
THE VORD
Qualche tempo fa, non ricordo neanch’io quanto, Nanni Cobretti ha bussato a craniate alla porta del mio studio al Giardino Zoologico di Valverde nel quale è poi subito entrato a gamba tesissima con l’aria di quello che ti sta per assegnare un film.
Di solito va così: Nanni arriva con un faldone di documenti alto mezzo metro e ti dice “questi sono i film che potrei assegnarti. Scegline uno”. Tu lo scegli e lui lo scarta, e ti chiede di sceglierne un altro. Si va avanti così, delusione dopo delusione, finché tutto quello che rimane è il dolore. A quel punto Nanni ride di gusto e se ne va.
L’altro giorno, invece, il Capo è entrato a mani apparentemente vuote, salvo poi sbattere sulla mia scrivania un invisibile faldone che ha comunque fatto un gran rumore. “Il cinema è morto!” mi ha detto. “Non c’è più un cazzo da assegnarti!”. “Ma Capo, è appena uscito il nuovo di Roberto Andò con Toni Servillo!” ho risposto; Nanni mi ha colpito in faccia con un rinoceronte. Poi per mia fortuna nello studio è entrata Moo Deng, e Nanni si è distratto per farle le coccole.
Due ore dopo ha ripreso il filo del discorso e mi fa “senti, oggi mi sentivo magnanimo e ho pensato quindi di assegnarti un paio di quei film minori piccolissimi che dovrai andare all’estero a vedere e che ci sono buone possibilità che non arrivino mai neanche in Italia. Sono accomunati da una cosa: hanno entrambi un titolo molto metal”.
Ed è così che sono venuto in contatto con THE VORD, un film all’apparenza norvegese o comunque nordico che è in realtà scritto e diretto dall’americanissima M.T. Maliha e interpretato tra gli altri da un tizio di nome Chiko Mendez. Dico all’apparenza nordico innanzitutto perché si chiama THE VORD, che è chiaramente il nome del batterista di un gruppo black metal di Oslo circa 1997, e poi perché si apre con dei vichinghi che se la spassano nella foresta, e pure perché c’è tutta una certa aria di folklore pagano che circonda il film, di scontro tra la fede negli antichi dèi e quella nel nuovo arrivato in croce che è sempre stata un’istanza più europea che statunitense.

La tipica sbavata all’europea.
Raga il problema è che The Vord è una mezza merda. Sarebbe anche una bella idea, con questa tizia che è tipo un’anima candida che i grandi antichi vogliono per sé ma che viene concupita in qualche modo anche dalla chiesa cattolica, ed è quindi divisa tra le sue radici e il suo futuro e mal consigliata da uno spirito che le sta sempre a fianco tipo angelo custode ma che dice cazzate, il problema è che poi è un film con pochi mezzi (e di per sé non è un problema), pochissime idee, ancora meno ritmo, una staticità di fondo che lo rende teatrale nella peggior accezione possibile del termine, oltre a una serie di pessimi attori e una sceneggiatura confusissima che prova a maneggiare più piani temporali e più storyline in parallelo finendo con il combinare solo un gran casino. Per cui non mi va di sprecare troppe parole su The Vord se non per consigliarvi di evitarlo. Preferisco passare, subito dopo la SIGLA, a DAGR:
Dagr è invece figlio d’Albione ed è buono. Buonino. Una certa percentuale di voi lo odierà: è talmente un found footage che entro la prima mezz’ora una delle due protagoniste replica il monologo di Heather in The Blair Witch Project ma ovviamente in chiave ironica. Lo sapete già: a me i found footage piacciono, ho proprio la fascinazione per questo genere che funziona secondo regole di inquadratura, composizione dell’immagine, montaggio e più in generale cinema che sono diverse da quelle del resto del, be’, cinema. E Dagr in questo è filologico! OK, si apre con il classico cartello che giustifica il suo essere più coerente e cinematografico di quanto dovrebbe, questo:
, ma al netto di questa giustificabile paraculata è un FF che non infrange mai le regole. Tutte le inquadrature e i movimenti di macchina sono possibili e logici, tutto il sonoro è diegetico, et cetera. È pure virtuoso: a un certo punto infila un found footage dentro al found footage, e dentro a questo nuovo found footage riesce a fare capolino persino un terzo layer di found footage; e questa roba è gestita magistralmente, e sempre con precisione entro i confini del genere.
Ma di cosa parla Dagr, chiederete voi? E la mia risposta sarà: è un folk horror all’acqua di rose, più interessato allo shock factor che alla mitologia o alla tridimensionalità delle tradizioni che prendono vita portando con sé il morbo della morte. Parla di due robe. La prima è questa:

Thea e Louise – giuro, ovviamente fanno anche una battuta a riguardo.
Thea e Louise sono due giovani youtuber ribelli che caricano sul loro canale video in cui fanno piccole rapine per sottrarre oggetti di lusso a persone molto ricche – la serie si chiama They Deserved It!. Personalmente mi sono innamorato di Thea, a destra nella foto, ma la vostra esperienza potrebbe variare: le due si atteggiano a guerriere della giustizia sociale ma sono in realtà vanesie, sciocchine, superficiali, egocentriche e in generale un po’ antipatiche. Va dato atto a Ellie Duckles e Riz Moritz (bellissimo Jimmy Bobo) di essere in grado di calarsi nel ruolo con totale abbandono, e immagino che una buona metà dei dialoghi del film siano improvvisati. Hanno la giusta alchimia e interpretano alla grandissima il ruolo delle stronzette piene di sé che si trovano di fronte a qualcosa di incommensurabilmente più grande di loro.
L’obiettivo del prossimo colpo di Thea e Louise è il set di una non meglio specificata pubblicità (che io immagino però essere di profumi); il loro piano è di intrufolarsi nella villa dove sono in corso le riprese fingendosi il catering, e sottrarre di nascosto una serie di oggetti preziosi. Cosa dite, è un piano del cazzo? È vero, ma va detto che il set che stanno andando a invadere è questo:

Feat. Marilita Loi.
Ci si mette un attimo a realizzare che quello che sta venendo girato è uno spot pubblicitario di quelli che vengono approcciati con il piglio serissimo di chi vuole creare un capolavoro mentre sta cercando di convincere il suo pubblico a comprare un prodotto e mettere in circolo moneta e tenere così in piedi lo spaventoso sistema che ci sta schiacciando e annullando in favore dei superricchi. Ah ah battute a parte questa metà di Dagr è quasi una roba alla Boris: c’è questa regista serissima che studia complessi movimenti di macchina per girare la prima scena della pubblicità e sembra che stia a fa’ Kubrick, e i due attori con le loro mille pazze pretese e i loro tic e anche un accenno di molestie sul set, e il bello è che è tutto un grande dietro le quinte delle riprese stesse (che non vediamo mai), il che mi fa pensare che si stesse già pensando di produrre un micro-documentario sulla lavorazione dello spot, e insomma arrivato a questo punto ho cominciato mio malgrado a tifare per le youtuber.
Il problema è che arrivate le youtuber sul posto quello che trovano è:
– una casa vuota
– una macchia di sangue
– rumori dal piano di sopra
– l’iPad con il dietro le quinte di cui sopra
E qui Dagr comincia a sdoppiarsi, a fare la matrioska di found footage, e pian piano, sottilmente, un glitchino dopo l’altro, a mandare tutto in vacca.

“Voglio tornare a fare la pubblicità della maionese”
Non sto a spiegarvi in che modo Dagr diventa un horror, vi bastino le già citate parole “The Blair Witch Project” e le parole non ancora citate ma che ora citerò “leggenda locale” e “uomo incappucciato”. È tutto fin troppo lineare e filologico, eh: il terzo atto è sostanzialmente un omaggio al film di Myrick e Sanchez, solo più smaccato nel mostrarti il male invece che limitarsi a suggerirlo. Niente di mai visto prima, ma eseguito bello dritto e senza cedere troppo spesso alla tentazione della confusione visiva fine a sé stessa.
Ah, e ha un finale (ma finale-finale, non finale) semplicissimo e a suo modo clamoroso, che mi ha fatto sobbalzare e subito dopo snoffare fortissimo il caffè dal naso. Se le riprese ballerine non vi fanno venire la nausea, assaggiatelo: ha quel bel sugoso sapore di 6,5 tendente al 7 capace di soddisfare l’appetito in una mesta serata infrasettimanale.
Ed è meglio di The Vord.

“Oooooooooooooooooooooooh!”
Quote
“Meglio di The Vord”
(Stanlio Kubrick, i400calci.com)
PS: arrivati a questo punto vi chiederete cosa c’entri il metal. Nulla. Cioè, THE VORD e DAGR sono due nomi molto metal, ma finisce lì. Era tutto un trucchetto per attirarvi, e ve l’ho fatta.
Che dite, si scolletta in stazione a ValVerde per accattargli qualche vocale o li lasciamo cosí?
Proposta di didascalia per la prima immagine:
“Say the vord I’m thinking of
Have you heard the vord is love?”
Dagr dovrebbe essere disponibile sia su Prime che gratis su Plex, una possibilità gliela do.
Ho visto Dagr: non male, mi sono divertito! Al di là del fatto che i primi QUARANTA minuti sono infiniti e insopportabili, e i restanti trenta sono un mega pasticcio found footage. Usa molto bene diversi accorgimenti (il montaggio che fa avanti e indietro fra i vari punti di vista, gli specchi, il found footage nel found footage!) che aggiungono qualcosa al fatto che non succede un granché di originale (orrore nella casa infestata / nel bosco, personaggi terrorizzati, shaky cam). La biondina me la bomberei tantissimo.
Scusa ma te lo devo chiedere, cosa ti ha fatto sobbalzare e cosa c’è clamoroso? Il bubusettete del tizio o la tagazza che torna tardissimo? Mi sono visto il film incuriosito da quel paragrafo ma l’ho trovato di una moscezza disarmante…
Ricommento perché ho risposto a Bradlice per sbaglio…
Scusa Stanlio ma te lo devo chiedere, cosa ti ha fatto sobbalzare e cosa c’è clamoroso? Il bubusettete del tizio o la ragazza che torna tardissimo? Mi sono visto il film incuriosito da quel paragrafo ma ho trovato tutto di una moscezza disarmante…