Gentile utente,
il nostro benvenuto. La recensione vera e propria del film inizierà al paragrafo intitolato “La recensione vera e propria del film”: salta direttamente a quello se non hai tempo da perdere. Nessuno ti biasimerà. Se invece hai voglia di leggere anche l’introduzione, che non parla strettamente del film ma funge più che altro da simpatica ed esotica cornice, procedi con entusiasmo nella lettura. Buone cose.
Introduzione – Simpatica ed esotica cornice
Un paio di settimane fa vado da Nanni e gli dico:
“Uei, Nanni, come stai? Semper fi? Io semper fi. Pensavo: è appena uscito il nuovo film di e con Donnie Yen, ne abbiamo anche parlato su Twitch. Non è che per caso I 400 Calci hanno una politica per cui un recensore può recarsi, a richiesta, nel Paese d’origine di un film per vederlo in un cinema locale e recensirlo come si deve?”
Nanni fa:
“Ma pensa. Da quant’è che ho questo sito, sedici anni? Sedici anni. E questa è la prima volta che qualcuno mi pone esplicitamente la domanda. Il che, legalmente, mi obbliga a rispondere che sì, abbiamo una simile politica. Se vuoi andare a Hong Kong a vedere il nuovo film di Donnie Yen, è tuo diritto farlo. Hai il mio benestare. Non avrai che da pagare di tasca tua le spese di viaggio, vitto e alloggio, oltre a eventuali extra, tutte le bevande, le mance e ovviamente il biglietto del cinema. Ecco il tuo visto per uscire da Val Verde.”
Giusto il tempo di cantare “È tanto che aspettavo un’occasione così“, ed eccomi al Gala Cinema di Langham Place, a MongKok. Sì, MongKok! Perché per una volta che vado a vedere un film di Hong Kong a Hong Kong, voglio che sia in un quartiere nominato in almeno due titoli e visto in innumerevoli scene. La prima cosa che faccio quando esco dalla stazione MTR di MongKok: fumare una sigaretta all’incrocio di Nathan Road fischiettando l’immarcescibile tema musicale di The Mission di Johnnie To. La seconda cosa che faccio: sopravvivere per il rotto della cuffia a una rocambolesca sparatoria urbana senza neanche spiegazzarmi la giacca nera. La terza cosa che faccio: rischiare di perdermi l’inizio del film perché non riesco a capire da dove si accede al cinema nel tentacolare centro commerciale che lo ospita. (Due cose su tre sono vere, l’altra invece è verissima).
Poi entro in sala per vedere The Prosecutor di Donnie Yen a MongKok. È la proiezione del mattino, non c’è moltissima gente, ma esattamente accanto a me si siede una coppia lui-lei di vecchi usciti dalle case popolari di un film di Stephen Chow. Passeranno l’intera proiezione a strafogarsi di snack, commentare entusiasti a voce altissima ogni scena d’azione, e sparare rutti da antologia. Senza di loro l’esperienza non sarebbe stata altrettanto immersiva, e li ringrazio. Altresì ringrazio Nanni per l’opportunità concessami. E ora,
La recensione vera e propria del film
La trama di The prosecutor di e con Donnie Yen: Donnie Yen è un poliziotto audace e navigato che un giorno, durante una spettacolare operazione di polizia, salva per il rotto della cuffia una sbirretta che rischiava di perire per mano di un pericoloso criminale della droga. Il trafficante finisce in manette, ma al processo – indignazione! – il gaglioffo viene assolto con formula piena per un qualche vile cavillo. Sconsolato e deluso, Donnie esce a capo chino dall’aula di tribunale, si dimette con onore dal corpo di polizia e decide di iscriversi a giurisprudenza per diventare avvocato e ristabilire la giustizia giusta, la giustizia come Donnie comanda. E questo, che sembra l’intreccio di cinque film, è il cold open di The Prosecutor. Se la parabola da poliziotto kung fu ad avvocato in toga vi sembra il più grosso anticlimax mai concepito in un film di Hong Kong, allora è evidente che non conoscete quel giovanotto che lo dirige e interpreta. Sigla!
(La sigla sono io che fischietto il tema di The Mission in Nathan Road, non ci sono video, dovevate esserci)
Sentite, il punto è questo: è il 2025 e a luglio Donnie Yen ne farà 62. Sessantadue anni. Sono più di quelli che ho io e statisticamente sono più di quelli che hai tu che stai leggendo. Nella vecchia diretta di Twitch scherzavamo sul fatto che, nel trailer di The Prosecutor, Donnie sembrasse un giovane avvocato che fa cose da giovane. Dopo aver visto il film, ho capito che le cose sono un po’ diverse: Donnie è un ex poliziotto che si iscrive a giurisprudenza e nessuno fa mai riferimento a quanti anni abbia. La sua età nel film è avvolta nel mistero. Sappiamo che non è un’imberbe matricola, primo perché è Donnie Yen, secondo perché nel corpo di polizia ha dei colleghi giovani che guardano a lui come un mentore (ma è comunque lui che si impegna nei combattimenti più spettacolari e rischia la vita nei salvataggi più rocamboleschi). Poi si iscrive all’università, compare la didascalia “Sei anni dopo” (ho come l’impressione che giurisprudenza a Hong Kong duri minimo sette anni – quante probabilità ci sono che Donnie Yen si dipinga come fuoricorso in un film diretto da lui stesso?), e dopo il salto temporale Donnie è rimasto identico a prima, solo che adesso è entrato in un nuovo ambiente lavorativo in cui la matricola rampante è lui. Donnie non invecchia, Donnie sale di livello.
Nel suo nuovo studio legale, Donnie Yen – indovinate – si rende conto che la giustizia non funziona come dovrebbe, non protegge i deboli! E prende subito a cuore il caso di un ragazzetto povero che vive col nonno e viene da una famiglia disastratissima ed è stato messo in mezzo da una gang di spacciatori della droga. Uno sfortunato ingenuo, ma non un cattivo! Eppure proprio lui rischia di pagare il prezzo più alto! Può Donnie Yen Principe del Foro permettere che una cosa simile accada? Non può.
The Prosecutor è per il 60% un dramma tribunalizio più convoluto e con più personaggi di quanti avrei sperato, ma la buona notizia è che Donnie Yen Regista magari non sarà Sidney Lumet ma riesce a tenere dignitosamente in piedi una vicenda complessa. Anche perché, se la storia è intricata, i personaggi non sono certo ambigui: i veri cattivi sono i boss della droga e gli avvocati che usano il loro potere a fin di male. In mezzo c’è una folla di poveri ingiustamente vessati, piccoli criminali portati sulla cattiva strada, colleghi avvocati troppo ligi e non abbastanza idealisti. Dalla parte del bene c’è, avete indovinato, Donnie Yen, un avvocato talmente giusto, ma talmente giusto, che sulla scrivania ha una serie di tazze da caffè con scritte sempre diverse di scena in scena (giuro, come i cappellini di Frank Rossitano in 30 Rock) e sempre a tema con l’alto ideale giuridico che Donnie Yen Faro sta enunciando in quel momento. Se Donnie ha una scena in cui dice “La giustizia è una luce che illumina bla bla” (e ne ha molte, di scene in cui dice così), sulla sua scrivania c’è una tazza con scritto “La giustizia è una luce che illumina bla bla”. Donnie Yen Scrittore di Tazze!
The Prosecutor offre, poi, un buon 20% di classico film di gangster di Hong Kong (ricchi tamarri in camicia di seta floreale che succhiano noodles e fanno affari loschi su yacht nella baia, che ve lo dico a fare), e per il restante 30% è, finalmente, un action movie come solo Donnie Yen Action Star può girare. (Se avete fatto i calcoli, la somma delle percentuali è 110%: Donnie non si accontenta di meno).
La scena iniziale è una splendida sparatoria caotica in semi-piano-sequenza-con-CGI da capogiro dove la macchina da presa passa senza soluzione di continuità da oggettiva a soggettiva sparatutto in prima persona, per cui dal totale di un calcio volante si entra nel punto di vista di Donnie che si ripara dietro lo scudo antisommossa per proteggersi dalle esplosioni. Poi Donnie si dimette dal corpo di polizia e diventa avvocato, e per un attimo ho temuto che l’azione finisse lì. Povero ingenuo che sono. Donnie Yen Avvocato è ancora il miglior poliziotto in circolazione, e infila una serie di inseguimenti e zuffe contro i gangster girati con una limpidezza da lasciare ammirati. C’è un combattimento in un vicolo contro una serie di scagnozzi in motorino che riporta in auge la Hong Kong dei tempi d’oro, dove ogni oggetto diventa un’arma mortale (qui il portellone di un furgoncino) e la gente si fa del male serio senza montaggi sincopati né macchine da presa tremolanti. C’è una rigorosissima, imperterrita carrellata lenta in avanti, dall’alto, sopra un vicolo, su due che si picchiano e rotolano giù da una rampa di scale, che ancora ci ripenso: se il Donnie Attore Serio si fa sempre prendere dalla smania di sbatterci in faccia quanto lui sia il più figo e il più giovane di tutti, il Donnie Action Director mostra la solidità e il rigore di chi è il primo della classe e non ha bisogno di dimostrarlo. Ok, in parecchie scazzottate Donnie si fa aiutare da un giovane collega poliziotto a cui toccano molte delle acrobazie più spericolate, ma alla fine è sempre Lui a risolvere la situazione, per esempio stendendo tutti i cattivi a colpi di noci di cocco lanciate con precisione da cecchino. NOCI DI COCCO IN TESTA, ripeto. E questo DOPO che si è laureato in legge! Quanti film di Sidney Lumet terminano con l’avvocato che, per portare in tribunale il testimone chiave, massacra in metropolitana un boss finale uscito da The raid 2? Zero film di Sidney Lumet, ecco quanti.
Per finire, la risposta alla domanda che tutti vi stavate facendo: sì, CERTO che Donnie Yen Avvocato assesta il calcio finale in testa al cattivo di turno e poi dice, ammiccante, “Obiezione”. CERTO che sì.
Così come il Donnie Yen di oggi ha moltissimo in comune con Tom Cruise, The Prosecutor ha moltissimo in comune con Top Gun: Maverick. Il meccanismo è lo stesso: la vecchia gloria capisce che il suo ruolo non può più essere quello del giovane virtuoso ma scavezzacollo e preferisce dedicarsi a diffondere gli stessi ideali in modo diverso e più “adulto” (Maverick insegnando alle reclute, Donnie dispensando giustizia in tribunale anziché nelle strade). Salvo poi rendersi conto che ehi, il più forte e il più figo di tutti è ancora lui, quindi l’invecchiamento è rimandato a data da destinarsi. Maverick continua a pilotare meglio di tutti, Donnie continua a menare.
Ma rispetto a Cruise, Donnie Yen va oltre: nasconde direttamente la questione anzianità sotto il tappeto e procede per la sua strada con un paraocchi che gli spiana le rughe. Ok, se si affibbiasse il ruolo di giovane poliziotto la gente storcerebbe un po’ il naso, lo sa anche lui. Per cui fa cambiare carriera al suo personaggio e lo tramuta in un più plausibile avvocato… Salvo poi fare esattamente le stesse cose che farebbe da poliziotto. E in più spadroneggiando da principe del tribunale. A un certo punto gli scappa detto che gli fanno male le ginocchia, e questa è la sua unica concessione all’età. Per il resto, zero. Si passa da Donnie Poliziotto a Donnie Avvocato non per questioni anagrafiche, ma perché il mondo ha più bisogno di lui in quelle vesti. L’età non è neanche un numero; l’età semplicemente non esiste. Le didascalie “Tot anni dopo” si accumulano col procedere della vicenda e Donnie è sempre uguale, unico tra tutti i personaggi.
C’è una scena che in questo senso è emblematica. Si svolge durante uno dei primi processi del film: un rancoroso giudice sulla settantina, che non ha ancora capito da che parte sta il bene, cerca di rimettere al suo posto Donnie Yen dicendogli “Lei resti al suo posto, avvocato, ché io faccio questo lavoro da quando a lei cambiavano ancora i pannolini”. È una battuta classica da thriller processuale, e se non ci stai attento non ti accorgi che quel personaggio sta di fatto attribuendo al regista del film CINQUANT’ANNI DI MENO. E nessuno fiata. A nessuno sembra implausibile. I vecchi accanto a me esultano. Donnie Yen è immortale. Viva Donnie Yen.
E sì, certo che questa recensione si conclude con “Non ho altro da aggiungere, vostro onore”.
DVD-quote suggerita:
“UOHOOOOOOO! BURP”
I due anziani signori al cinema, i400calci.com
B R A V O
1) 62 Angry Yen? (Scusate)
2) A proposito di vecchi che abbattono i nemici a sassate https://youtu.be/9unA5NvTgw8?si=Xox2qcoWhfNbiCCZ
@Luotto Una delle tante cose che amo dei 400Calci sono le sgrammaticature. Sono ovunque, spesso più volte nello stesso articolo, ma sono (come dirlo?) le “vostre”: non sono insistite nel tempo dallo stesso autore (quello denuncerebbe ignoranza alla base), non sono usare “piuttosto che” al posto della bellissima “o”; piuttosto (eh) comunicano quel senso di urgenza tipici della passione e della sua conseguente scompostezza, esprimono calore e soprattutto quel “fottesega” che non conoscevo e che ormai da anni uso molto spesso nel mio colloquiare quotidiano. Gli errori più difficili e astrusi da digerire sono quando, palesemente, chi scrive il pezzo poi cancella o sposta un pezzo di frase dimenticandosi nel farlo di andare a rileggere assicurandosi che tutto fili ancora liscio. Lì un “eccheccazzo” mentale un po’ mi viene ma, come scritto poc’anzi, niente di grave, però.
Però “The Prosecutor, offre, poi” non si può leggere. Dà fastidio e non perchè denunci sostanzialmente il sonno della ragione ma perchè è la classica postura che hanno i nostri NEMICI, quelli che usano “graphic novel” ed “elevated horror”, quelli che invece di preoccuparsi della distruzione dello stato sociale badano al saluto fascista di Musk. I nostri nemici, Luotto. O, meglio, i nostri traditori.
Lunga vita a Valverde.
PS Mi mancava tantissimo una tua recensione. Sei sempre stato il mio preferito insieme a un altro/a che non nomino perchè sarebbe poco elegante. Torna davvero, non fare come quella stronza ex che sotto sotto covi ancora nel cuore e si presenta, ti bacia appassionatamente e poi non rivedi più per il resto della vita. Non essere la mia Lei dei 400…
“Perché” vuole l’accento acuto.
Un FILINO drammatica come segnalazione del fatto che ho messo una virgola di troppo, però cribio, ho messo una virgola di troppo, con tanti saluti alla mia ostentata fama di “quello che non mette virgole di troppo”. Correggo subito perché mi dà un sacco di fastidio e mi pare evidente che non posso nemmeno nascondermi dietro un “chi vuoi che se ne accorga”
Almeno l’italiano, sallo!
apprezzo il parallelo Donnie/Cruise, ma a me da tempo viene in mente l’accostamento con The Rock – eroe infallibile, god-like ma buonissimo, übercool, faro del bene e della giustizia in questomondodemmerda, etc.
però, per quanto comunque super-egotico e immensamente manicheo pure lui, a Donnie non riesco a volere male, mentre il Dwayne mi procura ormai orticaria istantanea e per quanto mi riguarda potrebbe andarsene affanculo a prepararsi la campagna presidenziale 2032.
(sarà che comunque, al netto di tutto, Donnie è un atleta immenso, ha un’etica del lavoro forse abrasiva ma incrollabile invece di essere un buco nero di carisma che si crede stocazzo ed il cui unico achievement è stato “sono molto molto grosso”? chissà)
Ma lo sai che per me è il contrario?
Per me, quello simpatico, che anche mi pare l’affidabile professionista, è Dwayne Johnson, mentre l’opposto è il signor Yen.
I due anziani e distinti signori del cinema, erano wong jing e moglie?
Per chi conosce Hong Kong e per chi come il sottoscritto ci ha vissuto per diversi anni, hands down già miglior recensione del 2025. Bravissimo 👏
Com’è vivere lì? Io credo andrei in paranoia, vivo a margini di un mini paese in campagna e già mi agitavo in una cittadina di 150k abitanti dove ci ho vissuto un anno. Una mia amica è andata a Singapore ed è veramente enorme da come la descrive, anche se ha servizi che qua ci sogniamo…al contempo mi piacerebbe vederle anche da amante del cinema di Hong Kong 😅
Città di grandi contrasti: alta finanza e cage homes per gli ultimi della società. Comunque adorata dagli expat per la sua frenesia e vivacità (oltre che per le bellissime riserve naturali che la circondano): niente a che vedere con Singaboring, come la chiamano lì, almeno fino al Covid, che l’ha messa in ginocchio più della stretta di Pechino che ha obliterato il movimento democratico. Credo comunque che si stia rialzando (me ne sono andato nel 2022). La gente gagliarda, intraprendente, grandi lavoratori come in tutto il Far East. Posto indubbiamente da vivere, più che da visitare.
Grazie per il parere, che da chi ci ha vissuto un bel po’ vale molto. Le uniche mie info di Hong Kong derivano altrimenti dai film 🤣 in particolare quelli di John woo, da piccolo rimasi stregato da Hard boiled. A better tommorow e city on Fire. Altrimenti per il resto so solo che giocano un po’ a rugby Union e Seven.
Comunque Donnie non è invecchiato ha semplicemente cambiato classe al suo personaggio, ossia sé stesso, come si fa in ogni buon jrpg. Per cui assumi le caratteristiche della nuova classe ma mantieni le statistiche e qualche abilità della precedente. 🤣 E comunque sia lodato il cinema di Hong Kong da John woo a Wong Kar wai.
“The Prosecutor offre, poi, un buon 20% di classico film di gangster di Hong Kong”.
Si può avere qualche suggerimento per esplorare il suddetto filone? Non ne ho mai visto uno ma sono convinto che sia il mio genere preferito.
Non ne hai mai visto uno nel senso che non hai mai visto nemmeno Hard Boiled di John Woo? Né The killer? Guarda questi due (in quest’ordine) più The mission di Johnnie To, e poi se ti piacciono puoi procedere con A better tomorrow, Infernal affairs, Exiled, PTU, City on fire…
Riguardo a questo film ho visto una clip epica di Donnie che mena dei tizi in un treno della metropolitana, tanta roba.
Non vedo l’ora di vedere questo Prosecutor!