Le note sono sette, si usa dire quando si discute di musica per dire che più di tanto non si può variare.
Le trame dei film d’azione probabilmente sono pure meno, tipo cinque: c’è quella dell’eroe che deve salvare e/o vendicare una persona cara, e poi altre quattro che ora non mi vengono. Tipo quella… no niente, scusate, stringi stringi è sempre la stessa. Come non detto. Ma ce ne sono altre.
Per cui sì, volevo mettervi in guardia che A Working Man non ha una trama originale. Non so se siete quelli che se una trama non è originale il film è automaticamente brutto. Se siete una di quelle persone, gli unici film belli sono i primi dieci che avete visto da bambini, stop. Indipendentemente da quali fossero. Probabilmente ci avete già fatto caso.
Ma non fatemi divagare: il punto è che le note sono sette e i film d’azione sono cinque, ma i sentimenti… i sentimenti, mio piccolo e ingenuo discepolo, sono tanti quante le stelle nel firmamento.
Il segreto, nella musica come nei film d’azione, è variare i sentimenti.
Per cui sì: all’apparenza, A Working Man e il precedente The Beekeeper, sempre con Jason Statham, sempre diretto da David Ayer, sono esattamente lo stesso film tranne che Jason non fa l’apicoltore bensì il capocantiere in un’impresa di costruzioni.
In realtà, non potrebbero essere più diversi.
A partire dal fatto che A Working Man è una merda senza appello.
SIGLA!
The Beekeeper e A Working Man sono due fazze della stessa medaglia.
Sono la dimostrazione di come si possa prendere la stessa trama e declinarla in modi diametralmente opposti.
Ok, “diametralmente” è forse esagerato, Jason mentre recitava se n’è a malapena accorto, però metteteli di fianco e sono uno spettacolare esempio di variazioni sul tema.
Già i titoli sono la cartina al tornasole: The Beekeeper, “l’apicoltore”, un mestiere insolito, stravagante, misterioso, che vuole intrigarti, farti sollevare un sopracciglio, attirarti e stupirti con qualcosa di insospettabile e imprevedibile; A Working Man, “un uomo che lavora”, semplice, generico, universale, rassicurante, vuole accoglierti nel suo caldo abbraccio e farti sentire in compagnia di gente che ti conosce e ti capisce e ti vuole bene.
Entrambi i film condividono però lo scheletro: Jason Statham ha un passato da persona professionalmente addestrata a guerriglia e combattimenti, si è ritirata a vita più o meno serena, ha un lavoro umile, ma viene attirata di nuovo dalla proverbiale “spirale di violenza” per aiutare quelli che sono i suoi nuovi amici, una sua nuova famiglia, gente che non sa del suo passato e lo ha accolto senza pregiudizi, e dovrà quindi dimostrare che i sani e vecchi valori di una volta vanno difesi contro lo sfascio della società di oggi ormai invasa da criminalità fuori controllo contro cui la polizia non è sufficiente.
È come andare a scuola di scrittura creativa e vedere lo stesso compito assegnato a due studenti diversi.
The Beekeeper era un esercizio di escalation incredibile: partiva sommesso, con mire bassissime, poi si divertiva a premere sull’acceleratore ed esagerare sempre di più, svelando pian piano una mitologia e un intrigo sempre più barocchi. Non voleva assolutamente compromettere il proprio messaggio diventando una parodia, ma si fermava sostanzialmente un gradino prima e lo faceva con sottile consapevolezza: era il suo modo per distinguersi dal mucchio.
A Working Man, dall’altro lato, non ha la minima intenzione di distinguersi dal mucchio. È una storia che conoscete, raccontata come la conoscete. Si prende estremamente sul serio, e sta attentissimo a non minare questa assoluta serietà. Se la prende comoda, per farvi sentire tutto il dramma, ma non ha mezzo grammo di profondità in più e non esce dagli stessi archetipi di sempre manco a pregarlo in ginocchio.
The Beekeeper era stato scritto da quel tamarro inguaribile di Kurt Wimmer, contemporaneamente l’uomo a cui dobbiamo il gun-fu e l’autore di alcuni dei film più brutti e inutili degli ultimi 20 anni.
A Working Man è invece tratto da un romanzo di Chuck Dixon riadattato per lo schermo da nientemeno che Sylvester Stallone, che produce pure.
Sulla carta, nemmeno in un milione di anni avrei scommesso che quello buono dei due sarebbe stato quello scritto da Kurt Wimmer.

L’uomo del popolo
Non so davvero cosa dirvi.
End of Watch è ormai di 13 anni fa e in confronto a questo pare lo Scorsese degli anni ‘90.
David Ayer è probabilmente ancora capace di raccontare dure storie urbane con una certa credibilità – Tax Collector è del 2020 e persino in quel pasticcio di Bright si intravedeva qualche tocco personale – ma qua non ne ha la minima voglia. Mette mano anche lui allo script insieme a Sly, e se lo fa per sgrezzarlo chissà come diavolo era messo prima.
A Working Man non è soltanto un archetipo di due (interminabili) ore senza un guizzo che sia uno, ma se la sente talmente calda da raccontare le sue banalità con tono trattenuto e quasi sobrio.
A Working Man è ambientato in un mondo in cui – potrei sbagliarmi ma il colpo d’occhio è quello – Jason Statham è tipo l’unico bianco anglofono. C’è Jason Flemyng (reunion di Lock & Stock!) ma fa il russo. E c’è David Harbour, ma è sposato a una nativa americana e il suo personaggio è non vedente, quindi chissà se lo sa. Persino la polizia – corrotta – è rappresentata da una donna afromaericana. È una trovata silenziosamente spettacolare per farti provare empatia per i wasp come se fossero una minoranza.
La prima cosa di cui si preoccupa il film è quindi spiegare che Jason Statham, che non può nascondere l’accento britannico esattamente come Van Damme non poteva nascondere quello belga, è fiero di essere mezzo inglese e mezzo americano, con enfasi sull’americanità di adozione. Qui è dove capisci che Sly avrebbe voluto il ruolo per se stesso ma la schiena acciaccata si è messa di mezzo.
Jason ha una figlia che gli è stata portata via dagli avvocati e affidata al suocero (non vi sto a spiegare tutti i dettagli) che lo accusa di essere instabile e violento per via dei traumi di guerra. Ovviamente il film non mostra niente di questa presunta instabilità: Jason è pronto a menare le mani probabilmente con più velocità di quanto lo farebbe la maggior parte di voi, ma sempre e soltanto quando ha ragione al 100%, ci mancherebbe. Ci viene mostrato che è capocantiere per l’impresa di costruzioni della famiglia Garcia ed è in confidenza con loro come una specie di cugino adottivo, ma è comunque senza fissa dimora perché tiene tutto da parte per pagare, con ingenua disperazione, gli avvocati che lo aiutano con l’affidamento della figlia.
A dimostrazione che il film non è l’ennesimo erede di Taken ma è old school nella maniera più assoluta, Jason rimane “secret” badass per circa tre minuti di orologio, prendendo subito a calci degli scagnozzi mafiosi che stavano tormentando uno dei suoi muratori. Quando di conseguenza rapiscono la figlia 19enne dei Garcia per coinvolgerla in un traffico che salta la questione schiavitù sessuale ed entra direttamente in territori alla Hostel – e l’unico momento cartoonesco che il film si concede, per qualche motivo, è mostrare il ricco cliente che paga per lei conciato come il cazzo di Pinguino di Batman con tanto di cilindro e sigaretta con mega-filtro – il Jason accetta di farsi ingaggiare per salvarla.

Introspezione
E qui, per qualche ragione, il film si infanga subito.
Non ci sono sottigliezze: Jason è il prototipo dell’eroe impeccabile come ha quasi sempre fatto e gli altri personaggi sono le solite macchiette scolastiche.
Però, pur in mancanza di sottigliezze, il film non capisce la lezione di The Beekeeper e si sente in diritto di mantenere un ritmo compassato, di cercare una certa sobrietà, di farti empatizzare col suo scheletro di protagonista – una specie di Rambo che dopo tanta fatica ha trovato un umile angolino di società a cui rimanere aggrappato, anche se non gli basta.
Le scene d’azione sono poche e dimenticabili. Competenti, certo: Ayer sa girare e sa farlo ormai in diverse salse, e Jason è sempre uno dei picchiatori più spettacolari in circolazione. Ma dimenticabili. I paralleli con The Beekeeper possono continuare: se là Jason Statham affrontava otto agenti dell’FBI presentandosi di fronte a loro come se menarli dritto per dritto fosse l’opzione più semplice per ottenere il suo obiettivo, qua mena otto scagnozzi a caso perché non ha scelta, in una scena in cui Ayer tiene le luci basse per evitare che godiamo troppo.
Questo è un film che crede così tanto in se stesso che la Grande Frase Cazzuta, serissima ed enfatica, che Jason dice prima di ammazzare uno dei cattivi principali, è – testuale – “Se non hai figli non puoi capire”. Non ci potevo credere.
E quando una delle sottotrame rimarrà aperta per preparare a un sequel, vorrete urlare esattamente come fa il personaggio la cui sottotrama è rimasta aperta.

La prossima volta comunque parliamo anche di questi film in cui un eroe sgomina un’intera organizzazione criminale per salvare una persona x e se ne sbatte delle conseguenze e delle altre vittime.
La differenza che passa tra The Beekeeper e A Working Man è esattamente quella che passa tra Sylvester Stallone, da sempre nazional-popolare e col cuore davanti a tutto, e Kurt Wimmer, il mega-tamarro concettuale che ci ha regalato Equilibrium e Ultraviolet.
Sulla carta qualsiasi bookmaker avrebbe dato Sly per trionfatore assoluto.
I fatti ci hanno offerto da una parte un Kurt insolitamente ispirato e dall’altra, purtroppo, uno Sly ormai 78enne che non ha più niente da dire, e che passa il tempo a replicare con meno convinzione quello che aveva già inscenato in maniera molto più efficace e definitiva in Rambo 5 (che comunque non era esattamente un capolavoro).
Se proprio dovete, aspettate che lo passi Rete 4 durante una notte insonne.
Locandina-quote:
“Se non hai figli non puoi capire”
Gruppo mamme, Whatsapp
Fermituttifermituttifermitutti
Chuck Dixon lo sceneggiatore di fumetti? Quello che ha infine regolato Punisher negli anni ‘90? Il film è tratto da un suo romanzo?
Ci sono rimasto anch’io!
Un ottimo sceneggiatore, le storie del Punitore in quegli anni lì erano una roba cattivissima (in senso buono) con sceneggiatori come lui, Carl Potts e Mike Baron. Poi anche lì è arrivato il decostruzionismo alla Garth Ennis a rovinare tutto, ma questa è un’altra storia
Sì è lui, ho aggiornato il link. È un romanzo che ha scritto nel 2021.
Proprio lui. É già da parecchi anni che si autopubblica i suoi romanzi e fumetti action visto che quasi tutti gli editori lo considerano radioattivo, qualche anno fa scrisse per Sly un fumetto sequel de I Mercenari ambientato all’Inferno.
Arrivo qui e mi tocca leggere che Ennis ha rovinato Il Punitore, siete seri?
@Pupi: serissimo, l’ho spiegato sotto ad Officina.
Ha “ucciso” il personaggio, il che non vuol dire che Ennis non sia un grande sceneggiatore attenzione
Grazie KJ, letto ora, e ho capito cosa intendi.
@Pupi: è poi il motivo per cui io tra The Dark Knight Returns di Miller e Watchmen di Moore sceglierò sempre il primo, pur amando tantissimo anche il secondo.
Ma vabbè, qui si sta veramente andando OT :)))
Garth Ennis non ha rovinato niente, specialmente Punisher.
Comunque Statham nella foto “introspezione” è uguale a Ryan Reynolds senza maschera in Deadpool…
Mmmhhhh… dipende. Discorso molto nulla.
Ennis di per sé non ha rovinato nulla, il problema di quel tipo di approccio decostruzionista è che una volta che tu lo hai fatto è impossibile tornare indietro, e chi scrive il personaggio dopo di te (gente sicuramente meno talentuosa di Ennis) non sa più che pesci pigliare.
È un po’ come il discorso di Watchmen di Moore: capolavoro, ma in un certo senso ha ucciso i supereroi
*discorso molto complicato, refuso iniziale :)
Ma per fortuna che è arrivato Moore, purtroppo però non è riuscito a uccidere ‘na minchia e infatti, dopo 40 anni, ci troviamo ancora con ‘sti cazzo di pigiamoni tra i coglioni.
Peccato per Statham il film, ma soprattutto per Ayer, che gli voglio ancora molto bene, però ha imbroccato una china che spero non raggiunga il baratro intrapreso da Neil Marshall…
Sono parzialmente d’accordo… L’ho visto ieri sera.. sono andato al cinema aspettandomi esattamente quello che poi ho visto, per questo mi é piaciuto… Rispetto ad esempio ad un Operazione Vendetta che si scioglie come neve al sole sbagliando tempi ed evoluzione del personaggio… Io volevo Jason Statham che picchiasse duro e l’ha fatto.
Idem
Jason ormai ha cambiato più divise di Salvini, lo batte solo Barbie. Al prossimo film per variare un po’ potrebbe ribaltare i presupposti, seguitemi:
Jason è il solito grigio infallibile mercenario/spia/sweeper qualunque che i buoni chiamano quando c’è una missione davvero disperata.
Ma. Nessuno sospetta il suo passato segreto. Per anni è stato un artigiano edile, il migliore. Cartongesso, imbiancatura, lavori strutturali, elettrici, infissi, idraulica, piastrelle, intonaco, you name it, aveva 20 codici ateco ed era il migliore in tutto. Costava pure poco (quasi sempre “black panther” perché bisogna mantenere un certo realismo, ma comunque lo faceva per far risparmiare i meritevoli).
Stanco della reperibilità nel fine settimana e delle clienti che lo concupivano aveva giurato di non tornare più a quel lavoro.
Ma stavolta è diverso. Il suo vecchio capomastro, quello che gli insegnò tutto a forza di bestemmie, coppini e rarissimi cenni di assenso, è stato incastrato. Era al suo ultimo lavoro prima della meritata pensione ma i committenti si sono impuntati su una scadenza impossibile, pena l’80% di insoluti. Solo un uomo può aiutarlo a finire i lavori in tempo.
Con la faccia di chi ne ha viste davvero troppe Jason apre un cassetto nascosto nel suo garage e guarda le sue vecchie UPower consunte. “Vediamo se mi ricordo ancora come si fa”.
SBRAAAAM
Stacco su un muro di mattoni a vista, alcuni fuoriescono a formare il titolo in rilievo:
“The Action Man”
Meravigliosa ahahah
Questa sarebbe una storia fantastica, immagina però un altro tipo di impiego: sarto, parrucchiere (pensa le battute sulla calvizie) o cuoco o impiegato pubblico!
Ahahah, grande.
Chiunque abbia mai ristrutturato casa sa che è più plausibile che un ragno radioattivo ti doni superpoteri ;)
Ogni volta che parte il trailer al cinema per qualche frazione di secondo sono convinto sia la pubblicità di qualche grossa azienda italiana (tipo ENEL robe così) che ha scritturato Statham bisognoso di lavorare (come tutti). Il taglio dell’inquadratura, il suo faccione, la luce che arriva, eccetera. Ho detto comunque proviamoci e nulla, fa più schifo di quello che si poteva immaginare.
È anche facile confondersi perchè Statham l’hanno pure messo a fare la pubblicità del Transporter (il furgone)
Che poi è prefetto anche in quella pubblicità e ogni volta che la vedo sul WEB, con Statham ancora esattamente come era ai tempi di Transporter 3 dopo quasi 20 anni, mi dispiace di non averlo visto in un Transporter 4, peccato!
David Ayer gran delusione, almeno fino a Fury aveva fatto ottime cose, sia come sceneggiatore che come regista, poi si è proprio spento (anche se mi manca Tax Collector).
Consiglio mio lascia perdere Tax Collector. Io pure sono estimatore di Ayer per me fino a Fury ha azzeccato tutto poi la botta di Suicide Squad mi sa che ha fatto male
Jason può stare seduto pure in bagno…lo adoro e guarderò tutti i suoi capolavori…..domani sarò al cinema…che me ne frega se e uguale 🤣 è Jason …..uno dei migliori …..
Idem
Dopo Locknstock e la comparsata nel ruolo del monaco anni di porcherie inguardabili..almeno fino all’apicoltore con tanica che va a dar fuoco alla new economy..quel frame riscatta un’intera carriera…questo manco il cestone credo se lo cagherà.
Cioè non ti sono piaciuti Transporter, Crank, The Mechanic,…?
Bruce Lee si starà rivoltando nella tomba…
Sicuramente, sicuramente…
Io guardo i suoi film proprio perché Statham è sempre uguale. Mi sarebbe piaciuto avesse fatto lo stesso Schwarzenegger, ricordo che delusione in Junior! Idem Vin Diesel, che delusione in Missione Tata! Idem The Rock, che delusione come fatina dei denti. Solo Statham è una certezza…. sempre comunque duro a suo modo addirittura anche in Spy!
C’è da dire che Statham è veramente un atleta e Imho recita comunque un po’ meglio dei due erculei, che invece rischiano/ rischiavano di dover fare action troppo simili tra di loro non potendo contare sulla possibilità di mettere in scena certe coreografie poi probabilmente è Anche più facile da gestire sul set.
Off topic
Dai che manca poco al ritorno di Gareth “the Raid” Evans, con Tom Hardy poi… Peccato che essere una produzione Netflix mi fa un po dubitare della riuscita finale, chi lo sa..
Jason ormai è come Johnny Sins per Brazzers…..gli danno un impiego è una divisa diversa ma poi quello che deve fare sempre quello! peccato che poi lo mettano in produzioni mediocri con risultati altalenanti….avrebbe meritato di meglio magari un john wick!
A proposito di divisa e produzioni meno standard, in effetti potrebbero fargli interpretare una serie di film intitolata “Il Dottor Morte”, in cui Statham, con gli occhialini da intellettuale e il camice bianco, invece di curare gli stronzi, quando gli capitano come pazienti, li uccide senza farsene accorgere, insomma un “punitore in corsia”, con le musiche di Kill Bill… Sarebbe una figata!
Ho clicclato sul link e riletto la recensione di End of Watch del mitico Casanova Wong Kar-Wai e niente, era il 2012, erano i 400 Calci del 2012, mi sono distratto un attimo e sono passati 13 anni e invece che 32 ora ne ho 45. Fine
Ho grande fiducia in Nanni, poi mi fido anche di Jason Statham (l’attore più fedele al genere action in assoluto), poi mi fido molto anche di JoBlo che parla benissimo del film https://www.joblo.com/a-working-man-review/
Vabbè 2 a 1.
Meno male che hanno inventato la democrazia, la maggioranza vince.
Altrimenti non sapevo cosa pensare…
Ah! Poi mi fido anche di Sly come sceneggiatore.
Quindi 3 a 1…
Non è che per giudicare un film poi ce lo devi raccontare tutto, 😂😂😂
Ho raccontato a malapena i primi 5 minuti. Però insomma, il resto lo puoi effettivamente indovinare da sola.
Solo se ha figli, però…
The Beekeeper, “l’apicoltore”, un mestiere insolito, stravagante, misterioso, che vuole intrigarti, farti sollevare un sopracciglio, attirarti e stupirti con qualcosa di insospettabile e imprevedibile;
A Working Man: un’altra prostituta.
(Per completisti di Lundini)
Esistono film dove una persona all’ apparenza normale e tranquilla si ritrova con un membro della famiglia ( umano o animale) che viene rapito, ucciso o importunato e quando questo scatena in lui un insopprimibile desiderio di giustizia si scopre che… è proprio uno qualunque? Uno senza preparazione né doti particolari che le prende di brutto per tutto il film ma alla fine ce la fa’.
Così su due piedi mi viene da dirti “Cane di paglia”
Cane di paglia il più ovvio, ma secondo me gradirai particolarmente Blue Ruin di Jeremy Saulnier.
Cercate di capirmi: sono in ferie e ho tanto tempo libero. Quindi, premettendo che mi ero dimenticato Cane di paglia perché l’ ho visto trent’ anni fa e che Blue ruin appena lo trovo me lo guardo, sono andato a leggermi le vecchie recensioni, non solo di quest’ ultimo ma anche di fascinema. Mi è passata per la testa tutta una serie di domande. Questa cosa del secret badass è importante ai fini della soddisfazione dello spettatore nel momento in cui viene finalmente fatta giustizia? Scatta l’ immedesimazione anche se il protagonista è un superuomo? Ma poi, io, l’ ho mai provato sto godimento per l’ esecuzione della vendetta? Giuro che non me lo ricordo. Certo, fa sempre piacere vedere un villain morire male. Però conosco gente che certe scene te le racconta tutto gasato mentre io non lo sono. È grave dottore?
Quella del secret badass è una deriva tutta moderna (moderna = ultimi 20 anni) che in effetti sarebbe molto interessante da investigare. La gente di certo non si identifica in Schwarzenegger se non per questioni di principio, ma davanti a un Liam Neeson magari scatta il “pure io potrei essere un secret badass, checcazzo ne sa la gente che io non sia un secret badass, ovviamente non lo sono ma loro mica lo sanno oh cosa sono ‘sti pregiudizi portatemi rispetto non potete saperlo”, tipo. Non lo so, non sono uno psicanalista.
Immedesimarsi nel protagonista? Allora quasi tutti dovrebbero vedere sempre e solo film di Fantozzi…
Fantozzi che comunque era più ricco della mia generazione, con un lavoro, casa, auto e due periodi di ferie annuali😅 io al massimo sono riuscito con una laurea a lavorare 11h al giorno per uno sputo e comunque sentirmi dire ero costoso.. ecco perché preferisco viaggiare con fantasia e sentirmi in Conan di milius o nel 1997 a spaccare grugni 🤣
D’accordo al 101% con quello che ha scritto Nanni: sebbene sia un fanZ di Statham, questo è uno dei film più assurdi che abbia mai visto. Qui dentro, ironia ed autoironia non pervenute, e Dio solo sa quanto qui dentro avrebbero fatto comodo! Aggiungo solo che i seguaci di Lombroso si fregano le mani:gli sgherri hanno TUTTI, ma proprio TUTTI fazze e abbigliamento da cattivi che andrebbero arrestati di default solo a vederli: SGHERRO® !!!
…ironia ed autoironia nei film di Statham? Non era Schwarzenegger quello dell’ironia ed autoironia? Era Statham? Devo avere confuso le filmografie :-)
Qualcosa di confuso c’è di certo… Io non ho detto che i film di Statham sono caratterizzati da ironia ed autoironia: ho detto che qui avrebbe fatto comodo che ci fossero, dato che si prende talmente sul serio da essere vicino al ridicolo….
@Giancarlo
Già perché di ironia nei Transporter e nei Crank non ce n’è manco l’ombra, verissimo, manco anche nei vari Mercenari, in Spy, nei F&F. i film di Ritchie, ecc. Sì, direi che c’è un po’ di confusione…
Prima di tutto:
1) i critici paragonano erroneamente questo film con The Beekeeper, in realtà i due film hanno solo Statham e il decennio di uscita in comune, non c’è motivo di paragonarli. La storia è completamente diversa: in The Beekeeper il protagonista era una cellula dormiente di una organizzazione segreta improvvisamente riattivata che riprende la sua vecchia missione di sistemare il sistema, arrivando fino al Presidente degli Stati Uniti; qui invece siamo di fronte al CLASSICO film action anni 80-90 in cui c’è un eroe duro e puro, con passati skill da combattimento (che servono a giustificare la sua abilità di combattimento), che vuole salvare una ragazza cara a innocente da degli stronzi
2) NON è il classico film di Statham; lui di solito interpreta antieroi al limite della legalità a volte veri e propri delinquenti, anche se spesso di buon cuore alla fine. Questo è un film di Stallone, infatti è a metà strada fra Homefront (anche quello di Stallone e anomalo per Statham) e Rambo:last blood (almeno come trama e durezza, ma con il finale ottimista dei film action anni 80-90). Sarebbe potuto uscire tranquillamente negli anni 90 interpretato da Stallone, Schwarzenegger, Willis, Seagal, Van Damme…
Detto questo, come i classici film d’azione anni 80-90, non ha sicuramente la pretesa di conquistare la critica o essere originale, non cerca approvazione dalle persone colte e neanche la candidatura all’Oscar, non vuole passare alla storia, vuole solo accontentare il pubblico popolare, l’uomo comune, che ama vedere almeno sullo schermo un eroe che fa giustizia, difende i deboli e rompe il culo (in maniera spettacolare, come Statham sa fare benissimo) a più stronzi possibili, cosa che nella realtà non succede quasi mai, ma nei film d’azione anni 80-90 si e anche in questo.
Giancarlo ma a un certo punto, se non è un film per la critica, perché vieni a leggere la critica e ad aprire una discussione? La critica serve a confrontare e stimolare, non a confermare le opinioni che hai già…
Riguardo al punto 1) di Giancarlo: i due film non hanno solo il decennio e Statham in comune, ma anche una cosetta chiamata regista, e quindi, a mio modestissimo parere, i critici hanno ragione da vendere a paragonarli. Aggiungi anche che in tutti e due Giasone è un ex operativo cazzutissimo che esce dall’ombra per raddrizzare torti e spaccare il culo a tutti senza (quasi) manco riportare un graffio che manco Iron Man e direi che a ‘sto punto pure il mio gatto avrebbe il diritto di mettersi a confrontarli.
Intendevo dire che ci sono spettatori che arrivano a detestare così tanto i cattivi di un film da essere proprio contenti quando li vedono morire, anche se sono personaggi di fantasia. O almeno così mi sembra, dato che a me non capita. Il secret badass, per me, è una scorciatoia di sceneggiatura. Resta da capire perché secret quando una volta era solo badass. Poi, a te è davvero capitato di identificarti in Schwarzenegger?
Nel mio sconfinato ottimismo speravo di poter smentire la recensione.
M’illudevo d’immenso.
“A working man” aggiunge un capitolo al volume del Giasone “minore”, quello di “Wrath of man”, “Parker”, “Safe” et similia secondo me. Insomma, il genere di pellicola (si può ancora dire pellicola?) che per l’ispirazione che trasuda pare girata su istigazione di una cartella esattoriale in scadenza.
Il livello di inverosimiglianza di alcune scene a tratti è disturbante per il grossolano contrasto con la logica elementare e scivola incosapevolmente quasi nella parodia (l’inseguimento moto-furgone con sparatoria è roba da “Una pallottola spuntata”).
La sceneggiatura sarà stata anche scritta a quattro mani con Silvestro, ma usando i pennarelli Giotto a punta grossa.
Giasone che mena non lo butto mai via, per partito preso, però che amarezza.
A me dispiace che dopo the Baker, Bricklayer e Beekeeper, con questo (ma anche con Cleaner), ci siamo già persi le allitterazioni nei titoli di film di blue collar action… Comunque Ayer+Giasone nostro, non posso non guardarlo.
Porcoddìo che pacco di film… Lunghezza a parte, non ha un guizzo, le scene di botte sono scure, confuse, girate con la mano sinistra e non rendono giustizia a Statham, e lui è l’unica cosa che rende ‘sto cesso a pedali guardabile, la sua convinzione e il sapere che il suo ruolo lo porta a casa nonostante tutti i buchi e le cazzate che la sceneggiatura gli butta addosso. Cattivi moscissimi e anonimi (Flemyng a parte ma dura pochissimo ed il nigga drug dealer, personaggio interessante che avrebbe meritato di più). Mica ho poi capito come la ragazza rapita d’un botto diventi Rambo verso la fine… Boh, Ayer, continuo a volerti bene, però ce la stai mettendo tutta per porre fine alla nostra rapporto eh…