È estate! Sapete cosa succede d’estate? Di solito un cazzo, soprattutto da noi dove i grandi blockbuster estivi vengono surrettiziamente spostati all’autunno per dare modo ai multisala di riprendere fiato dopo un’annata di incassi record e agli stabilimenti balneari di Celle Ligure di arrotondare i loro magri introiti con qualche spicciolo portato dai cinefili d’Italia in trasferta marittima.
L’estate, quindi, è il periodo in cui noi fancalcisti ci dedichiamo finalmente con l’attenzione che meritano a tutti quei film che nei mesi passati hanno visto la luce del sole ma sono, ahinoi, passati inosservati a causa di una cattiva distribuzione o di un marketing non spietato quanto il prodotto in questione meriterebbe.
Oppure guardiamo found footage a caso nella speranza di azzeccare quello buono. È il caso del Vostro Affezionatissimo e di Mr. Jones. Sigla!
httpv://www.youtube.com/watch?v=-1jPUB7gRyg
Scritto e diretto dal simpatico esordiente Karl Mueller, Mr. Jones è l’esempio di cosa si ottiene quando uno studente di cinema affezionato a fighetterie ed eleganza scopre che wooo, mica sapevo che avessero fatto un film che si chiama The Blair Witch Project!, chissà se qualcun altro ha provato a capitalizzare sul successo di quella pellicola, magari ibridandola con altri generi attigui ma non sovrapponibili sì da creare un ibrido affascinante e soprattutto puntuale come i fallimenti sul mercato del Milan!
Purtroppo quando distribuivano i foglietti con scritto «The Blair Witch Project è uscito 15 anni fa» Mueller era a sperimentare con i filtri («E poi ho comprato a 1,99$ il pack di filtri tipo Pellicola sgranata, Effetto VHS rovinata, Color bars, roba che fa miracoli nella composizione diegetica della luce politico-sintattica che voglio usare in questa sequenza!»), e se la godeva talmente tanto che si è perso anche il memo intitolato “Contesto culturale, sociologico e psicologico nel quale collocare le proprie opere”. Quantomeno è tornato in tempo per la distribuzione del talento, e a voi non danno ancora più fastidio i ritardatari di questa risma?
(@Karl: ti sto sfottendo ma con amore, non mi defriendare su Instagram te ne prego!)
La porcellina bionda che vedete in questa foto si chiama Penny ed è, insieme al fidanzato Scott, protagonista di questa pellicola che unisce leggende metropolitane, antropologia culturale, riflessioni su come nasce un’opera d’arte e incursioni visionarie nel mondo d’incubo teorizzato da David Lynch in più o meno tutti i suoi film. Il Mr. Jones del titolo, invece, interpretato da quello che faceva Gesù nel video di Until it Sleeps dei Metallica, è una figura sfuggente e mitologica, un supposto artista che vive recluso nei boschi e passa la sua vita a costruire inquietanti spaventapasseri, che poi spedisce via posta a della gente a caso e questa gente a caso dà via di testa e potenzialmente alla fine muore.
È una crudele e ficcante metafora dell’arte contemporanea e della sua impenetrabilità? Una riflessione sulla figura dell’artista e sul confine labile che separa l’artista stesso da un ospedale psichiatrico? È il mistero che rende tale un’opera d’arte?
No, è solo un found footage, peraltro mediocre. E ve lo dice uno che non ha mai nascosto la sua predilezione per questa forma narrativa, che pensa che The Blair Witch Project sia un capolavoro (e qui mi sono guadagnato una cinquantina di commenti!) e che crede sia possibile raccontare storie in soggettiva facendo paura ma rispettando insieme la coerenza interna al genere. Cioè: se vuoi che la cornice sia “due fidanzati che vanno a vivere nei boschi perché lui, filmmaker, vuole girare un documentario sulla natura”, se ti prendi la briga di farmi vedere loro che installano telecamere di sicurezza in tutta la casa per avere anche un po’ di riprese statiche, se ti sbatti anche a inventare un sistema per giustificare i tagli di montaggio*, dovresti farmi il favore di non rovinare tutto con inquadrature che sono impossibili nell’economia del film a meno di non assumere la presenza di un terzo, invisibile cameraman con la mano più ferma dai tempi di Tarkovsky.
Mi trovo in difficoltà a raccontarvi altro del film prima di arrivare alla tirata conclusiva sul finale. Dura un’ora e venti, nei primi tre quarti d’ora ci sono almeno cinque/dieci minuti che consistono in “l’inquadratura sui due che dormono”, “schermo nero con respiri in sottofondo”, “schermo nero senza respiri in sottofondo”. In più Mueller, nel tentativo di far vedere che lui ci sa fare, frammenta la narrazione e salta costantemente avanti e indietro lungo la linea del tempo, intervallando riprese nature ad altre artefatte da Scott e, presumibilmente, destinate al suo documentario, infila irritanti didascalie ogni tre scene circa e improvvisa pure, per motivare un viaggio a New York del suo protagonista, un ridicolo montaggio alla Guy Ritchie degli esordi. Immagino sia per dare ritmo e creatività, ma poche cose frantumano la sospensione dell’incredulità in un found footage quanto le sequenze in cui il regista smette di essere un arredatore d’interni e prova davvero a girare.
Dovendo giocare con materiale così scarno, Mueller se le inventa tutte pur di allungare il brodo: ci sono inserti tipo Mistero con finte interviste a presunti esperti, ci si sofferma molto sul rapporto tra Scott e Penny (grandi introspezioni, grandi dialoghi, salvo poi smentire tutto una o due scene dopo perché così richiede la narrazione), si inquadrano molto da vicino gli spaventapasseri spaventosi e passerosi di Mr. Jones. Pian piano, si viene anche a scoprire cosa rende queste sculture così inquietanti: dice che chi ci sta troppo a contatto poi dà di matto, e il motivo è che [SPOILER! VI AVVISO!] Mr. Jones non è un essere umano, ma una creatura umanoide che possiede una sorta di bad mojo mumbo jumbo in grado di aprire le porte del mondo degli incubi, o qualcosa di simile.
(@Karl: ti piace l’hashtag #ètuttonellatuatesta?)
Quando si ha a che fare con materiale del genere, sovrannaturale senza mai cadere nella razionalizzazione dell’inspiegabile, psicologico ai confini della psicanalisi, suggestivo e non grafico, le soluzioni a cui ci si può rivolgere per tirare le fila sono poche, e la migliore di tutte l’ha già sfruttata il già citato TBWP con un finale francamente irripetibile. Il dramma è che Mueller non conosce mica solo gli horror, oh no signora mia, lui è un regista a 360°!, e quindi ha aperto a caso il suo Dizionario del cinema 2014, ha puntato il ditino sulla pagina, e malaugurio!, era capitato sulla L di Lynch, David e quindi cosa fare quando le scadenze incombono e bisogna consegnare un premontato alla produzione?
Ve lo dico io cosa si fa: si piglia gli ultimi venti minuti di film e si manda tutto in vacca, sbrindellando ogni parvenza di senso narrativo, parlando di “stanze blu” e “lei non è lei!”, infilando uno dopo l’altro tutti i trucchetti del cazzo di regia e montaggio che vi vengano in mente. Per dirla con l’immortale Sergio Vannucci, è un finale che ce se capisce e nun ce se capisce. E si trascina, lo ripeto, per venti minuti; e per quanto possa essere affascinante vedere riprese banalissime sporcate con After Effects per dare LA ZENZAZIONE DELL’ALLUCCINAZZIONE, lo è per due minuti, tre. Cinque, perché sono generoso. Quando però lo sbrocco senza costrutto – né senza particolare grazia, come se fosse possibile girare cose aggraziate facendo il Lynch un tanto al chilo – ti prende il 25% della durata totale della pellicola, o ne vale la pena oppure io, spettatore confuso, skippo con piacere.
Né, sia chiaro, il problema è il finale volutamente oscuro e ambiguo, ché i quiz piacciono a tutti. Il problema è che qui non c’è neanche un enigma da svelare o un inganno da smascherare, solo un presupposto («Se guardi troppo gli spaventapasseri diventi pazzo e la realtà diventa un incubo e non riesci più a distinguere!») e uno showcase di effettini da pochi mega per provare a giustificarlo.
E no, il protagonista che si avvicina alla figura dormiente e scopre che quella figura HA LA SUA FACCIA non è né una giustificazione, né una soluzione di un qualche interesse.
DVD-quote suggerita:
«#ètuttonellatuatesta»
(#stanliokubrick, #i400calci.com)«Almeno è girato quasi bene»
(Otto I. Mista, salviamoilsalvabile.it)«Mi sono cacato nel nido»
(un passero)
*pensate che Scott ha montato una GoPro sulla sua cinepresa, così può riprendere quel che vuole e intanto c’è una telecamerina che gli inquadra la fazza costantemente! Grande regia!
Penso che un babbuino a battere i pugni su una tastiera e un mouse avrebbe montato un finale migliore
1° di 50: assolutamente d’accordo. Film molto più pensato, controllato, intelligente e pauroso del 99% delle sue imitazione venute dopo.
In generale, piaccia o meno, meditavo l’altro giorno che il found footage è l’unica vera novità stilistica e narrativa introdotta in modo massiccio nel cinema post-2000. Tra 30 anni sarà probabilmente considerato il cinema tipico di quest’epoca. Certo però che se nei prossimi 30 continueranno a produrne…
Per il Milan consiglio Milan night o diavoltaire, per le vacanze consiglio Varazze (portate i soldi in riviera ma va benissimo anche un bonifico) e per i found footage consiglio…eh niente…aspetto i robottoni e al massimo di riguardarsi tbwp
@tommaso: il problema e’ che, piu’ o meno come il 3D, hanno frettolosamente buttato fuori talmente tanti di quei progetti inutili e/o fatti a cazzo che quelle poche cosette found footage che avevano uno straccio di senso (per non dire per forza una testa pensante dietro) sono rimaste soffocate e alla gente giustamente e’ venuta l’allergia.
Gia’ oggi, se ci sono cosi’ tanti esempi su questo filone, piu’ che per l’interesse del pubblico, e’ perché costano meno che fare un film normale (ti giustifica narrativamente sia l’uso di strumentazioni scarse che l’assenza di un direttore della fotografia di mestiere).
The Blair Witch Project è stato un buon film, aveva una storia e succedevano delle cose che avevano un senso, non un ammasso di cazzidicane tipo Cloverfield o un delirio come Il quarto tipo.
Secondo me i found footage hanno rotto un pochino le balle, con la scusa del filmato ritrovato si possono bypassare buchi narrativi e giustificare tutti gli ammanchi di una sceneggiatura il più delle volte inconsistente.
Non ho visto questo film ma le poche immagini che vedo mi fanno tanto rimpiangere Jeeper’s creepers, il primo ovviamente. Stasera me lo riguardo, grazie dell’ispirazione.
@Nanni: d’accordissimo che è una moda un po’ del cazzo su cui i più ci marciano. E’ che appunto nel bene (poco) e nel male (tanto) sono appunto queste manie fastidiose e infestanti che poi spesso caratterizzano le varie epoche.
Anche se alla fine TBWP era una mezza scopiazzatura di Cannibal Holocaust, quando andai a vederlo al cinema, mi cagai addosso. Quel che dice Tommaso è vero: ha rivoluzionato il modo di intendere il cinema o almeno una parte di essa ed il film aveva un suo perchè, considerando che ancora oggi la gente ne parla, nel bene e nel male. Il problema del found foutage è che è diventato stra abusato e la gente s’è giustamente rotta le palle, sopratutto di vedere sempre la stessa minestra riscaldata. Certo, ci sono delle eccezioni, ma non poi così tante (a me viene in mente giusto Chronicles, pensa te)
Mi son detto: leggiamo un po’ sta recensione che magari mi consiglia un film discreto, dopo due righe mi son ricordato che il film l’avevo visto e faceva cagarissimo, però ho continuato con la rece eh, non è che l’ho mollata. E no, nulla, alla fine io di sta roba qui non ce la faccio proprio a salvare nulla tranne le bocce dell’attrice che però non vediamo mai, quindi fanculo pure loro due!
Davvero fiacco. Il soggetto anche se non proprio originale è abbastanza interessante, però appunto andava girato da David Lynch 15 anni fa e non in found footage. Che poi se fai un FF almeno fallo fino alla fine, non che a un certo punto ti rompi il cazzo e lo abbandoni.