IL PEZZO DI CRANIO DI STANLIO
Che roba difficile parlare di Lords of Chaos.
Il black metal, inteso come scena, la prima scena, secondo i più hardcore l’unica scena, tutte le altre non sono morte, non sono mai vissute, è la risposta “sì” alla domanda “erano un branco di ragazzini sempre alterati che volevano sfasciare tutto in nome di nulla o un vero culto che con la propria musica è riuscito a scavare là dove nessun altro era mai arrivato né arriverà mai più?”. Pur essendo stato un fenomeno culturale che coinvolse direttamente forse qualche migliaio di persone in giro per il mondo e poco più, gli anni della scena black metal di Oslo che girava intorno al negozio di dischi di Øystein Aarseth sono riusciti a scavarsi un solco nell’immaginario collettivo uscendo dal proprio recinto e influenzando a botte di dischi inascoltabili e violentissimi, omicidi e chiese bruciate intere generazioni di musicisti (e non solo, Burzum è un meme anche presso chi non ne ha mai ascoltato mezza nota). Come Ted Bundy e Charles Manson ci hanno insegnato, non è necessario essere delle brave persone per diventare leggende, mentre ammazzare gente e dare fuoco a monumenti secolari è un’ottima scorciatoia. Come si fa a parlarne – come fa uno che ha vissuto in prima persona ma in un’altra nazione la nascita del black metal e che poi è finito a fare i video per Madonna a parlarne – senza denunciarli né celebrarli ma limitandosi a mettere in fila alcuni fatti metà dei quali sono contestati ancora oggi dagli stessi protagonisti?
Il punto centrale del discorso sul black metal, come genere, come attitudine, come scena, come stile di vita, come tutto, è anche quello che sta alla base del conflitto che anima Lords of Chaos, e che lo trasforma da “semi-documentario su alcuni anni di follia” a “thriller a tinte horror che galleggia tra tentazioni arty e approccio videoclipparo e caciarone”. È contemporaneamente l’idea migliore che Jonas Åkerlund potesse avere nell’affrontare la materia e il più grande tradimento che potesse compiere nei confronti del Vero Spirito del Black Metal, o anche: Euronymous, il vero protagonista di Lords of Chaos (quanto è divertente che il narratore di un film sulla storia del black metal non sia uno dei sopravvissuti ma il suo morto più famoso?), avrebbe apprezzato l’angolo da cui l’uomo che per primo ha filmato la doom dance ha approcciato la vicenda; Varg Vikernes, o Louis Cachet come si chiama oggi, l’avrebbe odiato, l’ha odiato, come dimostra la RECENSIONE A PUNTATE che ha pubblicato sul suo canale YouTube.
Åkerlund lo ammette, candidamente e un po’ da paraculo, nei primi secondi del film: la storia che sto per raccontarvi, dice, è un mix di bugie, verità, leggende metropolitane e momenti in cui urlare tutti in coro “il re è nudo”. Lo fa per un motivo, e quel motivo non è “li odio ancora oggi quegli stronzi” (tra i primi sospetti per l’omicidio di Euronymous comparvero alcuni nomi di rappresentanti della scena metal svedese) ma “questa storia vale la pena di essere raccontata anche a coloro ai quali non piace/non frega nulla di questa musica”. La causa di tutto, il motore dietro a una serie di fatti di cronaca nera che sembrano scritti apposta e invece sono accaduti davvero, è la gente, non la musica che ascolta; ad Åkerlund interessa la grande tragicommedia umana, e lo scontro ideologico tra chi vuole farsi sentire da tutti e chi insegue la purezza di una forma d’arte che è nata elitaria e tale deve morire.
Il che significa che Lords of Chaos è un ottimo thriller anni Novanta, teso e violento e con qualche incursione nel cinema-videoclip inventato da Sly, che trasforma in spettacolone le torbide vicende di un branco di ragazzini non poveri, non disagiati, non in difficoltà, semplicemente annoiati e che avevano trovato nella musica e nell’autodistruzione una valvola di sfogo per il loro nichilismo. È il punk senza la politica, che però coinvolge anche omicidi di innocenti, famiglie distrutte, litrate di sangue ed esplosioni, è un biopic sui cattivi di un horror ma talmente cattivi che letteralmente inseguono con il fucile in spalla i gattini per la foresta, cafonissimo e insensibile come d’altra parte i suoi stessi protagonisti, è un cortocircuito dopo l’altro, che farà incazzare tutti i Burzum del mondo e farà divertire da matti tutti gli Euronymous del mondo. È un film riuscito a metà ma un’operazione nel suo complesso assurda e interessantissima, che ancora adesso non capisco se sia giusto celebrare o seppellire di insulti. Intanto, finalmente, sigla!
https://www.youtube.com/watch?v=zAi8fRWgCuE
Dove sono Messiah e Maniac, i primi due cantanti dei Mayhem? Chi è Ann-Marit, la misteriosa e soprattutto mai esistita fidanzata di Euronymous che Åkerlund trasmuta alchemicamente da essere umano a plot device nonché veicolo per farci vedere che Sky Ferreira è molto bella? Burzum era un poser che ascoltava gli Scorpions e scopava qualsiasi cosa si muovesse prima di vedere la luce di Satana e diventare il naziodinista che è ancora oggi? Più che cronaca, Lords of Chaos è una selezione di aneddoti sull’Inner Circle di Oslo, messi in fila in ordine vagamente cronologico e utili a fare da cornice al conflitto che sta al cuore del film, quello tra il fratello di Macaulay Culkin e Kristian Vikernes detto Varg – o messa altrimenti, tra il buono e il cattivo, perché Lords of Chaos non ha nessuna vergogna a emettere giudizi morali (forse non difficilissimi, in effetti, considerando che uno ha ucciso l’altro) e a fungere da elegia di Euronymous, ritratto come un ragazzo timido e vittima degli eventi, a cui piaceva alzare la voce e fare grandi proclami per farsi notare ma che non avrebbe mai fatto del male a una mosca.
Come tutto in questo film, è possibile che la realtà fosse più sfumata di così, per quanto ne sappiamo è pure possibile che Vikernes abbia sempre detto la verità quando sostiene di avere agito per autodifesa dopo essere stato aggredito da Aarseth, uno è morto e l’altro è un cazzaro quindi non lo sapremo mai, e la giustizia ha già detto la sua e pure fatto il suo corso. Il punto è che drammaturgicamente la caratterizzazione così binaria funziona, mette in chiaro fin da subito che Kristian, o meglio Varg, è il villain del film e permette di imbastire una sorta di fincherata del discount che ci porta per mano fino al cuore della follia di Burzum, Greifi Grishnack, il Conte, l’uomo che ha bruciato chiese e ammazzato il suo amico e composto roba assolutamente aliena e alienante e impresentabile e perfetta e sublime tipo questa
Siamo a tanto così dalla memeficazione ufficiale e definitiva del personaggio (all’uomo che ama considerarsi un nazista più puro dei veri nazisti non è sfuggita l’ironia di farlo interpretare da un attore ebreo, e non l’ha presa benissimo), offerto in sacrificio sull’altare della spettacolarità e del bel cinema. Una scelta di pessimo gusto, e quindi perfetta per un genere nato per far schifo a più gente possibile; un’operazione disgustosa, che lucra sul dolore e sul disagio di un gruppo di adolescenti depressi (sospetto anche clinicamente, se qualcuno al tempo si fosse preso la briga di controllare, ma è una considerazione oziosa e che non dovrei permettermi di fare) e sui corpi di persone morte troppo presto e per motivi futili – ci si poteva aspettare di meno da un film il cui protagonista mise la foto del cadavere del suo amico morto suicida sulla copertina di un bootleg, quindi peraltro della registrazione di un concerto, e i concerti sono roba da poser?
Come ho detto, la matassa è dura da districare, quantomeno per chi ama il genere e ci ha investito tempo denaro ed emozioni (wow). Si può approcciare Lords of Chaos dall’angolo più rock and roll dell’equazione, come la storia di un branco di debosciati che in ultima analisi voleva solo fare casino, divertirsi, sfasciare tutto e scopare il più possibile, e che aveva mascherato questo desiderio di eccesso dietro due chili di cerone e qualche croce rovesciata, oppure si può assistere impotenti alla commercializzazione e sputtanamento artistico di un genere che voleva sinceramente celebrare il male e distruggere la società e che è finito con il diventare un baraccone alla Kiss. Si può in sostanza scegliere di essere Euronymous o Burzum. Oppure di fregarsene di queste menate e di fare lo spettatore, intrattenuto, divertito, disgustato, shockato da questo circo satanico che Åkerlund perverte e sfotte e glorifica e racconta come pare a lui, pisciando sul cadavere dell’integrità artistica di un’intera scena con un fiotto giallastro di Sigur Rós, bulleggiando Burzum, dimenticandosi presto della musica, infilando alcune sequenze strepitose alternandole a momenti di imbarazzo purissimo, facendo insomma un gran cazzo di casino.
È solo rock and roll? Ciascuno dia la sua risposta e capirà se Lords of Chaos gli piacerà o meno.
IL PEZZO DI CRANIO DI GEORGE
La scoperta del black metal è stata per me una fase molto importante nella maturazione del mio gusto musicale, ma non solo. Mi è servita principalmente a uno scopo: capire che non tutto ciò che è bello è necessariamente “bello”. Mi spiego meglio.
Sono arrivato abbastanza tardi ad apprezzare le cose “estreme”. Da piccolo gli horror mi facevano molta paura. Non sono stato cresciuto in una casa severa, i miei mi lasciavano tranquillamente davanti alla TV e operavano solo un controllo intelligente, quando ritenevano che certi contenuti non fossero adatti alla mia età. Ma per il resto, a patto di essere presenti per spiegarmi certe cose, si fidavano della mia capacità critica. Forse proprio questo mi ha fregato, in un certo senso: avevo compagni di classe a cui era invece proibito molto di più e che, per questo, stavano alzati fino a tardi per vedere gli horror di nascosto.
A un certo punto ci sono arrivato da solo ed è stata una folgorazione: scoprii che il cinema horror era stimolante quanto e forse più di tanto altro cinema blasonato, ma se siete qui vuol dire che non devo stare a spiegarvelo. Era un primo passo verso una diversa comprensione del “bello”: non necessariamente qualcosa di ripulito e ben confezionato, ma un prodotto che dica cose originali, interessanti, “diverse”, in linea magari con uno stile dirompente, nuovo. Punk. Anche crudo, se necessario. Voi magari ci siete arrivati ascoltando i Minor Threat, io registrando Zombi in seconda serata su Italia 1. Ma va bene uguale.
Il black metal, per me, è stato l’equivalente di quella scoperta in campo musicale. Un genere grezzo, ruvido, violento, a volte primitivo e chiassoso, a volte inaspettatamente lirico, ma sempre senza compromessi. Qualcosa che non ti veniva mai incontro, che non cercava di piacerti. Qualcosa a cui tudovevi andare incontro, che tu dovevi capire e apprezzare. A lui non gliene fregava un cazzo di te.
Per questo era vera avanguardia, dissonante e minacciosa, spaventosa perfino. Diabolus in musica. E chi la faceva era tendenzialmente un cazzaro con del genio, una masnada di adolescenti e post-adolescenti annoiati e incazzati, che volevano scopare e bersi una birra, non necessariamente in quest’ordine. Alcuni sono arrivati a fare delle brutte cose, ma sempre e invariabilmente perché erano dei cazzari con qualcosa da provare, in un paese talmente perfettino da essere terribilmente noioso.
E questo è forse l’aspetto che Lords of Chaos ha colto meglio. Il film di Jonas Akerlund, uno che, avendo militato nei Bathory, una o due robe della scena le sa di prima mano, si muove tra crudezza e parodia, tra orrore e umorismo. Nessuno si salva davanti al suo obbiettivo, né Euronymous, né tantomeno Varg (l’idea di farlo interpretare da Emory Cohen, uno con la faccia da vero tonto, è sulle prime spiazzante, ma alla fine funziona). Tutti ci fanno clamorosamente la figura dei cretini che avrebbero fatto meglio a incidere dischi, piuttosto che farsi portavoce di una crociata ridicola fatta di slogan altisonanti, dai quali trapelava tutta la loro inadeguatezza. Erano pur sempre, anzi in alcuni casi sono, dei ragazzotti di provincia che si atteggiavano a grandi filosofi de stocazzo.
In generale non amo i biopic, e quest’anno ci hanno per altro regalato lo stronzo fumante davanti alla porta di casa dei biopic. È un genere che prende storie vere e tenta di piegarle secondo la struttura a tre atti della finzione. Raramente l’operazione riesce bene, e succede quando un regista se ne fotte di raccontarti la rava e la fava della vita di Tizio e preferisce prendersi delle libertà per DIRE QUALCOSA che vada oltre i semplici fatti. Essendo Lords of Chaos già di per sé basato su un libro che le sue libertà se le prendeva, eccome se se le prendeva, il problema è risolto a monte. Jonas Åkerlund, in sostanza, sceglie di raccontare il Mito, non la storia. E tra la storia e il mito, lo diceva anche Sergio Leone, è sempre meglio il mito.
Lords of Chaos, così, funziona principalmente perché è sincero. Si vede che è fatto da uno che quella musica la apprezza, e che quindi non intende puntare il dito e giudicare. Allo stesso tempo è fatto da uno che, essendoci passato, capisce benissimo quell’impalpabile cocktail di passione e idiozia, onestà e puttanate che era alla base di personaggi come Euronymous e compagnia. Soprattutto è fatto da uno che, cazzo, si vuole divertire, vuole esagerare. Vuole metterci quanta più violenza, dettagli raccapriccianti e voyeuristici (il suicidio di Dead è tanto straziante quanto morbosamente esilarante) possibili. Potete dire quello che volete, ma non che Lords of Chaos non si meriti di stare qua come “eccezione meritevole”.
Non tutto è oro, però. Spiace ad esempio che, in un film su una scena musicale, la musica sia relegata sullo sfondo. E la musica in questo caso è molto importante, perché è quella che ti fa passare sopra al fatto che molti di questi tizi sono delle vere merde. Gente che inneggia a ideologie fasciste, razziste, suprematiste. Varg Vikernes è un coglione, lo prova il fatto che adesso si chiama Louis Cachet (true story, grazie Stanlio). È il vostro compagno di classe che cambiava gusti e interessi ogni due mesi. Eppure ha registrato delle cose innegabilmente pazzesche, tutte da solo come Paul McCartney. La passione per la musica DIY ha dato linfa alla scena black metal e l’ha elevata oltre una cerchia di teenager e verso il successo planetario, proprio come per il punk. E dunque il fatto che nel film uno come Faust passi solo come “quello che ha ammazzato un omosessuale in un parco” e non si menzioni mai che fosse il batterista di una delle band più importanti che la musica estrema abbia mai conosciuto, né tantomeno il nome di quella band, è un bel cazzo di problema.
Also, va bene ridere dei tuoi protagonisti, ma se cominci a inserire una gag di humour nero dopo ogni scena raccapricciante, la smetti molto in fretta di essere spiazzante e finisce che sembri solo un adolescente che vuole dimostrarti a tutti i costi di essere cioè un vero ribelle.
Detto questo, sin da quando lessi per la prima volta La legione nera, manco Lords of Chaos!, la scena della morte di Euronymous me la sono sempre immaginata ESATTAMENTE come la si vede qui. Per cui alla fine grazie Jonas, poteva andare molto peggio. Poteva dirigerlo Bryan Singer.
https://www.youtube.com/watch?v=7iqxzURgQWg
DVD quote:
«Lay down your souls to the gods rock ‘n’ roll»
(Bray/Dunn/Lant, www.i400calci.com)
Ok! Me la leggo con calma dopo aver sacrificato una vergine alla gita di Pasquetta!
Fun fuct (ho avuto la fortuna di vedere il film ad una proiezione con regista che parlava dopo). La scena finale è stata ammoribidita dal regista volutamente perché, nella realtà, troppo cruda. Nel film tutto sembra durare già tantissimo andando avanti per due rampe di scale, nella realtà le rampe erano 4. Il Jonas poi ha detto che l’helvete lo frequentava, ci comprava i dischi e conosceva diversi soggetto. Il che da una spinta in più verso “probabilmente un film così poteva farlo solo lui”. Per il resto concoreo, bel film che non riesce ad essere un capolavoro ma di sicuro una roba che mi ha divertito un sacco. W satana.
Ragazzi, avete scritto le cose più belle che io abbia mai letto finora su questo film. Davvero complimenti. Vi ringrazio anche per avere espresso testuali diversi miei pensieri – ad es. la tristezza dei biopic hollywoodiani.
Sull’assenza della musica in questo film che parla di musica ho due commenti da fare.
Il primo sono le parole del regista, che ha ammesso che il black metal, essendo molto ostico, avrebbe reso il film un po’ più inaccessibile. Detta in altre parole, chi conosce il black metal avrebbe apprezzato, gli altri non ne avrebbero capito il valore e il film non avrebbe funzionato.
La seconda è una mia supposizione: c’erano di mezzo problemi di diritti e royalties? Il fatto che non vengano nominate certe band (Emperor su tutti) può dipendere da banali fattori di negoziazione in fase produttiva?
Non penso costassero più dei Sigur Ros.
Hm, giusta osservazione…
Le band non hanno dato il permesso di usare musica e nomi
Diverse band non hanno dato il permesso, compresi i Mayhem stessi, anche se da quel che ho capito in un secondo momento hanno dato l’ok.
Quando l’autore ha scritto “Diabolus in musica” mi è partita in testa Bitter Peace degli Slayer. Comunque il Black lo ascolto poco, anche se il primo dei Mayhem è molto valido. Ben strutturate le recensioni. Guarderò il film. Nuove leve a Val Verde?
Le band non hanno dato l’assenso perché il film è pieno di bugie e fa schifo.
Fino a quest’anno conoscevo solo l’aspetto musicale. Le storie dietro sono pazzesche e non credevo fosse così tosta davvero. Il film vorrei vederlo, malgrado l’assenza della musica.
Ragazzini annoiati che volevano solo divertirsi, bere birra e scopare?!? Quando Dead nel Live in Leipzig dice: “when it’s cold and when it’s dark the freezing moon can obsess you” ti si gela la schiena. Il black metal ersprime un disagio profondo che quei rozzi americani di Hollywood non riusciranno mai a capire, tantè che gli americani non sanno fare black metal secondo me, il cascadian è manieristico e pretenzioso. Non ho visto il film ma da quanto ho capito hanno preso un fenomeno complesso come la scena black norvegese e l’hanno riletta nella solita maniera del “tutti vogliono diventare belli, famosi, divertirsi, avere successo, scopare un casino, entrare nella squadra di football della scuola, ecc…”. Euronymous con la fidanzata che lo redime?? Quello ha presi i pezzi di cranio di Dead e li ha dati in giro a quelli che riteneva “degni”. Dubito fosse una persona migliore del caro Varg. Di sicuro non ce ne è uno normale, basta guardare il documentario Untill the Light Takes Us con quel soggetto di Fenriz per rendersene conto.
Secondo me a occhio ti potrebbe essere utile 1) guardarlo prima di giudicare e 2) magari anche solo leggere il pezzo, in cui scopri fra le tante cose che il regista non è un “americano di Hollywood” ma un norvegese che frequentava la scena e conosceva di persona i tizi di cui parla.
L’ho letto il pezzo e so che il regista è svedese e che ha suonato nella prima demo dei Bathory, che però sono una decina d’anni antecedenti alla scena norvegese, che si è ispirata ai Bathory, vero, ma poi ha preso una direzione tutta sua. E non conosceva i tizi di cui parla, di questo sono certo.
Li conosceva eccome. Frequentava l’Helvete ed era in quel giro. Dai su, non fare il fanboy e approfondisci prima di dire cose . Anche solo per poterne eventualmente parlar male con cognizione, eh.
O forse conosceva solo Dead perché aveva fatto la comparsa nel video Bewitched dei Candlemass, che è il primo video diretto da Akerlund.
Non è questione di fare il fanboy, ma non capisco perché fare un film sul black metal. Le vicende della scena sono talmente grottesche e assurde e le motivazioni che spingevano le persone coinvolte talmente strane e senza senso che lascerebbero qualsiasi spettatore medio deluso di fronte all’insensatezza del tutto. Quindi hanno dovuto inventare dettagli ad arte per normalizzare il tutto. Però che senso ha? Perché cercare di normalizzare qualcosa che di normale non aveva nulla? Si perde l’essenza della questione secondo me.
Provo a rispondere a tutto.
Paradossalmente il dettaglio (vero o falso non lo so, libro e film lo mettono in dubbio ma chissà) di Euronymous che raccoglie i pezzetti di cranio di Dead e li distribuisce in giro è quello che mi sconvolge di meno della faccenda – cioè siamo comunque in zona GG Allin, roba più o meno già vista, e soprattutto posso immaginare che se sei un adolescente perennemente fatto e sbronzo e con un buco nell’anima grosso così e ti ritrovi di fronte allo shock del tuo amico che si è appena fatto saltare la testa non sia facilissimo reagire con equilibrio, e magari sul momento gli è sembrata una cosa fighissima e un omaggio all’amico e boh che ne so, era comunque gente che stava male. E mica lo nego eh, lo stare male e il disagio, mi sembra di averlo ripetuto più volte nel pezzo – ma il confine tra lo stare malissimo per cause endogene (nessuno di loro era povero o viveva in situazioni estreme, erano tutti medioborghesi mediobenestanti) e l’essere “ragazzini annoiati che vogliono solo spaccare tutto” è labile e difficile da giudicare a vent’anni di distanza.
Sul senso dell’operazione, sul quale per molti versi mi interrogo anch’io e mi pare di averlo scritto, Akerlund girava intorno alla scena e si è basato su un libro che per quanto parziale ha comunque dietro una bella base di ricerca. Dopodiché è chiaro, e credo che lo sappiano benissimo tutti i coinvolti, che è impossibile scrivere una cronistoria fedele e oggettiva di quegli anni, e l’unico modo per parlarne è trasformarli in leggenda, e la leggenda è fatta anche di dettagli più o meno insignificanti che vengono aggiunti, tolti o modificati in nome della buona narrazione. È un’operazione scorretta? Tantissimo e chi dice che in un certo senso si sta lucrando su dei poveracci con tantissimi problemi che sono morti o comunque hanno fatto una finaccia trasformandoli in antieroi maledetti ha probabilmente ragione. E infatti Akerlund decide di abbracciare questo approccio fuggendo dal documentario e rifugiandosi nel film vero e proprio, e visto sotto questa lente LoC funziona meglio che se si fosse limitato a raccontare i fatti nudi e crudi.
Quindi di nuovo, a chi piace lo spettacolo piacerà, a chi vuole la Verità farà ribrezzo. #teameuronymous vs #teamburzum, lo dice il film stesso.
Però a parte la ricerca della verità, che sinceramente non mi interessa molto, mi chiedo se il film pone la questione del perché il black metal sia nato proprio lì. Io me lo sono chiesto spesso. In fondo in Florida e in Svezia si suonava death metal, ragazzini che formavano band e facevano casino. Però i Mayhem in Norvegia hanno fatto qualcos’altro, hanno tirato fuori un tale disagio che veramente, come hai detto anche tu, non è giustificabile per dei ragazzi medi benestanti. I Darkthrone all’inizio suonavano death metal, dopo aver conosciuto Euronymous hanno cambiato stile codificando di fatto il true norwegian black metal, si è creato quell’elitarismo, quello schifare tutti gli altri, quell’esaltazione morbosa. Ed è successo solo in Norvegia e non so se il fil se lo chiede. Se non lo fa mi sembra un’occasione sprecata.
@Elfo: “Mi chiedo se il film pone la questione del perché il black metal sia nato proprio lì”.
Provo a rispondere sulla questione come ho già scritto in alcuni blog metallari che si ponevano lo stesso tuo dubbio. Per me la risposta che ha dato il film è quella corretta, e cioè: chissenefotte del “primato del black metal norvegese”. Il black metal è ciò intorno a cui sono avvenuti i fatti folli (e tragicomici, come ci ricorda la doppia rece), ma a essere più interessante sono i fatti in questione, non la musica. E per un semplice motivo: la musica black metal è un fenomeno di nicchia all’interno di una nicchia. Per quanto sia stata epocale la rivoluzione di Burzum e soci, è una cosa che interessa a pochi ma veramente pochi. Facciamocene una ragione noi metallari. Per il 99% del mondo questa roba è solo rumore. Se nel film avessero suonato cover dei Kiss, per il 99% del mondo sarebbe stata la stessa cosa. Il 99% del mondo crede che i Mayhem e Marilyn Manson siano la stessa cosa, e un documentario sulla musica metal non sarebbe bastato a fare cambiare idea a uno che il black metal non l’hai mai sentito. La storia di uno che prende il cranio del suo amico e ne fa collanine invece no, funziona meglio. Poi io capisco e più o meno condivido la tua associazione fra contesto esistenziale e black metal, ma è una questione sottile che non può arrivare a chi è fuori dal giro.
Che però se la mettete così sembra davvero che abbiano fatto Bohemian Rhapsody, e invece lo sguardo sarà pure disincantato (cosa non facilissima da mandare giù per un fan) ma non è affatto morbido, sulla morte di Dead nella sala dov’ero io uno è uscito.
Sarebbe già qualcosa vederlo il film visto che dirne male a priori altrimenti la discussione va avanti solo a “fidati”. Questa storia comunque è una leggenda di suo. Si è detto tutto e il contrario di tutto e quelli coinvolti hanno cambiato versione della storia mille volte. Il disclaimer iniziale che parla di verità e bugie penso si riferisca a quello. La storia che conosciamo, al di fuori del film, è già fatta di per se di cose vere e di fantasia più totale, con un passaparola che ha creato miti e leggende. Per un “Burzum racconta” c’è una controparte che dice il contrario. Il film è un film, non un documentario (ne esistono di buoni, basta guardare quelli). Se si è scettici a priori pensando che “certe cose sono intoccabili” non ha senso lamentarsi di qualcosa che risulterebbe brutta pure se fosse un capolavoro. Se non ti interessa non guardarlo, non succede nulla a non farlo.
Elfo Cattivone
GRAZIE
Nel nome dell’unico Dio degno di essere adorato (scusa sono sbronzo da fare schifo) GRAZIE
Il black metal (lo dice qualunque psichiatra che l’abbia studiato) è una reazione artistica ad un’ipersensibilità umana che vuole confutare orrori come la mortalità, il dubbio, la ricerca di un senso in un mondo che sembra ridere di te mentre ci provi.
Certamente è la più alta forma d’arte mai creata, perché l’Arte per definizione è l’esternazione dell’inconscio umano e il più alto desiderio dell’inconscio umano è capire l’Orrore, che viene da Os, Oris, che vuol dire tanto Bocca (o Fica, rifletteteci) quanto “baratro”
La gente vuole capire come contestualizzare la sua sensibilità (chi ha difeso la propria e non si è normalizzato crescendo) verso un mondo che sembra alieno e mostruoso.
Io consiglio di ascoltarsi la discografia dei Cripple bastards, e leggere i testi, nonostante siano punk/grindcore c’è molta sintonia spirituale col black
Il black è per pochi solo perché la feccia umana preferisce dimenticarsi di avere certi dubbi, preferisce il nuovo iPhone a millemila euro che però lo prendo a millemila euro meno uno perché cambio operatore.
Dio, quanto vorrei che morissero tutti e domani ci trovassimo in un modo alla Mad Max
I tuoi commenti fanno capire che la cosa ti sta a cuore. Grazie. Mi occorrevi, mentre leggevo queste righe. Non che gli altri commentatori abbiano detto cose sciocche. Sono tutti punti di vista affascinanti e i commenti sono ottimamente articolati.
Ma solo chi ha il coraggio di spingersi troppo oltre scoprirà quanto oltre ci si può spingere.
Bradlice Cooper: bravo a cerca di gettare un ponte tra chi è del giro e chi no. Io di black ci vivo, non passa giorno senza che ne ascolti almeno un’ora o due, e non parlo delle vecchie glorie, io dico qualunque roba sperimentale, e più fa sul serio e meglio è.
Cazzo sentitevi i Craft con White Noise and Black Metal, l’altro giorno la mia ragazza ha trovato ad un mercatino Of Entropy and Life Denial dei Merrimack, megascopata mentre si cucinava che tra un po’ bruciava la pizza.
La gente che non è del giro non capisce perché non vuole capire. Hanno troppa paura di ammettere che il black racconta cose comuni a tutti ed imbarazzanti per tutti, tanto quanto lo è la morte, o il dolore.
Chiunque è sensibile soffre. E chi non è sensibile non vale nulla. Siamo otto miliardi su un pianeta che ne regge due. 3 persone su 4 dovrebbero morire, per il bene dell’umanità.
Gloria al solo e vero Dio. Gloria a chi ha il coraggio di ascoltare le proprie paure e le proprie crisi. E al diavolo tutto il resto.
Le band non hanno dato il permesso di usare musica e nomi
Dopo aver letto il vostro pezzo mi sono deciso a guardare il film. Due considerazioni:
1) A me ha lasciato una fortissima sensazione di remake di SLC Punk/Fuori di Cresta con i metallari al posto dei punkabbestia.
2) Per essere un regista svedese, l’atmosfera nordica l’ha resa abbastanza male (c’è sempre il sole dai, e poi non puoi girare le scene ambientate a Oslo a Budapest, non trasmette quel male di vivere da architettura funzionalista anni 80 che si pappa tutta la tua serotonina in un sol boccone non appena il cielo è nuvoloso).
C’è chi definisce la scena norvegese dei primi anni 90, la “prima scena black” dimenticando che il black metal era già nato da un decennio buono (come definire altrimenti gruppo come i primi Bathory, i Blasphemy, i Necrodeath o i Sarcofago?). Il black norvegese è stato una rivoluzione copernicana, capace di caratterizzare un genere che, però, esisteva già.
Finito il pistolotto da metallaro pedante, dico ‘sti gran cazzi della verosimiglianza storica! “Lords of Chaos” è un film estremamente divertente e la scelta di far interpretare Varg da un attore ebreo è una trollata geniale.
Vero, i Sarcofago sono i primi. Ma i loro immediati successori sono ITALIANI
Mortuary Drape (dio c**e ascoltatevi l’intro di All The Witches Dance, è una registrazione semi-abusiva di un vero rito) di Torino, Bulldozer di Lucca e Livorno (cazzo dei blackster livornesi, apoteosi), e nessuno dimentichi che Fenriz dei Darkthrone ha vissuto per un bel po’ a Napoli essendo mezzo italiano e mezzo norvegese, è andato a vivere là perché la cittadinanza gli dava dei mega sconti sull’università
Ma i Sarcofago sono e restano spettacolari. La prova che il black viene dal punk
Tutto molto bello.
Ma ora pretendo un intero film tratto da questo filmato:
https://www.youtube.com/watch?v=kDqQCjkuxuo
sono già tutta bagnata all’idea.
Lui, infatti, è dovuto scendere in Francia (e prendersi un nome francese) per trovare una che se lo pigliasse in casa.
– [mette l’ovatta in bocca, infila la testa in un pentolone, fa l’accento francese] Pronto…
– Burzum è lei?
– [riattacca]
Ma che ficata di recensione!!!
Citando Stanlio Kubrick:
“Paradossalmente il dettaglio (vero o falso non lo so, libro e film lo mettono in dubbio ma chissà) di Euronymous che raccoglie i pezzetti di cranio di Dead e li distribuisce in giro è quello che mi sconvolge di meno della faccenda – cioè siamo comunque in zona GG Allin, roba più o meno già vista, e soprattutto posso immaginare che se sei un adolescente perennemente fatto e sbronzo…”
Io non avevo mai letto prima che fossero perennemente fatti e sbronzi, Faust a parte, è appurata sta cosa? Io ho sempre pensato che fossero psicopatici/sociopatici e basta. Per curiosità, cosa è che ti sconvolge? Per capire bene il paradosso. Poi non ho capito la frase su GG Allib, siccome anche lui aveva fatto cose assurde allora va tutto bene?
“e con un buco nell’anima grosso così e ti ritrovi di fronte allo shock del tuo amico che si è appena fatto saltare la testa”
Ma se ha telefonato ai suoi compagni di band dicendo che il fatto che si fosse suicidato era una ficata
“E mica lo nego eh, lo stare male e il disagio, mi sembra di averlo ripetuto più volte nel pezzo – ma il confine tra lo stare malissimo per cause endogene (nessuno di loro era povero o viveva in situazioni estreme, erano tutti medioborghesi mediobenestanti)”
Quindi per essere mentalmente insani è necessario essere o poveri o drogati? E Ted Bundy? Leopold e Loeb
” e l’essere “ragazzini annoiati che vogliono solo spaccare tutto” è labile e difficile da giudicare a vent’anni di distanza.”
Non è per nulla labile e difficile da giudicare che fossero anormali
“Sul senso dell’operazione, sul quale per molti versi mi interrogo anch’io e mi pare di averlo scritto”
“l’unico modo per parlarne è trasformarli in leggenda, e la leggenda è fatta anche di dettagli più o meno insignificanti che vengono aggiunti”
Si poteva anche semplicemente dire che erano messi male e che accidentalmente fra uno sbudellamento e l’altro gli è capitato di fare buona musica
” È un’operazione scorretta? Tantissimo e chi dice che in un certo senso si sta lucrando su dei poveracci con tantissimi problemi che sono morti o comunque hanno fatto una finaccia trasformandoli in antieroi maledetti ha probabilmente ragione. ”
Ma poco fa hai detto che era giusto raccontare la storia come una leggenda. Forse era questo il paradosso?
Pardon volevo rispondere a Stanlio Kubrick, non a questo commento
Per pure ragioni di cronaca e completezza d’informazione, potete leggere la versione di Kristian Vikernes detto Varg dei fatti narrati nel film sul suo sito http://www.burzum.org/eng/library/a_burzum_story02.shtml
Questo per ribadire che è difficile parlare di questa storia considerando che i suoi protagonisti l’hanno già promossa ufficialmente a leggenda.
Da completo ignorante della scena metal, volevo dire che il pezzo di Burzum che è stato pubblicato sopra, mi sembra molto più orecchiabile di certe cose dei Metallica. Per dire…
Non credo che l’uso di questa musica nel film avrebbe alienato troppi spettatori.
Che poi non ce lo vedo un fan di Shakira a guardarsi un film così.
Sì ok, il cinema è una cosa e i documentari un’altra, però un minimo di attenzione quando il film è basato su una storia vera magari non guasterebbe. In particolare cambiare l’etnia dei protagonisti è sempre un’idea abbastanza bizzarra: Euronymous era lappone, come peraltro si nota benissimo dalle foto, ora io non so a voi ma a me un film di samurai dove i protagonisti fossero vichinghi senza che la cosa trovasse una spiegazione qualunque all’interno della trama susciterebbe più di qualche perplessità. Tra l’altro non è neppure un elemento secondario, perché Vikernes odiava i lapponi (possiamo presumere al pari di tutti coloro di origine non scandinava).
Perchè Euronymous non lappone lascia perplessi mentre invece Vikernes ebreo è una trollata?
Perché nonostante tutto il loro tanto decantato isolazionismo gli ebrei sono etnicamente fusi col resto delle popolazioni occidentali e dunque pressoché indistinguibili. Di certo però se fosse stato scelto un attore falascià chiunque si sarebbe sbellicato dalle risate, no?
Perfetto :-)
Grazie.
E poi perchè Euronymous non era razzista, o, almeno, non strillava ai quattro venti il suo razzismo come il Conte.
Mi scassa vedere quanto s’appizza la gente per questo film. Lo comprendo bene, ma comunque è uno spettacolo nello spettacolo.
Da scandinavista ho ben presente la fotta che viene a noi quattro sfigati col pallino del nord (btw il 99% degli scandinavisti è oppure è stato un metallaro, non dico sia un assioma, ma più o meno siamo lì)
Fun fact: uno dei pezzi de cranio, è in possesso di uno di noi terronazzi italiani, ovvero il proprietario di un piccolo, ma assai conosciuto negozio milanese.
QUOTE:
“Il black metal, per me, è stato l’equivalente di quella scoperta in campo musicale. Un genere grezzo, ruvido, violento, a volte primitivo e chiassoso, a volte inaspettatamente lirico, ma sempre senza compromessi. Qualcosa che non ti veniva mai incontro, che non cercava di piacerti. Qualcosa a cui tudovevi andare incontro, che tu dovevi capire e apprezzare. A lui non gliene fregava un cazzo di te.
Per questo era vera avanguardia, dissonante e minacciosa, spaventosa perfino. Diabolus in musica. E chi la faceva era tendenzialmente un cazzaro con del genio, una masnada di adolescenti e post-adolescenti annoiati e incazzati, che volevano scopare e bersi una birra, non necessariamente in quest’ordine”
Ci sta che sia per questo che quello moderno paradossalmente mi piace più delle vecchie glorie. Non è fatto da adolescenti o post-adolescenti annoiati e incazzati, ma da veri satanisti, esploratori dell’ignoto e del pericolo. La gente ormai li deride, i satanisti. Io adoro LaVey, era divertentissimo, ma ha dato del satanismo un’idea innocua. Il satanismo NON è innocuo. Significa esplorare scientificamente l’uomo, senza leggi o morali. Significa che se mi metti paura ti aspetto in un vicolo e ti ammazzo, e dopo vado a guardare Peppa Pig perché secondo me non ho fatto nulla di strano, ho solo ucciso un essere vivente che mi dava problemi, come una zanzara o un tumore.
Non dico che l’ho fatto. Non dico che lo farei. Forse sì, ma non mi faccio grande di cose che non sicuro che farei. Ma capisco l’ideale. Eliminare le falsità, è una forma di civiltà capire le cose invece di censurarle, per controllarle un giorno, moralmente, invece di averne paura. Tutti possiamo uccidere, molti non lo fanno per imbarazzo, io preferisco non farlo per scelta morale e ponderata, ma DOPO aver capito che potrei.
Ma l’abisso resta. Ci imbarazza tutti.
Come diceva Marlon Brando in Apocalyse Now:
“L’orrore ha un volto, e quel volto deve essere nostro amico. Perché se non lo è, che nemico può diventare!!!
A distanza di parecchio tempo dall’uscita, ho visto il film e devo dire che è molto interessante sia la recensione che quasi tutti i commenti a contorno.
Il film l’ho trovato più vicino a un teen drama hollywoodiano (però splatter) e come tale, devo dire che può anche funzionare. Alla fine della visione, la mia ragazza supertriste e commossa, fà “poverino, Euronymous”.
Ok, però, io sono abbastanza vecchio da aver vissuto quegli anni e aver seguito il nascente genere black metal (chi parla di Venom e robe simili, secondo me non era presente allora e si è documentato molto a posteriori sulla vicenda) e ovviamente da quel punto di vista, conoscendo i fatti e i personaggi attraverso le riviste, racconti vari e contatti underground (attraverso vari giri, mi arrivarono dei disegni di Dead che conservo tuttora), visto che scrivevo recensioni per diverse fanzine, debbo dire che il fatto che non siano stati indagati per nulla i perché di quanto successo mi lascia abbastanza distaccato nei confronti di questa pellicola (si può dire ancora pellicola?). Credo sarebbe stato più interessante per tutti. Intendo perché la, perché allora, etc…
Capisco che non abbiano voluto rendere merito alla genialità musicale di questi pazzi (ciò avrebbe probabilmente annoiato il pubblico) ma di fatto, se là e in quel preciso periodo storico è successo tutto quel circo, dei motivi ci saranno pur stati.
In tutti i modi, credo che sia musicalmente, che per i fatti criminali, si tratti dell’ennesima trasposizione, questa volta nella realtà, dell’apprendista stregone di Goethe. Praticamente, sia in campo musicale che nelle conseguenti azioni a contorno hanno scoperchiato l’inferno, e scatenato un casino più grande di loro (questo a onor del vero, appena accennato a mò di spiegone dalla stessa voce narrante di Euro) che non sono riusciti più a tamponare e che alla fine, sia comunque tornato utile a parecchi dei protagonisti, almeno a quelli che sono sopravvissuti. Non ho però mai letto il libro da cui è tratto e magari un giorno lo farò. Di fatto il black è stato l’ultimo sussulto del metal e ciò lo deve proprio a questi pazzi qua.
Ciao Sbrillo, complimenti per il tuo commento, ci si sente dentro la solennità oscura e pacata di chi ha visto, capito, c’è stato. Anche io ho sentito dire che il film sia affazzonato da morire, non l’ho visto né lo vedrò, ma volevo salutarti e farti i miei complimenti.
Bella recensione, e bello il film. La storia, sinceramente, non la conoscevo nel dettaglio. E credo che in pochissimi, forse giusto i diretti interessati (quelli ancora vivi), possano dire di sapere esattamente com’è andata. Nemmeno ascolto il black metal (ci provai, all’epoca, e mi fece cagare a spruzzo). Al di là di ciò, il film mi è sembrato molto ben fatto. Non per tutti, ma sicuramente da vedere.