Basta che un Mereghetti o un prete inizi a scoreggiare fuori un briciolo d’interesse e ti ritrovi il nuovo Via Col Vento. Coraline di Neil Gaiman, il romanzo intendo, è una cosa genuinamente spaventosa ed inquietante. Coraline di Henry Selick, il film intendo, è un coso tagliato sullo stesso identico testo dove la cosa più spaventosa è che l’altra madre (il SUPERCATTIVO, una fattucchiera esaurita con la voce il naso e il taglio di capelli di Teri Hatcher e due bottoni cuciti al posto degli occhi) a un certo punto prende una blatta dalla scatola dei cioccolatini e inizia a mordicchiare. Provi schifo, esci e vai a farti un kebab. Salute che cola via assieme al grasso della pelle di maiale o capretto. Nel frattempo Coraline film è finito e ha lasciato l’impronta indelebile del telefonatissimo capolavoro gotico variopinto per il quale tutti quanti sono usciti di testa, presenti esclusi. Il pomeriggio precedente mia moglie mi ha punito costringendomi a realizzare un fiorellino con l’applicazione flash che sta sul sito ufficiale e a condividerlo con i miei amici Facebook.
E in Coraline è tutto così incredibilmente simile al sito ufficiale, con quella patina moooolto funerea e moooooo o o o oo lto variopinta rubata a man bassa dal cervello fuso di Dave McKean (speriamo gli abbiano riconosciuto una fetta della torta) cucita addosso a criptopassivi, emo, ragazzine blateranti e fan dei Cure. Naturalmente non c’è niente di male a non essere horror –esistono un sacco di film non-horror, ne ho guardato qualcuno anche di recente e alcuni erano anche carini (cit.); la grana arriva quando prendi un testo sostanzialmente “horror”, lo carichi di tutta una serie di suggestioni horror e lo vendi a trance a un pubblico più trasversale di quello dei fan di Miyazaki con la segreta ambizione di creare un genere trasversale che ormai è stato creato altre venti volte in passato. Tale Filippo, nei commenti a Drag Me To Hell, dice che lo strappone improvviso a tradimento che ti fa saltare un metro dalla sedia non è un modo onesto di farti cagare addosso. Non sono d’accordo, e credo sia perchè noi qui odiamo i Cure e amiamo i Carcass (i fan dei Carcass si aspettano di vedere cosa c’è dentro, ecco). Nel caso siate interessati ad un’alternativa critica plausibile, vi conviene valutare il grado di sincerità secondo due variabili statistiche alla portata di tutti:
1 il numero di adolescenti soprappeso in motorino che occupano intere file da dieci al cinema e passano il tempo a ruttare, tirarsi i fondi della Pepsi a vicenda e raccontare quante seghe si spareranno a casa pensando alle tette della protagonista.
2 il numero di sequel a dieci anni dall’uscita del primo episodio.
Coraline non è uno spaventerello del cazzo in cerca di sequel efferati, naturalmente. È una fiaba dark. Una fiaba dark variopinta. Se la protagonista fosse stata Emily the Strange il risultato finale non si sarebbe mosso di un millimetro, ma un sacco di indie-cinefili seri l’avrebbe schifato a man bassa senza manco passare dal megaplex ad accertarsene. C’è da dire che io le palle me le sono spaccate in 2D -magari con gli occhialini sarebbe stato più suggestivo e magari anche più variopinto, ma il sospetto rimane. Coraline muore a forza di pregi: è un film ben realizzato con un messaggio molto forte (ma non riesco bene a capire quale). È tratto pari pari da una novella di Neil Gaiman, un oggetto bizzarro nella bibliografia dell’autore –sostanzialmente l’unico testo che non cita un miliardo di altre pubblicazioni e preferisce inventare di sana pianta –il che rende più facile la pubblicazione ma più difficile il gioco sugli equilibri. E Neil Gaiman, cfr.Sandman, è un fan dei Cure, ma forse ha smesso di ascoltarli da un po’ (e Sandman non è quasi mai obeso, grazie a dio). E Dave McKean di sicuro è un fan di Carcass e cose simili. Ma c’è tutta questa atmosfera ovattata da BellaAddormentataNelBosco 2.0 che ti ammazza l’interessa e ti fa venire una voglia pazza di tornare a casa e mettersi in pari con i Final Destination. Esco, mi sparo un kebab, torno a casa e mi metto in pari con i Final Destination. Lì almeno la morte è una GRAN TROIA, e non ha il nasino à la Teri Hatcher.
Quote suggerito per il DVD:
“Un’altra fiaba gotica, VAFFANCULO.”
Wim Diesel, i400calci.com
Ciao Wim,
ritorno sulla questione perché tirato in ballo. Il problema, a mio avviso e in base alla mia esperienza personale, è che al 99,9% lo strappone NON è improvviso e NON è a tradimento, bensì è intuibile e prevedibile, perciò NON fa saltare un metro dalla sedia e NON fa cagare addosso, ne consegue la sua inutilità. Ma questa, ripeto, è una considerazione personale, relativa a un caso specifico (me fesso, ehm, stesso ;-) ), non applicabile a tutti i soggetti, come è facilmente verificabile in sala, e giustamente non condivisibile.
Prendendo in considerazione l’ipotesi più probabile e più realistica, ovvero quella priva dei “NON”, e parafrasando il maestro del brivido, sono meglio quindici minuti di suspence o quindici secondi di sorpresa?
Coraline andrò a vederlo stasera, perciò non posso pronunciarmi in merito.
A presto!
Beh che dipenda da caso a caso è ovvio, ma occorre comunque ragionare sulla cosa in termini puramente culturali -vale a dire che il veto di Hitchcock, che poi in realtà era un semplice “preferisco di no”, ha reso lo strappone una specie di cul de sac cinematografico per sprovveduti in cerca di successo da cassetta. Non è così, naturalmente. Esiste una grammatica dello strappone, e la gestione dello strappone all’interno dell’economia generale fa il film. Ecco.
Tu nomini i Carcass per contare quanti fan dei Carcass ti seguono? Eccone una!
PS a me però i Cure piacevano…
Se qualcuno coglie il significato di Corlaine (il film) poi lo posta qui?
@RRobe – mi piacerebbe. insomma dai è piaciuto a così TUTTI che qualcuno l’avrà capito.
@fran – sui fan dei Carcass so solo tre cose: siamo in pochi, teniamo duro e non abbiamo paura. Santa Claus rides alone.
@Wim
Sono d’accordo con tutto, solo l’ultima frase non mi convince (“la gestione dello strappone all’interno dell’economia generale fa il film”), ma forse non l’ho intesa nel modo giusto (eventualmente correggimi). Penso che un buon film sia frutto di un lavoro collettivo e che la sua riuscita o il suo fallimento siano imputabili alle diverse parti che hanno collaborato, chi più chi meno, anche se personalmente tendo a dare molto peso alla storia. Ovvio che ciascun genere ha le sue peculiarità, che verranno sfruttate nel miglior modo possibile al fine di ottenere un determinato risultato, ma se la storia non è buona, non credo si possano fare miracoli. Al massimo, qualche strappone ben assestato può rendere il film passabile, ma non certo portarlo all’empireo. Sbaglio?
@RRobe
Come ho scritto lo vedrò stasera e, se capirò il senso (a questo punto comincio a dubitare), sarò ben felice di di postarlo.
@Filippo: credo che Wim intenda qualcosa tipo “fammi vedere come usi lo strappone e ti diro’ se sei un professionista onesto o un vigliacco senza idee”
A me i Cure piacciono di piu’ quando suonano male.
Ok, allora concordo con tutto quello che ha scritto. Grazie Nanni :-)
Ho visto il film ieri sera e so di andare quasi del tutto controcorrente nel gioire che qualcuno abbia avuto impressioni simili alle mie (eccetto per i Carcass, che di certo ho ascoltato ma non conosco affatto così bene).
Insomma, l’ho trovato moscio; “telefonato” penso sia l’aggettivo più che corretto. (Grazie.)
A un certo punto mi è venuto anche il sospetto che il ritmo loffio fosse conseguenza del 3D.
Magari si è invece voluto richiamare un certo modo di raccontare, una pacatezza vecchio stile.
(Il libro è ovviamente meglio, ça va sans dire.)
(Sul significato però mi sbilancio, a rischio di essere sbeffeggiato come banale e irriso: sguardo sul reale, bottoni che guardano realtà fasulle e artificiose, tutto il gioco con gli specchi, e i vetri davanti tra la immaginaria mdp e la scena, ve ne sarete accorti.)
(Sokurov però lo faceva meglio; benché rimanesse sull’estetizzazione [quasi?] pura.)
Eccomi qua! Il film l’ho visto e non mi è piaciuto granché; l’ho trovato terribilmente noioso e, sarò sincero, inquietante (sopratutto per i bambini sotto i dieci anni) nel climax finale. La noia penso sia la principale nemica di qualunque prodotto cinematografico o televisivo (e non solo) e in Coraline ce n’è parecchia. Non sono servite l’altra Vanna Marchi (Miss Forcible), l’altro Stregatto, l’altra Crudelia De Mon (l’altra madre smunta) e tutti quegli eccentrici personaggi a risollevare la situazione, a ravvivare quella piattezza vissuta non solo dalla giovane protagonista, ma anche dallo spettatore in sala. O meglio, per la giovincella ha funzionato.
Il senso del film mi sembra chiaro: Coraline ha passato quello che ha passato per riuscire ad apprezzare la sua vera vita e i suoi veri genitori ed essere finalmente felice.
comunque fa piacere che nelle ultime trenta o quaranta ore sia spuntato fuori anche qualche essere umano che non ha troppo gradito Coraline, dà un senso al concetto di pluralismo.
Il senso del film è che la famiglia, ovunque ti giri, è fascista. Tanto vale tenerti quella che hai in prima battuta.
(A me è piaciuto molto.)
commento un post di sei anni fa solo per alzare un cinque altissimo a Dolores per questa perla passata senza un’adeguata reazione (tipo una parata militare ogni 25 di giugno per i prossimi cento secoli o finché la società capisce…)