Un anno fa, più o meno in questo periodo, mi stavo prendendo una vacanza dall’Italia visitando la città col più alto tasso al mondo di italiani che scappano dall’Italia: Barcellona. Tra una rambla, una tapas, una corrida e dos cervezas por favor a cui puntuale tornava la risposta miche’ porta du birre pe sto cojone, mi sono cimentato nello sport preferito degli italiani all’estero: individuare gli altri italiani all’estero e sentirmi superiore. C’è da dire che i turisti italiani non fanno molto per passare inosservati, ma un dettaglio che non smetteva mai di deliziarmi riguardava in particolare le famiglie. Le famiglie, per capirci, sono quei nuclei composti da due o più adulti accompagnati da uno o più bambini. I bambini, si sa, fanno cose da bambini tipo correre ridere giocare leccare per terra e prendere i pidocchi, se fai figli è una cosa che tendi a mettere in conto e se una qualunque di queste cose (o tutte) ti dà fastidio — come è legittimo — non fai figli. Oppure sei una famiglia italiana. (La sto prendendo lunga, ma ora ci arrivo, giuro.) Le famiglie italiane sono quelle che riconosci all’estero perché sono OSSESSIONATE dal non far fare niente ai propri figli.
«Gianluca non correre»
«Gianluca non toccare»
«Gianluca non allontanarti»
«Gianluca non mettere in bocca»
Pare che ‘sto cazzo di Gianluca nelle fasi iniziali della sceneggiatura dovesse essere un vetro di Murano, ma a causa di una spunta sbagliata su un modulo è andata a finire che le hanno consegnato un bambino e ora la madre stava cercando come poteva di far funzionare comunque la cosa.
The Nest è un film su cosa sono disposti a fare i genitori pur di tenere sotto controllo i figli ed è piuttosto sintomatico che sia un film italiano.
Il Gianluca dell’esempio di poco fa è un bambino sulla sedia a rotelle di nome Samuel, vive in un’enorme e inquietantissima villa insieme a una madre iperprotettiva e a una corte di parenti, amici di famiglia e servitori mezzi loschi e mezzi matti. Samuel non può giocare, non può allontanarsi, non può divertirsi e non può mangiare il dolce se prima non ha finito le verdurine, in una di quelle situazioni in cui non è ben chiaro se sta venendo coccolato o tenuto prigioniero (o entrambe le cose?). Tutto cambia quando alla villa arriva una ragazzina della sua età che gli fa scoprire le erezioni e la musica del diavolo (i Pixies), Samuel, tutto d’un tratto, non è più così comodo sulla sua seggiolina a rotelle e diventa curioso del mondo esterno. La mamma non la prenderà tanto bene.

Nella foto: Freud balla la makarena strafatto di bamba
Tolto l’accento degli attori, il film potrebbe essere ambientato nel comasco come nel New England, merito di facce poco note e azzeccate e di una serie di location perfette, la villa e il bosco che la circonda, suggestive e prive di connotati geografici precisi. I valori produttivi sembrano alti, si vede che c’è mestiere oltre che buone intenzioni e la cosa sorprende ancora di più perché l’italianissimo regista di questo film italiano è al suo primo lungometraggio. Ed eccoci dunque al nodo cruciale del discorso.

Nella foto: un tipico nodo cruciale
Quando si ha a che fare con un film italiano di genere che riceve il sacramento della distribuzione nelle sale la reazione è più o meno quella scomposta del lupo di Tex Avery al grido di WOW NON SEMBRA ITALIANO!!!. Questo, se da un lato è inevitabile, dall’altro sposta il dibattito su una questione molto poco interessante e fa un pessimo servizio al film in questione. Io per primo ci casco in continuazione, credo di aver passato tutta la prima metà di The Nest a complimentarmi mentalmente col cameraman, col direttore della fotografia, con lo scenografo e soprattutto con gli sceneggiatori (Besana, Ferri, Bellini e lo stesso regista, De Feo) perché accipicchia se non sembra di essere in un film italiano! Zero muri ingialliti dal fumo e dalle bollette da pagare, zero pianti nel tinello, quando i personaggi mangiano nessuno gira attorno al tavolo con la telecamera, il plot non fa menzione di coppie in crisi dove lui è un pubblicitario e lei lavora in uno studio di architettura ma vorrebbe fare teatro, non siamo a Roma e per quanto lo si cerchi non c’è traccia di Giuseppe Battiston in un ruolo di alleggerimento comico. Pazzesco, no?
Solo che così non stiamo ragionando su The Nest, ma solo su una serie di stereotipi a cui il cattivo cinema ci ha abituati. Non stiamo parlando di ciò che il film ha da offrire, ma di cosa ci risparmia. E scrollato di dosso questo viziaccio, mi sono reso conto che, per quanto straordinario, se l’aspetto più allettante di The Nest è l’assenza di Margherita Buy, qualcosa non quadra. Fatta salva una fugace riflessione sulla perdita dell’innocenza, su cosa significhi essere figli e genitori, su cosa ti lasci indietro quando cresci e altre menate da racconto di formazione, molto universale e al tempo stesso molto italiano, il film ciurla nel manico per quasi due ore dicendo molto poco anche se molto bene. Lavora sulle atmosfere, vuole inquietare più che spaventare, vuole farti dubitare di tutto quello che vedi, stabilisce un “mistero” e fornisce col contagocce le informazioni per decrittarlo, secondo la regolina che quello che non mostri fa più paura di quello che mostri, ma tira così tanto la corda da spezzarla. Non starò a dire che il “colpo di scena”, pure se si è scemi come me, lo si indovina a metà film, perché non è quello il punto — ma dovrebbe! E invece, tanto per cambiare, siamo in uno di quei casi in cui l’horror è una scusa per dire altro, in cui il genere viene legittimato solo perché è metafora di qualcosa di più alto, non sia mai che uno possa — gasp! — divertirsi al cinema.

Nella foto: il potere immaginifico della color correction
I punti di riferimento sono evidenti, The Nest guarda molto di più a Il giro di vite e The Village che a Hereditary, cosa che sarebbe anche legittima, se contemporaneamente non usasse il linguaggio dell’horror, un linguaggio che chiaramente non gli interessa e che non padroneggia davvero, per darsi street cred. Jump scare (uno solo e di una disonestà che mi viene il nervoso solo a pensarci), riti mistici, torture, esplosioni di violenza, impiccagioni e automutilazioni sono distribuiti a casaccio e si risolvono puntualmente in nulla di concreto. Sono mere suggestioni che servono a fare minutaggio, dare spessore a un segone edipico stravisto e davvero elementare.
Un’occasione mancata? Beh, no, perché l’etichetta ci impone di salutare con gioia e ottimismo — dico sul serio — un film italiano con le idee così chiare, la mano così ferma e soprattutto così diverso da tutto il resto. Nella speranza, pure se non è piaciuto, che costituisca il primo incerto ma glorioso passo verso una rinascita del cinema di genere nostrano.
Resta il fatto che se l’avessero fatto gli americani me lo sarei scordato mentre lo stavo ancora guardando.
Blu-ray quote:
“the mehst”
Quantum Tarantino, i400calci.com“Henry James, ultimamente, è un po’ troppo italiano”
Stanis La Rochelle, attore
Per altro, la protagonista Francesca cavallin viene dalle fiction tipo “gli occhi del cuore”, ma quelle vere. E, vabbè, abitavamo nello stesso palazzo quando eravamo piccini in quel di Termine di Cassola.
se la rivedi dille che è brava
La blueray quote di Stanis mi ha piegato.
E, comunque, questo discorso de “un film italiano che non sembra italiano” ormai è un po’ stucchevole. Ci poteva stare per “Jeeg Robot d’Acciaio” (ma lì il punto era che si trattava di un film di supereroi grato da dio e italiano dentro- e questo ne caratterizzava la cifra), ma non è che tutti i nostri film sono commedie o drammi familiari con la Buy o Battiston. Il problema, semmai, è la distribuzione.
Tanto più che parliamo di un horror gotico, genere che magari non abbiamo inventato noi, ma di cui siamo stati maestri.
Mi fanno morì quelli che usano il virgolettato e poi sbagliano il titolo.
Dovevo mettere “Lo Chiamavano Jeeg Robot d’Acciaio” ?
Se ti fa piacere, la prossima volta lo faccio.
Così non “mori”.
Veramente sarebbe “Lo Chiamavano Jeeg Robot”, senza “d’acciaio”.
perché è arrivato sean parker a dire «togliete il “d’acciaio”, solo “jeeg robot”, è più pulito»
Riflessione interessante sul cinema italiano, che proverò ad applicare a cose nostrane che non mi erano dispiaciute. Grazie Quantum!
La somma delle azioni dei bambini italiani che hai descrittto si chiama MALEDUCAZIONE.
Tu ti becchi una famiglia di tedeschi in pizzeria con cinque figli di eta’ variegata e se ne stanno tutti fermi, zitti e composti.
Tu beccati una famiglia di italiani con un bambino solo ed e’ la fine.
Non fanno in tempo a sedersi che il bimbo inizia ad alzarsi, a correre per il locale e a pigliare la roba dagli altri tavoli. Finche’ non lo piazzi davanti a uno smartphone a finire in trance con un giochino scemo.
È del resto cosa nota che nella gioventù hitleriana prendano solo piccoli e obbedienti tedeschi ariani….
Non credo che Redferne volesse dire quello, in altri commenti ha dimostrato apertura mentale degno di un anarchico. Va detto però che gli italiani sfornano i figli più che metterli al mondo, hanno questa segreta convinzione che partorendoli hanno già fatto abbastanza. Io ero più il tipo di bambino che corre e prende le cose dai tavoli ma non perché mi hanno trascurato, ma perché adoro creare problemi a chi crede che le regole lo proteggano da me e dagli scherzi che posso fare, ma era una scelta filosofica, politica, non mi sono mai permesso di esagerare quando non dovevo. In italia molti bambini crescono sottilmente trascurati quindi vengono su scompaginati, che è diverso da volontariamente ribelli.
A me non piacciono limitazioni e regole, ma ribellarsi è diverso da essere stati educati male. Redferne poi ha bambini, quindi è della partita. Si sente dal tuo tono che non volevi offendere, ma credimi hai frainteso il nostro amico qua su. Abbraccione!
Non litigate, su.
Ecco, appunto.
Sorry. Deformazione professionale.
Lasciamo perdere i tedeschi che magari sono un paragone scomodo, visti i trascorsi.
Posso citare qualunque nazione del Nord Europa a caso che tanto il discorso non cambierebbe.
Forse daranno l’idea di essere frigidi e imbalsamati, e che non sanno vivere.
Specie ai nostri occhi.
Un grosso difetto nostro e’ di pensare che l’italian way of life sia l’unico modo di vivere possibile.
Perche’ da noi e’ cosi’, diamo per scontato che sia uguale in tutto il resto del mondo.
E quando veniamo sbugiardati, ci ridiamo sopra e storciamo il naso.
Io in quelle famiglie ci vedo DISCIPLINA. Che non e’ sempre un male. E soprattutto non va confusa con autoritarismo.
Piu’ che genitori che non vogliono che un bambino faccia determinate cose, io vedo genitori che rinunciano a fare i genitori.
I richiami all’ordine menzionati nel post li lanciano seduti al tavolo con aria rassegnata e svaccata, mentre il pargoletto in giro fa’ i suoi comodi scassando i cosiddetti a tutti.
Se invece ti alzi, lo prendi, lo rimetti al tavolo e lo sgridi il discorso cambia, e come.
FAI IL GENITORE, punto.
Perche’ mettere al mondo dei figli, se poi non si ha voglia di starci dietro?
Su questo sono pienamente d’accordo.
Oggi hai questa stupenda liberta’. Di non dover essere costretto a metter su famiglia per forza.
“Io ero più il tipo di bambino che corre e prende le cose dai tavoli ma non perché mi hanno trascurato, ma perché adoro creare problemi a chi crede che le regole lo proteggano da me e dagli scherzi”
Spoiler: questo e’ pensiero adulto che razionalizza coi suoi schemi mentali un fatto molto semplice, ovvero che ti sentivi trascurato e avevi bisogno di attenzione, esattamente come tutti gli altri bambini che rompono i maroni e rubano le cose dagli altri tavoli.
Affascinante riflessione. Ma non corrisponde alla realtà. Io non sto cercando di compensare un vuoto, né lo cercavo all’epoca: ma l’umano medio, non mi è mai piaciuto, è noioso, troppo pieno di vergogne insegnateli dall’esterno.
Quando il 99% di quello che ci viene spontaneo ci è proibito, io dico, ma a che serve vivere? Ci credo che poi ci serve la religione, la politica, l’andare a puttane anche se sei sposato, le droghe, gli psicofarmaci, Facebook 14 ore al giorno.
Io semplicemente non voglio trattenermi a meno di non aver davanti qualcosa che merita solennità e rispetto istintivo (nel qual caso divento gerarchico fino quasi a livelli caricaturali). Per il resto, il mondo è la mia savana, faccio quello che mi pare e mi piace far capire ai supponenti che la mia via di vita è più potente della loro perché il mio caos può disturbare il loro ordine, ma il loro ordine non può frenare il mio caos. Finché eviti crimini (non sono il tipo, non è quello il tipo di caos che voglio) nessuno potrà mai nemmeno dirti niente. Al massimo ti potranno tirare un secchio d’acqua (o di piscio) in testa se canti ubriaco alle tre del mattino: ma te lo sarai meritato, lo scherzo va anche saputo subire, sennò non è amore per il caos, è solo segreta arroganza di pensare che “tu puoi fare agli altri, ma gli altri non possono fare a te”, e non è il mio pensiero. Io davvero odio i limiti solo perché ci limitano. Moltissimi limiti li rispetto perché sono saggi e solo un’adolescente isterico (che non sono mai stato) li trasgredirebbe tanto per farlo. Per il resto, adveniat caos, e fanculo il mondo. Guardati Fight Club e forse capirai che intendo.
Discussione interessante. Non volevo certo offenderti, semplicemente riportarti un punto di vista esterno su un tuo comportamento che tu giudichi moralmente superiore perchè mosso da una motivazione diversa da quella degli altri bambini. Ora, io non conosco te, ma conosco molto bene i bambini, e onestamente la consapevolezza della vera motivazione dietro alle loro azioni, semplicemente non ce l’hanno. Oggi tu ti puoi dire “si, io lo facevo perchè sono anarchico e voglio creare problemi ecc ecc”, ma nella tua testa di bambino c’era solo un grosso “CAGATEMI SONO QUI, PARLIAMO, SONO UN CAZZO DI ESSERE UMANO ANCH’IO”. Piu’ che dovuto, visto che come hai detto tu i genitori si limitano a mettere al mondo dei figli, tanto poi all’educazione ci pensano altri coglioni (tipo me).
Forse a conti fatti, preferivi essere insultato, che sentirti dire che alla fin fine eri solo un bambino come tutti gli altri, speciale solo per quei due che non ti cagavano a tavola.
Aggiungo due cose scusa:
– dietro OGNI cosa che facciamo o diciamo c’è la motivazione istintiva, che è la prima a cui pensiamo (volevo dare fastidio, creare problemi) e quella reale, dettata dall’istinto e non dalla ragione. Nel tuo caso: creare problemi e dare fastidio, è una richiesta d’attenzione. Mi sono spiegato meglio?
– “Guardati Fight Club”? Su i400calci? Dai su…
ecco appunto, siete sui 400 calci, quindi piano quando parlate di pedagogia
Vivo in Germania, ho tre bambini e praticamente solo amici tedeschi. I bambini tedeschi (inclusi i miei) sono degli hooligan. Nel 90% dei casi sembrano degli stuntman strafatti privi di qualunque forma basilare di educazione.
La differenza sta proprio in quello che dice Quantum, i bambini fuori dall’Italia possono essere bambini, vanno nei boschi, si arrampicano sugli alberi e si rotolano nel fango. Nessuno gli dice “Gianluca non correre perché sudi”. Chiaro che poi al ristorante stanno seduti, hanno passato tutto il giorno a spaccarsi la testa a vicenda e a rischiare l’osso del collo… Sono bambini da combattimento.
Quantum, mi scuso con te e col forum per aver espanso la chiacchiera.
Ga, lasciamo stare, è un discorso troppo lungo, tu sottovaluti la curiosità e l’autoaffermazione. Ad un certo punto, come ti trattano smette di dirti chi sei, e inizia a dirtelo quanto sai vincere (o perdere con stile) nella vita. A me è solo successo prestissimo. Non sono tutte uguali, le persone: QI, genetica, scelte personali che hanno ritorsioni sulla psiche, plasmano persone di serie A e persone di serie B, persone che vivono sulla prua della nave, e persone che stanno al sicuro sottocoperta a guardare in uno schermo tv le immagini riprese da chi impugna la telecamera stando ritto sulla prua a beccarsi gli schizzi freddi in faccia. Alcuni, senza sapere che sono nati per essere di serie A, semplicemente sentono le spinte a comportarsi come tali, come conquistatori, a cercare la vetta che sentono che gli spetta. In ogni cultura è sempre esistita un’elite definita “gli uguali” cioè persone che sono pari tra di loro ma superiori alla massa. Su questo forum ci sono quasi esclusivamente persone sensibili ed intelligenti, molti mi riderebbero in faccia per i miei gusti cinematografici ma chi se ne frega, respiro aria di “uguali” (e anzi, molti qui li considero miei superiori, sono qui per imparare e diventare più figo arricchendomi con la loro saggezza). Ti lascio l’ultima parola se vuoi averla, non risponderò oltre, sennò essermi scusato per gli offtopic è ipocrisia.
ps la pedagogia l’ho studiata anche io. Ma non mi azzardo ad andare da sconosciuti a dire cose come “speciale solo per quei due che non ti cagavano a tavola”. Ma non sono arrabbiato con te. La vita è splendida proprio perché è orribile. Ecco perché nonostante il mio tenore di vita agiato, ho scelto di crescere nel ghetto. Per diventare forte. Il cinema è più che divertimento, il cinema è la grande medicina che ci salva dal pensare poco, dal venir bombardati da una vita vuota, il cinema è l’alternativa non violenta alla vita di strada, il cinema è il nostro Progetto Mayhem, che non uccide le persone, ma le libera. C’è chi lo capta di più, e chi no: sensibilità, e la feroce determinazione a non farsi portare via la propria, ecco cosa classifica le persone. La gente su questo blog è grandiosa. Ecco perché sono qui. Perché è bellissimo stare tra gente sensibile.
Ti abbraccio, non credere che non rifletterò sulle tue parole. Ma vacci meno pesante con chi non conosci: ricorda, ogni singola volta che uno apre bocca e fa un’affermazione e quell’affermazione si rivela non-veritiera, quella persona perde carisma, e vale meno. Arrivederci. Concludo qui. A te l’ultima parola, se la vuoi.
vivo a madrid e posso assicurare che la nazionalità dei genitori dei bambini che fanno il cazzo che vogliono (tipo la guardia che dice di non passare la transenna, il bambino che se ne fotte e i genitori che lo guardano con rammarico ma non fa assolutamente niente) provengono indifferentemente de tutto il mondo.
la differenza è che gli italiani (e gli spagnoli ) si piangono addosso con commenti stile “eeeh ma succede solo da noi” ma non è vero: genitori stronzi esistono in ogni angolo del mondo.
Non c’è nemmeno la mitica “Italian Veranda”? Delusione. Lo guarderò comunque.
Cmq i discorsi, quello della recensione e quello di Rocco Alano, ci possono stare entrambi.
Diciamo che proprio perchè cominciano ad esserci diversi film italiani “che non sembrano italiani” possiamo cominciare a chiedere che questi film siano anche belli, o quanto meno decenti. Personalmente poi l’idea che ci debba essere un sotto testo di altro tipo per rendere rispettabile un film di genere la trovo vomitevole
Rispettabile non mi sembra il termine più adatto per trattare l’argomento, dal momento che se un film non è girato a cazzo trattando solo di roba pecoreccia e triviale (hey Boldi e De Sica! Si parla di voi!) per me è comunque il rispettabile frutto del lavoro di qualcuno.
Metterei più l’accento sullo spessore dell’opera, non lo dico con raffinata pretese umanistiche quanto per esperienza: i film di genere che ho amato di più contengono un sotteso di alto livello in nove casi su dieci. Potrei sciorinare qualche titolo a caso ma non credo ce ne sia bisogno…
ODDIO, è successo ANCORA
Qualcuno ha detto quello che volevo dire io e lo ha detto meglio di me: Cooper santo subito
cit:
“Rispettabile non mi sembra il termine più adatto per trattare l’argomento, dal momento che se un film non è girato a cazzo trattando solo di roba pecoreccia e triviale (hey Boldi e De Sica! Si parla di voi!) per me è comunque il rispettabile frutto del lavoro di qualcuno.”
Andrebbe fottutamente inciso nelle colonne di marmo che danno accesso a qualunque blog di cinema, in una posizione che perfino i recensori, e non solo gli utenti, devono genuflettersi a tali parole prima di entrare nel sito.
Unico ps: a me alcuni di Boldi e DeSica hanno fatto ridere, perché Salvi mi fa morire dalle risate, e poi un po’ di culo gratis sul grande schermo non è male, fa sempre piacere.
Giusto ieri sera vedevo “The Bride” horror gotico russo di un paio d’anni fa (film con chiare influenze del gotico nostrano che fu, tra l’altro). Pellicola carina quanto un po’ goffa e ingenua, dove ovviamente il fatto che fosse un film russo di ambientazione russa rappresentava per me quel tocco di esotico che me lo rendeva interessante… oltre a garantire una presenza femminile di gnoccheria vertiginosa, ovviamente.
Durante la visione continuavo a chiedermi “quanto perdonerei a un film anglofono, o francese, o spagnolo, le stesse goffaggini e ingenuita’?” Molto, molto poco, quasi niente.
Pero’, ecco, allo stesso tempo mi veniva costantemente da pensare “Pero’, cazzo, se fosse un film italiano ci sarebbe da suonare le trombette e cantare BrigitteBardotBardot facendo i trenini!”
E boh.
Comunque ero un po’ dubbioso, ma ora lo recuperero’, comunque i film tutti atmosfera mi piacciono.
Ti West però sul tirarla lunga ci ha fatto un (ottima) carriera.
Ti West se non è il più grande regista al mondo poco ci manca.
E non potrei essere più serio.
no no il problema é proprio che il regista attore spettatore medio italiano ha la perversione per il tinello , ci sguazza ..rinuncerebbe anche a 10 Oscar pur di avere un David col suo film sul tinello…poi sugli horror vabbè da noi ormai non é considerato neanche cinema (come i film d’azione, i triller e tanti altri generi…forse forse qualche mezzo noir ma quanta fatica)
Non ho sottomano dei dati esatti ma così, a pelle, ti direi che le cose stanno un po’ diversamente: i big money nel cinema italiano li fanno i film di genere di importazione USA e i film sul tinello, le commedie sul divorzio e i drammi di mezz’età riempiono la sala solo in quei vecchi cinema naif nelle zone gentrificate dagli hipster delle grandi città, contendendosi il posto con pellicole della stessa risma girate in Francia.
L’illusione che quella formula funzioni è probabilmente data dal fatto che l’industria cinematografica italiana vomita un paio di dozzine di quei film ogni anno, o anche più, peccato che i costi vengano puntualmente coperti da finanziamenti pubblici… è un po’ un circolo di merda che premia la mediocrità
Penso si riferisse al fatto che azione/horror etc. etc. vengano considerati vomito da attori, registi etc. Anche se mi sembra che la gang di Rovere, Sybilia etc. stia un pochino cambiando alcuni aspetti
esatto…( poi era in risposta al commento sopra ma non riesco a venire a capo del sistema dei commenti col cellulare ma vabbè problemi miei..).comunque si parlo di cinema in generale italico non di gusto del pubblico ..secondo me una certa fascia di pubblico (non troppo giovane e non troppo vecchia, amante del cinema e non solo della commedia che sia romantica o sociale sempre quello é da noi) sarebbe ben contenta di vedere altro ma ad oggi nada de nada quasi calma piatta a parte qualche rarissima eccezione come quelle da te citate (quanto è piaciuta quella mezza scoreggia di perfetti sconosciuti o come si chiama? merita l’Oscar del tinello ma niente di più ) .
In una delle interviste al cast che ho sentito, la Cavallin diceva proprio che uno degli aspetti che l’ha convinta maggiormente a prendere parte al film era proprio l’essere tendente all’horror, oltre alla possibilità di interpretare un personaggio diverso dal solito.
PS Perfetti sconosciuti per me è il manifesto del cinema demmerda made in italy, quello della peggior specie proprio. C’è tutto, dal tinello/cucina, al gay buono per forza, passando per le corna, le crisi adolescenziali, il papà comprensivo… vomitevole.
Apro parentesi: Perfetti sconosciuti era comparso tempo fa su Netflix e mi ero detto “tò, facciamoci due risate alle spalle di questi attori demmerda che fanno film demmerda nel tinello demmerda” e si è rivelato essere il tipico film che, per citare l’autore dell’articolo, mi dimenticavo mentre lo guardavo. Tant’è che a un certo punto mi sono alzato dal divano per andare a prendere qualcosa da sgranocchiare in cucina e ho dimenticato di tornare a finire di vederlo. Chiusa parentesi.
La cosa più bella delle vacanze all’estero é l’odio per i conterranei. Meglio ancora se del paese vicino (ma mai compaesani)
Visto un pomeriggio d’agosto, in doppietta con Il signor Diavolo. Piaciuti molto entrambi. Questo magari un po’ di più.
Non c’entra granché, se non con i film italiani, ma mi chiedevo: qui sui 400Calci nessuno si è mai preso la briga di fare una recensione ex post di Custodes Bestiae? A me pareva un film italianissimo, di quelli che non ti veniva proprio da far confronti e nonostante fosse a budget tirato aveva dei gran meriti. Sarebbe bello sentirne parlare da voialtri che avete la favella giusta!
Io di lui ho a dir poco ADORATO “Oltre il guado”
Se Custodes Bestiae ha la stessa atmosfera, grazie di avermi messo la pulce nell’orecchio!Però i film italiani sul diavolo non mi fanno impazzire, gli italiani o usano un immaginario banale, o se la tirano un modo spaventoso facendo gli pseudo-satanisti che la sanno lunga, quando non sanno un cazzo. Poi ci sono quei rari film che non usano conoscenze esoteriche ma costruiscono qualcosa di abominevolmente penetrante, tipo ad esempio (italiano o meno non conta, faccio un esempio) La Pelle di Satana, vecchissimo ma geniale. Però è perché evitano i due mega stereotipi, la banalità di chi crede di sapere tutto sul diavolo perché è stato in chiesa, e quella di chi crede di sapere tutto sul diavolo perché ha letto su un blog che LaVey era un ciarlatano. A me fanno cagare entrambi. Però mi piacciono i film che mettono l’accento sull’orrore scatenato dagli eventi, senza diventare sofisticati e pretenziosi.
Ps ma se è ambientato in Friuli com’è che la prima parola è custodes e non la presupposta entità che ha creato, dicono, l’universo e la razza umana?
“Resta il fatto che se l’avessero fatto gli americani me lo sarei scordato mentre lo stavo ancora guardando.” Mannaggia, mi hai ucciso l’entusiasmo, io ci speravo parecchio…vabbè si recupererà per altre vie…
Sugli italiani all’estero direi: https://www.youtube.com/watch?v=K5J3l88wNc8
Io l’ho trovato godibile, diciamo ecco che è comunque una storia d’amore adolescenziale inserita in un contesto horror, che purtroppo rimane poco più di un contesto, un (bel) vestito, che poteva, forse doveva, essere più importante nell’economia del film. Ci si focalizza molto sui due protagonisti, meno su tutto ciò che gli gravita intorno e che in realtà era forse la parte più interessante. A me, per inciso, il telefonatissimo “colpo di scena” ha comunque divertito, avevano seminato indizi per tutto il film ma a quel punto ero già mentalmente rassegnato al fatto che non ci avrebbero mostrato nulla, e invece…
Chi si aspetta un horror puro rimarrà deluso, è un film diverso, un film di sentimenti in una cornice inquietante. Ben girato, finalmente con un certo gusto nella scenografia, nella fotografia e nel sonoro, veri marchi di fabbrica del cinema italiano brutto più che le sceneggiature del cazzo, le linee comiche e le scoregge.
Carino, penso sia la parola che lo descrive meglio. Un 6,5 tranquillo tranquillo, di quelli che a scuola accettavi con piacere perché poteva andare peggio.
A me è piaciuto, nel senso che me lo sono sognata la notte (sì, sono un fiocco di neve). Non ho visto il Signor Diavolo perché mi è bastato il trailer; poi ho letto una recensione che paragonava i due film ed esaltava la freschezza del l’ottuagenario a scapito della banalità del giovane, accusato di aver fatto un film non italiano o, peggio ancora, un prodotto da esportazione. A me basta quando non parlano tutti con pesante accento romanesco, per dire.
Per quel che riguarda i bambini, sono una sciura, ce l’ho nel capitolato, perdonatemi: i miei figli erano bravissimi. Non li ho mai picchiati, urlavo il meno possibile, quindi certi discorsi che si sentono sulla bellezza dell’educazione a ciabattate in testa sono pura fuffa, o conseguenza di troppe ciabattate, temo. Che fastidio.
Immagino che è una di quelle sciure che non affittano casa ai meridionali.
Chiedi ai miei cugini pugliesi
Recuperato ieri su Rai4 in prima serata.
Ora, non è per niente un brutto film, anzi: sa costruire benissimo un’atmosfera malsana ed opprimente.
Il problema è che col twist finale poi ti cade un po’ tutto e ti chiedi: ma perché?
Cioè, non è più semplice raccontare al ragazzino come
Allora, recuperato ieri sera su Rai 4.
Non è per niente un brutto film, anzi, costruisce benissimo un’atmosfera malsana ed opprimente.
Il problema è che col twist finale ti chiedi: ma perché? Cioè, che senso ha costruire tutta quella roba lì invece che raccontare molto semplicemente al ragazzino che…? Boh