Non c’è niente di più rinfrescante di vedere in un film italiano un ragazzetto rapito durante una serata fuori e buttato senza troppe spiegazioni in un camion senza luce che gira in tondo, in cui qualcuno altrettanto disperato comincia a riempirlo di botte senza un perché. Specialmente se questo ragazzetto non muore massacrato ma anzi esce dal nero di quel camion pieno di sangue non suo. Non sapeva di essere una macchina di morte, ma in quel buio, per non morire, lo ha scoperto. Dei tanti che hanno rapito, finalmente qualcuno non è morto ma si è dimostrato idoneo.
È un buonissimo inizio. Giusto. Lo hanno scritto Paola Barbato, Davide Lisino e Mauro Mancini, che poi l’ha anche diretto, e c’è il Liam Neeson italiano: Alessandro Gassmann. O almeno questo è quel che vorrebbe essere Gassmann, che i ruoli di menare li accetta tutti e ci si impegna seriamente, con i riferimenti giusti e la tigna giusta. Lui, qui, è l’allenatore di quella specie di Tana delle tigri in cui finisce il ragazzo: una nave ferma nella quale gente poco raccomandabile, piena di rancore, finita lì in modi brutti, si allena per combattimenti clandestini altrettanto brutti. E non è un allenatore gentile e simpatico, ma proprio cattivo dentro. Tutto il contrario di Renato Carpentieri, che interpreta il committente di tutto questo e che non è chiaro che riferimenti abbia per questo tipo di ruoli, forse il boss mafioso delle fiction generaliste. Sono passati almeno una ventina di minuti ed è ancora tutto giusto. Anche le botte, in un certo senso e con tutta la moderazione del caso, non sono male. Non sono neanche granché, ma non sono sbagliate. Funzionano. O almeno sono curate.
Già lo sapete dove stiamo andando a parare. Perché poi accade qualcosa. La trama va in un’altra direzione, e si finisce nel territorio dell’intimismo, nella palude dei film italiani dove ogni entusiasmo affonda. Lì si capisce una cosa terribile, che veramente spezza il cuore e fa piangere: che questo film non è interessato per niente a una storia di botte, ma proprio zero. È un’altra la storia che gli interessa, una di padri surrogati e pseudo-figli, di peccati da espiare e rancori passati che influenzano i rapporti del presente. Come sia possibile e cosa voglia dire volersi bene in una famiglia (naturale o costruita che sia) nonostante ci sia di mezzo l’odio. Solo ambientato nel mondo delle botte, come poteva essere ambientato, chessò, nel mondo del tennis. La parte d’azione è, scusate sto per scriverlo, UN’ALLEGORIA!
Era lo stesso tema di Non odiare, il film precedente di Mancini/Gassmann, che non aveva un pretesto d’azione come questo, ma c’erano sempre rapporti familiari resi non facili dall’etica dell’odio.
Questa cosa di avere una patina sopra un film, di usare l’ambientazione, lo spunto, l’inizio e l’innesco della storia per suggerire un genere o un esito, nel caso specifico per far credere di essere in un film di menare, e poi sterzare e andare da un’altra parte con il resto della storia è la cosa più tipica per i film italiani. Accade con grande regolarità almeno da vent’anni. Si chiama il “finto film di genere”: quello che ne ha tutte le premesse, ne ha i personaggi, ne ha l’intreccio e in certi casi ne ha la fotografia, la musica e il montaggio. Ma poi non lo è. E non lo è perché non lo è mai voluto essere, perché quello era fumo negli occhi o al massimo una caratterizzazione originale per rivestire l’unica cosa che interessi a tutti: l’intimismo.
È esattamente quello che fa perdere tutta la fiducia nel cinema italiano. Non solo perché c’è la delusione, che sopravviene come una coperta fredda, ma soprattutto perché c’è un non detto che rimane nell’aria dopo aver visto questi film. E cioè che questo scarto, questo andare da un’altra parte, sia reso necessario dal fatto che un vero film di botte non sarebbe stato abbastanza. Che ci voglia dell’altro per nobilitarlo, renderlo valevole, renderlo sensato. È questo che ti taglia le gambe (e fa anche un po’ incazzare) perché è chiaro che chi promuove, approva e realizza questi film non ha visto gli esempi migliori del genere, o se li ha visti ritiene che non siano abbastanza.
Soprattutto, quello che un film come Mani nude dice è che la parte “personale” di un film su persone che si menano stia nel non fare un film di persone che si menano, ma nel cercare, non appena possibile, di fare un film tradizionale. Essere unici, dare un’anima a un film di questo tipo, vorrebbe dire farlo diventare come tutti gli altri. A questa cosa è molto difficile rispondere. È chiaro che Mancini, o chi per lui, non ritenga Mani nude uguale a tutti gli altri film: gli riconosce molte originalità e probabilmente proprio il suo distanziarsi dal genere di appartenenza è l’elemento che glielo fa pensare. È complicato spiegare invece che no, quello è ciò che lo rende il solito film italiano, e gli leva coraggio invece che darglielo. È quello che lo rende più povero di senso, non gliene dà un altro, perché riconduce rapporti che potrebbero essere particolari (come quello tra un allenatore burbero ma con un lato debole e un ragazzo che ha perso tutto) nell’alveo di quelli soliti. E perché, alla fine, perde l’occasione di fare cinema, cioè di parlare con i gesti, le azioni e i non detti che si nascondono nelle dinamiche d’azione, per invece far parlare i silenzi di Gassmann che guarda fuori dalla finestra o dà un’occhiataccia in corridoio per un ritorno a casa troppo tardi.
Dvd-quote suggerita:
“Un altro film italiano che vi farà uscire incazzati col mondo”
Jackie Lang, i400calci.com
Leggere questa rece mi fa malissimo, perché nel libro (di Paola Barbato) da cui è tratto il film invece non si fanno sconti, è una coltellata nello stomaco continua fino all’ultima riga (e sì, c’è anche una parte intimista ma sto leggendo ovunque che per il film si è dovuta prendere una direzione diversa per esigenze cinematografiche e altre cazzate varie).
Leggete il libro raga, poi andiamo a piangere tutti insieme per l’occasione sprecata.
Il romanzo della Barbato si crogiolava talmente nel suo nichilismo senza scampo che rischiava in più di un momento di sembrare più una posa dell’autrice: “Leggete e ammirate quanto posso essere spietata!”. Però, alla fine, un bel leggere o comunque una lettura pulp che si faceva divorare. Un materiale di quel tipo poteva essere trasposto in cinema diventando tanto una roba alla “A Serbian Film” (che mi fa cagare) quanto, con consapevolezza delle cose del cinema, una cosa alla “13 Tzameti” (che è un cazzo di capolavoro). Ma naturalmente il cinema italiano attuale (“attuale” = ultimi 40 anni) non poteva che scegliere la strada del compitino anonimo standard che neutralizza e innocuizza ogni spunto.
Non che in genere mi fidi troppo dei 400 Calci sul cinema italiano, dove vige la classica schizofrenia molto nostrana tra un generale “è tutto una merda” e improvvisi sobbalzi di immotivato orgoglio patrio (i peana a “Nirvana” di Salvatores e al “Suspiria” di Guadagnino ancora mi fanno male nell’anima – non che entrambi non siano due film anche interessanti, eh: ma gesù…), però in questo caso già il trailer, dove non si capisce perché non spuntino fuori nella loro famosa partecipazione Rupert Sciamenna e Geeno, parla da solo.
Film italiani… gente che urla, che piange, crisi della famiglia (sottocategorie, crisi della coppia e conflitto generazionale). Immigrazione. Gay. Malattia. Emarginazione.
Niente ‘splosioni, ggente cazzuta che salta dai ponti, bazooka su aerei o carrarmati, ossa frantumate, LE ‘SPLOSIONI vogliamo le ‘SPLOSIONI!!!
Giù la testa coglione.
Sono stato nei luoghi dove hanno girato il film, las minas de rodalquilar.
https://www.youtube.com/watch?v=JbTqmv7DrAc
È un peccato perché le potenzialità c’erano e Gassman nella veste di Liam Neeson di noialtri si impegna e funziona pure.
Ma il problema di fondo è sempre il solito: che noi ci dobbiamo sempre mettere di mezzo il MESSAGGIO.
Non so da dove derivi questa cosa, ma in Italia non fai le cose se non ci inserisci il MESSAGGIO
Gli italiani sono stati diseducati al cinema di genere. A quelli che fanno cinema non interessa, non gli piace ( a parte pochissime eccezioni), non so nemmeno se li hanno visti i film di Carpenter o Mctiernan. In ogni caso, se vogliono essere rispettabili, devono fare neo-neo-neo-neorealismo ( sempre meno reale, per altro). Il pubblico va a vedere i film americani, certo, ma temo che anche in quel caso non sia il genere a contare e nemmeno l’ azione in sé, ma la star, gli effetti speciali, il supereroe, il franchise. Queste sono sempre state caratteristiche del cinema italiano, ma da trent’anni sono le uniche caratteristiche e non c’ è più nessuno che riesca a scavarsi una nicchia di successo come Leone, Argento, anche Bud Spencer e Terence Hill, permettendo ad altri di seguirli. Quanto ci eravamo illusi ai tempi di Lo chiamavano Jeeg Robot e Veloce come il vento. Comunque se avessi un sacco di soldi finanzierei tutti i progetti futuri di Mainetti e di Sollima. E grazie ai 400 calci per dargli ogni volta l’ attenzione che meritano.
Fermo restando che condivido pienamente il giudizio sull’assurdità del dover “nobilitare” un film d’azione che di per sè non sarebbe abbastanza, purtroppo dobbiamo anche ricordare un’altra cosa.
E cioè che in realtà ogni tanto qualcuno ci prova a fare film di genere “veri”, come piacciono a noi, i succitati Mainetti e Sollima, ma ci metto anche Rovere quando fa il regista, ma non vengono premiati dal botteghino. Questi film, non so se l’avete notato, non incassano granchè, quindi come si fa a convincere i produttori a portarli avanti? Ora Mainetti i soldi ce li ha di famiglia, ma magari pure lui prima o poi si stufa.
Beh, Jeeg Robot (che comunque sia per me resta il migliore di Mainetti) fece molto bene come incassi
Come tante cose riguardo quel film (Jeeg Robot) ci fu un entusiasmo leggermente ecessivo. 5 milioni di incasso per 1 milione e 700 di budget: bene, visto il tipo di film e per il mercato italiano. Ma se ne parlava manco fosse un fenomeno alla Per un pugno di dollari, L’uccello dalle piume di cristallo e Lo chiamavano Trinità. Quello in anni recenti è stato C’è ancora domani: 37 milioni di incasso in Italia e 50 milioni di incasso globale … eh sì, “neoralismo” (con tante virgolette) + messaggi e tinelli come se piovesse. Non ci si scampa.
@tommaso: sì, Jeeg Robot fu senza dubbio pompato, resta il fatto che pur non essendo un capolavoro fu una boccata d’aria fresca ed il successo fu tutto sommato meritato.
Sui film successivi di Mainetti ho molti più dubbi.
Sollima, visto che si parlava anche di lui, fece il botto invece a livello televisivo con Romanzo Criminale, ma anche nel suo caso non si può dire che non fu premiato dal pubblico
Jeeg Robot fece bene come incassi, ma i successi molto meno bene. E cmq, per dire, “Follemente”, cioè Inside Out fatto male, ha incassato 17 milioni e mezzo, eh?
Ovviamente ho sbagliato a scrivere ed intendevo “successivi” non “successi”. Mentre è vero che Sollima ha avuto successo in TV, molto meno al cinema. Per dire, “Adagio”, che secondo me è un bel film, ha incassato 1,2 milioni, eh.
Comunque, a fronte di un budget di 8 milioni, pure lo sbeffeggiatissimo (a ragione) “Il ragazzo invisibile” di Salvatores fece esattamente lo stesso incasso di Jeeg Robot: 5 milioni e spiccoli.
Quindi… quindi, boh, non so che cosa dovremmo trarne.
Che, purtroppo, se fai il solito film italiano del c@##o è improbabile che fai incassi tali da guadagnarci (e bene) ma non è impossibile. Se fai un film di genere anche fatto bene invece è proprio impossibile.
@GGJJ: “E cmq, per dire, “Follemente”, cioè Inside Out fatto male, ha incassato 17 milioni e mezzo, eh?”
A mio dire Follemente è decisamente MEGLIO di Inside Out, non fosse altro perché prosegue la cifra stilistica di Perfetti Sconosciuti, cioè veri film da/nel tinello (sic!) che vanno fieri di esserlo.
I film italiani di menare hanno sempre bisogno di una ideologia alle spalle per essere davvero coerenti, altrimenti non vengono prodotti. E’ stato citato l’Ultima notte di Amore, ma ci metterei prima ACAB… Laddove ci sia la denuncia, il messaggio, il Libro Cuore, l’accidenti che se li piglia, allora anche noi italiani siamo in grado di fare pellicole dignitose.
PS: ringrazio i 4calci per avermi evitato di restare diluso (da leggersi alla Bastianich)
Non sono d’accordo. “La città proibita” è un bel film, è stato prodotto, e prodotto molto bene, senza nessuna ideologia alle spalle, è uscito in sala anche con una buona pubblicità.
E non se lo è filato nessuno.
Semplicemente, non c’è abbastanza pubblico per i film italiani di menare. Di genere in generale direi.
Meno pubblicità però di altri film e soprattutto è rimasto poco in sala, cacchio da me c’è rimasto una settimana in tutti i cinema della zona che tra l’altro non lo mettevano mai tra le anteprime per capire se l’avessero dato o meno.
Poi chiaro il pubblico è piccolo, sente di un action Italiano e lo trova cringe però poi va a guardare captain america vs Red Hulk che piuttosto che riguardarlo mi guardo beautiful.
Dai, non è certo l’esempio di un film che non è stato spinto, chiaro che non aveva la pubblicità di un prodotto della Marvel ma da questo punto di vista non ci si può lamentare, hanno anche fatto le ospitate in TV.
E’ che va come va.
padri, figli/fratelli, botte…Mancini/Gassman ma non potevate rivedervi WARRIOR (o anche solo the fighter) per avere una ispirazione? perchè pure là ci sta intimismo ma direi non manca tutto il resto
Bella osservazione
Stasera mi rivedo WARRIOR (per la ventordicesima volta).
Comunque si, hai fatto l’esempio PERFETTO: in WARRIOR c’è intimismo e i personaggi (così come i rapporti tra di loro) evolvono CON l’azione.
Nel match finale c’è una completa iperbole di catarsi con una presa e un tap che si trasformano in un abbraccio tra fratelli. Ed è solo l’esempio più famoso.
Si può fare. E possiamo farlo anche noi italiani se volessimo. (L’abbiamo fatto anche recentemente).
Warrior capolavoro! senza se e senza ma. Ottima considerazione.
C’é uno SOLO e UNICO testo italianissimo dal quale trarre IL film (o LA serie tv) di menare ed è ONE NIGHT IN CARSO di T.SARAFIAN.
Anche in versione audiobook.
Segno
Sarafian per me è il regista di Punto zero :p
E di Uomo Bianco va col tuo Dio, uno dei più bei Western di sempre.
T. SARAFIAN è uno pseudonimo.
Di Sarafian bombazze anche il polanskiano “Frammenti di paura” e il gangster “Lolly-Madonna XXX”.
Bello anche il crepuscolare “L’uomo che amò Gatta Danzante” con Burt Reynolds.
Con “Punto zero” e “Uomo bianco va col tuo dio” cinque titoli che oggi lo renderebbero un registone della madonna, mentre ai tempi era effettivamente “solo” un ottimo regista di seconda fila.
Vandal e Tommaso grazie per i suggerimenti, li recupero!
Meno male che esiste Mainetti
Bihvabbé ma dalla scrittura della Barbato cosa diamine vi aspettavate?
dopo aver imprudentemente letto i primi 10/15 episodi di “Davvero” – una dolorosissima mezz’oretta tutta puntellata di “…dai che ora succede qualcosa… dai che ora succede qualcosa… DAAAAI FAI SUCCEDERE QUALCOSAAAHH” – ho cominciato retroattivamente ad odiare anche Andrea Barbato, povero innocente
Era da quando ero bambino che non leggevo Dylan, negli ultimi 3 anni ho comprato diversi numeri tra serie regolare, speciali, colors, oldboy cazzi e mazzi e tranne una manciata che mi hanno lasciato qualcosa gli altri dopo 5 minuti non ricordavo nemmeno più cosa avessi letto da quanto erano tutti simili e alla fine “banali” perchè ricicciano sta solita storia uomo-mostro ma senza approffondire. Per fortuna spesso hanno disegnatori della madonna sia come abiltà che come composizione della scena. Poi ovviamente non saranno tutti stati scritti dalla Barbato però se la media sua fosse assimilabile a quelli ossia un vuoto cinisimo non mi aspetterei molto. Preferisco altro da leggere e se devo leggere un dramma leggo piuttosto Monster di Brarry windsor smith o Blast di Larcenet .
La Barbato ha purtroppo perso nerbo da un bel pezzo e non ha mai saputo creare qualcosa di davvero efficace e suo, sia nel fumetto (sì, “Davvero” è l’inconludeza fatta fumetto) sia coi romanzi (intriganti, con ottime idee, ma mai davvero riusciti fino in fondo; “Mani nude” compreso), però i primi anni di sue storie su Dylan Dog furono una serie quasi ininterrotta di bombe emotive, come in un certo senso certificato anche dall’acrimonia esacerbante dei suoi detrattori.
Specifico però che non mi metto tra i detrattori, la conosco troppo poco e negli ultimi anni poca roba DD mi è piaciuta che infatti compro sempre meno e piuttosto vado di Dampyr, Dragonero e Nathan Never. Per I miei gusti molte storie DD le ho trovate inconcludenti ma non saprei dire chi le abbia scritte (che so l’ultima è 32 dicembre che mi ha annoiato assai).
Poi qui ci sono altri 2 nomi alla scrittura quindi non so quanto abbiano pesato sul suo soggetto.
Non compro più DYD da un po’, ma ricordo distintamente di aver smesso perché mi erano venute a noia le storie tutte uguali (anche) della Barbato…. lo scendere sempre più nel dramma esistenziale e sempre meno nel fumetto “di genere” mi aveva stufato, anche se la colpa non è stata certo tutta della Barbato ovviamente.
“A mani nude” non l’ho letto sinceramente, ma mi puzzava già ai tempi dell’uscita… leggo più sopra che non è male quindi magari lo recupero.
Apprendo qui per la prima volta che Barbato ( manco so chi è) è stata pure sceneggiatrice di Dylan. Io (e pochi altri) Dylan l’abbiamo scoperto nel 1986, con le storie di Sclavi, e fatto passaparola. Al numero 118 ( ovvero dieci anni dopo ) mi fermai.
Ripongo speranze in Bonelli ed in un film che catturi l’essenza del fumetto. Già abbiamo avuto “Dellamorte Dellamore”, ottimo. Poi quella cagata ammeregana. Dopo il trattamento inqualificabile di Diabolik (marò, solo al pensarlo mi viene il vomito), forse Bonelli potrebbe fare un bel film di genere.
Io comunque corsi al cinema a vedere Tex. Una poverata, ma Duccio Tessari fece un bel lavoro.
Diabolik comunque non è della bonelli (probabilmente non itendendevi quello ma così è chiaro anche agli altri lettori) e i Manetti bros hanno beccato un film in carriera ma da allora godono di fondi per ogni cagata che scimiotta il cinema merigano.
@Jean luc. Grazie, mi hai capito e puntualizzato.
Un diabolik bello, un cinefumetto nostrano, l’abbiamo fatto. Prima ancora che esistesse l’espressione cinecomic (oddio, a essere precisi i cincecomic datano dalla nascita del cinema: flash gordon, superman,Batman etc. ) E’ quel divertente e lisergico Diabolik del 1968 direto da Mario Bava.
Ecco. Richiesta: mi fate una live sul diabolik del 68 ?
Dylan Dog è una serie che dovrebbe essere distillata: 50 numeri regolari, una decina di uscite speciali, livello altissimo. Altrimenti i numeri migliori annegano nel piattume generale. Proprio ieri rileggevo Morgana, dal mio personale best of della serie, e godevo come la prima volta.
La Barbato ha ridato vitalità al personaggio Dylan Dog, mettendolo davanti a situazioni drammatiche e cercando di strappargli l’aria da perfettino del cazzo. Nello stesso tempo ha iniziato tutta una serie di riflessioni sul personaggio, un seme che ha portato nel tempo a un’artificiosità che ha intossicato drammaticamente la testata. Rileggetevi Inferni (n. 46), quanto è vivo quel Dylan, e piangete.
Al suo meglio, un grande interprete di DD è Medda, leggere Il battito del tempo (154) e L’ospite sgradito (233).
Già se c’è gassman in un film preferisco evitare, visto che manco nella pubblicità dell’unipol sa recitare ed è lì sono perché figlio del grandissimo Vittorio pochi mazzi.
Se poi viene fuori l’ennesimo film da tinello con temi spiccioli, perchè alla fine non è che ci siano state chissà quali sceneggiature da ricordare per imperitura memoria allora mi interessa ancora meno. Ma poi ancora non capiscono che non basta una sceneggiatura e serve soprattutto una regia con una visione chiara, non basta una patina ossia una fotografia un pò scura.
Sta cosa che è da 30/40 anni che i film passano tutti dagli stessi produttori o da amici degli stessi e che i cast siano sempre li stessi anche durante lo stesso anno ha seriamente rotto. Il bello è che tale sistema veniva già criticato a fine anni ’90 per esempio in alcuni almanacchi della Fantascienza della Sergio bonelli su Nathan Never ove già si parlava di cinema di genere morto e di vedere sempre le stesse fazze da schiaffi senza schiaffi.
Le uniche eccezioni sono già state menzionate sopra ed è poi il motivo per cui non mi è dispiaciuto nemmeno DAmpyr il film, o l’horror oltre il guado (ove però il regista vittima di sto sistema di M… si è trovato dopo a fare l’ennesimo film da tinello che spaccia per “horror” ).
Va beh dai il tempo che risparmio a non vedere sto film lo usero per riguardare La Decima vittima.
Il cinema italiano è da tempo che è fallito. I francesi, che di film in tinello ne fanno pure tanti, perchè costano poco, almeno hanno ancora il guizzo, la battuta salace. Noi abbimo reso famosa la commedia all’italiana, quel misto di risate dolceamare e di cinismo. Manco quella sappiamo fare più. Il film di genere, poi, è morto. E anche lì eravamo campioni.
Raga: non c’è il mercato.
Ma c’è fuoco sotto la cenere. Certi progetti per le piattaforme sono meglio dei film.
Guardate “il baracchino”, miniserie animata. Forse c’è speranza.
Ma è tipo la serie di Zerocalcare? Non è che mi sia giunta tanta bella roba italiana sulle piattaforma ,anzi (se penso per esempio a citadel con la De Angelis). Però guardo anche pochissima roba seriale.
Non è di ZC, l’hanno fatta dei giovani esordienti tra cui il (bravo) comico Salvo Di Paola.
Battute sceme ma divertenti all’interno di un setting surreale e drammatico. A me è piaciuta.
@jean luc. Si , è “tipo” la serie di Zerocalcare. Le serie. Entrambe le serie ottime, e pure il film “la profezia dell’armadillo”. Si ride e si piange un pò.
Tra l’altro curiosamente “Citadel” con la De Angelis è meglio dell’originale con Richard Madden. E poi lei è bona.
Sarà bona e non lo nego ma a parte che potrebbe studiare un po’ di dizione che non scandisce bene le parole resta che dopo 2 puntate ho deciso che il muro bianco fosse più interessante. L’originale non l’ho proprio visto quindi non saprei.
@Jean Luc. A proposito di dizione.
Io cerco sempre di esprimermi correttamente. Ma è quasi impossibile cancellare il proprio accento, italiano o straniero che sia.
Gli unici che hanno la dizione perfetta, quell’italiano teorico che non esiste nella realtà, sono i doppiatori.
L’ultima notte di Amore mi aveva fatto ben sperare.
Chi produce in questo caso, così evito tutto il catalogo per ripicca? 😅
L’ultima notte di Amore una delle cose meglio di Amazon ultimamente…
Anche Piove non mi era dispiaciuto, per un film così piccolo, tuttavia fatto con passione, la giusta dose di mestiere e senza sbracature di smielosità o pietismo.
Altro esempio. L’ultima notte di Amore, bel film con l’attore italiano forse di maggior nome ultimamente come protagonista assoluto ha incassato tre milioni e mezzo.
Ma dove vogliamo andare?
Peccato. E dire che di materiale nel libro ce n’era…
O.T. Ieri ho visto Ballerina al cine.
Forse la seconda o terza volta in vita mia che vedo un film prima della rece dei 400 calci.
(Senza contare uno o due casi in cui il film proprio non l’avete considerato).
Son soddisfazioni.
Ma non esce giovedì?
Non vivo in Italia. Qui è uscito il.weekend scorso.
Ah ok. Giudizio personale post visione? Merita?
Certo che merita!
Non aggiunge nulla, non ti cambia la vita, è un rilancio a MACCOSA sempre più grandi, ma è divertente.
Morti fantasiose e violente una dopo l’altra.
Ed è solo un gran pretesto per rivedere il Continental, Keanu Reeves, ma soprattutto Lance Reddick.
Comunque si, hai fatto l’esempio PERFETTO: in WARRIOR c’è intimismo e i personaggi (così come i rapporti tra di loro) evolvono CON l’azione.
Nel match finale c’è una completa iperbole di catarsi con una presa e un tap che si trasformano in un abbraccio tra fratelli. Ed è solo l’esempio più famoso.
Si può fare. E possiamo farlo anche noi italiani se volessimo. (L’abbiamo fatto ache recentemente).
Questa è una risposta ad un post più sopra che è apparsa anche qui.
Quell’accento! AAAAAAARGGGGGGGGHHHHH!!!!! Bastaaaaaa! Fate un corso di dizione diamine! Siete attori!!!!!
Pensare che Mancini dice che il suo cinema si ispira a Walter Hill…
Gassman avrebbe anche la fazza e la fisicità per un ruolo di quasi menare, un pò un Cristian Bale dei poveri diciamo..il problema è che dovrebbe essere almeno francese …se così fosse noi italici non avremmo visto le seimila tinellate francesi equivalenti a quelle italiane e ce lo saremmo trovati in un filmetto di pseudo menare italiano a fare il suo..chissà se i francesi guardano sta roba e/o le nostre tinellate?