Volevamo raccontarvi un pugno di film di James Bond in preparazione a quello nuovo, la cui uscita era prevista per il 10 aprile, ma poi è stato spostato a novembre.
Pensavano forse di scoraggiarci?
Col cazzo: adesso ci mettiamo qua e ve li raccontiamo TUTTI.
A voi Le Basi: 007.
Si può dire? Diciamolo: James Bond è un po’ uno stronzo.
Oh, non voglio fare atto di lesa maestà, sia chiaro: la sua stronzaggine è parte integrante ed essenziale del personaggio, il motivo sostanziale per cui è amato. È una fantasia inarrivabile di classe e amoralità, il famoso uomo che non deve chiedere mai perché tutto ciò che gli serve gli piomba miracolosamente ai piedi, è un figo pazzesco con la licenza di uccidere che si fa zero problemi a usarla, e che abbastanza spesso pare capitato tra le fila dei “buoni” un po’ per caso. E infatti in A 007, dalla Russia con amore è pedinato passo passo da un suo doppio criminale, che pare anticiparlo in ogni mossa con la sua stessa flemma, che ogni tanto divide perfino con lui l’inquadratura quasi come fosse un suo specchio, che finisce pure per salvargli la vita e a un certo punto parrebbe quasi averlo fregato, ma poi cade rovinosamente sul dettaglio di classe: il vino rosso col pesce, perdindirindina, ché lo sanno anche i sassi che è una roba da burini. Sfigato.
A 007, dalla Russia con amore è il secondo film della serie, e se Licenza di uccidere è la matrice del franchise, questo è il capitolo che perfeziona la formula, incidendo per sempre nel marmo dell’immaginario le caratteristiche imprescindibili di ogni Bond movie. Può farlo soprattutto grazie all’aumento di budget: il primo film, solo l’anno precedente, è andato talmente bene che i produttori Broccoli & Saltzman si precipitano a confezionare questo sequel raddoppiando gli investimenti, e scegliendo di adattare questo titolo proprio perché il romanzo di Fleming era stato indicato dall’allora presidente JFK come uno dei suoi libri preferiti ever. Trivia triste: A 007, dalla Russia con amore è uscito in Usa a inizio ottobre 1963 e secondo molte fonti sarebbe l’ultimo film visto da JFK, che l’avrebbe guardato poco tempo prima di prendere l’aereo per Dallas, dove sarebbe poi stato ucciso dal Comico – o dall’Uomo che fuma, come sapete ci sono diverse teorie a riguardo.
Quello kennedyano non è l’unico triste aneddoto di una produzione che ha avuto sì il budget raddoppiato, ma pure la sfiga. Wikipedia mi elenca: la diagnosi di cancro incurabile per l’attore messicano Pedro Armendáriz, colui che interpreta il capo dell’MI6 a Istanbul Kerim Bey, e che, dopo aver recitato quante più scene possibili nonostante la fatica e il dolore della malattia, si toglie la vita; un incidente con relativo affondamento di un elicottero durante alcune riprese esplorative per la scena dell’inseguimento in barca; un incidente dell’auto su cui viaggia Daniela Bianchi, la quale ne esce con diversi lividi in faccia e dunque la necessità di sospendere le sue riprese per un paio di settimane; diversi stuntmen infortunati filmando l’esplosione sull’acqua. In tutto questo, la lavorazione sfora sia il budget sia le tempistiche, gli sceneggiatori rimodellano il copione mentre il montatore è già al lavoro, e la data d’uscita prefissata e improrogabile si fa sempre più vicina, scatenando il panico generale.
Beh, eppure, nonostante tutto, A 007, dalla Russia con amore viene fuori bene ed è, appunto, uno dei titoli considerati unanimemente tra i migliori della serie.
È quello che introduce la fondamentale scena con Bond prima dei titoli di testa – che poi non è davvero con Bond, si scopre con un twist molto meta e molto Mission: Impossible.
Quello con la prima canzone originale dedicata, anche se non viene cantata sui titoli di testa, ma di coda, da Matt Monro: sui titoli di testa, solo la versione strumentale.
Quello con i sopra citati titoli di testa che sono un mini-film a sé, indimenticabile: in questo caso, grafiche luminose proiettate su seducenti dettagli del corpo sinuoso di una danzatrice del ventre, un’anticipazione della gita un po’ random che Bond farà a un certo punto del film nell’accampamento zingaro, fornendoci la scusa per un bel catfight tra due donzelle discinte e perfettamente aderenti a un oggi inappropriatissimo stereotipo culturale.
È il primo Bond movie in cui Desmond Llewelyn interpreta il mitico Q, cosa che smetterà di fare solo da morto, 36 anni e 17 film dopo. Fornisce al nostro eroe un paio di gadget, ancora ben lontani da quelli articolati e improbabili degli 007 futuri, ma che comunque si rivelano molto utili al nostro eroe.
È il primo Bond con Blofeld, di cui non vediamo mai la faccia (e nei titoli di coda l’attore Anthony Dawson non è neppure accreditato, al posto del suo nome un enigmatico “?”), ma in compenso ammiriamo il suo splendido gattone bianco, magnifico esemplare di felino addetto all’intimidazione per conto del cattivo di turno.
È un Bond movie in cui si inizia a viaggiare molto, anche se in gran parte il film è ambientato a Istanbul, dove in effetti si tennero molte riprese; un’altra porzione estesa di film si svolge sull’Orient Express, e a pensarci bene questo capitolo bondiano pare avere più di un collegamento – chissà se voluto, scopiazzato o inconscio – con il capolavoro spionistico di Hitchcock Intrigo internazionale: oltre al treno, pure la sequenza dell’inseguimento in elicottero ha un che dell’aereo assassino che perseguita Cary Grant nei campi di granturco (e che Cary Grant fosse lo 007 ideale lo sappiamo tutti). Tra l’altro, anche l’elicottero diventerà un elemento ricorrente dei successivi Bond movie.
Infine, è il primo film di 007 che si conclude con la scritta “James Bond tornerà”, il che ne fa l’inizio ufficiale del Bond Cinematic Universe.
Riguardo al capitolo Bond girl, continua la gloriosa tradizione di ingaggiare una bellezza straniera per farle impersonare una bellezza straniera ma di tutt’altra nazionalità rispetto alla propria: in questo caso la splendida modella italiana Daniela Bianchi, che ha rischiato per un soffio di essere eletta Miss Universo, ruba il ruolo alle connazionali Sylva Koscina e Virna Lisi, alla danese Annette Stroyberg e alla britannica Tania Mallet (che l’anno dopo sarà in Goldfinger) e interpreta la russa Tatiana Romanova, agente sovietica manovrata a propria insaputa dalla SPECTRE. Con il Bond di Connery forma una coppia talmente iconica che la scena del loro primo incontro bollente è stata utilizzata per le audizioni delle successive Bond girl.
Grazie al budget aumentato, Terence Young può dare sfogo alla propria puntigliosità e al suo desiderio di “realismo”: da qui le tante riprese on location, tra Istanbul, la Spagna, la Scozia, Venezia, oltre che negli inossidabili Pinewood Studios, e il perfezionismo con cui il regista coreografa la scena di menare sul treno, che Connery e Shaw realizzano senza quasi l’ausilio di controfigure (e per girarla ci mettono tre settimane). C’è molta azione – soprattutto grazie al doppio inseguimento finale – e ci sono alcuni dei momenti maggiormente entrati nell’immaginario, come lo scontro tra Bond e la villain Klebb con il pungolo avvelenato nella scarpa (an actual weapon used by the KGB, pare). Ma, nonostante una maggiore spettacolarità, è ancora un Bond “contenuto”, abbastanza verosimile e lontano dal camp futuro – se si eccettuano scene come il periscopio da sottomarino utilizzato per spiare i russi dentro l’ambasciata, o la fuga del nemico da una finestra nel mezzo della gigantesca bocca di Anita Ekberg –, una solida avventura spionistica per adulti, bene attenta a minimizzare ogni accenno alla vera Guerra fredda allora in corso, e a garantire pura, e per l’epoca adrenalinica, evasione.
Trivia: in cerca di un’ambientazione realistica, Terence Young decise di girare la sequenza dei quartier generali della SPECTRE qui a Val Verde, nel nostro campo d’addestramento ancora oggi in funzione, luogo che fu d’ispirazione anche a Stanley Kubrick (nessuna parentela) per il suo Spartacus.
Ma, al di là di inseguimenti ed esplosioni, la vera essenza spettacolare di A 007, dalla Russia con amore è proprio il Bond di Connery: una fantasia estrema di coolness, che non deve sottostare mai più di tanto alle regole morali, basta che consegni l’importantissimo MacGuffin di turno al suo capo e la faccia pagare ai cattivi, salvando e conquistando la ragazza (anche se magari nel frattempo l’ha presa a ceffoni). È un uomo del proprio tempo, come diceva Nanni la scorsa settimana, o meglio ancora è l’incarnazione suprema della fantasia definitiva dell’uomo di quel tempo: non a caso, a pensarci, il personaggio recente che più gli assomiglia è il Don Draper di Mad Men. E, quindi, se c’è una cosa che sappiamo è che è una fantasia destinata a cambiare.
Bond Girl & Bond Villain by Gianluca Maconi:
Dvd quote suggerita:
«No, perdio, il vino rosso col pesce no!»
Xena Rowlands, i400calci.com
Ahr ahr, ricordo che lo vedemmo in famiglia quando ero ragazzino, e quando dopo la scena del cartellone Bond dice una cosa tipo “Proprio vero che le donne non sanno tenere la bocca chiusa” mi madre sibilo’ uno “STRONZO!”.
Il mio primo Bond con Sean Connery, quando per motivi anagrafici per me 007 era Roger Moore. Ricordo che al primo impatto, nella scena della piscina, mi diede l’idea di uno scimmione peloso.
Gran film ovviamente, anche se appunto e’ il 007 piu’ “normale”.
Però la scelta del vino è in parte colpa del cameriere ignorante, che gli chiede se preferisce un chianti “bianco o rosso” (domanda che mi manda in bestia ogni volta che lo rivedo).
Il poster di roba russa ne ha gran poca.
Quindi già al secondo film viene introdotto l’agente traditore
Il BCU mi ha definitivamente rallegrato la serata, grazie.
Aggiungo che in un film del 63 per il grande pubblico si fanno riferimenti piuttosto espliciti al fatto che la klebb (la spia sovietica con il pungiglione nella scarpa) sia lesbica. Oggi non farebbe neanche discutere ma nel 63 non era per nulla scontato.
Mi sento poi di sottolineare tutta la sequenza sul motoscafo che ancora oggi a livello scenico è davvero spettacolare
Se siete ancora vivi dovreste recensire il film più calciofilo di questo merdoso 2020
Why you don’t just die !
e vogliamo parlare di Guns Akimbo ?
Film spettacolare
Forse il miglior film di Bond di sempre. Trama essenziale ma “gialla” al punto giusto con doppi-giochi, tradimenti e assassini. Esotico senza strafare e con quelle piccole imperfezioni che lo rendono ancora umano e non un supereroe.
E poi c’è la Bianchi che personalmente metto in cima alle bond-girl più belle di sempre.
Posso accodarmi alle primogeniture elencate da Xena con un mio trivia, per quanto superfluo? (Io li adoro, in generale, e adoro Double O – Seven).
«From Russia With Love» segna anche la prima volta – già al secondo film – che un attore o attrice rientri nella saga in un ruolo diverso da quello ricoperto precedentemente: lo scozzese – di Edimburgo pure lui – Anthony Dawson, come evidenziato dalla scheda IMDb linkata nel pezzo, era stato il Professor Dent in «Dr. No» appena l’anno avanti e, forse anche per evitare sovrapposizioni a stretto giro (oltre che per conferire un alone di carisma e sintomatico mistero), qui interpretò il Number 1 di SPECTRE, come detto sopra (per replicare due anni dopo in «Thunderball»), senza essere inquadrato in volto né accreditato.
Un altro caso è quello di Walter Gotell, che proprio in FRWL impersonò lo henchman Morzeny e nel decennio 1977-1987 avrebbe simpaticamente (letterale) tratteggiato il generale Gogol del KGB.
Qualche ulteriore nome di interpreti-jolly ricorrenti, con vario screentime, ma soltanto al volo per non tediare e non andare troppo off-topic: Martine Beswick (sempre da FRWL), Charles Gray (il Blofeld di DAF, già MI6 agent in YOLT)), Shane Rimmer, Maud Adams, Robert Brown, Joe Don Baker…
Eunice Gayson / Sylvia Trench, introduttivo love interest di James in questo dittico iniziale firmato Terence Young (dalla mitica presentazione del club Le Cercle allo splendore nell’erba sulle note – radiofoniche – di Matt Monro), è rimasta invece per oltre mezzo secolo l’unico personaggio di Bond-woman apparso due volte, escluse naturalmente le presenze fisse dello Headquarter, prima della nuova consorte Léa Seydoux / Madeleine Swann.
Vero, la gayson è l’unica bond girl che torna come personaggio anche se non l’unica attrice. Anche Maud Adams fa l’amante di scaramanga ne l’uomo dalla pistola d’oro venendo ovviamente sedotta da bond in maniera inusitatamente violenta per Moore e poi tornerà da protagonista in octopussy
Sì, Maud Adams è l’esempio più clamoroso fra gli/le interpreti “che vissero due volte”, nell’epopea bondiana: addirittura il nome del suo secondo personaggio come titolo del film, appunto «Octopussy» (e un arco narrativo certamente più fausto che in TMWTGG); onore mai toccato a nessun’altra Bond-girl, per quanto borderline, ma solo a main villains irriducibili (Dr. No, Goldfinger e, sotto forma di perifrasi, lo stesso Scaramanga).
Perciò ti sono grato di averle reso tu, Robert, l’esplicito omaggio che meritava: io mi ero imposto di limitarmi a menzionarla, sopra (come nel caso – più “supporting role” – di Martine Beswick, FRWL e «Thunderball»), unicamente perché stavo già scrivendo e svariando troppo.
Poi s’intende che, quando ne ricapiterà l’occasione, della fascinosa attrice svedese parlerò sempre molto volentieri.
“We’re an all time high
We’ll change all that’s gone before
Doing so much more than falling in love”…
Gran pezzo, dall’incipit all’azzeccatissimo parallelo con Don Draper.
Qui basta sostituire il nome e funziona comunque allo stesso modo:
https://youtu.be/dTTzw8_83vg
Anche io grande fan dello 007 cinematografico! Grandi film, fra le fondamenta della cultura degli ultimi 60 anni!
Azzeccatissima l’osservazione sul “dettaglio di classe”, sono proprio cose come queste che hanno fatto la differenza per la saga di Bond al cinema e per il mondo che rappresentava, alcuni dei particolari che apprezzavo di più. Questo fa il paio con l’incipit di “Thunderball” in cui James Bond riconosce che la vedova al funerale è un’impostora da come entra in macchina: una vera signora si sarebbe fatta aprire la portiera. Anche cose come queste lo hanno reso grande.
Oltre ovviamente all’azione! Grandi film d’avventura e d’azione, che hanno influenzato a loro modo i classici anni 80 e 90 tanto incensati su questo sito. Un grazie enorme a Fleming e alla EON!
Appena rivisto, e sì, niente male. Plot funzionale e serrato, regia solida, attori in palla, nessuna esagerazione a parte la figaggine di tutti i coinvolti. Avercene.