C’è voluto un po’ di tempo ma con Wim Diesel ci siamo messi a tavolino come per True Detective, perché c’erano delle cose da dire. Cose su Il Ponte Delle Spie, assente dalle recensioni dei 400Calci ma non dalle nostre conversazioni private. E con ritardo vergognoso, fregandocene altamente, tiriamo anche due bilanci sul 2015 al cinema, sugli autori di oggi e sugli imminenti Oscar. Beccatevi ‘sto longread. Hah!
Wim Diesel: Allora Darth, il mio Natale al cinema è stato durissimo. Nel senso che non ho più molto tempo per il cinema, stando soprattutto ai film per gli adulti. Così ho puntato Guerre Stellari perché era imprescindibile e tutti dicevano BOMBA ATOMICA e quando sono andato a vederlo ci ho tirato fuori poco, insomma, non è che sia una merda ma mi è sembrato un po’ una roba da sei e mezzo-sette. E insomma, mi sono preso un po’ male. Ho pensato: se penso male di Guerre Stellari di cui tutti dicono meraviglie, cosa potrei pensare del film di Spielberg che è controverso anche tra i fan? E poi sono finito quasi per caso a vedere Il Ponte delle Spie, verso la Befana, e ho ancora le lacrime agli occhi dalla gioia. Tu l’hai visto, giusto?
Darth Von Trier: Wim, il mio Natale al cinema invece è stato stranamente carico di speranza, come un Canto di Natale dickensiano in cui questa volta mi sono ricreduto del mio essere il solito Scrooge.
Dovendo vedere i film per recensirli sui Calci alla fine ne vedo parecchi e quest’anno sono usciti veramente molti film tra il bellino e il fichissimo, il grosso di questi sono pure opere originali cosa che a me in epoca di remake\reboot\spinoff\sequel ancora attesta un punto di merito quasi a prescindere.Una volta tanto insomma ho avuto bendisposizione per l’anno che sarebbe venuto, nonostante il fatto che si parlasse in maniera isterica solo e insistentemente di quel carrozzone bolso di Star Wars e sembrava che fosse uscito solo quello nel 2015.
Il Ponte Delle Spie è di sicuro una delle uscite buone di cui parlo, a me è piaciuto e lo trovo un film di Spielberg legittimo. Fino ad ora però ho sentito solo pareri positivi, tu che hai sentito? Dai, non possono lamentarsi di chissà cosa, non dopo War Horse dai…
WD: C’era una cosa che ho letto, forse sul Castoro di Spielberg, una ventina d’anni fa ormai. Erano sue dichiarazioni, e in una diceva che continuavano a paragonarlo ad Hitchcock ma che lui si sentiva molto di più un emulatore di John Ford; ecco, un po’ questo conflitto Ford/Hitchcock per certi versi è abbastanza al centro de Il Ponte delle Spie – che forse è anche il motivo per cui mi piace, non lo so. un altro motivo per cui mi piace è che riesce davvero a sorprendere in ogni inquadratura, che so, il giochetto che fa con la sopraelevata a Berlino e poi a casa di Tom Hanks è una roba che in mano a chiunque altro verrebbe fuori patetica.
Alla fine i due punti deboli veri del film sono le cose di cui ultimamente mi frega meno quando guardo i film. il primo è diciamo il “messaggio politico”, tra virgolette, cioè non è che non mi frega del messaggio politico, ma è una cosa che mina moltissima comprensione del testo – recentemente è successo con Whiplash, piaceva un sacco poi qualcuno ha messo la pulce all’orecchio e ha ipotizzato che fosse un film fascista e in moltissimi hanno cambiato idea. Il secondo sono i bucherelli nella trama, come il personaggio della fidanzatina dello studente che a un certo punto sparisce a caso, ecco, a me di queste cose frega pochissimo. Forse è per quello che sono così estasiato dal film. Perchè per una morosina dello studente che sparisce c’è una scena sul ponte, eccetera. Io faccio cambio quando vuoi, proprio.
DVT: Il paragone che gli affibbiano con Hitchcock non mi torna, con Ford sì. Basta vedere – al di là dei film più celebrati – le dinamiche dei personaggi di I Tre della Croce del Sud, uno dei titoli più ingiustamente sorvolati quando si parla di Ford. Dietro l’avventura rocambolesca c’è il sottofondo amaro con i suoi temi della famiglia, le cicatrici della guerra, l’amicizia, l’avventura, che serpeggiano sotto lo strato di commedia familiare brillante, come in molte opere di Spielberg. Poi sulle etichette credo che fosse lo stesso per John Ford, alla fine hanno sempre cercato di vederlo in una scatola politica, ognuno a sua convenienza. Lo facevano quando era in vita, figurarsi oggi. È un vizio generale ma prettamente italiano, cioè noi lo facciamo circa da sempre: qui un film spesso non è bello se non ha implicazioni e complessità politiche, meglio poi se avvalorano le nostre convinzioni. Così ci sentiamo non solo nel giusto ma pure intelligenti. È un’attitudine che non ha portato altro che ostacoli all’arte, agli artisti e al godersi i film. I problemi dei film e del guardarli devono essere altri. Mi pare che si guardino i film per motivi completamente sbilanciati, e ancora più a caso si decide perché un film è fico o meno. Comunque oh, il plauso per Spielberg è abbastanza generale, non siamo matti.
Cioè su Blackhat dobbiamo lottare contro la marea ma qua rientriamo nel flusso. Sarà preoccupante? Come la vedi invece che i film che hanno un senso commerciale ma pure una forte impronta autoriale siano spesso di gente attempata se non vecchia? È perché ai registi più giovani è imposto più controllo o perché i più giovani hanno meno l’urgenza dell’artista che si mette in gioco ogni volta e puntano più al mestiere un po’ fine a se stesso? Un po’ come i gruppi tutti uguali, tantissimi e tutti uguali.
Ogni volta che esce un film anche semplicemente di Ron Howard sai che farà una cosa inedita e un film con una sua impronta, piaccia o meno. Idem Mann, e via così fino a gente che oggi è veramente anziana. Mi pare che siano gli ultimi alfieri di quello spirito alla Huston, Penn… quelli che fino alla tomba hanno giocato con le loro regole anche quando ormai giocavano in un cinema totalmente diverso da quello in cui si affermarono.
WD: Parlando di Hollywood, secondo me dipende dal fatto che oggi c’è un modo diverso di considerare i nuovi registi rispetto ad una volta. Ora ci sono spessissimo situazioni del tipo: sei un regista interessante, hai fatto un film buono e mezzo, arriva uno studio e ti mette in mano un progetto da 150 milioni di dollari e allora finisce che o affoghi tipo quello dei Fantastici Quattro, oppure diventi uno di quei registi alla Nolan, non so se hai presente quello che dico. Cioè diventi il Grande Autore con il nome scritto grande prima del film e il film che dev’essere sempre stupefacente, carichissimo e con queste sceneggiature a orologeria. Ok, allora se tu sei un giovane regista, puoi diventare uno che sa tenere in mano i budget enormi e consegna un film che piace a tutti (quei nomi tipo Gareth Edwards o Justin Lin), oppure sei un Grande Autore che te lo vai a vedere perché è il nome importante (Del Toro, Nolan, Shyamalan, Refn), oppure sei un tizio che a un certo punto ci ha provato e ha preso delle legnate al botteghino, e ora magari si ricicla a fare lo shooter di lusso nelle serie TV. Ma in qualsiasi caso la tua carriera è in qualche modo in mano ai produttori, c’è qualcuno a cui devi dire “sissignore”.
Invece magari i vecchi registi riescono a stare un po’ più a cavallo tra le cose, riescono a mettere in lavorazione dei film basati su una sceneggiatura figa e qualche buona idea di base, e il loro nome fa circolare i film a prescindere. Ron Howard e Clint Eastwood forse adesso sono i più grossi, ma anche Michael Mann o che so, certa gente figa che lavora solo dopo che ha trovato i soldi, tipo Friedkin o Brian De Palma. L’altro giorno pensavo che di quel giro storico Hollywood Scorsese/Coppola/De Palma/Lucas/Spielberg l’unico che mi devasta a prescindere è De Palma, magari fa queste cappelle enormi e sbaglia il progetto ma almeno vedi sempre il motivo per cui s’è imbarcato nel film. Anche Dalia Nera e Mission Impossible, per dire. Per cui in qualche modo questi sono percepiti come, tra virgolette, gli ultimi “autori”. L’unico moderno (si fa per dire) che si muove davvero con questa ideologia è Tarantino, 15 anni fa magari speravo in gente tipo Mostow o Mangold (te lo ricordi Copland?) ma è tutto andato a puttane in brevissimi tempi. Ora non credo che questa gente possa essere sostituita da Cary Fukunaga, va ripensato un po’ tutto, o boh.
DVT: Ero arrivato a delle conclusioni simili e con ragionamento affine, mi ritrovo in questo ragionamento e soprattutto nella parte finale: anche io non credo ci sia una sostituzione decente in corso, non c’è (abbastanza) ricambio generazionale. Metti oggi Fuqua, cinquant’anni quindi manco un giovanissimo, ed è un nome che sembra chissà che, ed è bravo pure per carità, ma poi pensi a cosa facevano o avevano fatto alla sua età i vari registi della New (e della Old) Hollywood e fai la faccia Bitch Please per un minuto filato. Ma non penso che siamo diventati dei nostalgici, penso sia pacifico e onesto prenderne atto. Il Copland di Mangold è un film che rimane bello e invecchia benissimo, rivisto poco tempo fa.
Torniamo al Ponte: sui Calci non era abbastanza “da combattimento” per metterlo come recensione e nemmeno abbastanza come eccezione meritevole. Fatto sta che la scena dell’abbattimento dell’aereo si mette in tasca gran parte della roba d’azione che ho visto quest’anno. E la tensione di quel povero cristo di Hanks che si scontra con la passività-aggressiva del politburo tedesco è più forte delle pizze di Southpaw, per rimanere a Fuqua. Io in alcuni momenti ho ripensato a Gorky Park, che filmone.
WD: Non faccio una vera distinzione tra film poliziesco/spionaggio e film d’azione. Facendo un paradosso: se Il Braccio Violento della Legge uscisse oggi e tagliassero la scena dell’inseguimento, non sarebbe un film “nostro”, giusto? Per me no, non credo. Diciamo che di mio faccio distinzione tra “film in cui succedono cose” e film “in cui le cose non succedono”. Il Ponte delle Spie è un film in cui succedono cose. In più c’è il valore aggiunto del regista, cioè, uno può anche dire “fanculo i film non-action di Spielberg”, ma Spielberg è comunque quello di Lo Squalo, o insomma di Minority Report, è un regista a cui il cinema guarda ancora, o a cui dovrebbe guardare.
Comunque l’idea di “azione” cambia nel tempo, si storicizza. mi ricordo una volta, quando uscì Ronin, qualcuno di grosso lo stroncò dicendo che Frankenheimer si ostinava a fare un cinema vecchio e stanco e non riusciva ad allinearsi alle visioni hongkongiane delle scene di violenza girate come balletti, per dire un altro paradosso, no? Ecco, l’idea che la spy story action contemporanea sia la saga di Bourne (che a me piace tantissimo, sia chiaro) e non Il Ponte delle Spie è una convenzione di linguaggio che probabilmente è partita dall’idea di liberarci e che forse sta diventando una gabbia. Il pedinamento iniziale è roba da action di lusso, la scena dell’aereo è roba da action di lusso, la scena sul ponte è roba da action di lusso, e via di questo passo. Poi non volano cazzotti, vabbè, big deal. Semmai mi viene da chiedermi come mai, ultimamente, le scene più tese o esaltanti che ricordo non stanno in film tipo Mad Max o The Raid, ma sono magari guizzi di tensione o azione passiva dentro film/telefilm staticissimi, tipo il finale di Argo che per me è una roba magistrale. O che so, la sparatoria nella seconda stagione di True Detective che anzi fu criticata perché sembrava buttata lì a cazzo di cane. Questa, per dire, potrebbe essere una domanda interessante per il futuro: se convenga continuare a spingere su quel discorso di action teorico con dei girati ultra-complessi lunghi un’ora e spinti al limite del paradosso (Transformers 3, The Raid, Mad Max) e non piuttosto tornare a costruire la scena d’azione come momenti estemporanei in cui culmina tutta la tensione. Che ne dici?
DVT: Pensavo cose simili poco tempo fa mentre sotto le feste riguardavo alcuni film vecchi, qualcosa addirittura in bianco e nero. In particolare mentre riguardavo Il Treno, del 1964 con Lancaster e di Frankenheimer, appunto. È un film pieno di momenti di azione – più di The French Connection, che è pure posteriore, per rimanere sullo stesso regista – ma principalmente è un film pieno di filmica, di narrazione, di tensione. L’azione però puntella tutto, e tra le scene d’azione ci sono quelle che invece servono non a fluidificare ma a reggere il film, anche se per due minuti, come nella scena del locomotore che scappa dallo Spitfire e cerca di frenare nella galleria dove l’aereo non può entrare. Scena che tra l’altro è stata palesemente di ispirazione al nostro Spielberg per L’Ultima Crociata, per chiudere il cerchio.
Ora: non voglio passare come il trombone che tuona contro la modernità, perché non è vero ed è anzi provatamente falso se si leggono le mie recensioni. È che vedevo il film e pensavo a quanto fosse meglio nel 1964, cioè che un regista non fosse obbligato a fare una cosa narrativa o una cosa di movimento ma poteva scegliere e stabilire le dosi che voleva nel suo film.
Il risultato è che quei pochi memorabili film d’azione recenti li ricordi troppo non per il film in sé, ma per l’apparato tecnico. Sta diventando una cosa bulimica e credo si stia creando un tabù nel dirlo; per il discorso della “libertà che diventa gabbia” che facevi tu, sembra che dire che il tale film pur essendo girato bene nella parte action è un film stupido, vuoto, significhi accollarsi lo stigma della noia, la lettera scarlatta. Si cerca come disperati di scongiurare la figura del critico con la pipa in radica che lancia i suoi strali contro “le americanate” ma questo, nel discorso puramente sull’action, sta creando secondo me una falsa-bocca-buona pericolosa, crea un Rubicone superato il quale ci si lamenta che Rocky non ha i pugni coreografati bene o che I tre giorni del Condor è lento. Non deve mai accadere questo, io personalmente lo vedo come una missione del sito, fosse pure solo mia.
WD: Io ho una teoria sullo snobismo: non è quasi mai snobismo consapevole, è sempre più o meno una combinazione tra il passare del tempo e il rifiuto del passare del tempo. Però se ci si pensa bene, questionare gli automatismi dati dal passare del tempo è anche uno dei principali punti di partenza dei movimenti d’innovazione; in questo senso non mi sembra affatto che Il Ponte delle Spie sia un film vintage, anzi è un film molto propositivo, il modo in cui è tratteggiata la spia statunitense, la corsa in macchina per le strade di Berlino Est diroccata in CGI non potrebbero essere fatti in nessun’altra epoca. Tu immaginati solo pensare una cosa del genere nel 1976, e magari uno vuole sputtanarsi dei soldi e mette in piedi un teatro di posa per infilarci la scena; ma nel 1976 forse non sarebbero riusciti manco a giustificarla dentro la sceneggiatura. Tu Tom Hanks come lo consideri? Perchè a me è stato un botto sulle palle in passato e ora guardarmi i film con lui mi fa stare sempre benissimo. Sto bene anche a vedere Il Codice Da Vinci perchè comunque mi becco lui come protagonista.
DVT: Io non voglio fermare il tempo, però se oggi uno che non è un “grande vecchio” come Spielberg e col suo potere di acquisto proponesse un film su una storia “piccola ma grande”, con pochissimi selling point di action ma fatti bene come in Il Ponte delle Spie, gli direbbero di no, oppure di scegliere se fare una spy story “lenta” alla Tinker Tailor Soldier Spy o una adrenalinica alla Bourne. A Frankenheimer non lo dicevano e ti faceva The Train. Ed è una cosa che noi consideriamo anche action ma principalmente – semplicemente – un gran bel film. Non posso non augurarmi che questa situazione, “vecchia” solo perché la collego ad un film del 1964 ma sulla carta buona sempre e per tutti, non torni ad essere più diffusa e più diffusamente per tutti, senza lo stigma di dover fare il film indipendente con due lire per forza. Il Ponte delle Spie è un film di oggi, senza dubbio. Però ha un po’ quella mentalità di “sono un autore che prova a fare cose nuove” che dicevamo all’inizio e che è propria di una vecchia guardia, e la libertà di infilarti una scena che manco Mission Impossible come quella dell’aereo, in un film che più spesso è tutto fatto di uffici e scartoffie e che è propria di quell’idea di azione all’antica che ti dicevo. Moderno non vuol dire completamente avulso da qualsiasi cosa passata, ecco.
A me Hanks piace da Turner e il Casinaro figurati, lo ho sempre trovato tutto sommato un giustone nonostante abbia una faccia che prenderei a schiaffi costantemente. Poi boh, anche le sue scelte non attoriali spesso mi piacciono. Penso al produrre Band of Brothers, The Pacific e ora The Mighty Eighth oppure fare un film come That Thing You Do! che analizza quel mondo super di nicchia delle one hit wonder degli anni sessanta. Certo poi ti produce pure Mamma Mia! eh, però oh, ci conviviamo… Se guardi quanta roba finanzia, gira, coproduce, è una fabbrica a sé stante lui, chiaro che ci trovi pure della merda fotonica. Nel frattempo, mentre ci scriviamo è andato nominato agli Oscar, come lo vedi? Per me si becca un premio tecnico come spesso accade a Spielberg. Tipo per il sonoro. Per production design, che quello di Bridge of Spies è stellare, ha contro roba tipo The Martian o The Revenant che sono molto più accattivanti, dove si vede molto di più il lavoro fatto, ormai i critici della Academy troppo spesso danno i premi come i darebbe uno qualsiasi, con poco occhio per la tecnica vera. Altrimenti Deakins avrebbe vinto da anni come Fotografia.
WD: Non credo vincerà niente di fondamentale. Meriterebbe Mark Rylance, che comunque gareggia contro Stallone e quindi un po’ tocca fargli il tifo contro, un po’ non accontenterebbe nessuno e quindi è ragionevole supporre che rimarrà a bocca asciutta. Mi va bene, non c’è niente di scandaloso nel fatto che non vinca Oscar, anzi funziona soprattutto perchè è un film che sta cagato nel suo trip fuori moda…
DVT: Nel mentre ho visto The Revenant, che è tutto quello che odio del cinema oggi. Iñárritu spesso me lo incarna, umanamente e filmicamente. È una pomposa e pretenziosa sega al vento, che sacrifica un bel libro per raccontare male una storia che in comune con esso ha solo il canovaccio. Ha la fotografia degli spot BMW girati in Islanda o degli screensaver con le foreste del Mac e tutta una serie di cose tra temi e modo noioso\pretestuoso di affrontarli che è proprio quello che serve ad un certo pubblico per sentirsi migliore, per dire “ah il Cinema! Che esperienza VISUALE!”. The Revenant è un film per sentirsi degli spettatori con un gusto sofisticato per le immagini e che riescono a godersi anche un film “difficile”. In realtà è un film facilissimo, proprio regalato direi, e dietro questa cortina fumogena di regia muscolare, fotografia patinata e overacting c’è poca cosa. Esattamente l’opposto de Il Ponte delle Spie: così misurato, così classico – ma non vecchio – e così brillante. Quindi vincerà gli Oscar The Revenant ovvio, perché è esattamente quel tipo di filmazzo acchiappapremi che piace a gran parte della critica e pure del pubblico. Non che il premio abbia un valore in sé per me eh, però comporta potere d’acquisto ai registi e io Iñárritu voglio che abbia il potere di acquistare solo un revolver e puntarselo in faccia. Almeno Spielberg mi consola che non deve vincere per dimostrare un bel niente e i suoi film li farà comunque.
WD: Io personalmente non ho tutto questo odio per gli Iñárritu del caso perchè alla fine sono registi che hanno una visione, magari sbagliata, magari irritante, però boh almeno è una visione, una cosa su cui puoi lavorare, magari una cosa contro cui scagliarti, non so, un concetto registico preciso. Poi sì, non lo andrò a vedere, non è il mio, passo la mano – non ho nemmeno letto il libro. In giro c’è roba come Steve Jobs di Boyle che mi spaventa di più.
DVT: Vabbè dai ma allora è una cosa che a ragionare così finiamo a dirla pure di Ozpetek. Invece, mentre parlavamo, i mesi sono passati e leggo la notizia che Michael Mann presenterà una versione estesa e rimontata di Blackhat a New York nel corso di una retrospettiva a lui dedicata a Broadway. Voglio dire, che grande è? Blackhat è un film che hanno stroncato tutti, pubblico, critica, passanti, e lui decide di ribadirlo e rilanciare pure. Ecco questo è il modo migliore di chiudere questo post credo: con speranza, con coraggio, con i grandi ideali del cinema d’azione. Chiudiamo con Michael Mann.
WD: Blackhat per me è il film del 2015, che devo dire, spero che esca il DVD della versione estesa.
visto propio pochi giorni fa, sicuramente ben diretto e interpretato, e sti cazzi visti i nomi coinvolti, ma finisce lì, cioè nel 2016 cosa mi dovrebbe dire ancora un film sulla guerra fredda che tanti altri in precedenza non hanno fatto…? gli americani buoni ma paranoici? i russi cattivi ma allo stesso tempo leali? i tedeschi approfittatori e doppiogiochisti?
poi certo che se scorro su san imdb gli ultimi film di spielberg, un ben tornato a livelli decorosi comunque ci sta.
bel pezzo comunque, anzi bella conversazione, piacerebbe leggerle più spesso.
Bellissima conversazione che dà anche ottimi spunti, in particolare ho apprezzato quello sulla polarizzazione dello spettro nell’action contemporaneo, ma devo smorzare assolutamente l’entusiasmo per Il ponte delle spie. Spielberg sa come raccontare una storia e sa come farti coinvolgere da essa, su questo non c’è dubbio, e riesce a creare anche ottimi momenti di tensione. Diamo merito anche a Hanks e Rylance, perfetti per le rispettive parti. Detto questo però, la “classicità” di Spielberg, come l’ha chiamata giustamente Darth, scade in scelte fin troppo facili, banali, che se da una parte molti giustificano (o esaltano) confondendole per la “precisione” della classicità, dall’altra parte, per me, denotano tutto il contrario: una totale mancanza di quella raffinatezza che ci si aspetterebbe. Tre aspetti/scene che esemplificano il concetto: 1) la famigerata scena finale in treno con il parallelismo germania/america, per me è un gradissimo no, troppo facile. 2) La fotografia berlinese, veramente una roba tirata via e sbattuta in faccia allo spettatore. 3) La superficialità con la quale è trattato il processo russo contrapposta a quello americano.
Quoto Past,
per il resto come “spy story” troppo moscio.
Succede esattamente quello che ti aspetti, sempre.
Sarà che essendo tratto da una storia vera non potevano metterci troppe cazzate, però non c’è mai un minimo twist, un imprevisto, una sorpresa.
Buon film ,ben girato, forse se l’avessi visto 30 anni fa mi sarebbe piaciuto tantissimo.
quoto tutto.
Per me è un’omaggio sentito al buio oltre la siepe e comunque me lo sono goduto
La scena dell’abbattimento dell’U2 é proprio tanta roba. Tutto il film, per quanto lento, piglia bene.
minchia regaz, troppi paroloni
Bellissima conversazione, sono sostanzialmente d’accordo sull’action moderno che si sta troppo arrotando su se stesso e in cui si giustificano cose alle volte ingiustificabili solo per non apparire “radical chic”.
Il Ponte delle Spie l’ho visto anche io a Natale e lo definirei “solido” (forse Wim scriveva un tempo come di questa parola non venga quasi più usata per i film), che è una cosa che manca nei film di oggi, di cui ho apprezzato praticamente tutto.
Per i film citati, beh che dire: Il Treno è una roba senza tempo che fa impallidire tantissimi film anche odierni, Blackhat è un filmone e spero sia pluricandidato anche ai Sylvester (tralatro pensavo fosse la pietra tombale per Mann e invece sta girando il biopic su Enzo Ferrari con Bale nel ruolo di Enzo).
Hanks a me piace, praticamente qualsiasi cosa faccia. Le sue scelte produttive sono quasi meglio di quelle attoriali. Uno che ha prodotto: Band of Brothers, The Pacific e soprattutto From the Earth to the Moon non può che avere il mio plauso (praticamente produce le sue passioni da ragazzino, chi non lo vorrebbe fare?). Adesso poi mi dite che deve produrre The Mighty Eight (e si vociferava di una serie dedicata solo ai mercury 7 o al progetto Gemini) e porca miseria, massima stima.
Infine, si manca ricambio generazionale, ma non solo. Quanti dei nuovi registi vorrebbero essere o ispirarsi a film come Copland? Nel senso forse sono i riferimenti culturali che sono semplicemente diversi e magari ci sono dieci giovani che vorranno essere come Inarritu e solo uno che vorrà essere come Frankenheimer (fermo restando che la grande speranza per me rimane Denis Villeneuve).
E comunque per @darth, in quella scenda del Treno, la parte che preferisco è dopo che entrano in galleria, quando si fermano ed uno degli altri due macchinisti si lancia sulla manopola e lancia fa lanciare un fischio rabbioso al treno. La faccia incazzata è epica e per me è proprio lo sfogo della tensione costruita dopo quella scena.
Sticazzi il film. Era dalla conversazione su true detective che vi aspettavo al varco. Per me di conversazioni così ne andrebbero pubblicate almeno due al mese. Grazie.
Grazie di cuore ragazzi
Interessantissimo. Condivido tantissimo il discorso sul messaggio politico che anche a me non frega quasi mai nulla e che filtra e quasi sempre rovina la concezione e l’analisi di un film. E’ un problema anche a livello accademico nel senso che molti testi di critica spingono in questa direzione senza specificare che non sempre ha senso applicare il “filtro politico” ad un film. Discernimento che uno tipo Fofi non riuscirà mai a fare.
Come quella su TrueDetective, anche questa conversazione tra voi due è una bomba. Mi avete fatto ricordare Tinker Tailor Soldier Spy che è un Filmone con la F maiuscola
Gran bella conversazione, non ci speravo che si parlasse ancora di sto film. Come avevo già scritto sotto il trailer infatti anche per me Il ponte di spie è stata una perla e onestamente un po’ inaspettata, rispetto agli ultimi Spielberg.
Non sono d’accordo col primo commento, la forza del film è proprio trattare l’americanismo in modo abbastanza anticonvenzionale, cioè non come i soliti valori patriottici astratti e collettivi ma come la coscienza del singolo individuo: il personaggio di Tom Hanks è un vero eroe perché si oppone sia alle storture americane – vedi come viene trattato nella prima parte dai suoi stessi compatrioti – sia ovviamente a quelle sovietiche, allo scopo nobile di fare semplicemente il suo lavoro, niente di più e niente di meno.
Questo punto di partenza – tra l’altro è una storia vera – per quanto può sembrare banale l’ho trovato eccezionalmente fresco e antiretorico, con le piccole sbavature (tipo l’accostamento, evitabile, dei treni) che anche per me passano in secondissimo piano.
E’ un gran thriller e un gran film che consiglio a tutti, insomma. Spero si porti a casa l’Oscar per la sceneggiatura che lo merita di gran lunga rispetto agli altri.
Un bel videone sulle ipotesi converzionistiche di WT & DVT alla locanda 400:
https://vimeo.com/154727398
Il mio rammarico più grande in questo è non avere un pc per poter scrivere un pensiero articolato quanto vorrei. Io sono un altro di quei matti che ha ADORATO Blackhat proprio tantissimo, ho fatto mille incazzature con chi lo criticava. Mi manca il film di Spielberg ma mi avete messo una fotta gigantesca quando avete tirato in ballo quel paragone tra Il Ponte Delle Spie e un certo modo di fare cinema di un tempo, mi ha comprato definitivamente quando avete fatto il nome di quel titano di Frankenheimer, soprattutto visto che pochi giorni fa ho visto quel gioiello di Va e Uccidi diretto dal nostro che rivisto Il Treno mandato in onda di recente su Rai Movie se non erro. Per non parlare di Ronin, uno dei miei film del cuore che ai tempi nessuno volle recepire. Molto interessante anche il discorso di quando sia o meno cinema d’azione, anche se forse è più un discorso da fare interno a chi gestisce I Calci, non amo le etichette e faccio fatica a usarle senza sbagliare, mi viene più facile affidarmi ai miei gusti e al mio istinto, quindi sì fosse per me sui calci (dato che si è parlato se non sbaglio de “il treno” non vedo perché debba essere escluso il film di Spielberg (basandomi su quanto avete detto almeno) a meno che non sia per questioni di impossibilità fisica.
Questa frase di WD è da stampare ed appendere:
“Io personalmente non ho tutto questo odio per gli Iñárritu del caso perchè alla fine sono registi che hanno una visione, magari sbagliata, magari irritante, però boh almeno è una visione, una cosa su cui puoi lavorare, magari una cosa contro cui scagliarti, non so, un concetto registico preciso”
Non tanto per Insrritu che anzi non ho amato in cui che visto ma proprio per far capire alla gente che non ce nulla di peggio della mediocrità nell arte. Pochi giorni fa affronta i una discussione si Michael Bay con un paio di ritardati che lo sfruttavano a male del cinema così per puro sport. Che poi, manco a me fa impazzire Bay ma se mentre ne discutiamo non gli riconosci una sua precisa stilistica molto forte allora sei uno sbronzo.
Io sono uno di quelli invece che di Blackhat non ha superato la prima mezz’ora di seghe mentali su RAT (che poi sono i Remot Access Tools ma lo dicono dopo venti minuti così tanto per non far capire allo spettatore occasionale che pensa si parli di topi, classico esempio di sceneggiatura alla razzo), hackers, codice e boiate varie buone solo per chi ha una vaga idea di cosa sia l’hacking. Poi c’è uno che preme tasti da remoto e fa succedere cose (presumo sia uno dei cattivi) allora chiamano James Hunt galeotto e poi l’hacker cinese-(“so-più-sveglio-io”) tanto per fare l’ennesima marchetta alla Cina. Ciance, tante ciance, solo ciance.
Ecco, è stato sufficiente per rimettere su il BD di The Raid 2. E dire che ho adorato Collateral (anche se nel finale avrei fatto schiattare la Smith, ma Mann il coraggio se l’è mangiato da quel dì..).
“Remote” Access Tools :-P
Questo articolo, come quell’altro su TD, è una bomba. A me il film è piaciuto, forse però l’ho trovato troppo lungo nella parte finale, SPOILER quella dello scambio a tre tra USA, URSS e Germania Est /SPOILER. Ecco, io quella parte l’avrei accorciata. Ma fottesega, il film è bello lo stesso.
Comunque, parlando di eccezioni meritevoli e di film che riescono a costruire la tensione senza usare botte o sequenze action, voi l’avete visto La Grande Scommessa? Che ne pensate? Per me è un film che soddisfa quei requisiti.
anch’io l’ho proprio mega apprezzato. Anzi finita la proiezione avevo proprio quella sensazione di “ho visto un film fatto giusto, come non ne vedevo da mo’…”
c’è retorica, c’è cgi non troppo esaltante, ma è un FILM vero finalmente.
Spielberg purtroppo per voi non avrà mai l’impatto visivo e la capacità narrativa di Michael Mann
Ma guarda, per me nessun regista dai Lumiere in poi ha mai avuto e avrà mai l’impatto visivo e la capacità narrativa di Michael Mann, quindi per me ok.
abbraccini
sono sostanzialmente d’accordo con tutto quello che dicono Darth e Wim.
ma noto che è un andamento generalizzato e trasversale ai vari generi.
per dire, l’altra sera mi stavo riguardando la pantera rosa del 63 e mi sono reso conto che commedie di quel gusto non ce ne sono più.
c’è lo sbrago da una parte o la risata non “politically correct” e cattiva dall’altra.
sulla fantascienza basta fare un paragone tra interstellar e 2001.
il meglio che si può pretendere dalla “serie A” cinematografica è gravity, mentre perle della costruzione fantascientifica classica tipo “moon” restano relegate ai circuiti indipendenti, ai “circoli lumiere” del caso…
e secondo me l’academy ha una responsabilità pesante nell’assecondare un palato da redneck mondiale (quello secondo cui 2001 è un filme lento, un pesce di nome wanda non fa ridere e i tre giorni del condor è noioso, come mi capita di leggere di recente…). il che è certamente funzionale ad un tipico occhio pragmaticamente commerciale americano, ma il risultato a lungo termine è sconfortante.
ormai il “film da oscar” si nasa dalla scena d’apertura. anzi, sin dall’inizio del progetto.
vogliamo parlare de “la grande bellezza”?
quella è la manifestazione principe del “film da oscar”. bruttarello, senza idee, ma costruito in ogni angolo solo per vincere l’oscar.
il film gemello, “il divo”, che è 100, forse 1000 volte meglio e per me è uno dei migliori film italiani degli ultimi decenni, non avrebbe mai avuto il respiro sufficientemente ampio per vincere. e d’altra parte il provincialismo delle letture italiane azzoppano progetti simili sin dalla culla.
anche la mia dunque è una doglianza alla “ai miei tempi signora mia”?
un po’, forse. perchè in sincerità comincio a stufarmi del BUM BUM SPARA SPARA nei film d’azione, dello SCORREGGIA RUTTA CACCA PUPÙ delle commedie, dello ZOMBIE VAMPIRO AMMMORE LUNGO LUNGO dei finti horror e via così.
ma per fortuna ogni tanto un “sicario” o un “seven psychopaths” mi fa sperare bene…
Che roba noiosa, visto oggi in ritardo. Compitino americano eseguito perfettamente ma zero tensione, zero suspance, mi ha messo più in ansia l’ultimo Bond! Piatto. Roba da prendersi un raffreddore.
vabbè, l’unica ansia che produce l’ultimo Bond è quella di leggere al più presto i titoli di coda.
Quando voglio essere sicuro (ma sicuro al 100%, eh ?) di leggere delle stronzate sul cinema mi cerco un pezzo di Dart Von trier, uno che non delude mai. Ma anche quell’altro qua che sostiene la superiorità di Mann rispetto alla totalità del cinema non è male, dai.
Grande Wim, concordo sulla sparatoria della 2a stagione di True Detective, peraltro decisamente più moscia della precedente.
Tom Hanks ha anche coprodotto https://it.wikipedia.org/wiki/Dalla_Terra_alla_Luna_(miniserie_televisiva)
che mi sembra possa essere apparentato al Ponte come concetto di calciabilità.
Tu cerchi un cinema che oggi fa solo Micheal Mann e faceva Brian De Palma, basta vedere il capolavoro che è Heat dove cresce un bellissimo noir poliziesco e finisce con la sparatoria finale, che strizza un occhio anche al pubblico di bocca buona, oppure Carlito’s way di De Palma un vero triller noir.
Ogni tanto mi rileggo questo post e spero ce ne siano sempre nuovi al riguardo.
Tralaltro nella categoria degli action che include il Ponte Delle Spie ci metto tutta la vita Sully che, guarda caso, è di uno dei “grossi nomi” che citate nel post (Eastwood) e che, guarda caso, ha Hanks come protagonista (anzi proprio l’Hanks con il baffetto che c’è nella foto del post, scattata al tempo del film).
E ha una serie di scene di tensione costruite in maniera “statica” (una su tutte il finale). Lo definirei un action di EXTRA LUSSO.