“Esatto, brava. Le solite due passate di smalto e poi ci spruzzi sopra il dryer”.
“….”
“Guarda, io l’ho preso su eBay, che è anche più comodo…”
“…”
“Mhm. Ma senti, per il compleanno di zia tu prepari qualcosa?”
“…”
“Seee, e quando mai. Quella è pure allergica al lattos…Uh! Aspetta…Mà, devo attaccare, sono usciti i titoli di coda.”
“…”
“Eh sì. Bisogna scriverla lo stesso, la recensione. I Lettori devono sapere”.
E dunque eccomi a voi.
Allora: che Bryan Bertino avesse dei problemi irrisolti con la quiete domestica lo avevamo già intuito dal suo esordio alla cinepresa. Ora, non mi dilungherò sul topic The Strangers, promesso.
Al riguardo, vi basti sapere che:
1) l’ho visto.
2) Avevo precedentemente visto Funny Games.
3) Bryan, ccà nisciuno è fesso.
4) Ho affrontato la visione di Mockingbird con i peggiori pregiudizi possibili.
La quiete domestica, dicevamo. Probabilmente l’infanzia di Bryan Bertino deve essere stata segnata da una lettura totalmente distorta de Il mago di Oz. Altrimenti non si spiega come mai, ogni volta che costui decide di girare un film, il punto di partenza, lo svolgimento e la morale confluiscano sempre nel messaggio “No place like home un paio di palle”. E qui sorge il problema: data un’ideuzza di base che considereremo invariabile per motivi che solo l’analista di Bryan può conoscere, come si fa a introdurre una parvenza di cambiamento atta giustificare un nuovo dispendio di pellicola?
Le vie per risolvere l’annoso problema sono diverse. E Mockingbird sceglie di seguirle tutte, fedele alla strategia Spariamo nel mucchio e che Dio ce la mandi buona.
Soluzione n.1: LA MOLTIPLICAZIONE. In The Strangers avevamo una casa presa di mira da folli sconosciuti? Bene, in Mockingbird le case sono TRE. Tiè.
C’è la solita coppia borghesuccia – per tranquillizzare lo spettatore, frastornato da tutte queste novità – c’è la studentessa fuori sede che abita da sola e non conosce nessuno e c’è il disoccupato che vive ancora da mammà. Tre vite tranquille che verranno sconvolte in contemporanea quando, verso l’ora di cena, tutti i protagonisti troveranno un bel pacco regalo fuori dalla porta di casa. Anziché porsi delle domande elementari quali “Ma chi è il mittente?”, “Come fa costui ad avere il mio indirizzo?”, “Sono di nuovo andata su Yoox da ubriaca?”, i nostri eroi concludono che a caval donato non si guarda in bocca e si portano il misterioso pacco dentro casa.
Non avete già l’acquolina in bocca? Ma aspettate, il meglio deve ancora arrivare. Perché Mockingbird non si accontenta mica di un lieve cambiamento a livello di trama. No: la rivoluzione deve essere anche formale. The Strangers era girato come Dio comanda che si girino i film a Hollywood? Un sacco di operatori, dolly, combo, steadycam e chi più ne ha più ne metta?
Mockingbird no. Perché indovinate un po’ cosa c’è dentro quel pacco regalo?
Soluzione n.2: LA VIDEOCAMERA. Già. Proprio lei. Non posso mentirvi: siamo di fronte all’ennesimo horror girato alla DIY. Mockingbird è il montaggio di quanto ripreso dagli stessi protagonisti, coinvolti a sorpresa in un sadico gioco le cui uniche regole sono: non smettere mai di filmare quello che sta succedendo in casa tua e mettiti il cuore in pace perché probabilmente ci lasci le penne. Ora, prima di addentrarci nei dettagli della storia e cercare di cavarne anche qualcosa di buono, fermiamoci solo un istante a riflettere sull’ennesimo ricorso totalmente gratuito al found footage (found non si arriverà mai a capire da chi) in un film che non ha alcuna pretesa di vendersi come Fatto-realmente-accaduto e per di più artificiosamente suddiviso in capitoli dallo stesso regista.
Avete riflettuto? Ok, ora raccogliete i testicoli e andiamo avanti.
Come la trama di un qualsiasi Home Invasion, anche quella di Mockingbird si riassume in una riga o meno: pian piano, i protagonisti si rendono conto che fuori dalla loro casa c’è un pazzo che vede tutto ciò che loro stanno filmando e ne approfitta per tormentarli. State calmi, che già sento le vostre repliche da saputelli: no, non possono materialmente spegnere la videocamera, quel modello è fatto così. Sì, in effetti potrebbero farla a pezzi. Ma che fine ha fatto il vostro fanciullo interiore? Sospensione dell’incredulità e via.
Liquidata la trama nei primi minuti del film, da lì in poi è tutta atmosfera, luci che si spengono, rumori improvvisi, riprese a schiaffo e dettagli che diventano le colonne portanti del film: una volta entrati nel vivo della faccenda, anche Mockingbird ha i suoi momenti interessanti. Il personaggio del kidult disoccupato, ad esempio, avrebbe meritato un film a sé stante. Se con gli altri il misterioso maniaco si limita a squadernare l’ABC della violenza psicologica, con il povero Leonard si spinge fino all’umiliazione pubblica, obbligandolo a travestirsi da clown, farsi dare calci nelle parti intime e scattarsi foto creepy con bambini sconosciuti. Il tutto senza che il povero disgraziato arrivi minimamente a sospettare che in questo gioco in palio non ci sono soldi, ma la vita. Insomma, diciamo che una volta digerita la somiglianza con The Strangers, una volta digerite le riprese oscillanti alla Von Trier, la parte centrale di Mockingbird per un po’ riesce a catturare la nostra attenzione.
Finché non inizia a serpeggiare in noi una domanda: ma tutto ciò dove andrà a parare? Come mai sono state scelte proprio queste vittime? Chi c’è dietro questo stalking a oltranza?
È presto detto. C’è la soluzione n.3.
Soluzione n.3: IL COLPONE E IL COLPETTO DI SCENA.
Tranquilli, potete continuare a leggere senza paura: non rivelerò in cosa consistano. Ma non perché io sia una bella persona, né perché se vi spoilerassi il finale Nanni mi farebbe fare la fine del citato Leonard. No. Non vi dirò nulla perché sapete già tutto. Perché verso la metà di Mockingbird, nel pieno dell’azione, sentirete un vostro neurone sussurrare al compagno di banco: “Ma vuoi vedere che alla fine…”. E da quel momento in poi non riuscirete a pensare ad altro. Sullo schermo le donne urleranno, voci inquietanti impartiranno ordini da segreterie telefoniche, giocattoli vintage verrano sparsi a caso con intenti macabri, ma voi a questo punto vorrete solo arrivare al gran finale per scoprire se davvero avevate capito tutto già da un’ora prima.
E con la morte nel cuore devo dirvi che la risposta è sì.
DVD-quote:
“Se non ne avete visti molti altri, può essere anche un bel film.”
Belen Lugosi, i400Calci.com
@Belen, l’altra volta con la rece di JSM mi hai aiutato in positivo…questa volta sembri bocciare il film eppure lasci aperta la porta e quindi sarei tentato di recuperarlo…insomma io i vari film predecessori li ho visti più o meno tutti…i due funny games, strangers, borgman, you’re next, l’alba dei morti viventi etc…che faccio?
ciao belen. prima di continuare a leggere volevo rispondere alla tua domanda retorica “found non si arriverà mai a capire da chi”. la risposta è: quello che tanti anni fa ha fatto cannibal holocaust: Ruggero Deodato.
poi la situazione gli è sfuggita di mano.
io ho già l’arretrato di killers. mò metto in coda pure questo visto che li ho visti tutti come Marlon Brandon perchè la sensazione di “scoprire se davvero avevate capito tutto già da un’ora prima” mi fa sempre sentire molto intelligente. e io alla mia autostima ci tengo.
A me invece fa ridere un sacco la storia di Bryan Bertino, che a suo tempo fece la figura del fenomeno facendosi produrre The Strangers dal nulla e tirandone fuori un successo che non mi sono mai spiegato (stessi motivi di Belen), e poi nonostante tutto ci mette sette anni a uscirsene con un altro film qualsiasi, e che cos’e’? Una storia semi-identica, a cui non danno nemmeno la dignita’ di uscire in sala. E, a quanto pare, senza rimpianti.
@Marlon Brandon @annaMagnanima Il mio consiglio è: guardatelo. Senza grandi aspettative, ma guardatelo. Se non altro, come dice la Magnanima, per mettere alla prova le vostre capacità deduttive.
Abitando in campagna, l’home invasion è l’unico genere che mi spaventa davvero, dopo bambole burattini e pagliac… oddio, c’è un pagliaccio sulla locandina? Ok, questo film sarà anche noioso e banale ma rifiuto di vederlo per la mia salute mentale!! :D
DIY starebbe per?
Do It Yourself = Fai Da Te
@samuel paidinfuller
DYI: Do It Yourself.
Di solito si riferisce ai lavoretti di casa che uno invece di spendere 100 euri per cambiare un rubinetto ne spende 5 per il rubinetto nuovo e poi lo cambia da solo, fa una cazzata, allaga la casa e deve chiamare l’idaulico come emergenza spendendo 150 euri e poi anche cambiare la moquette (perche’ non ci sono piastrelle in UK) buttando via altri 100 euri.
@passantepercaso: poi l’idraulico e’ in realta’ un serial killer travestito, e il film inizia cosi’
Basta che non ci siano dei ragazzini sniffacolla come in Ils (unico elemento peraltro che bertino non ha copiato in the strangers)
ok grazie…io conoscevo solo FYI
Ma infatti la storia del Bertino mi manda ai matti. Diversi articoli che lessi a suo tempo lo spacciavano come il piu’ classico dei signori nessuno trasferitosi a Hollywood con una valigia piena di sogni, che scrisse una sceneggiatura in tutto e per tutto identica ad almeno un’altra dozzina di film ma riusci’ comunque a farsi produrre il film dalla Universal con Liv Tyler in omaggio. E fortuna che questa storia non s’e’ diffusa troppo, altrimenti saremmo invasi dagli stronzi persino piu’ di adesso.
Davvero vi fa così schifo The strangers?
Io me lo ricordo come un onesto horror, ben girato, ben interporetato e abbastanza strizzoso, al netto di qualche banalità nei comportamenti dei protagonisti. E mi pare che avessi visto anche tutte le pellicole da cui rubava idee (e non direi che copiasse Funny Games più di quanto Funny Games non copiasse da, chessò… Ore disperate). Insomma, di sicuro non un capolavoro, ma manco una ciofeca, dai.
@tommaso: per me siamo nell’amibito della gran banalita’ girata un pelino piu’ convinta della media degli horror mainstream… Sopra a Annabelle e sotto a Sinister, in un’ideale classifica dei poveri.
A me intrigava e Sinister che è piaciuto a moltissimi mi ha fatto stracagare. Ma tipo uno dei peggiori film dell’anno scorso con quella risoluzione finale da “AH AH” (immaginate la gif di Nelson dei Simpson). Molto meglio persino il primo The Purge, che di base non mi ha esaltato manco quello.
Il titolo mi faceva pensare al Birdwatching.
Eh, Belen, purtroppo non c’è più la “casa-utero” di una volta, protettiva e rassicurante…(Avevo letto quell’espressione in una monografia su Hitchcock, che ho da qualche parte, riguardo a «La finestra sul cortile»).
A Hollywood, lo scardinamento di tali certezze può forse riflettere, nell’àmbito di ogni singola cellula domestico-familiare, anche l’inusitata cappa di angoscia che ha avvolto l’intero corpo della madre-patria dopo l’11 settembre 2001.
In latino, com’è noto, “domus” sta a significare “casa” quanto “patria”.
Ma bando ai discorsi pretenziosi, e via libera (scusate la lunghezza) alle amene spigolature, per non dire bischerate, che tanto mi piacciono. Forse perché sono a mia volta una sorta di “kidult”: crasi elegante che non conoscevo – o non ricordavo – e di cui davvero ti ringrazio, da contrapporre alla melensa e perciò fortunata parola d’ordine “bamboccioni” (con relativo additamento al pubblico ludibrio del Belpaese, sia pure in più blande forme politico-mediatiche).
Guarda guarda, a proposito di Hitch e di Sofocle, vedo dall’IMDb che il cast di «Mockingbird» annovera – proprio nel ruolo della “Mom” – anche Lee Garlington, la quale nel 1986 aveva recitato in «Psycho III» dello stesso protagonista Anthony Perkins (era una cameriera che la sapeva molto lunga sulla famiglia Bates)…
Senza dimenticare – per quanto abbia poca attinenza con il caso specifico – che il medesimo anno ella era stata, come agente Nancy Stalk, nel Quarto Potere di colui che comincia dove la Legge finisce: Marion (first name anagrafico di John Wayne) Cobretti detto «Cobra».
Quanto al nuovo titolo scelto da Bryan Bertino (o chi per lui), fino pochi anni fa mi avrebbe richiamato alla memoria esclusivamente «To Kill a Mockingbird», in Italia «Il buio oltre la siepe», courtroom-movie antirazzista che valse l’Academy Award alla star Gregory Peck.
Oggi, che uno ami o detesti «The Hunger Games», non si può far a meno di pensare alla ghiandaia “imitatrice”, sia per il carattere fortemente oleografico che hai ravvisato nel thriller, sia per l’imminente uscita del primo atto di «Mockingjay» (da noi «Il Canto della Rivolta»).
Solo un’associazione d’idee, s’intende: la diversità dei due generi cinematografici non autorizza ad immaginare il solito calcolo commerciale un po’ parassitario, mirato a sfruttare quella risonanza della saga young-adult che poi The Fappening, malgrado Jennifer Lawrence, ha ulteriormente amplificato.
A proposito, Belen, ma in questo «Mockingbird» la solitaria studentessa fuori sede è attraente come la biondina Danielle Dallacco di «Jersey Shore Massacre» (che per me già aveva superato la mora Natalie Burn di «Killer Mermaid»)?
Ma soprattutto: il found footage apporta qualcosa alla componente horror? Perchè se è solo fine a se stesso non riesco proprio a sopportarlo.
Ot: ho recuperato Oculus, molto molto bello.
@Marco Uhm. Diciamo che il ruolo della studentessa è stato assegnato con gli stessi criteri in base a cui Van Der Beek fu ritenuto credibile nei panni del sedicenne Dawson.
@Vin Diesel30€grazie Vorrei poterti mentire.
Ho visto il film titillato da questa recensione e… sinceramente? Mi ha messo un’angoscia tremenda.
Detesto i found foodage, apprezzo moderatamente gli home invasion (Strangers carino ma non indimenticabile) e non sono particolarmente spaventato dalla simbologia orrorifica di clown, bambole e giocattoli ma stavolta il mix è da manuale. Il pre-finale fra i palloncini secondo me è da antologia dell’ansia, i pezzi tetrissimi di musica classica in colonna sonora sono un’altra bella ideuzza.
Il colpone di scena non me lo aspettavo e onestamente non l’ho capito granché, ma riesce a dare un’ulteriore pennellata di malattia a tutto l’insieme.
Per me un filmettone.
@ Belen Lugosi
Meglio (in base a quanto avevo scritto sopra).
Se detta studentessa fuori sede dev’essere tipo la trentenne Olivia Newton-John di «Grèase», chiamata ad impersonare la diciottenne Sandy, purché DOPO la finale metamorfosi di quest’ultima, sarebbe bello immaginarsi di cantare con lei “We Go Together”. (O magari, da buon kidult, “18 Til I Die” di Bryan Adams).
Sarà che l’ho visto a pezzi e bocconi ma io il finale non l’ho capito. Cioè non ho capito il prologo 1995 e poi che caspita c’entrano quei bambini. Tutto questo per un sadico gioco bambinesco con persone scelte a caso?
ditemi che mi sono perduto qualcosa in corso d’opera.
@Belen Lugosi
@Gabriele Una parte di me continua a sperare che ci sia qualcosa che mi sfugge, ma temo il contrario. Mi sa che hai appena visto la versione pretenziosa di “Them”, benvenuto nel club.