C’è stato un periodo, a cavallo tra gli anni 90 e gli anni zero, in cui Bret Easton Ellis era da shit.
Credo che la parola “successo” non descriva pienamente quello che ha vissuto Ellis in quel periodo. Certo, ha conosciuto il successo, di critica e di pubblico, fin dal suo romanzo d’esordio (Less Than Zero, pubblicato a 21 anni), e poi ovviamente c’è stato American Psycho che, nonostante qualche seccatura iniziale, sulla lunga distanza lo ha reso immortale, consacrandolo come la voce più forte e rilevante della sua generazione. Ma non è solo questo.
Chiunque faccia arte sogna il successo, ma chi ottiene il successo sogna di avere quello che aveva Bret Easton Ellis. Il rispetto, il riconoscimento accademico, i premi, la stardom che scavalca i recinti dei circolini letterari. Non era una celebrità: era il tizio di cui le celebrità volevano essere amiche (e intanto lui scriveva di quanto fosse vacuo e superficiale il mondo delle celebrità) (e le celebrità rispondevano “sììì sììì è vero siamo delle merde sputaci in bocca”). Non era necessariamente ricco e potente: era quello che i ricchi e potenti avevano nella propria libreria per sentirsi fighi. Nel frattempo un pugno di scemi lo accusava di essere amorale e faceva petizioni per far bandire i suoi libri, quindi oltre al fatto di piacere a tutti aveva pure la soddisfazione di potersi sentire scomodo, controverso, un anticonformista.
Immaginate di avere avuto tutto questo. E poi averlo perso.
Non è difficilissimo capire come o perché negli ultimi anni Bret Easton Ellis si sia trasformato nel proverbiale anziano che urla alle nuvole che i giovani non hanno più valori ed è tutto un complotto dei radical chic e della dittatura del politicamente corretto. È un signore arrabbiato col mondo perché il mondo è andato avanti senza di lui — sarei indispettito anch’io, e non ho nemmeno scritto American Psycho a 27 anni.
Immaginate quando mezza Hollywood faceva a cazzotti per adattargli anche la liste della spesa, mentre l’altra mezza si accontentava di copiarlo. Storia vera: quando stavano facendo il film di American Psycho, Christian Bale voleva così forte la sua benedizione che si presentò a un appuntamento vestito da Patrick Bateman e restò nel personaggio per tutta la sera (il commento di BEE fu più o meno “ma che vuole sto coglione”). Immaginate cosa può fare questo all’ego di una persona. E moltiplicatelo per 1000, perché gli artisti sono molto peggio delle persone. E ora torniamo ai giorni nostri: immaginatevelo, ora è lui che va dagli studios a fare i pitch. E gli studios gli rispondono “le faremo sapere”. E dopo un po’ di settimane che non gli fanno sapere, gli tocca andare in giro col piattino a chiedere l’elemosina ai fan perché i poteri forti di Hollywood hanno paura della sua visione controcorrente. Immaginate che poi il film venga spernacchiato da tutte e quattro le persone che l’hanno visto.
Artisti più orgogliosi avrebbero assunto la posa del recluso-incompreso, lui invece 3 anni dopo scrive un altro film. Questo però passa completamente sotto silenzio. La gimmick del nessuno-mi-capisce non può mica funzionare tutte le volte e soprattutto è una posizione davvero dura da difendere quando adatti il libro di qualcun altro in un teen slasher quasi-DTV che grida “dovevo farmi un bancomat” da qualunque angolo lo si guardi.
Quasi nello stesso periodo scrive e dirige una webserie per un servizio streaming che nessuno ha mai sentito nominare. Il protagonista è uno diventato famoso su Vine. Chi l’ha vista dice che è un po’ peggio di un porno e senza le scene di sesso.
Arriviamo finalmente (?) al 2020: esce Smiley Face Killers. Lo dirige un certo Tim Hunter, è ispirato a una leggenda metropolitana che affonda le radici nella teoria strampalata di un poliziotto in pensione secondo cui una serie di morti per annegamento avvenute negli ultimi 30 anni sarebbero in realtà opera di un gruppo di killer organizzati. Avete capito bene, l’autore di American Psycho oggi scrive film che iniziano con “tratto da una storia vera”. Lasciate sedimentare un attimo questa informazione.
Inutile dire che, come tutti i film che partono con “tratto da una storia vera”, stabilisce la “storia vera” con una didascalia iniziale dopodiché parte a raccontare una roba che riesce a essere contemporaneamente la più inverosimile e la più generica accozzaglia di cliché già visti migliaia di volte.
L’unica cosa vera, a scanso di equivoci, è che in America, in vari anni, e in vari Stati, delle persone sono morte annegate.
La teoria del poliziotto annoiato vuole che queste morti non siano accidentali ma legate a un serial killer o un gruppo di serial killer perché vicino a dove sono stati trovati i corpi qualcuno aveva disegnato una faccina sorridente su un muro.
Il film scritto da Bret Easton Ellis autore di American Psycho parla di una setta di, uhm, adoratori dell’acqua (..?) guidati da Crispin Glover che si fissa su un tipo, lo stalkera, gli hackera il cellulare, passa una settimana a mandargli messaggi incomprensibili e a fargli scherzi tipo bagnargli i vestiti o entrargli in casa e lasciare aperti tutti i rubinetti (capito? perché sono fissati con l’acqua!). Dopodiché lo uccide in una sorta di rituale sadomaso omoerotico ispirato a un’incisione medievale, butta il cadavere in acqua e disegna con il suo sangue un’emoji su un muretto.
Si parla spesso di film in cui “non succede niente” ma Smiley Face Killers definisce un nuovo standard del non succedere niente. Il protagonista (che per comodità chiameremo “Dude”) si sveglia la mattina, si fa la doccia, si fa un giro in bici, va in piscina, va agli allenamenti di calcetto, va con la sua ragazza a una festa sulla spiaggia. Ogni tanto riceve messaggi strani, o il suo telefono fa le bizze, o litiga con gli amici (che per comodità chiameremo “Man” e “Bro”) che gli dicono che è un coglione (effettivamente è un coglione) mentre sullo sfondo Crispin Glover incappucciato a bordo del furgoncino da serial killer di tutti i furgoncini da serial killer segue ogni suo movimento con la bavetta alla bocca (possibile self insertion dello sceneggiatore).
“Lavoro alimentare” non inizia neanche a coprire lo spettro di quanto a Ellis non freghi un cazzo di questa roba. È una storia senza capo né coda, senza personaggi, non interessante e intrinsecamente incoerente. Prima dicevamo che Ellis è un signore arrabbiato col mondo: ma se almeno un grammo di quella rabbia fosse finita nella sceneggiatura di Smiley Face Killers..! La lingua ancora tagliente, quella voglia un po’ puerile di provocare a tutti i costi, la sua “abilità di triggerare i millennials” non ne avrebbe fatto un capolavoro, ma avrebbero reso se non altro affrontabile un film che è il trionfo della narcolessia.
Probabilmente era partito con l’idea di fare almeno una brutta imitazione di Kevin Williamson ma a metà deve essersi detto “ma chi me lo fa fare, sono Bret Easton Ellis”. E il film di fatto non finisce, pare troncato a metà.
Gli ultimi 10-15 minuti assomigliano quasi a uno slasher, col classico repertorio di assassini implacabili e sconosciuti uccisi con corpi contundenti. Nulla per cui emozionarsi, ma credo sia giusto riconoscere che ci sono almeno alcune scene in questo film che sembrano appartenere a un film e non, boh, alla pubblicità di un profumo o al videocatalogo di un’agenzia di prostituti. La regia di Tim Hunter è televisiva (del resto è un regista principalmente televisivo), nel senso peggiore del termine: piatta, anonima, tutta luci fortissime, colori ipersaturi, tre set in croce e un cast di cagnacci atroci ma bellissimi e perfettamente depilati in un mondo in cui chiunque ha più di 25 anni è stato eliminato in post produzione. Potrebbe tranquillamente passare per un episodio di Gossip Girl, anche se credo di aver visto episodi di Gossip Girl più movimentati.
Il che non era neanche così scontato perché se si scorre la chilometrica filmografia di Hunter si trovano titoli tutt’altro che riprovevoli: episodi di Twin Peaks, Hannibal, Mad Men, Breaking Bad, Deadwood, Dexter, Bosch, senza contare River’s Edge, il suo film più famoso, un teen horror psicologico che lasciò di stucco la critica all’epoca della sua uscita. E poi Cult, il telefilm di Scream, Riverdale, Pretty Little Liars, American Horror Story: non proprio prestige tv, ma prototipi perfetti di quella commistione tra horror, thriller e regazzinate che è l’eredità televisiva di Williamson. Insomma, non posso dire di conoscere il suo stile — non posso dire di sapere se ha uno stile — ma se avessi tra le mani un teen slasher senza pretese, un tipo che ha diretto per la tv ottanta teen slasher senza pretese (e almeno un paio di slasher con pretese) sarebbe probabilmente la mia scelta numero uno. Ma quando Bret Easton Ellis non ti dà niente su cui lavorare, niente è esattamente quello che puoi aspettarti di cavare fuori.
Seconda-serata-su-Italia-Uno quote:
“American Pigro”
Quantum Tarantino, i400calci.com
“[…]Bret Easton Ellis si sia trasformato nel proverbiale anziano che urla alle nuvole che i giovani non hanno più valori ed è tutto un complotto dei radical chic e della dittatura del politicamente corretto”
Punto 1 euro. Hai letto WHITE.
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B.E.E. è la testimonianza che negli anni 80/90 potevi diventare una rockstar anche scrivendo libri.
Dal 2000 in avanti: NO. Per tutta una serie di motivi che lo scrittore -comprensibilmente- non riesce ad accettare.
Immagino soffra ancora di PSTD dall’uscita di Zoolander.
err. corrige: PTSD (Post Traumatic Stress Disorder)
anche senza bianco, basta avere letto un’intervista o aver passato mezzo minuto sul suo account di twitter. è un continuo di “nnnnnnhhhhghhhh i millennials sono così permalosiiiii!! perché nessuno mi capisce?? viva trump! no non mi piace davvero trump lo dico solo per provocare ah ah ci siete cascati”
that too
Spero recensiate Run Hide Fight
ahahah ho letto solo ora questo commento. guarda non so i miei amici ma quel film lì io on lo guardo manco da lontano. manco con un bastone. manco con gli occhi di qualcun altro
Su BEE durezza senza eguali. Tra “la gente che legge tanti libri” è ancora considerato un grandissimo, anche se ha fatto uscire solo 3 cose in quasi 20 anni (Lunar Park capolavoro. Imperial Bedrooms dimenticabile. White molto valido, suo primo saggio). Sinceramente questa sua fissa di scrivere sceneggiature non si spiega, certo è uno che che guarda valanghe di film da sempre e il cinema per lui è sempre stato un riferimento fondamentale, come spiega in White, ma se non funziona, non so, cerca altro no? Torna a scrivere romanzi, ché la gente non aspetta altro. Torna a New York, Bret, questo loft aspiett’atté
mh, “fissa di scrivere sceneggiature”…. diciamo che lo pagano ed è più facile che scrivere un libro (specie se le scrivi così)
Di lui so solo che ho letto il libro dopo aver visto il film da ragazzino…il film mi era anche piaciuto però che occasione persa…nel 2000 si poteva ancora spingere sul pedale senza troppi timori di censura dai..adesso manco il libro farebbero uscire.
Io di libri ne leggo, ma non sono mai riuscito a finire il libro nè a capirne l’appeal. Anche da sbarbato che voleva leggere il testo più adatto a scioccare la prof di lettere.
Anzi, come per fight club, credo che non fosse per il film, sopravvalutato ma
spanne sopra il materiale originale, meriterebbe di essere dimenticato se non per qualche thread su reddit.
Questo per dire che Ellis mi è sempre sembrato prima di tutto un provocatore, a differenza di un altro autore cult dei 90′ come, chesso, Welsh.
Io di Ellis ho letto solo “Less than Zero”. Mi ha lasciato un vago senso di horror vacui, ma, a parte questo, mi è proprio scivolato addosso. Non è uno scrittore che mi appassiona e, alla fine, è evidente come sia rimasto scottato dalla fine del un mondo e del una estetica (gli anni ’80 più glamour) che sputtanava nei suoi lavori.
Banalmente, perchè non c’era alcun intento costruttivo dietro quello sputtanamento.
Quando questa disgraziata epoca di puritanesimo progressista giungerà a conclusione (lasciando spazio, inevitabilmente, all’eccesso opposto), credo che sarà finalmente riscoperto*.
Per il resto, White è l’opera di uno scrittore di razza; le stroncature che ne ho letto sui vari Vulture, Av Club etc molto meno.
* come scrittore; non mi sono nemmeno mai avvicinato alle stronzate deliranti che può aver fatto da sceneggiatore. Ma sarebbe come giudicare Stephen King in quanto regista di Maximum Overdrive.
Ma stiamo d’aver accusando il politically correct odierno di aver cancellato Ellis?
Ma davero? L’autore di uno dei libri più famosi dei 90′ che ha ancora uno zoccolo di appassionati?
Non è che autori come lui o Palahniuk, semplicemente,vengono dimenticati quando i loro lettori crescono/si esauriscono le polemiche legate ai loro successi.
A me le sparate su Twitter o le posizioni vicine all’alt right sembrano l’evoluzione del loro percorso, non delle deviazioni dovute al fatto che siano tutti diventati snowflakes arrivati i 2000.
Davero davero.
Noi non ce ne rendiamo conto perché in Europa siamo ancora mediamente civilizzati e in grado di distinguere l’opera dall’autore, ma in America se diventi persona non grata sei fuori dai giochi. E’ una sorta di maccartismo in salsa liberal, che nasce come reazione dell’elite intellettuale all’elezione di uno squilibrato sessuomane razzista (a sua volta reazione del progressivo declino della classe bianca predominante etc).
E’ senz’altro fisiologico che autori così legati a un determinato periodo storico – specie quelli anni 80/90 – non incontrino oggi lo stesso successo del passato; lo è assai meno che quando Ellis pubblica qualcosa di nuovo è trattato dalla critica (specie quella più sensibile a certe tematiche) come un povero demente, anziché come (oggettivamente) uno dei massimi scrittori americani della sua generazione.
Sono lontano anni luce dalle idee di Ellis, ma le sue ultime provocazioni sono comunque godibili dal punto di vista letterario, e questo è l’unico aspetto per cui merita di essere giudicato. Paradossalmente, le stroncature severe diventano una conferma che quanto scrive – soprattutto su una sensibilità particolarmente accentuata della mia generazione – è in parte vero.
Ma è proprio dal punto di vista letterario che non mi ha mai convinto.
A me sembra veramente un one-trick pony che ha fatto il sue tempo e che cerca di restare a galla diventando un leone da tastiera.
Poi, come dici, siamo in Europa, Houllebeck ha un buon successo e Woody Allen(in autopilato da chissà quanti anni) riesce ancora a girare film: sicuro che se i suoi lavori avessero effettivamente valore non riuscirebbe a trovare pubblico/consensi della critica?
A me tutta la polemica sul pc sembra comunque molto sterile, sarà che mi fanno addormentare sia i lavori per i proud boys che quelli delle elite della costa…
scusa john ma mi spieghi dove Ellis è fuori dai giochi? leggi qualunque intervista e racconta di come non scrive più romanzi perché è troppa sbatta nonostante gli editori lo preghino in ginocchio, pur dipubblicargli qualcosa gli hanno pubblicato una raccolta di tweet che ha avuto una copertura stampa che manco harry potter, nel frattempo butta fuori una sceneggiatura ogni tre anni, gli hanno dato carta bianca per fare una serie, ha un podcast a cui va ospite mezzo mondo. proprio la il ritratto di uno che è stato cancellato dal maccartismo liberal!
ha ricevuto delle stroncature? cioè, ma nel senso che ad alcuni non è piaciuta della roba recente che ha fatto? madonna che brutta cosa, probabilmente è il primo artista della storia a cui capita una roba del genere. per fortuna che lui non è ipersensibile e permaloso come quei millennial cattivi, altrimenti sarebbe in un angolino a piangere in questo momento –oh, wait
Ci mancherebbe altro, finchè non verrà fuori che una volta a un party nell’85 ha toccato un culo gli sarà concesso di parlare (dopo, probabilmente, farà la fine di Woody Allen, che è passato da fare i film con Kate Winslet a farli con Gina Gershon…)
Tra la damnatio memoriae e il giudizio intellettualmente disonesto c’è però una certa differenza, ed è a quest’ultima cui facevo in effetti riferimento quando ho scritto, letteralmente, che sarà un giorno rivalutato (non che tornerà a scrivere).
E sì, mi è giunta voce che esistono le stroncature, che in genere sono (dovrebbero essere) caratterizzate da una critica che inerisce non già all’Autore – che può essere più o meno stronzo, come tutti noi – ma al livello qualitativo dell’opera in sè, allo stile e non all’oggetto; non a caso mi piace molto un sito di cinema che fa proprio questa interessante opera di rivalutazione di un tipo di film e autori in passato sminuiti perchè giudicati filo-reazionari:)
E quasi tutte le critiche che ho letto fanno proprio questo: la generazione di millennial che Ellis accusa di ipersensibilità si triggera perchè dice che sono ipersensibili – oh wait
Questo, lo ribadisco a scanso di equivoci, al netto del fatto che immagino i suoi esperimenti cinematografici siano scadenti (anche se mi risulta abbia una ottima conoscenza del mezzo)
A me Bret Easton Ellis non è mai piaciuto e mi ha sempre dato quell’aria da provocatore fine a se stesso che “guarda come sono edgy e trasgressivo!”; il fatto che ora passi il tempo a fare il piangina nelle interviste non mi stupisce affatto.
Quelli bravi e che usano il politicamente scorretto non come foglia di fico per nascondere il vuoto di contenuti ma effettivamente come strumento per comunicare qualcosa sono altri.
ho letto 3 libri di B.E.E. (Glamorama, Le Regole dell’Attrazione, Meno di Zero) e mi son sembrati tutti e 3 dei maledetti capolavori…poi non so perchè ho smesso di leggerlo ma questa recensione mi ha riacceso la voglia. Certo quei 3 libri letti quando avevo vent’anni mi han segnato non poco. Del mio circolo di amici non lo leggeva nessuno e mi dava la sensazione di essere veramente troppo avanti nel leggere la realtà che ci circondava (sia a livello glamour che nelle relazioni micro personali), così avanti quasi da fare male.
Che poi devo dire che il film su Le Regole dell’Attrazione lo ricordo con estremo piacere (di Avary mi pare), molto in palla, molto centrato (anche rispetto al libro).
Vai con American Psyco, appena ti vien voglia. Meglio ancora l’edizione tradotta da Paolini, più cialtrone di Culicchia ma decisamente più bravo a farlo diventare “italiano” (non alla Stanis, parlo di quel che ti dicono parole e costruzioni verbali). Al di là della violenza, mostruosa ma efficacissima, la scrittura è… pedantissimamente perfetta? Insopportabilmente impeccabile?
Ma è proprio dal punto di vista letterario che non mi ha mai convinto.
A me sembra veramente un one-trick pony che ha fatto il sue tempo e che cerca di restare a galla diventando un leone da tastiera.
Poi, come dici, siamo in Europa, Houllebeck ha un buon successo e Woody Allen(in autopilato da chissà quanti anni) riesce ancora a girare film: sicuro che se i suoi lavori avessero effettivamente valore non riuscirebbe a trovare pubblico/consensi della critica?
A me tutta la polemica sul pc sembra comunque molto sterile, sarà che mi fanno addormentare sia i lavori per i proud boys che quelli delle elite della costa…
BBE scrittore è stato un maestro nel riuscire a far trapelare l’abisso di disagio che alberga sotto il ghiaccio sottile dell’apparenza. Probabilmente ora non ha più niente da dire e se è così è meglio che non ci si metta a scrivere un romanzo, ma Meno di zero, American Psycho, Glamorama, Lunar Park per me sono dei capolavori. Imperial bedrooms invece ha già le gomme sgonfie.
BBE sceneggiatore non lo so, mi è bastato vedere dei lacerti di The Canyons per cambiare canale orripilato. Probabilmente non è capace, non è il suo mestiere.
il *vero* Landis Buzzanca (sorry pal, been here a while) non ha mai letto nulla di BEE, mai visto American Psycho (e pensa che i capezzoli debbano restare dove il Buon Chtulu li ha messi) e quindi disconosce questo commento.
La parabola di Easton Ellis ricorda incredibilmente quella di Palahniuk. I due hanno veramente tanto in comune.
Nonostante tutto però (non so se di Palahniuk avete letto il sequel di Fight Club, se non l’avete fatto non fatelo) ad entrambi gli si vuol bene, dai
Ah, non guardate me, per me Ellis è il migliore scrittore americano vivente.
Si, non scrive un romanzo da anni (ed era pure un signor romanzo, so l’incipit di Imperial bedrooms a memoria). Sì, ce lo siamo giocato da parecchio tempo (su Twitter ho smesso di seguirlo, come molti, quando perse la testa per 50 sfumature di grigio).
Ma se c’è qualcosa che mi manca degli anni 80, nell’infinita bolla narrativa che ancora oggi ci impesta ovunque di anniottantume, sono i temi di Ellis e la sua tecnica narrativa. American Psycho lo iniziai a leggere di sera e non riuscii fisicamente a metterlo giù per ore. Mi addormentai col libro in mano e quando mi svegliai la mattina dopo non andai a lezione per finirlo. Mai successo con nessun altro libro di nessun altro autore.
Mi spiace che ormai si sia impigrito e preferisca darsi (male) al cinema. Ma Bianco, per dire, è una testimonianza che appena scrive qualcosa di più lungo di 280 caratteri B. E. E. manda ancora a casa il resto del mondo.
Arrivera’ il giorno in cui qualcuno prendera’ in mano ‘Kondor’ il capolavoro di Altieri e ne fara’ l’action definitivo.
Fino ad allora ci si accontenta.
American Psycho (il libro) lo ritengo indimenticabile, all’epoca era anni luce avanti, ma pure ora dà la paga a parecchia letteratura (ve le ricordate le deliranti recensione del pop più plasticoso degli anni 80?).
Ma purtroppo si è fermato lì, a quello strepitoso libro, che già glamorama mostrava la corda (e David foster Wallace aveva ragione a dire che non proponeva nessuna alternativa all’inferno che descriveva e a dargli del compiaciuto).
Beh dai, che vuol dire compiaciuto? Scrive entrando nella testa del suo personaggio, come hanno fatto tutti i grandi scrittori e autori. E non sono d’accordo con Wallace: l’alternativa c’è e la indica. L’ironia, l’immaginazione, la semplicità. (Concordo sul magnetismo della storia: la maniera con cui Ellis racconta il modo in cui pensiamo – isterico, distratto, scoordinato – è strepitoso).
Sto leggendo American Psycho in seguito a questo Thread, l’avevo iniziato tempo fa e molato prima di subito perchè lo stile mi aveva riempito troppo le gonadi.
Ora invece lo sto divorando, è una bomba anche a distanza di (20/30 sono pigo per controllare) anni. Mi piace come scorre e come piano piano e sadicamente fa a pezzi il protagonista, il ribaltamento tra lettore/protagonista nelle sensazioni che trasmette. Si, bravo, mi ha fatto dimenticare un paio di libri orribili che ho letto con gli occhi sanguinanti ultimamente. Decisamente meglio del film (non faccio mai di leggere il libro dopo, questa è un eccezione). Ora ho procurato gli altri libri che sono in wishlist.