Ho riscritto l’inizio di questa recensione un paio di volte, prendendo le cose alla larga e poi girandoci un bel po’ attorno, ma la verità è che se ripenso alla visione di The Aggression Scale la prima cosa che mi viene in mente è una sola, quindi vediamo di levarci subito il pensiero: questo è uno di quei film che iniziano con la citazione dal dizionario. Ecco, l’ho detto.

ma che idea visivamente nuova!
Poi c’è tutto il resto, un brutto trailer che manca clamorosamente il punto, la locandina ricalcata da A History of Violence, il cast con due attori fichissimi che vengono da Twin Peaks (rispettivamente il padre e il fidanzato di Laura Palmer), la definizione un po’ spaccona ma azzeccatissima che è “Home Alone on crack” e i bei titoli di testa tipo scritte al neon rosa su sfondo nero (e viceversa) che ricordano un po’ Drive, ma, per quel che mi riguarda, The Aggresison Scale è prima di tutto un film girato nel 2011 che sceglie consapevolmente di aprire aggredendo lo spettatore con una trovata visiva così vecchia, fiacca e inoriginale che riesci a pensare solo “ha chiamato Pulp Fiction*, ha detto che devi morì male”.
*che probabilmente neanche sarà stato il primo film della storia, ad aprirsi con la citazione dal dizionario, ma è il primo che mi ricordo e comunque era il millenovecento-fottuto-novantaquattro.
Ci tengo a precisarlo, non è che The Aggression Scale faccia schifo per questo, a dirla tutta non fa schifo affatto, eppure — sarò testardo io che mi incaponisco su questi dettagli microscopici — ogni scelta sembra passare attraverso un’idea di originalità, di “essere alternativi” che si è fermata più o meno 20 anni fa, cosa che mi lascia ancora più perplesso quando leggo che chi ha diretto questo film di anni ne ha appena 30: c’è qualcosa di più avvilente di un regista giovane che non è padrone del suo tempo? Che invece di attingere dalla sua va a rovistare in un’altra epoca, che si rivela incapace di realizzare qualcosa che sia veramente attuale? Sarà che essendo “giovane” anch’io, pretendo di sentirmi rappresentato da questa generazione di autori, e quando non succede mi incazzo.
Per dire, ecco un altro esempio: Dana Ashbrook è un killer che se ne va in giro con un fucile a pompa in una mano e una Polaroid nell’altra, scatta istantanee alle sue vittime per provare al suo capo che ha fatto il lavoro per cui lo ha ingaggiato. E’ un’idea fica e surreale, divertente a modo suo, se vi piace lo humor nero, e utile perché ci dice che questo personaggio ha i nervi d’acciaio, che non gliene frega un cazzo, spara in faccia alla gente e poi la fotografa come se nulla fosse mentre mastica la gomma perché per lui questo è solo lavoro: è freddo, spietato e implacabile. Tutto molto bello ma, zio, la Polaroid?! Nel 2012? La Polaroid neache la produce più quella pellicola, dove diavolo l’ha trovata?! E, non vorrei esagerare, ma avete presente quelle cose chiamate telefononi? E’ da un po’, ormai, che non ne costruiscono uno senza metterci dentro una dannata fotocamera digitale…

PICS OR DIDN’T HAPPEN
E a proposito di telefonini, ok, forse non è il caso più eclatante di PIANGE IL TELEFONO con cui abbiamo avuto a che fare sui Calci, ma l’intera seconda metà del film è una caccia all’uomo che si basa sul presupposto che un’adolescente americana non se ne vada in giro con un cellulare e quindi non possa chiamare aiuto mentre otto stronzi con fucili a pompa cercano di far saltare la testa a lei e al fratellino.
Credo di aver perso un attimo il filo, l’ho detto almeno di che parla il film? No, mi pareva, ed è un peccato, perché l’idea di fondo è semplice e deliziosa: boss del crimine (un Ray Wise che passava di lì per caso) incarica sicario (quello della Polaroid, Dana Ashbrook) di aprire il culo a una serie di persone che hanno cercato di fregarlo mentre lui era in prigione, tra cui figura una famigliola del ceto medio che se l’è data a gambe con mezzo milione di dollari proveniente dalle sue tasche (quindi diciamo anche che un po’ se la sono cercata). Detta famigliola è composta da marito, moglie, figlia adolescente e bambino autistico, che non parla mai e come ogni bambino autistico in un film che si rispetti cela uno straordinario talento che si rivelerà utile ai fini della trama.

c’è questa scena, giuro, in cui per far capire che il bambino è un genio il padre gli dà la settimana enigmistica e lui risolve un labirinto in DUE SECONDI e poi, per farci capire che è anche pericoloso, mentre lo fa c’è la musicona drammatica!
Per farla breve, il talento del bambino è di essere una specie di MacGyver sociopatico, una macchina da guerra che non conosce la pietà e in grado di fabbricare trappole mortali con materiale di fortuna, e così, quello che iniziava come il più classico dei film di home invasion, si trasforma in una versione squisitamente violenta di Mamma ho perso l’aereo in cui Kevin non si accontenta di far scivolare i suoi aggressori sulle biglie, ma li acceca, li azzoppa, li avvelena, li ustiona e li schiaccia sotto un camion — cosa che potrebbe essere incredibilmente cazzuta se la “trappola finale” non assomigliasse a un video degli OK Go:
httpv://www.youtube.com/watch?v=qybUFnY7Y8w
Per carità, si tratta di un film assolutamente innocuo, pieno di ingenuità e forzature — su tutte il ritratto giusto un po’ approssimativo dell’autismo — scritto con un po’ di approssimazione ma coinvolgente quando serve e diretto con mano ferma, e che soprattutto ci fa il santo piacere di non superare l’ora e mezza. Ma se questa è “roba da festival” (il South by Southwest che non è proprio l’ultimo degli stronzi), se una buona idea che poi non è niente di più che il ribaltamento di una vecchia idea, quindi la solita contaminazione citazionistica di generi, è tutto quello che un film indipendente e che un regista giovane hanno da offire, beh, mi spiace ma proprio non ci siamo.

il mio nuovo passatempo: mettere di fianco locandine uguali e dire “ah-ah!”
DVD-Quote suggerita:
“Un MacGyver ottenne e assetato di sangue; Mamma ho perso l’aereo con il fucile a pompa.”
Quantum Tarantino, i400calci.com
A history of violence non l’avevo mai visto però, quasi quasi.
ah-ah! ma il labirinto della settimana ‘nigmistica mostra un uomo armato di fucile in procinto di sparare?
l’importante per l’arte è essere unica
c’è ray wise per cui il film ha vinto.
@barbaxas magari fosse così semplice
@blueberry perché a noi piacciono le cose solo se sono SOTTIIIILIIIII
Che poi il miglior attore del gruppo è Derek Mears, uno che finora veniva chiamato solo per fare lo stuntman gigante muto (tipo che era Jason nell’ultimo Venerdì 13), ed è il classico caso in cui non capisci se è merito suo o demerito degli altri.
ma solo io noto che la soluzione del labirinto è…la sagoma di un uomo con un fucile a pompa che prende la mira in ginocchio??
Quello del labirinto è un sacerdote egizio che spippetta un flauto! E sì che lo sanno tutti che ai tempi dei flauti gli egizi non c’erano ancora. Comunque le polaroid le fanno ancora, cioè, forse non fanno più le macchine ma le pellicole sì. Se io fossi un killer prezzolato a naso userei quelle, le foto digitali si ritoccano e lasciano tracce (voglio dire che ha un suo perché come scelta, potrebbe non essere un escamotage perché fa più figo)
piccola gemma di film, sapevo che dopo automaton tranfusion steven c miller avrebbe continuato a deliziarci!adesso ha gia pronto il remake di silent night (poster al comic con) e under the bed!
quantum (fa al chilo), a proposito di sottilette (e questa vale tripla), ma il poster l’hai fatto tu o veramente è così? se l’hai fatto tu complimenti!: un sacco di tempo da perdere. al contrario complimenti!: un bel passatempo per perdere tempo.
no dai io ho sempre immaginato kevin che oltre a sfregarsi il dopo barba sulla faccia senza barba potesse dare sfogo sul serio ai suoi istinti animaleschi, tipo fare del male sul serio.
Il Killer con la Polaroid è la nuova frontiera dell Hypsterismo
Da qualche parte, a Twin Peaks, David Lynch sta dando testate contro un muro…
@blueberry no, è il primo risultato che ti viene su google images se cerchi the aggression scale poster. mi lusinghi ma perché avrei dovuto farlo io..?
@KuroFawa
vai a vedere il profilo del regista, Steven C. Miller, su IMDb: l’immagine che si è scelto è una foto scattata con instagram
“eeeeh era come dire ma va?”
non saprei magari ziggy t’ha detto di farlo. macchennesò volevo solo sfottere dai.
@ maurice-in-wonderland: congratulazioni, benvenuto nell’autismo.
Finalmente di nuovo connesso all’internèt, bruciato su un’altare il vecchio pc e comprato uno nuovo di zecca per poter visitare il suo sito DELLAVITA.
Mi siete mancati.
Cmq ‘sto aggression scale non sembra male, provo a rintracciarlo.
OT: Non c’entra nulla, ma ho visto The raid. Così, per dire, perchè sto talmente ancora in fregola da ieri che stasera me lo riguardo pure.
Avevo letto la rece, ma non avevo capito la portata dell’evento, non ero pronto a tutta quella roba e il mio cervello è esploso.
Però io se, fossi un killer, le foto in digitale degli omicidi tipo che le eviterei.
E pure portarsi dietro una macchina a pellicola piena di prove in attesa di finire il rulino…
Percui sì, a rischio di passare per Hipster, credo che gli darei di Kodak.
Direi anch’io che per un killer usare il digitale (soprattutto un telefonino) per documentare un omicidio sarebbe una genialata degna dei geni di “Fargo” ;-)
Una cosa che non ho ben capito è il protagonista del film…
è il killer? (mi interessa)
è il bambino? (non mi interessa)
entrambi? (uhm… no, non mi interessa… l’unico film da “noi duri” con moccioso sopportabile che mi viene in mente così su due piedi è “Le strade della paura” del desaparecido Eric Red)
tutti a prendere le difese del killer solo perché è interpretato da Dana Ashbrook, lui e la sua polaroid del cazzo. guardate che le istantanee che scatta poi se le mette in tasca e in tasca rimangono fino a che non le ha consegnate a mano al capo, non capisco in che modo questo possa essere più sicuro, più pratico e meno ingombrante che farle con un telefonino dove le puoi inviare e cancellare con un tasto.
bah.
dovessi far ammazzare qualcuno ricordatemi di non assoldare nessuno di voi, sa dio cosa mi combinereste.
@tommaso all’inizio ti fa credere che il protagonista sia il killer dana ashbrook, ma poi dal momento in cui compaiono la prima volta i protagonisti sono decisamente il bambino autistico e la sorella gnocca.
per me il killer ascolta I Cani
A pensarci bene, le polaroid classiche sono ormai talmente rare che in effetti il killer sarebbe comunque facilmente individuabile. In linea di massima il sicario professionista che crea una prova del suo delitto è probabilmente una cazzata a prescindere.
@Quantum Tarantino: “[…]e la sorella gnocca.”
Allora potrebbe interessarmi.
dat poster (my eyes)