La sapete, no, la storia che The Wrestler e Black Swan all’inizio inizio, nella testa di Aronofsky, erano un film solo?
C’era questa idea mattissima di raccontare la storia di un wrestler e di una ballerina che si innamorano – due mondi distantissimi, ma forse non così tanto, che si incontrano e si uniscono trovando un punto di contatto nella comune e sublime pratica di devastare il proprio corpo in nome di uno spettacolo.
Poi son successe cose, si sono sovrapposti troppi spunti, ma soprattutto Aronofsky si è reso conto che in un film già così denso di suggestioni non poteva copiare tutte le scene che voleva di Perfect Blue di Satoshi Kon e alla fine l’idea si è biforcata. Sono nati The Wrestler nel 2008 e Black Swan nel 2010, entrambi grandi successi di critica e di pubblico, qualcuno potrebbe dire gli unici due film guardabili di Darren Aronofsky (non io, io sono uno di quelli a cui è piaciuto Noah), e il wrestler e la ballerina non si sono mai incontrati.
Fino al 2024.
Di tutte le persone che potevano raccogliere l’eredità di Darren Aronofsky, la sorte ha scelto per questo strambo compito Joradn Andrew “J.J. Loco” Perry: cintura nera di taekwondo, ex stuntman, stunt coordinator e coreografo marziale con un curriculum incredibile (fa ovviamente parte della 87Eleven, la casa di produzione di Chad Stahelski e David Leitch) e, da un paio d’anni, pure regista. Il suo esordio è stato Day Shift, una action comedy di Netflix e di vampiri con Jamie Foxx: se devo essere 100% onesto non partiva neanche male, ma ho messo in pausa a circa metà per rispondere al telefono a ferragosto del 2022 e da allora non l’ho mai più fatto ripartire. Per fortuna Nanni l’ha visto fino in fondo, e pure recensito, confermando che era ok non mi sono esattamente perso Quarto potere dei calci in faccia.
Dove cazzo ero rimasto?
Ah sì, in wrestler e la ballerina.
Impossibile dire con quanta consapevolezza, ma con il suo secondo film, “Loco” Perry, o “il migliore dei J.J.”, ha realizzato la fantasia di Darren Aronofsky, raccontando la toccante storia d’amore tra un (ex) wrestler, Dave Bautista, e una (ex) ballerina, Sofia Boutella. E se non è il migliore dei mondi possibili, quello in cui un artista marziale amico delle esplosioni porta a termine il lavoro di un trombone senza talento con la pipa in radica, ditemi voi qual è, che mi ci trasferisco subito. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che non è veramente questo il punto del film. O che The Killer’s Game è costato 30 milioni di dollari incassandone 6 e che il consenso generale lo colloca tra il mediocre e l’inguardabile, ma se prestassimo davvero attenzione a questo genere di cose ci chiameremmo Rotten Tomatoes e avremmo molto meno successo con le donne.

Non dargli retta, Dave, sono solo invidiosi
Tratto da un romanzo di tale Jay Bonansinga, un tizio che oltre a questo ha scritto tipo cento libri di The Walking Dead, The Killer’s Game è uno script incredibilmente in ballo dal 1997 – incastrato quello che in gergo si chiama “development hell” – che è passato da almeno quattro studios diversi, pisciano da decine di registi e altrettante star e riscritto sa il cristo quante volte (tra i tanti che ci hanno messo mano, non creditato, c’è il mio super mega migliore amico insospettabile fan dell’action Nick Cassavetes) prima di finire sulla scrivania, probabilmente in fiamme, di “Loco” Perry. Anche qui la cosa è andata per le lunghe perché c’era di mezzo lo sciopero degli sceneggiatori, e il film alla fine è uscito tardi, di soppiatto e nell’indifferenza generale, nonostante un cast che farebbe girare la testa a chiunque sappia leggere: oltre a Bautista e Boutella ci sono Scott Adkins, Marko Zaror e Daniel Bernhardt, praticamente una reunion del franchise di John Wick, Terry Crews, il wrestler Drew McIntyre in quello che credo sia il suo primo ruolo da attore in un film, Pom Klementieff per il puro gusto di vederla duettare con Bautista in un contesto diverso dai Guardiani della Galassia e Sir Ben Kingsley per dare una punta di rispettabilità al tutto, facendo finta di non sapere che sono 20 anni che Ben Kingsley accetta qualsiasi ruolo.
La trama? Presto detto: Bautista è un killer a pagamento e sì, togliamoci subito il pensiero, è uno di quei film ambientati in un mondo dove ci sono più killer a pagamento che agenzie di comunicazione a Milano, e tutti hanno la loro gimmick, la loro aesthetic e la loro didascalia tutta pazza che compare quando entrano in scena. Bautista appartiene alla sottocategoria dei killer buoni, cioè è uno che in tutta la sua carriera ha ucciso solo gente che se lo meritava e meno male, dico io, altrimenti non sarei proprio riuscito a empatizzare con lui e godermi questo film complesso e sfaccettato! Una sera, durante una missione, conosce la ballerina Sofia Boutella, si innamorano l’uno dell’altra sulla base del fatto che sono un maschio e una femmina che si sono guardati negli occhi e tutto procede a gonfie vele finché a Bautista non viene diagnosticata per sbaglio una malattia terminale che lo ucciderà entro pochi mesi.

Bautista nella sua migliore imitazione di un personaggio sofferente
Entriamo così in un altro filone delle action comedy, piuttosto specifico ma sorprendentemente prolifico: un tizio cerca di suicidarsi mettendo una taglia sulla propria testa, poi si pente (in questo caso perché scopre che non sta davvero per morire) e passa il resto del film a cercare di uscire da questa situazione.
Insomma, dopo una quarantina di minuti di worldbuilding e di montaggi musicali sull’amore tra Bautista e Boutella, il film inizia veramente, con un carnevale di assassini uno più scemo dell’altro che cercano di fare la pelle a Bautista: c’è una gang di coreani per nulla stereotipati che vanno matti per il karaoke e le arti marziali, due ragazze di malaffare che uccidono le proprie vititme senza rinunciare alla propria femminilità, Adkins e McIntyre che fanno una coppia di fratelli scozzesi ubriaconi (fa ridere perché parlano un dialetto così stretto che servono i sottotitoli, e perché Adkins non è veramente scozzese), Zaror vestito da ballerino di flamenco che uccide solo a passo di danza, due gemelli interpretati da un tizio solo che combattono a bordo di moto da cross e Terry Crews che dice sai che c’è, sono troppo vecchio per queste stronzate, e passa l’intero film al telefono o seduto.

Choose your fighter!
Che gli vuoi dire a un film così? Siamo nei territori ultra familiari dell’action post-John Wick, con una trama risibile nobilitata da personaggi e una mitologia sopra le righe e una cura sopra la media delle scene d’azione. Non dice niente di nuovo e non ha una sola idea originale, ma ha il pregio di non prendersi minimamente sul serio e di consegnare un’ora e 36 minuti di onesto divertimento e violenza non edulcorata.
Perry ha riempito il cast coi suoi amici acrobati e stuntmen e costruito il film attorno a loro, dando a ognuno l’occasione di esibirsi nel proprio pezzo di bravura, di brillare prima che Bautista li faccia brillare. In particolare, ne esce a testa alta Marko Zaror, che vince la lotteria del personaggio più ridicolo e contemporaneamente del combattimento migliore, con la gag dell’assassino-ballerino che permette di sfruttare fino in fondo la sua grazia e agilità fuori dal comune. E anche se non va altrettanto bene a Scott Adkins (che comunque lo stesso anno era in altri tre film di cui due da protagonista, possiamo considerare questo più che altro un cameo), vederlo a 48 anni suonati che è ancora in grado di eseguire la sua mossa trademark, il Guyver Kick, è una cosa che scalda il cuore (non mi viene in mente nessun altro attore che sarei in grado di riconoscere per come tira un calcio).

Calci…

…altri calci!
In tutto questo ovviamente Bautista fa la parte del leone. Nonostante una carriera ormai bella ricca e diverse prove attoriali di tutto rispetto, credo che questa sia la prima volta che ha un ruolo da protagonista in una produzione medio-alta che non è un film corale, e si vede che non stava nella pelle di mostrare a tutti che dietro la facciata dell’energumeno tatuato si cela un attore capace e versatile, un uomo per tutte le stagioni. Per nostra sfortuna, una di queste stagioni è la stagione dell’amore e, non vi mentirò, questa roba di lui e Boutella innamorati è… strana. Non è tanto che ci tocca guardare un action che è per un terzo una commedia romantica, ma proprio che Bautista e Boutella sono assurdi insieme, non c’entrano niente, non hanno nessunissima chimica (avevano recitato insieme già in Hotel Artemis, un altro figlio molto meno riuscito di John Wick, ma mi venisse un colpo se mi ricordo cosa facevano o anche solo se interagivano), sono appaiati così male che fanno il giro e diventano perfetti l’uno per l’altra ma possibilmente in un altro film, grazie. Magari di Darren Aronofsky.

Quando lei ti promette cose pazze a letto
Streaming-quote:
“L’action che trionfa dove Aronofsky ha fallito”
Quantum Tarantino, i400calci
Non avevo dubbi che avreste recensito questa merda.
Ma ne valeva poi la pena (come anche della visione).
Adesso vi leggo, poi torno.
Alla fine della seconda riga doveva starci un punto di domanda.
Ma ne valeva poi la pena (come anche della visione)?
Rieccomi.
Bravo come sempre, Quantum.
Adesso scrivi di qualcosa che abbia un senso, tipo RUMBLE THROUGH THE DARK, che avete COLPEVOLMENTE ignorato.
Ho scritto “COLPEVOLMENTE”?
e gIà…COLPEVOLMENTE proprio.
Ah, pensavo di essere l’unico ad averlo visto e apprezzato…
Che poi di Eckhart ormai mi guardo tutto, anche perché da qualche anno ha intrapreso una curiosa ma costante ed onestissima incursione in un action crepuscolare, nel quale impersona quasi sempre perdenti che si riscattano a suon di pizze.
Vandal, non è la prima volta che ci chiedi di sto film (sei nel cast?) quindi non so se ti hanno già risposto altri a nome del sito, ma ti posso dire perché non lo recensisco io, Roumble through the dark: non mi interessa. non è un giudizio sul film, che magari nel suo genere è una picoola gemma, ma io mi conosco e so che quel tipo di roba, due ore di aaron eckhart vecchio e sconfitto dalla vita disperato e crpuscolare che fa a botte per difendere l’orfanotrofio, non è la mia tazza di tè ¯\_(ツ)_/¯
@Vandal guarda, per trasparenza, ti confesso che funziona così: se ci chiedi una cosa tre volte e non la facciamo, è sfiga. Niente di personale: solo sfiga, non è capitato per una serie di circostanze fuori dal nostro controllo. Ma se ce lo chiedi più di tre volte (e a quanto siamo con le tue richieste di Rumble Through the Dark? Sette? Di più?) allora sì, da quel punto in poi non lo facciamo apposta per infantile ripicca.
@Nanni, vabbè, allora a questo punto ve lo chiedo pure io… :-D però tranquilli sarà la prima e unica volta.
oh, scherzavo… il film l’ho visto, mi è piaciuto, anche sticazzi della rece.
@Nanni
Ma io non chiedo.
Non chiedo MAI.
XD!
Il mio è un consiglio sotto mentite spoglie perché so quanto ti piacerà, Nanni.
@Quantum
E piacerà anche a te, Quantum.
Non c’è nessun orfanotrofio, e Aaron (che non rappresenta un’attrattiva nell’ambito dei miei parametri) è strumento efficacissimo di una narrazione esemplare.
E, si’.
Sono nel cast: quello grosso.
@Nanni, ma fare invece un “mettetevi in pari con?” Una bella rece cumulativa dei suoi ultimi 3/4 film? Anche lui col Magüt è entrato nella cricca dei film di lavoratori, assieme a Perlman col Panettiere e Giasone nostro con l’Apicoltore e JCVD col Giardiniere (aspetto fremente un Idraulico con Adkins o l’Elettricista con Iko). Non pensi che il ragazzone col mascellone se la meriti, dato l’impegno che ci sta mettendo, e anche una certa cocciutaggine, mi par di capire (visti i risultati di critica e botteghino)…
“Action post-John Wick” non per fare le punte al cavolo, ma basandomi su quello che leggo, personaggi così li vedevamo già in film usciti circa una decina di anni prima di JW. Mi vengono in mente Smoking Aces, shoot’em up e titoli con pedigree più prestigiosi come i Kill Bill di Tarantino o Sin City.
Detto questo, il pezzo è scritto benissimo, come al solito con Quantum Tarantino, molto pregevole e chiaro. È sempre un piacere.
credo che la discrimine sia la presenza di stuntmen dietro la macchina da presa che valorizzano l’azione e il gesto atletico degli attori, senza rinunciare al gusto per le star e per i soldi. insomma, film di assassini tutti matti? già c’erano. stuntmen che fanno lo scatto di anzianità e iniziavano a dirigere? anche. ma JW ha messo insieme le due cose in una confezione super estetizzata e con valori produttivi medio-alti, lanciando un trend.
tarantino e rodriguez sicuramente facevano qualcosa che cadeva in quell’area lì, ma lo facevano dalla posizione di autori sdoganati. chiunque altro cercasse di fare roba simile alla loro si sentiva puntualmente rispodnere “ma che cazzo vuoi, non sei mica tarantino”
Però non lo so… tutte le volte che sento “dopo John Wick” riferito a QUESTO modo di intendere l’action a me viene da ruggire DOPO JOHN WICK 2 CAZZO!! JOHN WICK ERA UN’ALTRA COSA!!
E lo so che è una questione “di cosa stiamo parlando”.
E lo so che hai ragione Quantum quando sposti l’accento su come è intesa, curata e poi consegnata l’azione.
Ma…
Niente, non ce la faccio a non pensare a tutto il lavoro di asciugatura che fece John Wick: zero cazzate. Gli hanno ammazzato il cane. Lui è Baba Jaga. Il Continental è fiero del suo servizio lavanderia. I Tavoli per 12 li puoi ordinare a domicilio e la locale pattuglia si premura di sapere se sei “tornato in attività”.
Non c’è bisogno di spiegare. Non c’è bisogno di parlare (“Cosa ha detto?” “Abbastanza.”). Non c’è bisogno di raccontare chi gli va contro (soprattutto non con i nomi al neon…). Che stile usa. Che regole segue (“Miss Perkins, la sua associazione al Continental è revocata.”).
NON. C’E’. BISOGNO. DI. CAZZATE.
“Dopo John Wick” sì, solo per una questione quadridimensionale.
Altrimenti “Dopo John Wick 2”.
Per favore.
Vi prego…
oliver, dai, stai tranquillo. ricorda cosa ha detto il medico del continental sulla pressione
(ci metterei anche guy ritchie tra gli ispiratori del genere, lui king assoluto delle didascalie coi nomi)
Il film non è male, però fa abbastanza male vedere che pure Bautista è caduto nel trappolone della plastica facciale, ma poi, perché nella parte iniziale a teatro ha uno stranissimo incarnato color melanzana?
è perché sono a Budapest. a Budapest hanno tutti quel colorito
Il buon Dave mi sta simpatico e merita rispetto per la carriera attoriale che sta intraprendendo e in cui ha già fatto vedere cose molto buone.
Però come fa notare l’utente prima di me, temo che abbia fatto qualche ritocchino esagerato al viso
Credo sia la prima volta che vedo un film prima di leggere la vostra recensione (anzi, chiedendomi come fosse possibile non ne avessi letto sul sito), non sono abituato a questa discrepanza di tempistiche!
ecco vedi le disparità che affossano questo sito. vandalsavage ci ha scritto 40 volte per dirci di recensire Roumble through the dark e tu neanche una per segnalarci the assassin’s game…
Buuuuuuhhhh!
L’ho visto comparire sulla piattaforma e francamente ero molto indeciso anche a causa del film hotel artemis di cui questo manda vibe molto simili. Francamente dopo la recensione non sono ancora così convinto di volerlo vedere.
Magari aspetterò una serata particolarmente pigra per cui mi venga la voglia anche di vedere un action da sei stiracchiato.
Ma invece quello con Jamie forza che è uscito su Netflix verrà recensito?
Visto ma con un cast di questo livello l’aspetto action mi è sembrato piuttosto misero. Ho apprezzato di più la versione di Kaurismaki :)
Jay Bonansinga, giocassi ancora a D&D con il mio vecchio gruppo scazzone, sarebbe il nome perfetto per il prossimo personaggio
a me fa doppiamente ridere perché conosco uno che si chiama Giovanni Boninsegni e Jay Bonansinga sembra uno di quei nomi d’arte che si davano i registi italiani per risultare più internazionali negli anni 70
Anthony Dawson, Joe d’Amato anyone?