Rispetto ai colleghi vampiri e zombie, i lupi mannari fanno un po’ più fatica a trovare impiego in tv e al cinema, quantomeno da protagonisti. Per carità, un ruolo da comprimario, da eterno secondo a fianco dei vampiri, soprattutto se adolescenti, si raccatta, eh. Ma come eroi incontrastati della storia o oggetto primario del racconto i licantropi non riescono davvero a competere con le altre due creature mostruose per eccellenza (soprattutto visto che succhisangue e morti viventi hanno la capacità di riprodursi a contatto con lo schermo come i gremlins a contatto con l’acqua). In parte sarà sicuramente colpa del fatto che gli effetti speciali necessari a fare un buon werewolf sono più complessi da realizzare e sempre a un passo dal frantumare la sospensione dell’incredulità. O forse sarà che l’eccesso di peli è sempre meno cool.

a me sembra comunque abbastanza cool
Nonostante tutto, però, nemmeno l’arrabbiatissimo lupuomo (parente alla lontanissima dell’adorabile canuomo, il miglior amico di se stesso) sfugge al destino di farsi malleabile metafora. Dell’adolescente con il corpo in incontrollabile trasformazione dominato da impulsi sessuali e violenti insopprimibili, oppure, più in generale, dell’uomo che con la luna piena sfoga istinti disumani che di solito se ne stanno appostati lì, repressi, appena sotto pelle, per tutto il resto del mese.
Lo sa bene Jim Cummings – no, non lo storico doppiatore di Winnie the Pooh, bensì un suo più giovane omonimo, classe 1986, regista-sceneggiatore-attore, già autore nel 2018 di Thunder Road, una commedia drammatica acclamata al SXSW e candidata agli Independent Spirit Award, su un agente di polizia neodivorziato e in lutto per la morte della madre la cui vita va via via sempre più alla deriva mentre cerca di conciliare carriera, figlia adolescente, dolore e senso di fallimento. Ora, prima che pensiate di esser capitati sul sito sbagliato, tranquilli: non l’ho visto, Thunder Road. Ho visto però The Wolf of Snow Hollow, il cui protagonista è in effetti un vice sceriffo neodivorziato e in ansia per la malattia del padre (che incidentalmente è anche lo sceriffo, cioè il suo capo), la cui vita va via via sempre più alla deriva mentre cerca di conciliare carriera, figlia adolescente, le tentazioni dell’alcol, senso di fallimento e l’impossibile risoluzione di una catena di sanguinosi omicidi. Forse abbiamo individuato quella che la gente che sa le cose del cinema chiama: “poetica”.
Come suggerisce il titolo, in The Wolf of Snow Hollow c’è anche un lupo, per la precisione mannaro. Per quella questione degli effetti speciali e per il fatto che comunque si tratta sempre di un film low budget, non lo vediamo granché (però quando lo vediamo ha il suo perché), ma in compenso ci viene spiegato nei dettagli cosa fa alle vittime, prevalentemente giovani donne, massacrate e in parte divorate nella neve. La prima la ritrovano senza parti intime, la seconda senza testa. Insomma, avete capito il tipo.

ciaone!
Snow Hollow è una ridente e innevata località turistica dello Utah, ineditamente povera di mormoni ma ricca di impianti sciistici e relativo indotto. Com’è prevedibile, la presenza di un mostro divora-giovani donne non fa del bene al settore vacanziero, e la pressione per la risoluzione del caso si stringe attorno a John Marshall (questo il nome dello sbirro interpretato da Jim Cummings) e ai suoi colleghi, i quali – con l’eccezione di una poliziotta timida ma tosta interpretata dalla sempre adorabile Riki Lindhome – non sembrano esattamente i più detective più svegli in circolazione. Mentre John si rifiuta di prendere anche solo in considerazione l’idea che per la città possa aggirarsi qualcosa di soprannaturale nonostante i molti indizi a riguardo, i colleghi e i concittadini si convincono che un licantropo sia sceso dalle montagne e il panico si diffonde, esponenziale e inesorabile come d’abitudine.
Da quel che vi ho raccontato fin qui, potreste facilmente pensare che The Wolf of Snow Hollow sia un horror, al massimo ibridato col poliziesco. La verità è che è soprattutto una commedia grottesca, ma non di quelle da sganasciarsi dalle risate, piuttosto da restare spiazzati da una scena all’altra, soprattutto all’inizio, in dubbio su quale sia la reazione più appropriata da adottare davanti a ciò che sta succedendo. Anche solo il prologo, che è una specie di corto a sé, come si conviene al genere, con la coppietta di bellissimi innamorati destinata a esser la prima vittima sacrificale del mostro, sembra inizialmente mettere in scena una parodia basilare dello scontro tra liberal elite proveniente dalla costa vs America profonda e bigotta, poi a tratti sembra prendere il tutto sul serio, poi subito dopo ancora di nuovo no. Il film non è mai smaccato nei suoi sfottò, né nelle svolte in cui diventa improvvisamente sincero. Aiuta molto che la metà maschile della succitata coppietta sia interpretata da Jimmy Tatro, il protagonista della prima stagione di American Vandal – e se non sapete cos’è American Vandal cosa ci fate qui, adesso, via! Andate subito a recuperarla, sta su Netflix, fa super ridere ma fa anche pensare, proprio come i film da cineforum, solo che è davvero bella.
Dicevo, Jimmy Tatro. Già in American Vandal era bravissimo a fare questa cosa, cioè lo scemo imperdonabile che rivela d’improvviso squarci di profondità inaspettata, così che tu che fino a un attimo prima pensavi “madonna che scemo” ti senti d’improvviso in colpa per la tua stessa superficialità. Poi tutto The Wolf of Snow Hollow vuole essere un po’ così, non sempre ci riesce, anche perché non è un gioco facilissimo da mantenere a lungo allo stesso buon livello, però per me in generale funziona abbastanza. Il protagonista non è Jimmy Tatro – purtroppo: non ce l’ho col povero Jim Cummings, ma Tatro si meriterebbe un po’ più di successo e di ruoli centrali, perdinci – ma è appunto il vicesceriffo Jim/John, introdotto da un monologo esasperato ed esasperante a una riunione degli alcolisti anonimi che mette subito in chiaro, prima ancora d’iniziare, che il suo personaggio, di base, non ce la fa.

non ce la sto facendo, ti dico!
Il livello del non farcela di Jim/John cresce come l’acqua messa a bollire: non rapidissimo, eh, ma comunque inevitabilmente. Jim/John, soprattutto, è arrabbiato. È sempre più arrabbiato, peggio di Hulk. E più è arrabbiato, più si arrabbia. Sbotta. Urla. Sfasa. Prende a male parole gente a caso. Prende a male parole gente non a caso. A volte ha comprensibilmente ragione, altre per nulla. Ma anche quando non ha ragione e sa di non aver ragione, si arrabbia ancora di più annaspando in cerca di ragioni per avere ragione. Intanto le vittime del mostro s’accumulano, il padre sceriffo* è sempre più malato ma sempre più testardo, la figlia adolescente tratta Jim/John sempre più da deficiente, gli altri sbirri lo odiano ogni giorno di più, i cittadini e i giornalisti lo disprezzano. E lui è sempre più arrabbiato. Capite la metafora, no? È un film con un lupo mannaro omicida che parla di un tizio con problemi di controllo della rabbia.
(*Qui è dove devo dirvi che il ruolo del padre sceriffo è interpretato dal leggendario Robert Forster, all’ultimo ruolo in carriera prima di abbandonare questa valle di lacrime, e ogni sua apparizione, per quanto breve, genera contemporaneamente un sorriso – perché era davvero un ottimo attore – e una lacrima – perché non solo non c’è più, ma qui interpreta anche un uomo che sta morendo, e a dispetto delle apparenze anche noi qui a Valverde abbiamo un cuore. Piccolo, ma ce l’abbiamo]

ci manchi
Riassumendo: The Wolf of Snow Hollow è una bestia (wink wink) strana. È contemporaneamente un poliziesco (perfino con incursioni tragicomiche nel procedurale e nella frustrazione determinata da indagini a vuoto e piste morte), uno slasher/horror, un thriller ambientato in una cittadina isolata e lo studio psicologico di un pover’uomo sull’orlo di una crisi di nervi. Qualcuno ha detto Coen, e posso capire da dove provenga l’impressione, visto anche il candido sfondo alla Fargo, ma non esageriamo: je piacerebbe, ma oltre allo stile, neanche paragonabile, The Wolf of Snow Hollow è molto meno nero, molto meno spietato e molto meno distaccato nell’impietosa e ironica analisi delle miserie umane di un film dei Coen. Però è certo una delle direzioni in cui guarda, mentre prova a tenere insieme ispirazioni lontane e diverse attraverso un registro volutamente ambiguo, talvolta indecifrabile, sicuramente non per tutti (dipende tanto dalla pazienza e dalle idiosincrasie di ognuno), ma certo poco visto e poco battuto.
Oh, secondo me non è male. Non un capolavoro, eh. Però. Però. Un 6 al 7, via.
Dvd quote suggerita:
“Non male, dai”
Xena Rowlands, www.i400calci.com
Se c’è scritto “grottesco” e “coen” nella stessa recensione vuol dire che il pubblico di riferimento sono io. Vado subito a recuperarlo.
Riki Lindhome aka “la bionda di Garfunkel & Oates”.
Ottimo. Film che recuperero’ al piu’ presto, visto che il licantropo [che di notte va cercando donne squillo e pian piano lui tranquillo gira tutta la città] raramente delude. A pensarci lo ha fatto solo in grosse produzioni come Wolf e Wolfman.
Questi pochi commenti spiegano molto meglio di qualsiasi pippotto l’assenza di film di rilievo sui licantropi/lupi mannari: non frega una cippa a nessuno.
Non voglio dire che questo personaggio non sia interessante, anzi lo è proprio perchè nessuno scrittore, regista, disegnatore, illustratore sia mai riuscito a dargli lo spazio che merita e nemmeno a descriverlo in modo che non fosse il classico Babau spaventa donzelle.
Aspettando godot, prima o poi qualcuno riuscirà nell’impresa.
Ps: ci sono quasi riusciti in dog soldier… quasi
Se ti degnassi di spiegare cos’è Dog Soldier l’interesse potrebbe anche salire
Qualcuno ci è riuscito, vedi Joe Dante e Joe Landis.
Basta cercare con zio google: – dog soldiers anno domini 2002.
Non frega niente a nessuno dei licantropi, sono sempre stati mostri di serie b come il milan.
Di questo film ricordo soprattutto la recitazione molto poco naturale – da GUARDATEMI COME SONO BRAVO GUARDATEMI – dell’attore regista sceneggiatore. Ci sarà un motivo se questi ruoli sono perlopiù separati.
un film dice sempre la verità su un evento, forse meglio di altri film https://igds.onl