Direi che siamo tutti d’accordo che intitolare un film “Ammazzali tutti”, citazione dei Metallica o meno, sia un modo efficace per attirare la nostra attenzione.
Kill’Em All, nella sua ricerca di un pretesto a caso per inscenare 85 minuti di pizze in faccia, sconfina dai soliti stereotipi stra-abusati e si rivolge all’horror: dopo aver diligentemente imparato la lezione da Saw, un maniaco narcotizza una serie di assassini professionisti e li rinchiude in una stanza spoglia denominata eloquentemente “killing chamber”.
La cosa figa è che, trattandosi di un film di arti marziali, i dilemmi morali sono azzerati: ordina a un gruppo di picchiatori di ammazzarsi tra di loro finché non ne rimane solo uno, e quelli risponderanno al volo “uh, ok” e inizieranno prima del via. Che è letteralmente ciò che accade, perché non tutti hanno voglia di aspettare i giochettini della misteriosa voce camuffata fuori campo. È un bene.
La composizione del nostro gruppo di concorrenti è quella delle barzellette: ci sono il francese e il tedesco, il thailandese, il tamarro, lo schizzato, la gnocca, l’americano figo e “il carpentiere”. Quest’ultimo è un improbabilissimo muratorone ultracinquantenne che pare una versione povera di Ray Winstone, enorme panza da birra inclusa, e pare particolarmente fuori posto finché non controlli i credits e capisci tutto: è Joe fuckin’ Lewis. Leggenda del karate, pioniere della kickboxing, una volta il prototipo dell’americano perfetto dal fisico impeccabile e la folta chioma bionda, sparito dal cinema dopo un esordio più sfigato che sbagliato, non avevo idea di come si fosse ridotto fisicamente ed è singolare che avesse deciso di tornare al cinema, in quelle condizioni, poco prima di cedere quest’estate a una salute evidentemente precaria. Per la stazza che si ritrova fa una figura decorosa, e il film è giustamente dedicato a lui.
Kill’Em All fa anche un’altra cosa intelligente: si accorge che una trama che prevede otto assassini chiusi in una stanza ad ammazzarsi tra di loro è troppo scarna persino per 85 minuti, per cui non si fa troppo pregare per variare un po’ i procedimenti, che non si è qua a fare cinema sperimentale e nessuno s’incazza se dopo un po’ imbrogli sulla premessa a patto di continuare con le botte.
Al che veniamo a ciò che conta maggiormente, ovvero le star principali, che sono tre.
Johnny Messner è il classico bisteccone all-american, visto di recente in Arena, aspirante vero attore occasionalmente prestato al cinema di botte a cui dona credibilità fisica e consumato carisma da telefilm di seconda fascia, l’unico in pratica con una preparazione attoriale decorosa, con il compito di rendere il film un po’ più professionale. Zom Ammara è invece una patata thailandese già comparsa in Chocolat, meno acrobatica di Jeeja Yanin ma anche meno ragazzina nell’aspetto, e con una gradevole predisposizione a stritolare gli avversari con le proprie gambe. Ma la vera star del film è il tamarrissimo Tim Man, già visto in Bangkok Adrenaline, capello lungo e canotta sotto la giacca di pelle, carisma non abbagliante ma repertorio acrobatico di prima categoria, tra arrampicate sui muri, multipli avvitamenti aerei e tutte quelle mosse che Scott “El Desaparecido” Adkins ci nega da troppo tempo. Sue anche le coreografie del film. In cabina di regia Raimond Huber, responsabile guarda caso di Bangkok Adrenaline e sceneggiatore del terribile Freerunner. Qui si tratta di gestire un film composto al 90% da gente che fa a schiaffi, e il compito è portato a casa con ammirabile scioltezza.
Detto questo, io non lo so se il concetto di spoiler vale anche per film di questo genere, personalmente tendo per il no, ma ci sono due cosette che ci tengo a dire che i più talebani di voi forse preferiscono godersi in diretta.
La prima è che nel pre-finale si presentano Tim e Zom (che con due nomi così sono ormai destinati a fare 80 film in coppia) contro una coppia analogamente mista di cattivi. E pensate un po’? Non solo viene ribaltata la convenzione e si ritrovano lui contro lei e viceversa, ma Tim in particolare applica la parità dei sessi con rimarchevole solerzia sfasciando di cazzotti la sua dirimpettaia e disturbandosi pure a infierire sul cadavere.
La seconda è che, se si esclude l’ambiguo caso di Dredd, Kill’Em All è ufficialmente il primo film a fare tesoro delle lezioni di The Raid e, nello specifico, riproporre nel finalissimo lo schema dei due eroi contro un solo mega-cattivo. Là era l’inarrestabile Yayan “Mad Dog” Ruhian. Qua -carramba!- è nientemeno che il maestro Gordon Liu. Extralusso.
DVD-quote:
“Un prodotto onesto e modesto come se ne trovano sempre meno”
Nanni Cobretti, i400Calci.com
Minchia mi è venuta una voglia di vederlo assurda!
Alla fine i due si innamorano e trombano facendo acrobazie?
Non riesco a capire se la cover mi esalta per il piedone o il pantaloncino pitonato.
ps: grazie nanni; finalmente un post nei 400 senza dire “fazza”!
mannaja…pensavo fosse arrivato il momento di death race 3…comunque prendo nota…;)
Otto assassini chiusi in una stanza ad ammazzarsi? Ma questo è Thrill Kill! Io prendo The Imp. Stanlio tu chi ti prendi?
Promettente. Ne facessero di più di film così.
A dire che infierisce sul cadavere ora c’ho una curiosità atomica, anche se non penso se la strombazzi da morta, insomma non è un film scritto da me! :D
Da recuperare di volata!!
Me lo segno.
L’idea era pure figa ma i combattimenti spesso fanno cagare e l’orda di dementi che si agitano urlando a caso tipo primini all’occupazione non si può vedere.
Incredibilmente mi ha messo addosso noia mostruosa.
Per un nanosecondo mi è passato per la testa di chiedere quando fosse prevista l’uscita nei cinemi italici. Poi mi sono messo a ridere da solo.
@schiaffi: in effetti ai dementi mancavano solo gli elmi con le corna e la pelle verde per essere gli orchi di Warhammer xD però a me ha divertito dai… mi ha fatto tenerezza il manzo americano che cerca di recitare in mezzo al nulla cosmico. Gli ultimi combattimenti sono i migliori! grazie della recensione