
“No aspetta, fammi spiegare!”
Che strano circo che è la vita. Non si è parlato di Street Trash per decenni e ora, nel giro di neanche un mese, il prestigioso periodico di cinema da combattimento “I 400 Calci” ne parla per ben due volte! Prima in un lungo e appassionante approfondimento video dedicato al film originale datato 1987, e oggi con una recensione a parole incentrata sul remake! O il sequel! Insomma c’è un nuovo Street Trash in città, e se vi state domandando “come farà mai un film del 2024 a replicare l’assoluta e disgustosa pattumiera di suggestioni politiche e corpi che si sciolgono che era il film di Jim Muro?” mettetevi il cuore in pace, non ce la fa, ve lo dico da subito. Era un compito impossibile in partenza e non tanto per questioni di politicamente corretto o altre stronzate sulle quali vi siete concentrati per anni mentre intorno a voi tornavano i nazisti, ma banalmente perché ci vuole un genio per superare qualcosa che è poi stato copiato, riciclato, rimasticato, a volte anche migliorato nei quasi quarant’anni successivi. E Ryan Kruger (nessuna parentela con Freddy) un genio non lo è, anche se ci è andato ragionevolmente vicino con il pazzissimo (e consigliatissimo) Fried Barry.
È un bravo figliolo, però, con un bel gusto per il macabro e un chiaro e lampante amore per il capolavoro di Muro. E umile, anche, a sufficienza da capire che se ti affidano il marchio “Street Trash” la cosa peggiore che potresti fare è cercare di rifarlo meglio, o addirittura di reinterpretarlo – pensate a quella fetecchia che ha fatto Alvarez con il suo Evil Dead. Ryan Kruger, Bravo Figliolo, decide saggiamente di andare sul sicuro: il suo Street Trash è un sequel esplicito e ambientato svariati anni dopo, così da prendere le mosse da, e non rischiare di sabotare l’eredità di, il film che lo ha preceduto. Racconta una storia tutta nuova e solo vagamente collegata a quella dell’originale, non ricicla personaggi e concentra tutta l’operazione di mimesi in quei quattro o cinque irrinunciabili scioglimenti di persona. Dopo una bella e cicciosa SIGLA! vi racconto tutto per bene.
(il mio lato completista mi spinge a segnalare che parlammo di Street Trash anche undici anni fa in una vecchia puntata di Consigli per l’arredamento)
È appena successa questa roba buffa per cui volevo aprire il pezzo spiegando come mai siamo arrivati al punto di resuscitare Street Trash, ma informandomi ho scoperto che a) la storia produttiva di questo non-remake è banalissima, c’è un produttore che è andato da Ryan Kruger e gli ha detto “ti va di rifare Street Trash?” e lui ha risposto “sì”, fine, ma anche che b) in quest’intervista Kruger conferma tutto quello che dicevo sopra, che non ha voluto fare un remake per non andare a rimestare nel sacro, che ha preferito fare un sequel perché l’originale è intoccabile e non si può rifarlo meglio, et cetera.
Per cui, un sequel. Ambientato nel 2050 in Sudafrica, che scopriamo essere diventato un posto veramente di merda a causa della crisi climatica, economica, finanziaria, un gran casino insomma, che ti fa capire subito che stiamo guardando un film di fantascienza ambientato in un lontano futuro, molto diverso dal mondo come lo conosciamo oggi.
(la frase precedente va letta con un tono amaramente ironico) (lo specifico perché siamo su Internet nel 2025)
Quindi è tutto una merda, e non è difficile giustificare la presenza di una società parallela di homeless che hanno sostanzialmente conquistato e militarizzato un quartiere abbandonato di Città del Capo e lì vivono nella loro bella simulazione di Mad Max, tra immense distese di carcasse di automobili, gente che ti picchia e il misterioso “Rat King” che, dalle ombre nelle quali si nasconde, domina questo regno di spazzatura.
Non siamo poi così distanti dai presupposti del film di Muro, ma dove lo Street Trash del 1987 era frammentato e spesso incoerente, una cascata di suggestioni interessata alla logica narrativa solo fino a un certo punto, il film di Kruger è chiaramente figlio del suo tempo nella misura in cui costruisce un mondo (e il suo gemello cattivo) che ha una forma, una struttura, un lavoro per quanto superficiale di definizione di una mitologia e di un pacchetto di regole et cetera. Lo sapete come si fanno i film oggi: devono essere riassumibili su Wikipedia, presentare rapporti di forza chiari e dove possibile un certo manicheismo, devono essere digeribili insomma.

“Ma tu ne capisci di digeribilità?”
C’è di buono che la digeribilità si ferma tutto sommato a questo formalismo molto poco anarchico e vagamente corporate con cui è scritta la sceneggiatura ma anche pensato il montaggio e così via. Nel senso che poi quando c’è da mettere le mani nel secchio dell’umido, Kruger ci dà. Ci dà soprattutto di effetti speciali pratici, che è ovviamente il minimo sindacale che ci si aspetta da un progetto del genere e che, come dicevo sopra, sono l’unica roba ripresa pari pari dall’originale, colori e tutto.
O meglio, circa. Perché dove nell’originale ogni morte era diversa dalla precedente, e il Tenafly Viper aveva effetti variabili a seconda delle esigenze creative della singola scena, qui la gente si scioglie tutta allo stesso modo. Sono scene bellissime, eh, piene di carnazza purulenta che ti si stacca dalla fazza e di bubboni esplosivi pieni di pus colorato. Ma sono anche un po’ tutte la stessa scena.
Verrebbe quasi da pensare che il vero interesse di Kruger non sia per le morti creative, ma per i personaggi che ha scritto. Blasfemia! Eppure il gruppetto di protagonisti è caratterizzato con una cura superiore alla media, e il film dedica una quantità di tempo francamente esorbitante a farceli conoscere e a farli interagire in vari modi. Poi sì la maggior parte sono variazioni sul tema della linea comica: c’è la coppia di gemelli-non-gemelli fattoni, l’ebreo sarcastico, il veterano di guerra sempre strafatto che parla con un diavoletto blu volgarissimo che solo lui può vedere… Il capitano della banda è il Ronald di Sean Cameron Michael, un uomo con tre nomi e senza cognome, e rispetto allo sfasciato totale che era il protagonista del film di Muro è un personaggio molto più classico, un eroe tragico e un po’ farsesco che bla bla. Decidete voi se la preferite così o com’era negli anni Ottanta, questa storia del protagonista.

Un altro classico che non passa mai di moda: i cattivi vestiti illogicamente bene.
Alla fine la vera vena comica/satirica/graffiante del film è affidata ai vari cattivi. Ve l’ho detto che in questo film il Tenafly Viper è stato recuperato, migliorato e nebulizzato, e viene usato dal cattivissimo sindaco della città per ammazzare i senzatetto senzalasciaretraccia? C’è anche un poliziotto violento e corrotto, come nell’originale: qui si chiama Officer Maggot, e fa già ridere così. In questo senso parlavo di manicheismo: è chiaro che qui abbiamo “i buoni” (gli homeless non violenti capitanati da Ronald) e due gruppi di “cattivi” (il sindaco e le forze dell’ordine), e questo Street Trash è quindi molto più un’avventura classica, uno scontro tra bene e male, di quanto non fosse l’originale. Ancora una volta, decidete voi se è più potabile o più banale o se le due cose si escludano davvero a vicenda.
Mi rendo conto che gran parte del pezzo è un confronto con l’originale, che è una mezza ingiustizia per un film che fa di tutto per staccarsene e fare la sua cosa. E la fa anche discretamente bene, ripeto: al netto di una certa ripetitività, è comunque una roba che scorre liscia, con un gran ritmo e una gran sequela di benvenutissime cazzate. Il problema è che oggi è roba un po’ vecchia, vecchia e senza mordente. È inevitabile guardare al passato perché, nel suo ahinoi piccolo, il film di Jim Muro fu una botta in faccia, una di quelle opere per cui esiste un prima e un dopo.

“E anche un durante, eh!”
Lo Street Trash che ci regala questo momento storico, invece, passerà senza lasciare troppa traccia. Certo volendo uno può dire che parla di temi importanti e d’attualità, questo universo parallelo dei più poveri, quelli talmente poveri che le istituzioni vanno a letto tutte le sere sognando di svegliarsi in un mondo nel quale sono tutti spariti. Ma sono gli stessi temi di allora, e anche allora erano importanti e d’attualità – non dico che la stagnazione della giustizia sociale sia colpa di Ryan Kruger, solo che il suo film colpisce meno duro di quanto vorrebbe perché è quarant’anni che si fa satira su questa roba senza miglioramenti apprezzabili.
Per cui alla fine della fiera Street Trash rimane un buon film con tanta sana violenza scioglierella e una quantità accettabile di battute fulminanti. Sporco quanto deve ma non sporco quanto potrebbe se volesse fare davvero schifo, ma non me la sento di prendermela troppo con un film che ci regala comunque questo momento infimo e quindi sublime:
Poteva andare peggio? Decisamente sì. Poteva andare meglio? Sì, ma se fosse successo staremmo qui a gridare al capolavoro. È un film che serviva? No, ed è il suo più grande e insormontabile difetto. Ce l’hanno comunque dato e ce lo dobbiamo tenere? Sì, e quindi ribadisco: poteva andare decisamente peggio.
Quote
«Poteva andare decisamente peggio»
(Stanlio Kubrick, i400calci.com)
“… non tanto per questioni di politicamente corretto o altre stronzate sulle quali vi siete concentrati per anni mentre intorno a voi tornavano i nazisti”
Il mondo di oggi in una frase. Grande Stanlio
Mi sa che non hai colto
Scusa, ma mi pare ci sia poco da equivocare…
Sono i presunti nazi di ritorno a parlare di woke come un qualcosa di puramente negativo…e lo fanno perché per loro qualsiasi vaga affermazione di parità diritti chiamali come si vuole di qualcuno che non sia l’uomo bianco occidentale benestante è un’incredibile affronto. E dubito che , al netto che si parla di cinema con sottofondo politico ma non di politica in senso stretto, chi ha scritto la recensione come anche gli altri del sito, possano letteralmente pensare che un’attenzione verso minoranze e istanze minoritarie possa aver distratto e causare il ritorno dei suprematisti bianchi ..al massimo ha provocato l’indignazione dell’uomo bianco di mezza età sui social.
Grazie per la risposta esaustiva.
Il mio commento infatti non si riferiva ai primi (cioè a coloro i quali dimostrano sensibilità verso le istanze delle minoranze). Inizialmente avevo interpretato la frase in questione come un’allusione a chi pigramente si lamenta del politicamente corretto senza accorgersi di come questo livore verso i woke venga sfruttato e alimentato dai (post/filo) nazifascisti per acquisire consensi, ma ora che mi ci fai riflettere meglio potrebbe in parte includere anche quelli che si concentrano in maniera ossessiva a determinate questioni legate al politicamente corretto ma per quanto riguarda questioni più importanti e generali (come limitazioni dei diritti di fatto) non muovono un dito.
Sono aperto a smentite argomentate, anche da parte di Stanlio stesso se avesse interesse a intervenire.
P.S.: comunque complimenti per il nick
Ho capito che hai capito il mio commento ne son felice..per il resto credo fosse semplice ironia legata più alla prima delle tue ipotesi che alla seconda.
“o altre stronzate sulle quali vi siete concentrati per anni mentre intorno a voi tornavano i nazisti” e un cazzo invece, i nazisti sono quelli che hanno fatto la guerra in Iraq (e non solo), anche se sono vestiti bene, se parlano bene, se sembrano più intellettuali, sempre nazisti di merda sono. I nazisti si misurano con guerre, distruzione, morte, impoverimento dei lavoratori a favore del capitale (che cazzo mi tocca dire), non sulla base della rozzezza. Non sulla base della rule of cool. Non è possibile continuamente avere dibattiti con chi non aggiorna le visioni dal Liceo e con chi soprattutto non le può aggiornare perché il suo ambiente non glielo permette. Con grande affetto,
Ruper
Partiamo dalle cose semplici.
Partiamo dal fatto che, come minimo, come punto di partenza, sono nazisti quelli che non hanno alcun problema ad associarsi con i nazisti ripetendone simbologie, se non proprio filosofie e metodi, e non si infastidiscono più di tanto se la gente si confonde.
Partiamo da lì, visto che purtroppo oggi possiamo. Altrimenti si chiama “benaltrismo” o “coda di paglia”.
Partiamo da lì poi magari però fermiamoci subito e cerchiamo di capire il contesto della frase che fa parte della recensione di un film in un sito di cinema e viviamocela tutti meglio che possiamo.
Non sono d’accordo. Intanto, a parte qualche sporadicissimo caso di bieco opportunismo elettorale (a basso livello), queste associazioni sono indicate dai nemici, non c’è nessuna associazione esplicita coi nazi e anzi i due schieramenti (elettoralmente parlando) si accusano di nazismo a vicenda. Vedi me sopra (mia visione da sempre). E poi perché il nazismo oggi ovviamente non è quello storico, non ha le svastiche o il baffetto, è fatto diversamente, ma sempre nazismo di merda rimane. I quattro gatti che si dichiarano nazisti sono degli sfigati folkloristici che non contano niente.
Il punto fondamentale, fonamentale ripeto, è che chi ha votato in ogni dove quelli che stanlio chiama i nazisti, lo ha fatto al 90% con istanze di pace, di giustizia, di prosperità cioè per ragioni buone. Tolti quattro gatti che si trovano anche dall’altra parte, quasi nessuno aveva le istanze violente del fascismo e nazismo storici (che emergono in un europa un filo diverso e un filo uscita dalla ww2). Mi si strappa il cuore a leggere ste cose.
“Mi si strappa il cuore”
Ok ma non lanciarlo, non ci crede nessuno.
Ma l’Evil Dead di Alvarez è bello, non è assolutamente una fetecchia
A naso tutti i commenti saranno sulla frase incriminata “o altre stronzate sulle quali”. Contribuisco dicendo che io l’avevo capita in un senso e @Rupert Tevere in modo diametralmente opposto, credo. In ogni caso, sono d’accordo.
Off topic: ma rusco da che dialetto viene? Stanlio da dove viene?
Rusco è bolognese, lo usavano i miei nonni che si trasferirono da lì a Milano quando nacque mia mamma (le due cose sono scollegate eh).
Anche modenese e basso mantovano direi
Che poi c’è un paese in ste zone che si chiama Poggio Rusco.😅
C’è un momento preciso in cui il giovinetto felsineo dismette i calzoni corti e si affaccia alla vita adulta ed è quando impara che “rusco” e “dammi il tiro” non sono italiano standard bensì regionalismi.
Rusco (o rusc) usuale anche da me in Trentino e giù al sud in Veneto.
usatissimo anche nelle marche
Quand’ero un giovine cinnazzo in quelle terre desolate, prima di trasferirmi nelle assai più civili valli bresciane e bergamasche, le mie allor barbare labbruzze solevano disserrarsi per pronunziare: “micca”. (“Guata ben, fellon orobico, che costoro non son nazi!” “Eh, no, micca!”) Ma sembra non si porti più, o tempi o Morata!
Vedi mo’, ho chiesto perché vivo vicino a Poggio Rusco e non credevo micca che ci fossero altri modeno-bolognesi in redazione a parte Nanni. Finisce che scopro che la parola rusco è molto meno locale di quanto credessi, nonostante i maledetti milanesi che me l’abbiamo fatta uscire dal lessico a forza di prese per il culo. O gaudio!
@Stanlio mi spiace non dire niente del film ma non l’ho visto e non conoscevo neanche il predecessore. Però i cazzi blu sono sempre un piacere, da Watchmen in avanti.
Se il paragone non dovesse apparire blasfemo, il tizio grasso, semi pelato e con gli occhiali che appare nelle immagini assomiglia clamorosamente allo Stanley Kubrick del periodo Barry Lyndon/Shining. È vestito pure uguale…
Devo ancora guardare l’originale, ammetto che prima della vostra copertura non ne avessi mai sentito parlare.
Comunque recupererò entrambi. Bella recensione come sempre comunque, abbastanza caustica da sciogliere le fazze ma non troppo da sciogliere o gioielli🤣
Ma l’Evil Dead di Alvarez non è assolutamente una fetecchia, dai
Ma infatti! Nonostante ricordi la stroncatura dei Calci come uno dei capolavori di Luotto, non l’ho assolutamente capita. Come non ho mai capito la stroncatura (inedita) di Kung Fury, il corto, che allora si sarebbe definito hipster, slapstick action meme.