L’uomo che vedete qui sopra, quello a sinistra, è Guillermo Amoedo, uruguayano, uno dei tanti amiconi del cinema di Eli Roth – Amoedo gli ha scritto la sceneggiatura di The Green Inferno e dell’imminente Knock Knock.
Io con Guillermo Amoedo non uscirei mai a prendere una birra. Ma tipo che se sono in un locale e vedo Guillermo Amoedo che entra io pago e me ne vado a farmi un kebab all’angolo. Guillermo Amoedo è uno che odia la vita, il cui approccio esistenziale è un nichilismo così nero che la puerpera che ha fatto sgravare sua madre ha dovuto impedirgli di impiccarsi all’utero con il cordone ombelicale.
L’uomo che vedete qui sopra, invece, è Eli Roth, attore, regista e, più di recente, uno di quelli il cui nome viene associato alla dicitura “presentato da” per regalare al film in questione un marchio di legittimazione – solitamente le parole “autore di Hostel” complementano le sue generalità, nonostante sia passato ormai un decennio esatto da quel filmetto che per qualche motivo ha fatto impazzire un sacco di gente.
Io a Eli Roth offrirei tutte le birrette di questo mondo. È uno che si è infilato nel remake di Piranha con il ruolo di “giudice del concorso maglietta bagnata” e in Inglourious Basterds solo per poter smitragliare in faccia a Hitler. Il suo Cabin Fever resta uno degli horror più genuinamente divertenti degli ultimi anni, e più in generale mi stupisce vederlo associato al funebre Amoedo.
Questa composizione fotografica che vedete, invece, è, una volta visto The Stranger, la roba più dissonante che abbia visto da mesi a questa parte. Se da un lato è vero che una delle cifre stilistiche di Roth è quella di sporcare di commedia o di assurdo situazioni e personaggi che sono in ultima analisi nerissime e grondanti cinismo, è anche vero che sono molto poche le cose nelle quali c’entra il suo nome e che non regalano almeno qualche risata, o qualche sprazzo di luce.
Ecco, immaginate tutto il nichilismo d’accatto di un Hostel e spogliatelo di tutto ciò che lo rendeva comunque piacevole alla vista. Virate al blu, di notte, prendete una persona che ha letto McCarthy senza approfondire troppo il perché di quello che stava leggendo, sbattete tutto in un contesto di degrado urbano che potrebbe uscire da un film di Larry Clark e otterrete The Stranger, un film del quale faccio fatica a parlare perché si regge, di fatto, su un unico plot twist svelato dopo circa tre quarti d’ora, e senza il quale ogni discorso e considerazione rischia di rimanere monca.
Quello che segue è un tentativo di non rovinarvi la sorpresa, se doveste un giorno decidere che avete troppa voglia di vivere e una full immersion nella depressione esistenziale senza speranza può essere una soluzione a questo dramma. Sigla!
Martin è un couch surfer molto particolare. Da quel che impariamo nella prima, esasperantemente lenta mezz’ora di film, gli piace presentarsi in casa di persone che non vede da decenni per chiedere se siano ancora vive. Se, come accade all’inizio di The Stranger, la risposta è sì, la sua reazione è sedersi su una panchina a non fare un cazzo, in attesa dell’arrivo di un gruppo di delinquenti che lo menano e accoltellano per sport.
Il motivo del suo comportamento è spiegato tramite flashback: lui e sua moglie Ana (Lorenza Izzo, la moglie vera di Eli Roth nella vita reale vera, qui, relegata a mezza comparsa sempre piangente) hanno una qualche misteriosa malattia, così contagiosa e pericolosa che «è meglio se ci ammazziamo».
Segue ulteriore flashback di lui che cosparge di benzina lei (incinta) e se stesso.
Dato per morto dal bullo e da suo padre, che incidentalmente è anche il capo della polizia della piccola cittadina del Vermont (credo) dove si svolge The Stranger, il buon Martin viene salvato dal ragazzino che vive con la mamma nella vecchia casa di cui sopra con la benzina, e che si fa le pipette della droga e fa le tag sul muro perché anche la sua vita di adolescente fa un po’ schifo. Segue vendetta del criminale che massacra di botte il ragazzino, controvendetta dello Straniero che dà fuoco al bullo, controcontrovendetta del poliziotto che dà fuoco al ragazzino visto che non trova lo straniero.
Nel mezzo, un gattino viene sgozzato.
Successivamente, il ragazzino viene miracolosamente guarito grazie al sangue infetto di Martin, succedono un altro paio di robe che fanno capire esattamente quale malattia abbia il Nostro, poi si ritorna pacificamente al loop delle vendette, finché morte dopo morte il film non si chiude su un’inutilissima e posticcia nota di speranza.
Non c’è nulla di piacevole, in The Stranger. La condizione di Martin e la sua spinta costante al suicidio per il bene dell’umanità sono l’unico motore narrativo del film, che altro non è se non un susseguirsi di, in ultima analisi, sgarbi più o meno gravi fatti dal poliziotto (corrotto e stronzo) al ragazzino (scapestrato e tossicodipendente), allo Straniero (sadomasochista, in mancanza di definizione migliore), alla mamma del ragazzino (la povera vittima), alla popolazione locale.
Un’accelerata a quello che finora sembra solo un documentario sulla violenza e la corruzione nei quartieri degradati delle piccole cittadine della periferia americana la dà la Grande Rivelazione, che quantomeno fa, come dire, materializzare un nemico vero e proprio e offre un obiettivo e uno scopo – per quanto nichilista e distruttivo – a quelli che di fatto sono i due protagonisti. Martin non ha prospettive se non liberare il mondo dalla sua malattia, Peter (il fattone) non ha prospettive perché vive a Inculoville, Nothingshire, Vermont, per lo meno l’attore che interpreta il capo della polizia si chiama Luis Gnecco, questo mi faceva molto ridere durante la visione.
In questo quadro da cui l’ironia è bandita (The Stranger è ufficialmente il film che si prende più sul serio che abbia visto da anni) e le sensazioni positive sono strozzate nella culla, Amoedo si spancia (e ci fa spanciare tutti) dalle risate girando quasi solo di notte, quasi solo con luce naturale, in location cupissime e lerce come il buco del culo di un barbone. La violenza è l’unico filo conduttore del film, e di violenza, almeno quella, ce n’è: sia mostrata, sia psicologica, perché la vera malattia, ci suggerisce con delicatezza Amoedo, è quella che trasforma anche gli uomini più rispettabili in animali, ed è quella malattia chiamata male di vivere.
Sono tutti divorziati, vedovi, malati, poveri, tossici, depressi, tanto che il peggiore di tutti, Martin, quantomeno ha un personaggio coerente e motivato nella sua tendenza all’autodistruzione. Non esiste alcuna empatia tra personaggi che vada oltre al semplice istinto di protezione verso il figlio, e dove in un film normale una persona ferita la cui vita viene salvata da uno sconosciuto di buon cuore reagirebbe esclamando «grazie, sconosciuto di buon cuore!», qui i dialoghi si muovono sui binari del «se mi salvi la vita ti strappo la gola a morsi come hanno fatto a quella puttana di tua madre».
Perché allora uno dovrebbe guardarsi The Stranger, un american gothic senza eleganza, una lansdale-ata senza personalità, una scopiazzatura dell’epica mccarthy-ana senza il corredo filosofico a giustificarla? Non saprei, forse perché gli piace il sangue, o è curioso di scoprire quale sia questo incredibile plot twist, o apprezza l’estetica delle baraccopoli e dello squallore. Forse perché apprezza la regia tutto sommato sobria di Aomedo, che riesce anche a concedersi quelle due/tre inquadrature “d’atmosfera” composte da dio che ti fanno sperare che la smetta di raccontare storie (The Stranger è anche scritto da lui) e si dedichi alla fotografia pura.
Forse perché è convinto che “Eli Roth presents” sia garanzia di risatone e splatter.
A me quest’ultima cosa sta anche un po’ in culo.
DVD-quote suggerita:
«Stanno tutti male»
(Stanlio Kubrick, i400calciinpancia.com)
PS: dopo aver visto il trailer scopro che racconta più o meno le cose che vi ho raccontato io, comprese le scene più brutali, e lo fa incorniciando il film in un modo a metà tra lo spoileroso e l’intellettualmente disonesto. Vedete voi.
Se il tuo intento era di non vendermelo, me lo hai venduto appieno! Bravo Stan!
Ma è più deprimente anche di mentre duormas?
Mientras duermes è deprimente ma in sé una piccola bombetta, the stranger è un film dimmerda recitato da cani che deprime lo spettatore solo perchè gli fa perdere un’ora e mezza di vita
non correggere MAI PIU’ il mio spagnolo.
spero di essere stato chiaro
Io voglio lo spoiler sulla malattia.
Se è quella che mi è venuta in mente leggendo mi rifiuto di guardarlo.
Qualcuno mi illumini in qualche modo.
SPOILER!
http://goo.gl/1CouJh
Ecco lo sapevo. Niente, passo, ste malattie imbarazzanti mi hanno stufata. Grazie Bella!
« Sono tutti divorziati, vedovi, malati, poveri, tossici, depressi…» Pensavo tu parlassi della GRECIA.
Mmm… Mi hai incuriosito. Uno sguardo glielo darò.
Mamma mia che depressione! Per riprendermi mi sono appena rivisto il fantastico ralenty in Cabin Fever dove il ragazzino ‘terrunciello’ si esibisce in una memorabile quanto imbarazzante sequela di mosse di kung-fu culminate da un fantastico morso.
Questo si che è cinema…
Ammazza, non so se guardarmelo stasera o tenermelo per il giorno di Natale al posto dei soliti Martyrs e A l’interieur.
…mmm…sono curiosa.
adesso che ho visto il fantasticissimo twist me ne vado a dormire un pò delusa.