lei è oltremodo buona, comprensiva, paziente… ma anche che due palle! E faccelo vedere un ghigno inquietante di soddisfazione nel vedere il partner che giustamente paga per quello che ha fatto, dacci qualcosa per provare interesse verso questi personaggi Weitz, ti scongiuro!
A fare da cornice infine a questo dimenticabilissimo film vi è come detto poco fa una paura assoluta per le intelligenze artificiali che non vuole sentire ragioni e sceglie di sfociare nel complottismo più becero e nella paranoia più sciatta. “Loro sono ovunque e ci controllano” sembra volerci dire AfrAId, il nostro destino è segnato, il futuro è scritto, signora mia, da qui in poi non si torna più indietro!
Che, di nuovo, magari nelle mani giuste e con la dovuta ironia poteva essere una simpatica puntata di Black Mirror, ma così è solo l’ennesima conferma che Weitz deve lasciar perdere con la fantascienza.
Wurstel Wudy Classico Quote:
«Ahi, ahi, ahi, signor Weitz, mi è caduto sull’AIA!»
Terrence Maverick, i400calci.com
The Young World, The New Order, The Revival… cioè, fa i film contro le AI e poi scrive tre libri di sf intitolandoli come li intitolerebbe una AI annoiata.
L’inseguimento in barca e’ un pezzo action comedy da manuale, ero contemporaneamente esaltato e piegato dal ridere.
Ovviamente parlo di Wallace & Gromit, sti cazzi di sta merda
non hanno usato ChatGPT per fabbricare l’esplosivo che con cui hanno fatto esplodere una Tesla?
L’attacco del pezzo è bellissimo.
E adesso scopro che c’è questo Plex di cui non sapevo niente, interessante!
1) You got me in the first half, gran bella intro Maverick. Il fatto che non si possa andare al cinema a vedere Wallace & Gromit è un’ingiustizia che grida vendetta a gran voce. Per ripicca sono tentato di guardarlo a dorso di mulo, sventolando un jolly roger mentre pesco da un torrente.
2) Coraggioso il design da sedia di vimini shabby chic.
3) Mi pare di capire che in questo caso si infrange la famosa regola: c’è Aia ma non c’è gioia.
4) Pensa che colpo di scena se Weitz avesse fatto produrre lo script a una AI generativa, intascandosi i soldi senza fare nulla, e ora fosse in una stanza buia a fregarsi le mani ripetendosi “Chris, sei un genio!” come Wile E. Coyote (senza poterlo dire a nessuno però, ché mi sa che a Hollywood questa cosa è vietata dopo l’ultimo sciopero degli attori).
Adoro che tutto quanto è stato detto di male su sto film combacia al 100% proprio con quella m3rda di M3gan che invece insistete ad apprezzare.
Sto film non lo ho visto comunque.
@Terrence Non ero convintissimo di vederlo ma dopo questa rece corro a farlo, comunque la buona stop-motion e’ sepre un piacere. Mi spiace solo che non hai messo come sigla A I A – Alien Observer, capolavoro di droni che certo non inficia la lettura dell’articolo… https://www.youtube.com/watch?v=RBX5rDszspM&ab_channel=moya
Ah ma è LEI la figlia?
Cristo due stagioni di Shrinking (che vabè ok non è questa fucina di emozioni forti) e ha SEMPRE quella faccia semisorpresa di qualsiasi cosa abbia intorno, pure di una mensola, del tipo che associ solo a frasi come “are you like, serious?” “STOP DOIN’ THAAA” e “I’m totally out of here”
Recensione pregevole, quanto inutile, di un film altrettanto inutil, ma che passerà COMUNQUE alla storia per aver introdotto al grande pubblico (rullo di tamburi) il nuovissimo scherzone americano: personalmente, lo metterò in pratica asap:
Se qualcuno vi sta sulle palle, “SWATtatelo senza pietà!