C’è una parola che continua a ronzarmi in mente mentre ripenso a Stitches, commedia splatter dalle verdi colline d’Irlanda che sogna disperatamente di essere stata scritta dal figlio segreto dei Monty Python e Stephen King e che ha apparentemente conquistato l’intero Regno Unito con il suo mix di risate, disgusto e quelle vaghe atmosfere – quelle da romanzo horror di formazione, con killer pagliaccio soprannaturale che perseguita gruppo di adolescenti – che mi ricordano qualcosa ma non riesco precisamente a capire cosa. C’è una parola eppure non riesco ad afferrarla, è quella parola che si applica alla perfezione a un film che inscena cinque o sei uccisioni di enorme creatività rovinandole con montaggi paralleli ricchi di metaforone, flashback che urlano «contrappasso! Insegnamento morale!», rallenty poetici, volti in lacrime.
Aiutatemi: con che termine definireste una pellicola che in pochi istanti passa da shockanti inquadrature di cazzi sanguinanti strappati dalle gambe di un ragazzino a intensi primi piani in chiaroscuro di un ventenne sociopatico che si tortura per la sua inettutidine nei rapporti umani? In cui un cranio che esplode viene raccontato non come un momento di gioia, ma come una ferita inferta al cuore di un adolescente troppo sensibile e troppo implicitamente buono per sopravvivere al crudele mondo che ci circonda?
Perché io una parola ce l’ho, davvero, qui sulla punta della lingua. Magari ci aiuta la SIGLA!
httpv://www.youtube.com/watch?v=1OMJ7vSgQl4
Conor McMahon è irlandese, ma dev’essere uno di quelli che da bambino ha visto IT e Stand By Me in back-to-back e non ne è più uscito. Terrorizzato dai pagliacci e affascinato dall’opportunità di dipingere le vite di un gruppo di adolescenti che hanno condiviso un’esperienza traumatica «e da allora nessuno di noi è rimasto lo stesso», McMahon scrive e dirige Stitches; derivativo e prevedibile come il sì di Nicolas Cage a un’offerta di lavoro, dovrebbe avere la sua forza in due elementi opposti e complementari: il fattore commedia e il fattore splatter. Spoiler: la percentuale di riuscita è intorno, rispettivamente, al 20% e al 70%.
La storia è quella di Tom, bambino problematico (padre ignoto, madre assente poiché in carriera) che diventa ancora più problematico quando, in occasione della sua festa dei dieci anni, quella milfissima megera della genitrice invita un clown, Stitches, allo scopo di ravvivare la festa. Stitches è interpretato dal comico inglese Ross Noble, citando il Capo «uno abbastanza famoso qua, e quindi è un po’ come vedere Pagliaccio Baraldi – The Horror», ed è un pagliaccio che fa schifo e pure puzza, un’idea assolutamente originale. Il nostro primo incontro con lui: è in una roulotte, a letto con una prostituta di quelle marcissime, sta fumando una sigaretta, riceve la chiamata, si dirige a casa Tom, comincia lo show.
Ovviamente Stitches è un pessimo pagliaccio e i bambini, annoiati dai suoi fallimenti, lo bombardano di scherzi e dispetti, che degenerano rapidamente fino a che il clown, ehm, muore – è inutile che vi dica come, il didascalicissimo McMahon lo fa intuire a inizio scena con un’inquadratura studiata ad hoc.
Per quanto a fondo tu li seppellisca, però, non ci si libera così facilmente dei pagliacci di merda, e Stitches torna in vita con quella che è la miglior trovata del film, che in quanto tale non vi rovinerò. È qui, dopo un inizio folgorante almeno per quel che riguarda l’aspetto gore, che McMahon decide che basta, che palle questa roba qui del ritmo, vi faccio vedere io come si fa un film serio, benvenuti al Sundance, questo è il mio dramma adolescenziale, preparate i fazzoletti.
Se il primo atto è molto classico ma apprezzabile per esecuzione (zero CGI: tutti gli effetti speciali del film sono prostetici, e di enorme qualità), tutto quel che accade per i successivi tre quarti d’ora è il tentativo del film di nobilitarsi su più piani e di mostrarsi molto più importante ed emozionante di quello che è e può permettersi. Funziona così: dal momento della morte del clown a quello del suo ritorno in azione con relativa prima uccisione, McMahon cazzeggia raccontandoci cosa siano diventati, sei anni dopo, i bambini presenti a quella festa. C’è Blow Job Kate, l’asociale punk fregna che sta con la rockstar del liceo. C’è Vinny, il Quagmire del gruppo. C’è Bulger, il ciccione gay amante delle tendine ricamate e dei fagioli in scatola. C’è…
(che poi, perché sto a mettervi tutti i link alle pagine degli attori? Sono tutti dei signori nessuno, anche se devo concedere che sono tutti piuttosto bravini)
E c’è soprattutto la festa di compleanno di Tom, quella a cui parteciperanno tutti ma proprio tutti e si farà Project X fino al mattino, solo con meno droghe e meno tette. Ma con un clown in più! Che è tornato per concludere il suo show di sei anni prima bla bla, però la seconda volta le barzellette non fanno così ridere bla bla, vi ammazzo tutti a uno a uno, ciascuno con una modalità che ricordi quello che mi avete fatto due trienni addietro, umiliandomi e contagiandomi alfine con il morbo della morte.
È nel lungo set-up per il bagno di sangue che McMahon comincia a perdere la bussola. Da classicamente horror, la sua regia diventa pedissequamente teen, con tanto di ante degli armadietti usate per nascondersi e spiare la donna agognata che litiga con il fidanzato stronzo e casette sull’albero. Un paio di momenti (il già citato pene divelto) salvano dalla noia, ma non dalla sensazione che Stitches stia provando a darsi un contegno: «Ammirate, scettici» dice McMahon, «gli horror possono anche scaldare il cuore!». Non è l’intento a essere disprezzabile – King, per l’appunto, ci ha costruito una carriera –, quanto la messa in scena, scolastica in quanto a scrittura, fighetta e tirata a lucido (e quella parola lì che non mi viene) per quel che riguarda la regia. Un manuale di splatter con gli occhiali grossi, con tanti saluti alla Amblin.
Poi, a circa mezz’ora dalla fine, comincia il luna park, e se non altro ogni uccisione è scritta, coreografata e realizzata a regola d’arte. D’altra parte non è possibile rovinare sequenze come quella in cui (SPOILER) il clown gonfia la testa di un ragazzino con una pompetta per palloncini fino a farla esplodere, giusto? Risposta: sì, è possibile. Nel tentativo di far parlare di sé in quanto Autore e non semplice esecutore, McMahon costruisce OGNI scena di omicidio per trasmettere un duplice messaggio.
In primo luogo, nessuno è davvero innocente.
STACCO, flashback sulla festa di sei anni prima, inquadratura sulla prossima vittima, didascalia visiva per ricordare cos’abbia fatto di male
In secondo luogo, questi giovani d’oggi che fanno festa è come se morissero un po’ alla volta.
MONTAGGIO PARALLELO di “il clown che perpetra l’omicidio” (e.g.: prepara un cocktail con il cervello di qualcuno) e “i ragazzini che fanno qualcosa di analogo e simbolico” (e.g.: preparano un cocktail stop)
Più che una folle corsa verso il massacro, Stitches è la dimostrazione di un teorema, una costruzione narrativa vecchia come il genere, ridotta ai minimi termini e utilizzata come architettura di un edificio teorico di cui, molto serenamente, fottesega a nessuno.
Dovrebbe far ridere, e un paio di volte ho riso, una molto forte, ve la faccio vedere a fine articolo; nella maggior parte dei casi, però, Stitches è come quell’amico che fa le battute a cui ride solo lui.
Dovrebbe coinvolgere, ma non tutti sono il Re, e a me di Tom Kate Richie e Vinny non è mai nulla per tutto il film, perché sono tutti troppo impegnati a farsi amare per riuscirci effettivamente. Non è ammiccando al pubblico che lo si compra.
Dovrebbe disgustare e shockare, ma – esclusa una scena fastidiosa perché assolutamente gratuita – riesce al massimo a farsi ammirare per la perizia con cui sono costruiti gli effetti speciali. Un omicidio simbolico metaforico didascalico posso forse accettarlo, al terzo mi sono perso per strada.
Dovrebbe anche fungere da showcase del talento di McMahon, considerando quanto se la tira. Funzionerebbe, se per essere talentuosi bastasse combinare linguaggi che non c’entrano nulla credendosi furbo mentre lo si fa.
Fa dunque schifo, Stitches? Non del tutto, e se non siete infastiditi dalle commedie horror e dai film che grondano quella parola lì che continua a non venirmi in mente potreste anche divertirvi. C’è chi se n’è innamorato, addirittura. Per quanto mi riguarda, il meccanismo si rompe quasi subito, e credo funzioni così con chiunque abbia visto più di tre horror in vita sua; quel che resta è l’equivalente sanguinolento di guardare uno spettacolo di prestidigitazione conoscendone i trucchi.
E senza neanche un paio di tette.
DVD-quote suggerita:
«Non si vede neanche un paio di tette»
(Stanlio Kubrick, i400calci.com)«Dai, quella parola lì, la usano tutti ormai…»
(Stanlio Kubrick, Pitchfork)
PS: giusto! Dimenticavo. Qui ho riso molto:
Ecco “pene divelto” è proprio il modo giusto per non farmi guardare un film.. Dannata empatia..
Io dico che è ok. Senza lodi sperticate, senza fuochi d’artificio, senza frenetici balli di gruppo che evocano il concetto della fertilità, però devo dire che mi ha divertito. Se non altro non si prende troppo sul serio.
Che poi quando ho postato il commento non avevo ancora letto il titolo del post.
Si ma…qual è la parola ?
Forse “autorefrenziale” ?
Boh…
Io voto “hipster”, ma solo perche’ non ho ancora capito cosa voglia dire.
io butto li’ la seconda parola piu’ usata dal sito “maccosa”!
moralista?
Ok, spoiler: Stanlio ieri mi ha mandato una mail svelandomi che comincia con la h.
Quindi immagino sia “hautoreferenziale”.
Il commento che mi turba più di tutti è «se non altro non si prende troppo sul serio». Personalmente quando [SPOILER] Stitches fa esplodere la testa al tizio e la regia indugia con rallenty poetici sotto la pioggia dei pezzi di cranio che si depositano in pozzanghere di tristezza ho deciso che ci credeva veramente, veramente troppo.
Aridatece Tim Curry
Un giorno aggiungero’ il bottone “MI PIACE” ai commenti, lo prometto.
@ugo piazza: fai come se avessi cliccato su “MI PIACE”
ma al tizio della foto blood ymary gli fa la masa?
masa non so se è tipico toscano o italiano generico: si dice di quando con le nocche si strofina forte forte sulla testa del malcapitato provocando irritazione e dolore. Il più delle volte tenendolo fermo sotto l’ascella del braccio non masante. E’ tipico bullismo da elementari.
Io l’avevo già difeso, in breve per me Stitches è quel tipo di film che ti piglia bene spingendoti a chiudere nello sgabuzzino il tuo criticone interiore, dove continua a snocciolare le poverate del film ma tanto lo sentono solo le scope e gli stracci… laddove in altri film ben più riusciti magari ti sussurra all’orecchio solo due o tre bucherelli di sceneggiatura trascurabili, ma invece di cacciarlo via lo fai rimanere e gli dai ascolto così tanto che alla fine ti sminchia tutto.
Che poi magari anni dopo scopri che il criticone stava bene dove stava, ad esempio di recente ho rivisto Brainscan (1994) e Idle Hands (1999) che ai tempi adoravo pur considerandoli interiormente delle boiate, e invece a posteriori appaiono come delle belle bombette, molto avanti sui tempi (specie Brainscan) e poi scopiazzate all’inverosimile.
@ Darkskywriter: cinque alto per Idle Hands!
SK@:}
“Aiutatemi: con che termine definireste una pellicola che…?!”
Conquesto:
POMELLO ROSSO WIVA = radicequadrata di…pagliaccio di merd@x!
(Slipknot…mi fanno frutta troppa!!)
Quando diventerò presidente del consiglio, oltre ad assumere Channing Tatum e Gerard Butler come capi del servizio di sicurezza, imporrò una decretazione d’urgenza per bandire i clown.
Si, ma io trovo che inquadrando il tutto in un atmosfera di scazzo e spensieratezza, che mi pare nel film ci siano, si vada a dileguare la presunta serietà di alcune, altrimenti serie, sequenze. C’è anche da dire che per un’analisi accurata dovrei riguardarlo, ormai è passato un po’ di tempo.
se è un horror di violenza, non svegliatemi fino al prossimo millepiedi 2.
OK sfucchia!
Cmq il clown bastardo…evince!!
a me ha dato molto fastidio la scena del gatto, il resto ho riso forte, ma è veramente una poracciata.
L ho appena visto e devo dire che si vede un capezzolo…non mi ha fatto ridere mai…il pagliaccio pero’ e’ inquietante…peccato per le esplosioni al ralenty mi ricordano una trasmissione triste che girava su discovery channel in cui riprendevano tutto con sta telecamera e poi mostravano chesso’l’esplosione di un cocomero fotogramma per fotogramma…mah!
Bell’articolo, molto utile! Stavo facendo le mie belle letture di post pre-nanna, dove lasciare qualche commento, con la speranza di ritorni sul mio blog, quando ho letto questo articolo! Grazie delle dritte!!!
Divertente commedia e degno erede dei Gooneis altro che quella cacata di Super 8…
PS. Da amante degli animali, ridere nella scena del gatto non è roba da poco.