E’ sempre un problema quando un attore verso il quale nutri una certa forma di affetto debutta alla regia, perché le probabilità che faccia una cagata sono alte ma tu gli vuoi bene lo stesso e questo irrisolvibile conflitto ti mette in un certo imbarazzo di fronte agli amici che hanno bisogno da parte tua di un giudizio chiaro e deciso, senza ma e senza se.
Non è questo il caso di The Victim, esordio alla regia di Michael Biehn, per fortuna, principalmente perché prima di buttarmici a peso morto ho fatto i miei compiti e ho scoperto non solo che all’ombra di una serie di gloriose pellicole che hanno fatto la storia del cinema accomunate dal fatto che Biehn interpretava sempre un militare come Terminator (in cui era sergente), Aliens (in cui era caporale) e The Rock (in cui era comandante), c’è un’intera filmografia in cui Michael Biehn NON interpreta un militare composta da titoli di cui non mi importa assolutamente niente, ma che The victim non è neanche il vero esordio alla regia di Michael Biehn.
All’insaputa di molti, nel 2010, Biehn ha diretto e interpretato un film d’azione cino-americano intitolato the Blood Bond, che ora disconosce perché tagliato fuori (e addirittura ridoppiato!) durante una postproduzione che ne ha “snaturato” i contenuti, di cui vi invito calorosamente a leggere, su Wikipedia, la dichiarazione che accompagna il suo “mi chiamo fuori”: un rant a metà strada tra lo sclero di Christian Bale, il sono io l’unico professionista qui?! di Mister Pink ne Le Iene e quella gente che quando parla del proprio lavoro te lo descrive sempre come uno scenario apocalittico in cui nessuno è capace di fare niente tranne loro.
Insomma, grande delusione: ero partito che The Victim era l’esordio alla regia del padre di John Connor, sono arrivato a schicciare play che era “un film”, cosa che comunque già alzava di parecchio le aspettative, visto che a conti fatti The Victim è senza ombra di dubbio la roba peggio realizzata che il capo mi abbia mai costretto a vedere sotto la minaccia di togliermi la paghetta (potendo tornare indietro, rinuncerei alla paghetta).
La trama non è facile da raccontare perché è impossibile con un semplice riassunto degli eventi restituire il senso di MACCOSA della recitazione, o dei dialoghi (per tacere dei monologhi), dei silenzi imbarazzanti o delle interminabili sequenze in macchina (l’ipotesi che butterei lì è che una marca di automobile si sia offerta di finanziare il film a condizione che si vedesse bene il loro logo in almeno un paio di scene e Biehn per sicurezza ne abbia girate VENTITRE’), quindi, a meno che non decidiate di vederlo per conto vostro, temo che dovrete fidarvi di me: è una merda.
Ma nello specifico: due ragazzacce stanno folleggiando con due poliziotti finché uno di questi non rompe il collo PER SBAGLIO a una delle due (nel senso che lui la sta scopando da dietro, le gira la testa per guardarla negli occhi… solo che gliela gira un po’ troppo e si sente CRAK! seems legit); parte la caccia all’uomo per ammazzare anche l’altra, unica testimone del fattaccio, che scappa nel bosco e trova rifugio a casa di Michael Biehn — tipo strambo e taciturno che vive come un recluso in una baita in mezzo al nulla, faccia da serial killer e una lista lunga così di disturbi mentali, cosa che dovremmo capire fin dall’inizio dal fatto che sta sul letto con le scarpe — E SE LO SCOPA, nel corso di una scena estrememante lunga e dettagliata che potrebbe mettermi più a disagio solo se sapessi che l’attrice che interpreta la tipa è la moglie di Michael Biehn in real life — ops
Una serie di ribaltamenti dei ruoli vittima-carnefice e 50 agonizzanti minuti dopo in cui, come dice la trama ufficiale, “two worlds collide in this psychological thriller that will make you question your trust in mankind”, il film si chiude con Biehn e la moglie che riescono ad avere la meglio sui due poliziotti, li ammazzano e li seppelliscono nel bosco, dopodiché la tipa dice “tra l’altro ho sentito che in questa zona c’è un serial killer, scommetto che erano loro due” e Michael Biehn le risponde “no lol quello ero io”. Titoli.
The Vitim, non c’è un modo gentile per dirlo, è a un minuto di macchina dalla totale amatorialità — quella, per dire, del film che potreste aver fatto voi da bambini nel giardino dietro casa, solo che questo è stato fatto da un uomo di 50 anni che era sui set di Aliens e di Terminator — ma tutto quello che difetta in, beh, tutto, lo recupera in pretenziosità e nascondendosi dietro al dito de “ma è un film grindhouse”.
Avete presente tutti i discorsi che si fanno riguardo ai danni irreparabili che la coppia Tarantino/Rodriguez ha INVOLONTARIAMENTE fatto al cinema di genere (e fidatevi che non è un argomento che prendo tanto alla leggera: come potete immaginare dal mio nome io e Quentin siamo cugini da parte di madre e voglio bene a quel figlio di puttana come a un fratello — ma, ripeto: danni irreparabili) facendosi promotori di un messaggio che a tanti è suonato come “è ok fare film di merda se poi dite che sono grindhouse”.
Ecco, potete togliere quell’ “involontariamente”, perché Michael Biehn, almeno stando a quello che lui racconta, era sul set di Planet Terror a fare una particina in uno dei finti trailer — Thanksgiving di Eli Roth — quando è stato incoraggiato nientemeno che da Robert Rodriguez ad intraprendere la carriera da regista, come testimonia la dedica finale del film.
E ci scommetto che quelle due teste di cazzo hanno visto The Victim e gli hanno detto “ma sei un grande, non ci divertivamo così da quando Quentin è andato in Italia e ha riabilitato la commedia sexy degli anni settanta”.
La cosa più triste è constatare che Biehn fa cinema, e che cinema, da più di 30 anni ed è riuscito a non imparare NIENTE su come si sta dietro una macchina da presa. Non ha la minima idea di come si diriga o produca un film, non è capace di mettere assieme una colonna sonora coerente (il tappeto sonoro è moltestissimo e onnipresente, e praticamente mai ha a che fare con la scena in cui si trova), manda gli attori allo sbaraglio, monta tutto semplicemente cucendo OGNI COSA l’una di seguito all’altra, infilando così la più colossale serie di scene superflue che abbia mai visto (ho già accennato a quelle di lui in macchina, ma pure quella in cui cercano lo sceriffo su Google è qualcosa).
C’è molto di personale in questo film, come ad esempio la scena in cui il personaggio di Michael Biehn dice di avere 54 anni (cioè l’età che aveva Michael Biehn nel momento in cui girava) e la tipa, sua moglie IRL, lo riempie di complimenti come “te ne avrei dati molti di meno” e “di certo non scopi come un 54enne”, e io ci credo che The Victim è stato fatto col cuore — anche perché i titoli di coda, una sorta di agghiacciante “sigla” in cui su un pezzo rock/country/melodico scorrono le foto degli attori e della crew con tanto di didascalia che esplicita nome e ruolo di ognuno, non sono qualcosa che può aver fatto qualcuno in possesso delle proprie facoltà mentali — ma c’è un momento preciso in cui “camp” e “cuore” smettono di essere una scusa, e inizia il fatto che stai facendo le cose completamente a caso.
DVD-quote suggerita:
Fichissimo!
Robert Rodriguez, regista
Robert Rodriguez, pagherai per questo.
Quantum Tarantino, i400calci.com
Dimenticavo che nel ruolo della puttana morta c’è Danielle Harris, scream queen ed ex child-actress che 21 anni fa recitava ne L’ultimo boyscout. Cosa c’entra? Niente, mi serviva solo il gancio per ricordarvi che noi stasera si fa la 400tv night live a Milano e a Roma, con L’ultimo boyscout, e chi non viene è The Victim.
Toh che strano… riguardo a cose finite in merda, sarà solo una coincidenza… praticamente non avevo più sentito parlare da 20anni di sto Biehn che me lo ritrovo 2 volte nella stessa mattinata:
http://www.fantascienza.com/magazine/notizie/16979/ecco-percha-non-a-decollato-terminator-5/
in tombstone non è un graduato eppure spacca culi lo stesso…
Ma la luce nella scena di lei nel letto?? Ho visto cose decisamente meno ridicole in certi capolavori che a sedici anni guardavo all-una di notte su rete quattro..
Tra i cultoni ottantini di Biehn ricorderei anche il notevole “Ramapage” di Friedkin, dove era pure il protagonista.
L’ho sempre associato a William Petersen, un’altro partito dalle stelle più luminose per finire nelle stalle più buie… ma almeno lui si è riciclato bene nei telefilm.
Rampage senza tre “a” e “un altro” senza apostrofo naturalmente… sigh sob
@James Beruschi ok è ammessa UNA eccezione.
@Sampoo e il bello è che vista da vicino lei è pure un discreto cesso
@tommaso sono ammessi tutti gli errori di battitura che vuoi, non siamo fiscali.
Bella la “V” di visitors riciclata
Comunque oh, il primo film che ha le palle di dare specificatamente la colpa a qualcuno per il fatto di essere brutto. Notevole.