La storia di Karyn Kusama, regista, è forse uno dei più sfigati e ingiusti casi di talento mal sfruttato degli ultimi 16 anni. Talento mal sfruttato, sia chiaro, non dalla stessa ma dai produttori e dagli studios che le sono stati intorno.
Il suo primo film scritto e diretto, Girlfight, uscito ormai nel 2000, è una pietra miliare del cinema indipendente americano, un racconto di boxe e femminilità che lanciò Michelle Rodriguez e anticipò di anni Gina Carano e Ronda Rousey che fanno del cinema. Uscì dal Sundance con dei premi importanti, un sacco di complimenti e un acquisto del valore di 3 milioni di dollari contro l’uno speso per la produzione.
Karyn Kusama era in un’ottima posizione: giovane, piena di idee diverse e sotto gli occhi di tutti. Le sue idee, però, erano troppo diverse per un mercato che tutto voleva tranne una donna capace di dire cose intelligenti e girare bei film, e ogni suo intento di produrre un’altra sceneggiatura originale fallì miseramente. Finì per girare Æon Flux nel 2005, film che forse qui ricordate come un disastro tale che non si capisce cosa volessero fare. Andò che Kusama, entusiasta della sua visione del progetto, girò un film action sci-fi dal ritmo orientale (definito “un art house movie da 5 milioni”), ma lo studio cambiò direzione, tutti impazzirono e il film vanne tagliato malamente per avere qualcosa di più veloce e meno inaffrontabile (secondo loro). Il risultato fu una storia che non aveva alcun senso (il materiale originale era già una roba impossibile da portare al cinema) e un prodotto che mostrava i segni di una grande regista a cui hanno tagliato le gambe. Il flop fu clamoroso. Nel frattempo, però, conobbe Phil Hay e Matt Manfredi, gli sceneggiatori. Il primo sarebbe poi diventato suo marito.
Qualche anno dopo, nel 2009, ritornò a lavorare per uno studio con Jennifer’s Body, e anche qui i problemi: uno stile invidiabile castrato da quella necessità di rifare Juno a tutti i costi, di essere giovani per i giovani e guai a cercare di fare un film con le idee chiare, o i giovani si confondono. Credo che i suoi problemi si possano riassumere in Megan Fox inquadrata dalle spalle in su mentre esce nuda dal lago. Tutti si ricordano questa scena. Tutti si ricordano di aver pensato “ma perché”. E in tutto questo, Karyn Kusama ne esce, ingiustamente, come una che non ne sa fare mezza giusta.
Da allora al cinema non s’è più vista e The Invitation segna il suo ritorno al lungometraggio con una sceneggiatura originale di Hay e Manfredi, ma anche un ritorno alla forma che in realtà non era mai andata via, ma solo sfogata sulle cose sbagliate.
Va subito chiarita una cosa: The Invitation è uno di quei thriller/horror in cui la gente parla per un’ora e passa finché non si arriva all’esplosione finale. Pensate alla carriera di Ti West, ad oggi unico maestro del cinema di genere in cui non succede niente, ma succede benissimo. Se non vi piace questo tipo di film allora non vi piace manco questo, tanto più se questo, a differenza degli altri, è semplicemente una serata tra amici lunga 100 minuti. Una casa, una stanza, una decina di persone e una paranoia che parte piano e si inserisce man mano, ad ogni movimento, fino a scoppiare, un po’ come succedeva nel Polanski di Rosemary’s Baby o Repulsion.
Vi è mai capitato di essere invitati a cena a casa di amici per poi scoprire di essere finiti in un’imboscata e che i vostri “amici” hanno scoperto la meditazione e che quella “cena” è in realtà un incontro con un santone puzzolente che vuole convincervi che gli alberi sono vivi? A me non è mai capitato, ma a una coppia di amici sì, e The Invitation porta con sé questo esatto sentimento. Ci sono degli amici che si comportano in modo strano, degli estranei la cui posizione nel gruppo non è del tutto chiara e tu, che sei sveglio, senti puzza di inculata.
Non voglio dire nulla di più riguardo alla storia, è importante vederla evolvere e seguire il suo ritmo ponderato per poterne godere al meglio. Ci vuole un po’ di pazienza, questo è certo, ma solo se non si vede l’ora di vedere come si risolverà la cosa, perché altrimenti ci si può godere una sanissima catena di dialoghi e sguardi interrogativi che svelano qualcosa di più ogni minuto senza dover per forza sbattere i piedi per terra.
Karyn Kusama ci mette del suo in un equilibrio che non va mai oltre quello che la storia sta raccontando, seguendo una sceneggiatura questa volta a misura d’ambizione. Non spinge mai la mano sugli elementi che potrebbero accelerare le cose e utilizza lo spazio ristretto per creare delle dinamiche claustrofobiche che, inevitabilmente, portano la paranoia su dei limiti pericolosi (la sequenza iniziale in macchina mi ha ricordato la scena migliore del von Trier recente: la limousine che non riesce a fare la curva in Melancholia). Si concentra sui volti, sulle espressioni, e utilizza le distorsioni degli obbiettivi per creare primi piani che descrivano il cambiamento che queste persone stanno subendo nel corso della serata. The Invitation poi è un film che parla di molto altro, è un dramma sul lutto e una visione sociale abbastanza apocalittica, ma mai retorica; non utilizza quello che ha da dire per convincerci di qualcosa, ma con l’esagerazione della soluzione finale ci pone davanti a un quadro (e un’inquadratura) che, per quanto assurdo, sembra verosimile.
Può sembrare un film noioso, ma non lo è. Il disagio e l’angoscia sono talmente subdoli che uscirne irrequieti è facile, e la tanto agognata soluzione finale vale tutte le parole spese prima. Non è nemmeno un discorso di rivelazione sorprendente o twist tutto matto ma, più che altro, quella sensazione di immobilità di fronte a un problema presente ma inaffrontabile finché non è scoperto. Non si vuole per forza raccontare qualcosa di nuovo e originale (sulla carta – anzi – è il contrario), ma si vuole fare del cinema solido e sorprendente che disturbi anche un po’, lì nel profondo di tutti i giorni. L’unica cosa che rema contro i suoi intenti è la collocazione sociale dei personaggi: medio borghesi con le case in collina. Se lo siete, buon per voi. O forse peggio, bisogna vedere.
Ci sono voluti 16 anni ma, forse, per Karyn Kusama è finalmente giunta l’ora di avere la carriera che si è sempre meritata.
DVD-Quote:
“Prossima volta ognuno a casa sua e dar subito retta a Karyn”
Jean-Claude Van Gogh, i400calci.com
Questo mi incuriosisce, cmq a Jennifer’s Body gli si vuole bene (almeno io)
Visto ieri, il genere mi piace, ma mi ha convinto solo in parte. E’ tutto troppo ovvio e telefonato, per cui più che come un attesa crescente tutta la prima parte del film l’ho vissuta come un evitabile riempitivo. La caratterizzazione dei padroni di casa, i dialoghi (a partire dall’abito bianco e lo sguardo allucinato di lei, e dai ripetuti “non c’è campo”) praticamente ti raccontano il finale fin dal primo minuto… Carina la scena finale.
Per me molto molto bello, è vero che non è difficile immaginare come finirà la festicciola, però c’è una gestione dei tempi e dei dialoghi di gran classe. Personaggi convincenti e tratteggiati bene, costruzione della tensione solidissima. Date queste premesse, fa puppare la fava a tutti i thrillerini coi twist e gli spaghetti a caso: qua c’è il meccanismo calcolato, la lezione dei Maestri. Anche il setting alto-borghese per me funziona bene, dato che con dei poveracci non sarebbe stato credibile.
Concordo, compreso l’avallo al setting medio alto borghese come l’unico possibile, anche considerando il finale (potentissimo)
Oddio vidi Aeon Flux anni fa per la passione al cartone che passavano su MTV da giovine, ed in effetti il materiale di partenza non era affatto facile da portare sul grande schermo se ben ricordo la prima serie era una cosa malatissima dove ogni puntata era autoconclusiva e senza un senso specifico FORSE nella seconda c era uno sviluppo più sensato. Comunque sì il film fu disastroso ma sapevo che la produzione applicò dei tagli e un montaggio non previsti dall autrice. Su questo devo dire mi hai seriamente messo interesse.
Che poi…..autoconclusivo per dire
“Puzza di inculata” grandissima tag!
Ma è prevista un’uscita al cinema qua in Italia?
Ne dubito.
Sempre detto io, che le casalinghe d’ altrove a fare lo chef di casa, risultano strane per i commensali di borgata.
Però oggi il tema a tema è Scarlet in Ghost in the Shell. Come dire; Scambiamoci la faccia e rivediamo le regole.
sisi, tutto bellissimo, ma non si trova…
si trova, si trova… basta seguire l’animale giusto, sai, quello testardo.
Filmone!
visto!!
dunque, molto facile intuire cosa accadrà (siamo troppo scafati…) però effettivamente la tensione “sale sale e poi fa male!” disturba bene.
Solo una donna poteva tirare fuori un film di rare facce da cazzo che x 90 min fanno una cena noiosa da classici medioman che nn si alcolizzano e nn hanno niente da dirsi.
Diciamo che ha fatto una bella pubblicità di 90 min per creme anti acne.
Muoio
Recensione dell’anno! Quando ci vuole..ci vuole ahah
io Aeon Flux lo vidi per riprendermi dalla botta che mi aveva dato Charlize Theron dalla visione di Monster
cercheremo questo film, la rete mi ha incuriosito
Tra l’altro ora la regista di Monster farà il film su Wonder Woman con Gal Gadot
Se ce la Gadot filmone a prescindere. Dio quanto la amo.
Aeon Flux pensavo fosse un deodorante. Poi ho scoperto che era una rivisitazione moderna del trash all’italiana anni 70. E comunque team estinzione Karyn.
Non ancora visto il film ma credo che il problema di Karyn Kusama, in passato, non siano tanto i tagli o le costrizioni ma semplicementr “le sceneggiature”. Ci può benissimo stare, hai una certa mano ma senza la storia giusta si vede poco. Jennifer’s Body aveva molti problemi ma anche alcune cose interessanti nella confusione di quello che cercava di essere. tra i problemi non credo ci fosse tanto Megan Fox, quanto Diablo Cody, il progetto era nato principalmente da lei che infatti andava in giro a fare intervista (dopo il successo di Juno) manco fosse già arrivata (e sappiamo tutti che fine abbia fatto). Questo appena riesco me lo sparo che le cose alla Ti West a me piacciono assai.
Piaciuto assai. Menzione d’onore alla fazza di John Carroll Lynch che non sai mai che cazzo gli giri per la testa.
Bentornata Karyn Kusama: hai fatto un altro film del cazzo.
Paranoia nella paranoia (non ci vado più a nuotare in pausa pranzo): il film rappresenta il XXI secolo, noi siamo gli invitati
Visto ieri, mezza merda, dai
Alla fine caruccio dai, magari se il protagonista non passasse 3\4 del film a scrutare l’infinito o a rovistare per casa sarebbe stato pure meglio. Mi aspettavo qualche dialogo (in realtà la maggior parte dei dialoghi sono rassicurazioni al protagonista che va tutto bene) più brillante e mi aspettavo facessero vedere la tipa della Prius, l’unica che lascia il gruppo, che fine aveva fatto.
Non si può dargli più del 6,5, se questo è il potenziale massimo della regista meglio si dia al ricamo.
Caro Jean Claude Van Gogh, devi imparare a scrivere.
visto ieri….confermo il “mezza merda”…dopo 10 minuti si capisce subito dove vuole andare a parare,dialoghi poveri,recitazione sopra le righe,il protagonista è il sosia di Tom Hardy ma recita come il cane di Tom.Si può vedere direttamente dall’ultimo quarto d’ora.
certo che incappare in un film del genere quando pensi “ecco qua, un’altra serata passata a cercare qualcosa di disturbante quanto basta, ne trovo uno noiosissimo e si fanno le 2 per niente” e invece TOMBOLA, l’ho trovato, e sono anche pienamente soddisfatta della mia ricerca!
[SPOILER]
diciamo che il finale me lo aspettavo totalmente diverso, tipo lui che viene portato in un reparto di psichiatria senza ricordare come ci sia finito, o tipo che si scopre aver fatto quello che un padre non dovrebbe mai fare a suo figlio…a dirla tutta cominciavo a credere che sarebbe stato poi proprio lui a uccidere tutti in preda ad un raptus schizo-paranoide, e invece..!
che dire, bella anche la fotografia, colori caldi che da una parte sembrano volerti mettere a tuo agio, trasmettere quel calore che sembrano vogliono comunicare i padroni di casa con loro atteggiamento gentile (anche se io da gente così non saprei proprio che aspettarmi…cioè quella che si bacia al grasso di fronte al compagno dopo che ha mostrato a tutti un video di una che muore e dopo che l’altro grasso dice di aver ammazzato la moglie…da lì le cose dovevano prendere una piega del ca**o PER FORZA) e dall’altra ricordarti un po’ che il colore caldo per eccellenza rimane sempre il Rosso.
quelle lanterne finali poi, con tutto il casino degli elicotteri, i cani (si inizia con un coyote che muore e si finisce con gente…taaanta gente che muore XD)… bellobellobello, vorrei trovare più spesso film così coinvolgenti sia per le inquadrature estremamente evocative, sia per la capacità interpretativa dei personaggi con delle espressione del volto veramente ben studiate (non so voi ma a me Gina stava troppo simpatica, peccato per la brutta fine XDD)
Visto ora (il BD è in offerta su Amazon).
L’ho trovato molto buono.
Il mio personaggio preferito è Sadie, che mi ricorda una con cui uscivo.
Mio dio, non so se chiederti di raccontare…. :o
Per chi fosse interessato il film è disponibile su Netflix
Pardon… il film è disponibile su Amazon Prime Video
Visto or ora su Amazon Prime. Molto bello. La tensione è perfetta per tutto il film, nonostante dialoghi che girano a vuoto, e si capisca presto dove si andrà a parare. Il bello è che mi aspettavo un’esplosione tipo Mother!, invece sì succede il casino climatico, ma è comunque gestito con la stessa tensione del resto del film. La vera apocalisse secondo me te la fa vedere solo all’ultimo secondo, e quello è stato un tocco di gran classe.
Visto ieri sera con ritardo ingiustificabile.
Filmone. Ritmi giustamente tenuti lenti per la maggior parte del tempo, mentre la previdibilità della trama non scalfisce minimamente il gaso quando lo scoppio scoppia.
Minzione d’onore per il finale.