Un titolo alternativo a serpentina, da scriteriato scimunito, sarebbe stato: Sion Sono scemo sogna un sequel del film che su un treno sparato a stuporosa sveltezza ha ispirato Speed. Sigla!
Bullet Train Explosion è il sequel giapponese della pellicola giapponese che, cinquant’anni fa, si è inventata il sotto-sottogenere dei film a bordo di mezzi di trasporto che se rallentano al di sotto di una certa velocità esplode una bomba e tutti muoiono. Va contato come sotto-sottogenere perché credo che, alla seconda coppia di sequel, il sindacato di categoria rilasci in automatico la tessera.
Speed è il non plus ultra di questo ristretto novero, è chiaro – oltre a essere l’esordio apicale della strambissima carriera da regista-Benjamin-Button di Jan de Bont, proseguita bene con Twister, abortita male con Speed 2 – Senza limiti e Haunting – Presenze, e terminata precocemente e con mistero (persino indegno di complottismi) con il secondo e ultimo Tomb Raider di Angelina Jolie. È vero che Speed non sarebbe esistito se lo sceneggiatore Graham Yost non avesse immaginato una versione autobus di altri film sui treni, come A 30 secondi dalla fine e Wagons-lits con omicidi. Ma è ancora più vero che Speed non sarebbe diventato quella pietra angolare pop di metà anni 90 impacchettata col fiocco se, fra le sette note del cinema, non avesse captato l’high concept di The Bullet Train, film del ’75 scritto e diretto dal mestierante di lusso Junya Sato. Un onesto regista di roba d’alto budget tagliata giù grossa che, tra spionaggi in Iran, yakuza e melodrammi storici ha trovato anche il tempo di inventarsi un sotto-sottogenere.
Bullet Train Explosion è un film che si merita come sigla una canzoncina né bruttissima né bella, al confine tra l’orecchiabile e il malvagio a seconda di come ti sei svegliato o svegliata stamattina, e che faceva da colonna sonora a un sotto-sottomeme di una quindicina d’anni fa. Al massimo, per fare i giovani, si poteva chiamare in causa lui, ma non ha fatto canzoni. Non è vero. Ne ha fatte almeno due. Questo per dire che Bullet Train Explosion è la versione di The Bullet Train che ci meritiamo nel 2025: un filmone potenzialmente di culto, grossolano e spettacolare, che ha fatto due etti e mezzo di tensione e ha lasciato senza nemmeno chiedere. È stato aggiornato ai tempi che corrono, è stato ripulito dall’algoritmo ed è stato affidato nelle mani di solerti professionisti della sufficienza.

Ammira la solerzia, il professionismo e il bucio di culo
Innanzitutto: la manopola del ritmo, vivaddio, è stata alzata di un paio di tacche. L’originale si attesta sulle due ore e mezza abbondanti e oceaniche, ma almeno è mosso da velleità interessanti: i nomi più importanti e riconoscibili del cast, Ken Takakura e Sonny Chiba, interpretano i bombaroli tragicamente protagonisti, sconfitti dalla società e in cerca di rivalsa, e non i vertici dell’eroica pletora di burocrati dall’altra parte della barricata. Nel film di Sato, gli antieroi romantici vengono sconfitti dagli eroi pragmatici perché, anche se i problemi e i sogni di giustizia sono veri, comunque la gente bisogna salvarla. Solo che l’alternanza forzata fra le scene ambientate sul treno e quelle en plein air per raccontare i cazzi e i mazzi dei terroristi, spezza la tensione invece che alimentarla. A volte sembra di vedere guardie tonte contro ladri fessi che si annusano il culo rincorrendosi in cerchio giusto per allungare la broda. D’altronde, in The Bullet Train i ricattatori concedono nove ore di tempo ai ferrovieri e al governo per tirare fuori il riscatto e/o scovare la bomba in tempo e disinnescarla. Bullet Train Explosion taglia di un terzo il tempo di arrivo al capolinea – che diventa Tokyo centrale, una posta in palio più iconicamente catastrofica rispetto al quartiere periferico di Fukuoka Hakata-ku com’era nell’originale – e risparmia sulle attività extra-curriculari esterne al treno, riuscendo a tagliare venti minuti di menate che, se non hai Ken Takakura e Sonny Chiba a disposizione, onestamente diventano un po’ una corvée.
Si aggiornano anche i motivi dei cosiddetti cattivi. Spariscono gli antieroi romantici e politicamente radicalizzati, dolenti nemici di un sistema che li ha schiacciati e che vogliono punire con la violenza. Vengono sostituiti da un disagio a svelamento ritardato, per nulla inedito ma realizzato con apprezzabile ferocia; giusto per stare sul generico ed evitare troppi spoiler, anche se non ci vuole un diploma per capire un po’ tutto tipo al minuto 46. Senza l’ingombro narrativo riservato agli antagonisti, questo sequel può dare più spazio ai nerd idealisti e aziendalistici che affrontano, cronometro analogico a cipolla alla mano, questa crisi che ricalca (nel suo stesso universo narrativo) quella del ’75 raccontata in The Bullet Train: qualcuno ha piazzato a bordo di un treno ad alta velocità una o più bombe a tachimetro, che esploderanno se la velocità del mezzo scenderà sotto i 100 km/h. Gli artificieri dalle cattive intenzioni chiedono un sacco di soldi, ma il governo giapponese notoriamente non tratta con i terroristi. Spetta ai ferrovieri cincischiare per continuare a far viaggiare il treno e trovare una soluzione: quello in plancia di comando è Tom Cruise che urla in Codice d’onore, mentre quello sul treno è il Buddha dei controllori.

Captain Controllore
Entrambi i film hanno toni enfatici e carichi di pathos. Se nel primo caso era soprattutto una questione di recitazione sopra le righe, nel secondo è perché invece si susseguono decine di scene madri una in pila all’altra – la ventata del treno che passa a cento all’ora attraverso la prima stazione è girata neanche fosse una bomba in trincea – tenute insieme da una colonna sonora invadente e populista. Nel 2025, il film ben confezionato di treni veloci che dovevano andare sempre speediti con i dilemmi morali un tanto al chilo che ci meritiamo ha una colonna sonora dimmerda di violini dimmerda al posto di bombette del genere:
E oltre a preferire le ostensioni urlate da dramma del tinello dei ferrovieri giapponesi come faceva anche l’originale – perché in effetti sarebbe complicato far capire il funzionamento di uno shinkansen senza spiegoni – Bullet Train Explosion ci aggiunge anche le didascalie con i trenini giocattolo, perché in cinquant’anni ci siamo platealmente rincoglioniti. In conclusione, questo sequel spettacolare è un degno aggiornamento ai tempi algoritmici che corrono e che semplificano e smarmellano. Una scelta su tutte: il dramma nel dramma di The Bullet Train, ovvero la passeggera incinta che va in travaglio e perde il bambino nel corso della crisi, nel sequel si digievolve in un influencer cialtrone che approfitta della tragedia per fare visualizzazioni.

Bisogna fare WIII

Altrimenti succede PUM!
Intercity con gli scompartimenti quote:
“Un po’ meglio che fare trainspotting senza drogarsi”
Toshiro Gifuni, i400calci.com
E anche di questo pezzo di Gifuni non c’ho capito quasi un cazzo.
Però lo leggo volentieri lo stesso
Sonny Chiba? Che sorpresa, è un nome svanito dal mio radar dai tempi di Kill Bill!
Figa, nel 75 i treni italiani manco li raggiungevano i cento all’ora. Manco oggi.
Dato che la recensione parla soprattutto del film del ’75 non ho capito se vale la pena di vederlo…
Comunque ho riattivato Netflix e a questo punto una chance posso darla.
Piccolo (tragico) inciso: mi sono iscritto di nuovo Netflix per vedere Havoc. Mi sono annoiato.
Havoc mi ha rotto le palle. Posso ufficialmente appendere l’action al chiodo, guardare solo Rete 4 e smettere di aprire questo sito. sigh
Per me è l’influsso della tv generalista che fa male e prova a richiamare a sè, nella comfort zone della penichella da 5h ore sul divano con film che da 2h ne durano 3 e qualcosa visto la pubblicità e starnazzamenti vari. Il mio consiglio? Dipingiti la faccia con terra e tinte mimetiche, prendi un machete vai sul tetto e ammazza quella gaglioffa dell’antenna . Se invece hai una parabolica parabola prendi una machine gun (senza kelly) e mandalà all’altromondo.
“proseguita bene con Twister”
“bene” nel senso fare un pacco di soldi, e al 99% per gli effetti speciali. Un film che si può riassumere in mucche che volano. Perché io ricordo una trama penosa con dialoghi fra i peggiori che abbia mai ascoltato da un grande schermo, che all’epoca mi avevano fatto pensare a un rimbambimento senile precoce del povero Crichton, scoprendo anni dopo che alla scrittura aveva lavorato anche la moglie per le parti romantiche (insopportabili) e che il regista aveva pesantemente rimaneggiato proprio i dialoghi, spingendo gli attori a improvvisare per renderli più spontanei. Questo per dire che la sparizione dalla scena di de Bont non è stata inspiegabilmente precoce.
un film che si può rissumere in mucche che volano…si deve…è un film su tornadi che spaccano cose e gente che ci si infila non so quali dialoghi o svolte di trama incredibili ci si potesse aspettare…però ben diretto, divertente e ai tempi ben fatto per la tecnologia a disposizione…per capire la differenza tra un buon film e la merda pura basti vedere il secondo twister appena uscito.
Appunto. Mucche volanti fatte bene per l’epoca. Quando trama e dialoghi sono da dodicenni, io non reggo. Son gusti. Le reclame pubblicitarie stile Bay proprio non le sopporto. Problemi miei.
Bay reggo solo per poi disprezzarlo…è puro autolesionismo ormai
DVD quote alternativa:
“Eh be’ insomma, il treno è sempre il treno, eh.”
https://www.youtube.com/watch?v=Q93fJLGzWrk
Quando i treni saltavano in orario.
Girato a Pavia. Pozzetto tornò a rievocare la scena del treno con il club di fan.
https://www.youtube.com/watch?v=iMT1-Jn270I
Ahah, stupendo, quasi commovente!
>Sion Sono scemo sogna un sequel del film che su un treno sparato a stuporosa sveltezza ha ispirato Speed>
>suicide club senza contesto né poesia ma con i treni che fanno pum>
Sion Sono regista fuori parametro, meriterebbe un articolo di approfondimento sul sito.
La macchinista che indica ad ogni istante la strumentazione del treno con colpi di secchi di karate è entrata di prepotenza nei miei incubi…