Sono anni che Zac Efron, almeno da quando ha finito il liceo dei musical, si sta pompando. E a ogni progresso manda un resoconto con foto all’isola di Val Verde: “Guardate ho preso altri 2 Kg di massa!”, “Guardate sto facendo i deltoidi”… La direzione generale di Val Verde ha sempre ritenuto opportuno seguire i progressi ma non rispondere. Almeno fino a che ha continuato a mettere a frutto quella massa per le commedie romantiche, i film d’autore o la roba che non sappiamo nemmeno come si chiama perché non guardiamo. Poi ha fatto un film con il fuoco nel titolo e un po’ di esplosioni e, anche se non era granchè, ce ne siamo occupati, per far vedere al ragazzo che se si mette sulla buona strada diamo una seconda occasione a tutti. Ora ha realizzato un biografico sulla più grande famiglia del wrestling americano. E per farlo ha messo su ancora più massa in un salto che prima lo si era visto solo tra il The Rock pre-Pain&Gain e quello post-Pain&Gain. Era Zac il ragazzino, è passato per la fase Zac il simpaticone e ora è diventato Zac il muscoloso.
Che altro deve fare oggi un attore per guadagnarsi una recensione sui 400 calci? E quindi sigla!
Se non lo sapeste i Von Erich sono stati una dinastia di wrestler così grossi, potenti e atletici da non avere bisogno di maschere, nomi, identità e costumi sgargianti. Erano i Von Erich. E tanto bastava. Erano la boy band del wrestling, nel senso che ognuno aveva una sua caratteristica specifica e avevano un successo pazzesco. Questo prima che cominciassero a morire uno a uno in modi sempre più incredibili. Questo racconta The Iron Claw (titolo a cui in Italia, così, in un impeto di creatività folle, abbiamo aggiunto un “The Warrior” all’inizio): la storia della famiglia Von Erich a partire dal patriarca, anch’egli un wrestler poi diventato manager e gestore di una sottodivisione statale sua, quella del Texas. Lui ha cresciuto i suoi quattro figli per essere wrestler, fin da piccoli. Uno più grosso dell’altro. E li ha cresciuti con la folle ambizione di diventare campioni nazionali.
Chiariamo una cosa però, questo è ancora il vecchio Zac Efron mascherato da nuovo, perché The Iron Claw non è The Wrestler e non è nemmeno Warrior. Non è una grande eccezione meritevole e non è nemmeno un vero film di menare, ma un biopic molto classico in cui il wrestling è come il tennis, il calcio o la pallavolo, è lo sport che fanno i protagonisti, che richiede sacrifici, che può dare soddisfazioni come anche delusioni e che viene inculcato da un padre durissimo. Nulla di diverso dal solito. La componente di azione, di menare, di violenza durissima è totalmente edulcorata. Benché ci siano tutti attori pompati da nessuna parte si percepisce la durezza del pratica il wrestling. E anche gli incontri non sono filmati per quel che sono ma, quando non serve che accada qualcosa (in un paio di casi ci sono eventi interni all’incontro), vengono trattati con le musiche sotto i ralenti e i voli. Come una persona che non ha mai visto il wrestling se lo immagina se per lavoro lo deve idealizzare.
Di quello che davvero caratterizza il wrestling cioè del lavoro sulla lotta, sulle mosse e di tutta la parte teatrale c’è pochissimo, lo stretto indispensabile per farci sapere che di tutti i fratelli, quello di Zac Efron era il meno portato a parlare in pubblico. Come anche c’è pochissimo di tutta la questione droghe (siamo tra gli anni ‘70 e ‘80). Il film non riporta necessariamente la versione della famiglia Von Erich ma di certo edulcora molti passaggi che sono oggi invece acclarati, come per l’appunto l’incidenza delle droghe (mostrate di sfuggita come fossero anabolizzanti) nella fine di alcuni di loro. E invece enfatizza il ruolo del padre, la butta in caciara insistendo sulla storia della maledizione e spinge tutto nella direzione del piangere.
La cosa peggiore è che è difficile con il procedere del film non pensare: “Ammazza che sfiga questi!” invece di partecipare o stupirsi della parabola, perché The Iron Claw non fa che ripetere il medesimo schema, come in una gag in cui diverse scene finiscono sempre alla stessa maniera con un funerale. Invece di mettere insieme fatti e azione, quello che è accaduto ai Von Erich con quello che facevano sul ring, (che era la parte eccezionale di The Wrestler), questo è un film che si limita a usare l’iron claw come metafora della morsa del padre sui figli, costruendo così un villain (come nel wrestling) contro il quale far scontrare, e perdere, dei figli buoni.
Arrivati alla fine non c’è più nulla del suo inizio, quando in bianco e nero vediamo con la furia animalesca del patriarca, che sul ring interpretava un villain (non a caso), era noto per essere truce e odiatissimo dal pubblico (quindi di successo). Non c’è niente nemmeno dell’entrata in scena di Zac il muscoloso, al mattino, tutto grosso in un letto piccolo e poi a correre forte, con un evidente sforzo davanti all’alba. Questo è ahimè un film molto più di piangere e poco di menare che non racconta il peso di una vita dura e di scelte audaci, ma la sofferenza di animi sensibili. Un film per il quale Zac Efron ha messo su chili e chili di muscoli per piangere. Ma forte.
Dvd-quote suggerita:
“Tanto pompare per nulla”
Jackie Lang, i400calci.com
una dvd quote superlativa….ma perché Zac…manco sa recitare…prendine uno già grosso …è pieno di wrestler che sanno fare cose e facce davanti alla telecamera meglio di lui..bah.
Non ne sono cosi sicuro…in quel film in cui faceva Ted Bundy a me era piaciuto.
non l’ho visto.. ma Ted Bundy era un belloccio ..almeno lì un senso poteva averlo…boh…magari si Mattewmccogneynizzerà in futuro
Dopo un primo interesse per il trailer, mi sono reso conto che il fil non sarebbe stato proprio un eccezione meritevole.
Grande DVD quote e giusto epitaffio.
mettiamola così: Zac è quasi pronto per il biopic su Lou Ferrigno.
(piccolo typo: “la durezza del pratica il wrestling”)
e del jeremy allen white che mi dici jackie? anche lui mi pare un bel torello qua
Film che purtroppo non si concentra sul wrestling ma, come scrive la rece, lo fa rimanere sullo sfondo…ed è un peccato perché l’impegno di Zac si vede: almeno fisicamente, perché ha la faccia di He-man, non muove un muscolo del viso (credo proprio non sappia recitare).
Tuttavia, pur essendo un biopic classico, alla fine l’ho trovato riuscito in quel che vuole raccontare (pur discostandosi dalla realtà) e con una scena finale che per me funziona, nonostante qualcuno la troverà scontata e banale.
Avrei voluto più Jeremy White, quasi sempre sullo sfondo…ma in fondo il pdv è quello di Zac.
Purtroppo anche in questo caso, come in tutti i biopic (eccezion fatta per The Dirt o Private Parts dove almeno lo dichiarano apertamente), gli eventi vengono “spostati nel tempo” e cambiati per esigenze narrative (ad esempio tra la vittoria del titolo e l’incidente in moto che costò un piede a Kerry nella realtà passano circa 3 anni). Ciò premesso da appassionato della disciplina un film in più da aggiungere alla collezione.
Piccola dimenticanza: dopo il “debutto” di Conor un futuro nel mondo dei film “di menare” al buon MJF non glielo vogliamo dare? Con una faccia da schiaffi così sarà un successo
falliti. Fallati…insomma finiti.