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Lezioni di critica cinematografica: The Blackcoat’s Daughter

Jean-Claude Van Gogh
di Jean-Claude Van Gogh | 23/06/201611

46436_1_largeQualcuno di voi probabilmente l’ha già visto: passò alla notte horror del Torino Film Festival come February, e venne accolto con una certa dose di non male. Cosa stupefacente se ci rendiamo conto che mandare un film del genere in piena notte è come cantare una ninna nanna a un neonato. Non è proprio una bomba di ritmo e cose pazze che ti tengono sveglio, ma più che altro un racconto tutto frammentato che non si capisce dove stia andando finché non ci arriva (lentamente). Bisogna dire che ci arriva piuttosto bene, tra l’altro. Osgood Perkins, il regista esordiente, è uno che ci tiene un sacco a mettere subito le cose in chiaro: lui non è come tutti gli altri; lui pensa a tutte le inquadrature possibili prima di sceglierne una; lui sceglie sempre quella più strana, storta e gratuita; lui sembra un po’ il Christopher Doyle delle tipelle inquadrate di sbieco; lui dice “io mi metto qui!” e tu, spettatore, sei costretto a inclinare la testa per capire da che… mh… parte sia girato.. il… ecco così, sì. Che poi mi direte: sarà colpa di Julie Kirkwood, direttore della fotografia (direttrice? Si dice? Non guardate me), ma secondo me no.
Lui, a parte tutto, è il fratello di Elvis Perkins, cantautore folk tutto eclettico che qui firma la colonna sonora tutta drones e violini ubriachi. Abbastanza bravo anche lui, nonostante l’ecletticità.
Ah: loro, certamente, sono i figli di Anthony Perkins, fattore di influenza massima per quanto riguarda: ecletticità; inquadrature storte; peculiarità generali. Per questo dico: la colpa è tutta di Osgood, qualsiasi cosa succeda. Il caffè sul set faceva cagare? Colpa di Osgood. Questo livello qui.

Tipella inquadrata di lato.

Tipella inquadrata di lato.

The Blackcoat’s Daughter è uno di quei film dalla storia misteriosa impossibile da riassumere senza anticipare il finale e rovinare l’atmosfera generale, perché Osgood è anche una bella palla al cazzo e quando c’è da rovinare le giornate alla gente lui è fortissimo. Ti hanno messo la multa mentre prendevi i caffé per la crew? Colpa di Osgood.
Diciamo che ci sono due ragazze dalle esistenze pressoché slegate: una viene lasciata al collegio femminile mentre tutte le altre compagne (tranne una) sono tornate a casa, l’altra invece è tutta misteriosa e sta andando verso il collegio in autostop. Seguiranno *motivi* e un po’ di Satana, e se alla fine non ci avete capito niente è colpa di Osgood (questa volta per davvero, l’ha scritto lui!). Le due storie vengono raccontate in maniera del tutto non lineare, frammetando il tempo e lo spazio finché capirci qualcosa diventa un’impresa se non te ne frega effettivamente qualcosa. A volte non spiega le cose apposta, perché Osgood è uno tutto particolare che blablabla una sceneggiatura standard non è concepibile perché il cinema è eccezione. Dovete capire che Osgood Perkins mi sta sul cazzo, però il film tutto sommato non è per niente brutto: l’atmosfera è coinvolgente, i personaggi funzionano grazie a buone attrici (Emma Roberts e Kiernan Shipka), la fotografia ci sta dentro, Satana spacca e alla fine della fiera è un twist sul genere (non vi dico che genere) piuttosto interessante se si è disposti ad arrivare fino alla fine senza mollare lì tutto, e qui vorrei concludere aggiungendo una cosa e parlarvi della riga del “che cazzo me ne frega”.

Tipella inquadrata come se il coltello fosse un pene di Satana.

Tipella inquadrata come se il coltello fosse un pene di Satana.

Ok, classe, chi ama la figa tiri una riga.


Bravi, credevate di aver fatto una stronzata come alle medie e invece avete fatto “critica cinematografica”: avete dimostrato interesse e avete tirato la riga del “me ne frega”.
La riga del me ne frega è quella che viene tirata dallo spettatore quando una storia non proprio convincente (di solito) prende una certa piega (es. un twist) e diventa interessante. Solitamente tal momento accade intorno al ventesimo minuto, perché lo ha detto Hitchcock. È un bel momento.
Ci sono film invece che raccontano storie male o usando strutture particolari rendendo così difficile il coinvolgimento dello spettatore. Questi film tendono ad andare avanti per la loro strada senza preoccuparsi di raccontare qualcosa di interessante/giustificare le proprie scelte/dare un senso ai personaggi, e più vanno avanti più lo spettatore sarà propenso a tirare la riga del “che cazzo me ne frega”. Quando questa riga viene tirata, per il film non c’è più speranza e lo spettatore uscirà dal cinema/chiuderà VLC.
Disegnate ora un grafico mentale in cui il film sta in mezzo, la riga del “me ne frega” sta sopra e quella del “che cazzo me ne frega” sta sotto: The Blackcoat’s Daughter viaggia costantemente tra queste due righe oscillando come un serpente, alternando momenti alti ad altri piuttosto bassi ed enigmatici lasciando chi siate voi, cavie travestite da spettatori, a decidere se e quando superare una delle due righe. Il problema è che è davvero difficile capire se la vaghezza narrativa sia del tutto voluta o ci sia di mezzo l’approfittarsi del fascino del mistero per supplire a una certa pochezza di scrittura. In ogni caso gli è andata piuttosto bene.

Lezione finita.

Lezione finita.

DVD-Quote:

“Chi ama Satana tiri un’anatra”
Jean-Claude Van Gogh, i400calci.com

>> IMDb | Trailer

Jean-Claude Van Gogh
Autore del post: Jean-Claude Van Gogh
"James Cameron puppami la fava."
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tags: elvis perkins Emma Roberts february james remar Kiernan Shipka la riga del che cazzo me ne frega lauren holly lezioni di critica cinematografica Lucy Boynton Osgood Perkins Oz Perkins satana non fa rima con anatra The Blackcoat’s Daughter

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11 Commenti

  1. Jack Tarantula 23/06/2016 | 08:16

    Non so perché, ma “Chi ama Satana tiri un’anatra” mi sta facendo ridere fortissimo. Colpa di Satana?

    Rispondi
    • Ben Steel 26/06/2016 | 14:27

      No, è che fa ridere tantissimo! Anche io non riesco a smettere.

  2. John Blacksad 23/06/2016 | 08:24

    No,no, no fratello JC
    Chi ama Satana deve tirare un caprone in aria

    Svartjugend ce l’ha insegnato
    lanciare un caprone non è reato

    Rispondi
  3. the Bat(Mat) 23/06/2016 | 09:27

    Oggi mi sento una persona orribile e mi sto convincendo che se un qualsiasi film mi induce più di una volta a tirare la riga “fregaucazzo” più di una volta, forse non vale la pena neanche di iniziare a guardalo.
    Sarà anche il confronto impietoso con le BASI di ieri.

    Rispondi
    • the Bat(Mat) 23/06/2016 | 09:29

      Moltiplicazione di “più di una volta”, sorry.

  4. Magari 23/06/2016 | 10:28

    Io invece sono piuttosto intrigato.
    Potrei però aggiungere che io sono uno di quelli che alla visione di Upstream Color la sega mentale se l’è fatta con lo schizzo.
    È una cosa che succede solo con film un po’ più difficilotti, in mezzo al mare di film blockbuster di merda che mi sorbisco a cervello spento

    Rispondi
    • Gugli 31/05/2017 | 12:41

      Prova a vedere Shutter Island di Leonardo Di Caprio,lì sì che non ci capirai veramente un cazzo

  5. bansheec 23/06/2016 | 12:01

    Io ho vissuto l’esperienza di vederlo alle 5 di mattina dopo un’intera giornata di Festival e giuro, anche se ero in una situazione ai limiti della lucidità mentale, non mi sono abbioccata nemmeno un secondo. Comunque sia, mi era piaciuto e secondo me faceva un ottimo lavoro nel costruire una certa tensione. Devo ancora inquadrarlo Osgood Perkins. Forse dirige meglio di quanto scriva. Ho visto un altro film scritto – non diretto – da lui, The Girl in the Photographs, e faceva cagare sassi acuminati.

    Rispondi
  6. Tommaso 23/06/2016 | 12:52

    Imdb: Kiernan Shipka
    […]
    Official Photos »
    […]
    Born: November 10, 1999

    1999, porco Satana!

    Rispondi
  7. pasqualobianco 23/06/2016 | 15:03

    Sì mah, i genitori di Osgood, dopo aver scelto il nome che fecero?
    Le grigliate in uno sgabuzzino?

    Rispondi
  8. Bakahero 24/06/2016 | 16:24

    BEST. DVD-QUOTE. EVER.

    Rispondi

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