E fu così che Dio creò il piano sequenza, e vide che era cosa buona e giusta.
Lo diede agli umani con un solo ammonimento: “Lo userete per il bene del prossimo vostro, e non lo interromperete mai. Non abbia a montare l’uomo ciò che il signore volle integrale. Non abbia a usarsi qualsivoglia giunto digitale là dove il signore Dio vostro ha voluto la continuità”.
E fu sera e fu mattina. E Sam Mendes vide Birdman e decise così che qualche attacco digitale era cosa buona e giusta e decise di condurre la sua troupe per le campagne francesi con il proposito di stacchi di montaggio invisibili.
È più o meno questa, a spanne, la ricostruzione più affidabile della genesi di 1917 che sono riuscito a recuperare dopo diverse visite alla Biblioteca Schwarzenegger della Cobretti’s Mansion. Mendes avrebbe inteso di sfidare le leggi scritte imitando altri illustri precedenti per creare l’illusione dell’unico piano sequenza tramite una serie di accorte manovre e arguti espedienti di montaggio. Il risultato funziona.
Ancora più importante 1917 vuole mascherare con tutto questo ardire formale quello che è in realtà un film di guerra squisitamente tradizionale, qualcosa a metà tra un film di Spielberg, per voluta ingenuità e scarso amore per la violenza, e un racconto di nonno Simpson (in realtà è tutto frutto di un racconto di nonno Mendes come dice un cartello alla fine).
Che 1917 sia la versione moderna di un vecchio racconto di guerra lo dicono i dettagli delle lettere a casa, i rapporti familiari vecchio stampo, la stolida rigidità delle manifestazioni di sentimenti e il fatto che questo film guardi la prima guerra mondiale con il senno di poi, raccontando due ore nella vita di due soldati e l’impresa che ebbero a compiere rivangando ricordi. E che abbia il sapore del racconto a posteriori è dimostrato anche dal fatto che all’epica dell’azione preferisce i nascondigli, che non si sbrodola in clamorose azioni (eccezion fatta per l’atterraggio dell’aereo, il momento migliore del film) ma racconta di attimi rischiosi ma ordinari.
Fa ridere qualsiasi appassionato di cinema d’azione il fatto che la maggior parte della violenza sia fuori campo, che la maggior parte degli scontri siano vissuti senza guardarli, solo nelle loro conseguenze e che addirittura l’unica colluttazione sia in ombra e ridotta all’osso. Tuttavia 1917 del grande cinema di guerra ha il senso epico del gigantesco scontro e nemmeno un briciolo della contestazione moderna. Come i film degli anni ‘50 sembra dare la guerra per scontata, la teme e mostra sempre personaggi che sognano di tornare a casa ma pare partire dal presupposto che sia un’esperienza terribile che tocca a tutti. Invece di ritrarre la disperazione dei corpi dilaniati, la follia dei reduci, il disprezzo per la vita che vige al fronte come fanno i film critici con la guerra, preferisce canzonare gli ufficiali piagnoni, raccontare di colonnelli che forse non eseguiranno ordini e problemi interni all’esercito.
“Alcuni uomini vogliono solo combattere” dice ad un certo punto Mark Strong caricando se stesso di tutta la markstrongaggine che possiede (e ne ha). Una frase che per enfasi e attorismo avrebbe potuto dire un esausto James Stewart sul fronte occidentale.
Lungo tutto questo percorso attraverso il fronte che sembra quasi la maniera in cui il cinema italiano degli anni ‘40 e ‘50 raccontava la sue storie (personaggi pretestuosi, sfondi interessanti) c’è proprio l’intenzione di creare l’affresco con una tecnologia che stupisca e alla fine di dare quel calcio in culo al pubblico con la ricostruzione magnifica dello scontro bellico, dell’ardore umano verso il compimento del proprio dovere, del contributo delle piccole azioni e dei semplici soldati alle grandi manovre militari.
Non vi starò a tediare con le canzoni melodiose cantate a soldati esausti come in Orizzonti di gloria né con il più classico degli incontri con una povera mamma con bambino nascosta per paura del conflitto. 1917 è un film così, che dà una spolverata moderna ad un cinema che viene dal passato, in cui non c’è grandissima azione ma che contiene lo spirito ultimo del cinema bellico. E va bene così.
Dvd-quote suggerita:
“…come se nonno Simpson raccontasse tutto senza prendere mai fiato”
Jackie Lang, i400calci.com
Chi l’ha visto (e in parte apprezzato) mi ha detto che la scelta del piano sequenza fa acqua a più riprese, mettendo a dura prova la sospensione dell’incredulità quando i protagonisti coprono lunghe distanze in pochi minuti (senza dissolvenza ovviamente) come se gli ambienti fossero compressi all’interno di una “sandbox” da videogioco. Pare anche che gli “avversari” in un paio di occasioni tengano comportamenti macchiettistici, tutt’altro che plauisibili. Confermate?
Confermo, nonostante a mio avviso non sia tanto questione di distanze percorse “in tempo reale” o il trovarsi sempre in uno scenario con boss di metà o fine livello per arrivare allo stage successivo.
O anche la bidimensionalità delle due fazioni, i nazisti di Indy sono più profondi e introspettivi.
E’ il non saper come aggirare questi ostacoli (che rendono la visione scriptata) è il problema che Mendes e il DoP non si sono minimamente posto.
Vero, considera che a inizio film parlano di dover camminare 6-8 ore per arrivare a destinazione e, di fatto, ci arriva in mezzora scarsa.
Non ho visto questo film, ma ho visto Birdman e lì il “piano sequenza “ non aveva la pretesa del girato in tempo reale. Con alcune trovate molto belle fra l’altro
Visto giusto ieri sera e confermo la sensazione di videogioco. Arriva a punto X, sconfiggi boss, prosegui per il check point successivo, sconfiggi boss, prosegui,… Alcune sequenze sono fatte bene, la fotografia è tantissima roba ma il film nel suo complesso mi ha lasciato freddino.
Mboh, da fautore di pianisequenza ero inizialmente entusiasta e la prima difficoltà dei due eroi ha anche la sua bella tensione; tuttavia, dopo il “momento migliore del film” (bellissima scena, davvero) ho cominciato a viverlo in modalità campagna Cod, scriptato alla grande ma senza ulteriori emozioni.
SPOILER
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Io l’incredulità la sospendo, ma se dal nulla e dal silenzio dell’orizzonte campagnolo spuntano trenta soldati con una rumorosissima blindocisterna, sappi che mi stai sfidando.
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FINE SPOILER
Forse avrebbe giovato una caratterizzazione migliore dei protagonisti, o forse no; forse avrebbe giovato un attore più espressivo, fatto sta che si arriva alla fine senza la minima empatia.
O con il sospetto che sia stato creato tutto per la scena madre e comunque con l’idea iniziale (“facciamo un film in pianosequenza? Mi dicono che così prendi gli Oscar!”) a soverchiare completamente la narrazione.
Ed è un peccato in quanto tutti i 110 minuti sono un gran vedere (esclusa la parte canora), specie quando cala la notte.
La cosa che più mi fa inalberare è che con tutta la ciccia che c’è io la campagna a Cod non la faccio da anni.
Questo film non ha fatto per me…per nulla.
Forse io di cinema capisco veramente poco, ma è stata dura non dormire.
Ho avuto la sensazione di stare a tavola con ogni ben di dio, ma una vola portato alla bocca tutte le cibarie fossero di cera o plastica.
In quasi 2 ore (superate abbondantemente a causa di 15 minuti di trailer…ma almeno mi son gasato con Bloodshot!) salvo una ventina di minuti.
Me la son cercata perché sono andato a vederlo proprio alla cieca.
Fortunatamente ieri ho visto Jojo Rabbit che a mio modo di vedere è molto più “eccezione meritevole” di 1917.
Visivamente e tecnicamente bellissimo, ma faccio veramente fatica a ricordarmi il nome dei due protagonisti o di qualsiasi altro personaggio o dei dialoghi (tranne giusto quello finale e Mark Strong, ma perchè è Mark Strong). “Una disgustosa ostentazione di plutacratica sicumera” (cit.) da parte di Deakins e poco altro, tanto che, a un certo punto, mi divertivo a cercare dove staccassero la ripresa e che trucco usassero.
Questo non è un film, è un videogioco.
A ogni schermo ecco un paesaggio diverso, diverse insidie, l’importante è andare avanti. È anche un’esibizione di tecnica mirabile, priva totalmente di pathos (le morti dei soldati assurgono a rari livelli di piattume) e di sceneggiatura: le battute messe in bocca a Cumberbatch nel finale colorano di nuove sfumature la parola: banalità (“Questa sporca guerra finirà quando uno dei due sarà sopravvissuto”).
E poi la trovata – tecnicamente mirabile, lo ripeto – dei due lunghissimi piani sequenza in cui si articola il film, mette inevitabilmente a nudo le mancanze sotto il profilo della coerenza temporale. Verso la fine, per dire, si passa dal buio della notte all’aurora alla luce del giorno in meno di 10 minuti. Nell’istante in cui Blake chiude gli occhi, appaiono all’improvviso nella fattoria decine di soldati e un convoglio con 4 camion stracarichi di reclute (motori e tecnologie degli anni 10, si immagini il fracasso) che sono evidentemente arrivati dall’unica strada possibile, quella percorsa dai due caporali, senza emettere suono alcuno.
E così via, di banalità in strafalcione (perché dei soldati britannici devono cantare un tradizionale statunitense della Guerra Civile come Wayfaring Stranger? Mah!).
Evitare “1917” non fa risparmiare solo i soldi, ma anche il tempo: è infatti l’occasione per vedere, o riguardare, “Orizzonti di gloria”: sono passati 62 anni ma le trincee di Kubrik e la scena monumentale dell’assalto al Formicaio si mangiano vivo il film di Mendes che, fra l’altro, ha palesemente avuto a disposizione un budget stratosferico.
Arca rissa!
Boh, è comico perché la scena dell’aereo per me ha segnato il vero turning-point (in negativo) del film. Fino a lì mi aveva preso molto, ma in fondo al cuore sapevo che non poteva durare. E infatti, quell’aereo mi ha fatto affondare il tutto quello che viene in seguito, con giusto due belle boccate d’aria (la scena in notturna post-stacco a nero e l’ultima corsa lungo la trincea, per quanto senza alcun senso).
Speravo meglio, oltre al lavoro tecnico non mi ha proprio lasciato nulla.
Tecnicamente è tanta roba: non è solo la simulazione di un intero piano sequenza quanto invece lo stare stretti, intorno ai 2 protagonisti (poi uno…) in qualunque terreno percorrano, sia bosco, sia trincea, sia fiume, ecc. Ci vuole una grandissima preparazione a priori, e dò il cinque a mano piena a Mendes. La mano di Deakins alla fotografia si vede (ma non raggiunge l’epicità di certe scene di “Sicario”). E’ vero che diverse cose non tornano: è già stato detto della truppa motorizzata di quaranta uomini che spunta all’improvviso dal niente, e secondo me si perde il senso della distanza che il Caporale deve percorrere: senza tutto molto ristretto! Certe scelte sono assurde (perché entrare nella casa a stanare il cecchino che non spara più?), così come, concedetemelo, il culo che ha Schofield nello schivare praticamente tutto.
Detto questo, a me è piaciuto, ma non mi è rimasto dentro.
P.S. La sospensione dell’incredulità, quella maggiore, l’ho subito all’inizio: affidare la sorte di 1600 uomini a 2 soli ragazzi… mah!
SPOILER
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“(poi uno…)” mi sa tanto di spoiler…
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FINE SPOILER
Hai ragione. Scusate.
D’accordo con la maggior parte dei commenti precedenti, nonostante parecchia critica si sia sperticata per sostenere il contrario, il film è un esercizio di stile, le trovate tecniche non servono a niente, anzi spesso sono controproducenti, oltretutto si arriva alla fine senza che di nessun personaggio ci importi alcunché.
SPOILER
Due scene su tutte sono veramente difficili da mandare giù, la comparsa miracolosa di una compagnia di soldati subito dopo la morte di Blake e la scena della città in fiamme con conseguente incontro con la ragazza e il neonato.
Se questa è eccezione meritevole, vogli solo eccezioni piuttosto che roba come Midway…
Battute a parte, vado un po’ fuori dal coro e l’ho apprezzato molto. Sinceramente non mi sono posto il problema del realismo perché l’ho preso esattamente come un racconto (è successo questo e poi questo…) pitoosto che una riproduzione esatta. Un po’ quando il nommo mi raccontava del campo di prigionia insomma: non era una cronaca giorno per giorno.
L ho apprezzato in quante girato benissimo (amo i pianisequenza poi).
Poi ovvio nelle 2 ore di camminata dei 2 ragazzi piu di tanto nn si potevano inventare gli sceneggiatori. Storia funzionale alla regia, é un male? X me no anzi, ma rispetto i contrari.
A me il film era piaciuto veramente parecchio : ero rimasto a bocca aperta di fronte ai piani sequenza (tecnica che adoro) e alla meravigliosa fotografia (la sequenza in notturna secondo me garantira’ l’Oscar a Deakins) poi ho letto le vostre recensioni e ho cominciato a farmi qualche domanda perché le vostre critiche erano per nulla pretestuose e tutte fondate : effettivamente…il veicolo con manipolo di soldati che spunta dietro loro al casale…da dove e’ sbucato ???
La sequenza con la donna e il neonato poteva essere tagliata e Schofield e’ veramente un prodigio a schivare tutti i proiettili (oppure sono delle terrificanti pippe i tedeschi).
Al netto di queste cose pero’ devo dire che il film mi ha veramente affascinato e mi piacerebbe sapere dove secondo voi si interrompono i piani sequenza,dove sono gli accrocchi digitali, perché io mi sono sforzato ma non li ho visti e la cosa mi innervosisce e sono molto curioso).
cmq mi sbilancio : porta a casa : MIGLIOR REGIA e MIGLIOR FOTOGRAFIA
Forse anche MIGLIOR FILM (veri avversari i film di Tarantino e Phillips)
La scena in notturna è favolosa, nulla da dire (così come tutto ciò che hanno realizzato per permettere di stare così dentro la scena).
Di contro, il canto: “duepalledottoreduepalle”, ho digerito malissimo quella scena.
Si,giusto il canto : doveva essere un momento di alleggerimento in vista del finale ma si passa a velocita’ luce dall’allegerimento alla narcolessia.
Strepitoso invece come riescano a farti stare perennemente accanto agli attori : il maggior merito e’ quello di farti stare con loro nell’attesa / paura che possa succederli qualcosa di drammatico (un agguato,un’imboscata)
E complimenti a sam mendes che non si accorge che chiunque abbia castato i due fratelli l’abbia fatto per il LOL
Critica perfetta!
Un film furbo. Un big fat war movie che mette il macabro dove dovrebbe esserci l’orrore (della guerra) con protagonisti senza introspezione psicologica che sembrano palline che saltano sul piano di un flipper.
Come smetti di farti prendere dal bombastico (che acchiappa!) poi ti rimane un senso di nulla… L’impressione che ti abbiano fregato.
Per me è un buon fi, ma il Piano Sequenza lo affossa completamente. Tecnicamente è ineccepibile, niente da dire, ma si vede che è stato messo per tirarsela e fare vedere quanto si è bravi, senza essere funzionale alla scena. In alcuni momenti funziona (la prima camminata nelle trincee, o la scena nel bunker) ma in tanti altri servivano inquadrature ben diverse. Anche perché così la telecamera ai sofferma poco sui personaggi, con cui si fa fatica ad empatizzare (avevo addirittura dimenticato il nome del protagonista durante la visione). Inoltre, questo rende il tutto un po’ noiosino, visto che per la maggior parte del tempo i personaggi devono parlare del più e del meno per improvvisare una conversazione: è indubbiamente realistico, ma credo che il montaggio in un film serva proprio a rimuovere i dialoghi o le situazioni che non servono alla vicenda.
Come hanno già detto in molti, tecnicamente bellissimo ma sensazione da videogame (scriptato, oltretutto). E totale mancanza di realismo non solo per lo scorrere del tempo, o l’apparire dei soldati, ma anche per particolari alla The Last Action Hero per cui il protagonista è quasi sempre pulito e pettinato, anche se corre da un giorno e non ha mangiato nulla. Secondo me con un po’ più di attenzione sarebbe stato molto, molto meglio. Peccato.
Io invece ero partito con basse aspettative, perché quando mi pubblicizzano un film puntando tutto sul “tecnicamente assurdo” non mi fido mai (vi ricordate SOLO LUCE NATURANE di Revenant?), e invece non era così male.
Poi oh io non sono nessuno per giudicare.
Sono d’accordo sulle perplessità riguardo a quei momenti in cui è un po’ difficile sospendere l’incredulità, ma nel mio cuore voglio credere che siano dei tentativi di suggestione surrealistica. Per quanto riguarda la situa delle tempistiche e dell’illusione del tempo reale non mi ha convinto tanto: trovo che su questo aspetto il primato di coerenza vada a Locke, che è Fury Road solo che al posto dei figli della guerra ci stanno le responsabilità.
Me lo aspettavo meno freddo, anche perché mi stavate dicendo tutti di quanto sia impossibile avere empatia coi personaggi, e invece, per esempio, la morte di X è davvero un bel momento e non ricordo di aver visto un morituro così pallido. Poi la faccia del protagonista mi sta simpatica. Poi raga, parliamoci chiaro, ma dopo che sono usciti film come Hardcore, quando scrivete “sembra un videogioco” io smetto di leggere.
Sticazzi se non ci sono abbastanza “drammoni”, il film è all’insegna dell’urgenza in tutti i sensi, non ci s’ha tempo per troppe digressioni dell’anima: se volete l’emotività, andatela a trovare nelle azioni e non nelle parole o negli archi a note lunghe.
Ci mancava solo Gary Oldman e si faceva scopa.
Soddisfatto
Pur con tutti i suoi difetti un war movie coi controcazzi, avercene.
Se consideriamo il 2017 con Dunkirk e il 2019 con 1917… per uno così ogni due anni ci metto la firma.
Fuori tempo massimo volevo fare notare come la maggiore critica rivolta al film (sembra un videogioco) sia per me un grandissimo pregio, in quanto trasmette bene quell’ansietta di quando esplori territori sconosciuti con un fucile in mano. in questa sede mi pare assurdo poi calcare la mano sul realismo, anche perché non mi sembra ci sia questa pretesa (il solenne e molto cinematografico senso di responsabilità dei due soldati è per me indicativo)