Torna “Le Basi”, la nostra guida agli autori imprescindibili del cinema da combattimento e torna con l’autore che più di ogni altro ha riportato l’action sofisticato e drammatico della New Hollywood fuori dagli anni settanta. Esteta, esistenzialista, perfezionista, sono alcuni degli aggettivi che definiscono questo autore che tenendosi fuori dalle mode ha ridefinito a modo suo, con meno di venti film, il cinema d’azione e non solo.
Quando abbiamo deciso di intraprendere Le Basi: Michael Mann ho subito chiesto di essere io ad occuparmi di L’ultimo dei Mohicani, per un solo motivo: per poterlo vedere a 1080p con il suono alla massima potenza. Un’altra volta.
La summa massima di questo autore straordinario sta in un film in costume, la sua conquista più ardita è tutta in quest’opera di vera e autentica avventura. Con L’Ultimo dei Mohicani Mann è riuscito a raggiungere sia quell’history porn che tanto ama, quella maniacale ricostruzione storica a cui non poteva che anelare, visto il suo carattere, sia quello che in tanti desiderano ma non sfiorano nemmeno: la vera comunione tra epica, fomentella, romanticismo d’altri tempi e menare; e ci è riuscito con i mezzi del cinema più difficile, con le luci e il montaggio.
Il risultato è puro godimento messo in scena, azioni e movimenti che rimangono impressi più di trama e svolte.
Quando dico che L’Ultimo dei Mohicani è godimento, penso al fatto che sia aperto e chiuso da una corsa a tre nella foresta, una caccia in formazione da parte del power-trio di protagonisti (Nathaniel Hawkeye, Chingachgook, Uncas) che mentre corre compie diverse azioni, comunica senza parole, si attrezza, si passa i fucili, li carica di polvere da sparo, salta, ammazza e sembra conoscere la foresta come una strada asfaltata. Come in un annuncio programmatico, la sequenza dei titoli di testa è tutta occupata da una corsa che alla fine si capisce essere finalizzata alla caccia di un cervo per poi, una volta uccisa la preda, ringraziare gli dei e onorare la vittima. Sto parlando di questo godimento: movimento, foresta, azione, fomento.
Per quelli di voi che non hanno mai visto il film perchè, che no so, magari siete cresciuti in un orfanotrofio: LA TRAMA. Gli altri, quelli che hanno avuto un’infanzia felice, possono saltare questo paragrafo.
Nord America, 1757: gli inglesi sono in guerra con i francesi per il dominio nel mondo nuovo e hanno arruolato diversi coloni che già abitano quelle terre. Due indiani (Chingachgook e Uncas, padre e figlio) e un europeo che da loro è stato adottato (Occhio di Falco, nessuna parentela con Jeremy Renner), caduti in un’imboscata da parte di un gruppo di altri indiani ai danni di uno stanziamento britannico, decidono di salvare le due figlie del generale di stanza ad un fortino lì vicino. Dovendo passare attraverso le linee nemiche francesi che assediano il forte, i tre riescono a riportare le ragazze al padre ma hanno anche diverse rimostranze; quindi, nonostante l’atto eroico, vengono accusati di tradimento; Occhio di Falco viene addirittura incarcerato per aver anche aiutato dei coloni arruolati a ribellarsi e scappare. Tuttavia si è già creato un legame tra Occhio di Falco e la figlia grande del generale, e un altro tra la figlia minore e Uncas: questo complica tutto. I francesi sono in tale superiorità che gli inglesi si devono arrendere così che gli venga concesso di ritirarsi – ma un indiano di origine Urone, quello che aveva condotto il primo assalto, non è soddisfatto, ha un conto aperto con il generale inglese e desidera sangue, perciò durante la ritirata li assalta con la sua tribù. Occhio di Falco, Chingachgook e Uncas scappano con le figlie del generale ed un ufficiale ma vengono scoperti. Abbandonate le donne agli indiani in modo da evitare uno scontro mortale per tutti i tre, dovranno riprendersele.
Per quanto mi piacerebbe soffermarmi su ogni singola scena, su ogni incredibile scelta di recitazione (presto un saggio sul corteggiamento di Cora Munro condotto con la durezza di una serie di minacce) o di casting (una biografia completa di Wes Studi), su ogni scelta di colore e sulla precisione di ogni stacco di montaggio finalizzato all’azione (una prima stesura di questo pezzo era solo sull’inseguimento finale, su come ogni stacco serva a creare un fiume in piena e non ostacoli la corsa ma la fomenti con la musica; però non c’è spazio, quindi immaginatelo!), ho approfittato di quest’occasione per colmare una mia lacuna: volevo una scusa per guardare gli altri adattamenti di L’Ultimo dei Mohicani per il cinema, specialmente quello del 1936 con Randolph Scott (tutti quelli che hanno il buon cuore di amare i western di Budd Boetticher considerano Randolph Scott praticamente come lo zio cool). Mann ha infatti sempre detto che non si è ispirato più di tanto al libro (che io non posso leggere perché le scrittine piccole mi fanno male agli occhi) ma a quell’adattamento lì.
L’Ultimo dei Mohicani, il libro di James Fenimore Cooper, è infatti un classico della letteratura americana che si legge a scuola, come per noi Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis; parla di spirito americano ma anche di tolleranza e della statura di un popolo indiano che si va estinguendo. Nasce per onorare la nobiltà che non c’è più e un mondo al suo tramonto, come quello della tribù dei Mohicani.
Dal punto di vista dell’azione, nasce per essere un romanzo di caccia e in particolare di inseguimenti nelle caverne, perché James Fenimore Cooper era in fissa con le caverne (giuro). Nessun film però ha voluto seguire il percorso cavernoso (chissà perchè eh!?). Dunque se avete prestato attenzione alla trama avrete capito che ci troviamo di fronte sostanzialmente ad un serie di inseguimenti a piedi, circa 3-4 lunghe sessioni di caccia da parte di uomini ad altri uomini tra le quali c’è un po’ di trama per alimentare la tensione.
Per questo il primo adattamento (già nel 1920) è un’opera tutta azione e poca testa, incapace di dare un senso ai personaggi e più interessato alle donne in pericolo che agli uomini. Quel film inventava tante soluzioni forti in termini di tensione avventurosa, ma li abbandonava a sè come momenti isolati (è però presente l’idea di Occhio di falco che uccide per pietà un uomo condannato a morire impiccato, la stessa che Mann poi riprenderà per il suo finale). Soprattutto la trama non è proprio la stessa, cambiano i rapporti tra sorelle e indiani, cambia la centralità di Occhio di Falco e lo spazio dato agli Uroni. Tutto, in buona sostanza, funziona meno.
Al contrario l’adattamento del 1936, in italiano rititolato con grande tolleranza razziale Il Re dei Pellirosse, ha esattamente la trama di quello di Mann, a parte un’introduzione e una chiusa completamente diverse e nazionaliste che cambiano elementi centrali del carattere dei personaggi (Occhio di Falco che si arruola e diventa amico degli ufficiali inglesi: follia). Michael Mann dunque ha effettivamente girato un remake del film del 1936, prendendo anche molte frasi pari pari, molti momenti di confronto e svolte di trama. È impressionante però come in ogni situazione Mann abbia rubato buone idee per trasformarle in ottime, come abbia capito ogni volta su cosa occorre puntare per dare un senso a quella storia e quelle interazioni: sul linguaggio del corpo.
Molto di questo merito va a Dante Spinotti che è una delle ragioni principali per le quali questo film è un viscerale attacco al vostro desiderio di epica.
Direttore della fotografia italianissimo trapiantato in America, Spinotti è un genio delle luci e un evidente appassionato di scenari esotici (ha fatto la fotografia del terzo Narnia che nessuno si è filato e invece è un film d’avventura perfetto), un genio dei colori, della composizione, delle inquadrature e del puro fomento per immagini. Taglia la luce tra i rami, mescola i colori caldi e freddi e ha sempre presente come posizionare i personaggi nello spazio per dargli risalto, forza o dinamismo. Non ci sono inquadrature di movimento che non siano comprensibili e fluide. Prima di Mad Max: Fury Road questo era lo standard aureo.
Con Spinotti il film centra perfettamente la base del cinema d’avventura: l’unione tra un eroe e l’ambiente che lo circonda, la possibilità di inquadrarlo nella maniera migliore perché stabilisca un rapporto di comunione o opposizione con luoghi esotici e remoti. Lo sfocato in questo film non esiste, tutto è a fuoco e dietro, nello sfondo, alle volte si svolgono azioni più interessanti e complesse di quelle in primo piano, ad esempio quando i tre protagonisti attraversano la trincea francese.
Eppure c’è un elemento che ancora di più dà il tono immortale a questo film di 24 anni fa che non è invecchiato di un giorno: il linguaggio del corpo. Il Re dei Pellirosse ha davvero quasi le stesse scene e tutte le battute migliori di L’Ultimo dei Mohicani ma sono recitate con leggerezza, simpatia, un vago tono da screwball comedy: sono in buona sostanza rese soffici e coccolose. Non aiuta poi che Occhio di Falco sia praticamente vestito da David Crockett e gli indiani sembrino quelli del western classico.
Mann invece sceglie una durezza virile dissetante per ogni momento, anche quelli romantici. Ad esempio la scena in cui i protagonisti scoprono i coloni massacrati è la perfetta illustrazione della differenza tra sentimentalismo virile e sentimentalismo smielato. Il power-trio conosceva bene i deceduti ed è distrutto da questa morte, eppure la maniera in cui lo manifesta ha un minimalismo e una durezza pragmatica che nasconde male il dolore. Non c’è bisogno di urla ed esagerazioni, perché in Mann spesso le parole dicono una cosa ma il linguaggio del corpo dice altro.
Magua, l’indiano urone interpretato dal più grandi di tutti, Wes Studi, ha un senso drammaturgico per la sua espressiva inespressività, cioè per la maniera metodica in cui il suo volto è immobile anche quando sgozza qualcuno, anche quando raggiunge l’obiettivo che tanto anelava. In quel volto immobile mentre intorno a lui accade di tutto c’è un senso d’opposizione fortissimo.
Anche le due donne del film sembrano agire come uomini, sembrano cioè gestire i loro sentimenti con parsimonia virile, motivo per il quale L’Ultimo dei Mohicani è un film che merita più visioni, perché il suo modo di fare cinema così maschile e diretto ha il coraggio di affermare tutto una volta sola e senza mai dargli troppa importanza. Se vuoi cogliere bene, sennò vaffanculo. Ad esempio, solo a questa visione io ho colto la maniera sottile in cui Cora Munro (Madeleine Stowe) senta ribollire dentro di sè lo Sturm und Drang romantico, l’influenza di un paesaggio e della forza panica della natura nella sua vita, arrivando a dire che la foresta le sta mescolando il sangue nelle vene.
Non a caso quindi il corteggiamento tra i due è condotto quasi senza parole e nel minor tempo possibile. Annunciato da un lungo sguardo di Occhio di Falco che non distoglie gli occhi da Cora fino a che anche lei ha il coraggio di sostenere il confronto visivo senza vergognarsi, e poi concluso poco dopo con appuntamento clandestino di notte, anch’esso muto.
Certo, visto che sia Occhio di Falco sia Uncas si rimorchiano le figlie del generale, l’impressione di essere di fronte a due amici che vanno a fica occidentale durante la guerra dei 7 anni è forte, ma quel che rimane impressa è la maniera in cui questi personaggi non si vergognano dei sentimenti, non ne hanno paura, non ne temono le conseguenze.
Perché se il cinema di Mann ha insegnato qualcosa a tutti, è che in ogni storia c’è un non detto. Al di là di ogni sceneggiatura esiste nei personaggi un mondo non raccontato, ma che può essere mostrato dagli attori recitando con il proprio corpo, anche in antitesi alle parole. Basta un solo sguardo in un’inquadratura che dura due secondi, o una mano che si poggia su una spalla in un angolo del fotogramma, se sai come comporlo.
E se ci riesci, giri un film immortale.
DVD-quote:
“La vita che vorrei e invece porca troia non vivo!”
Jackie Lang, i400calci.com
che diavolo…. mannaggia a voi :*(
Visto in sala, portato da mio padre, probabilmente più per ricordo del libro e/o dei vecchi film che quale appassionato di Mann.
Resta lo stesso l’enorme GRAZIE che gli devo.
Ah, segnalo che da un po’ l’hanno caricato su Sky On Demand.
Che fomentella Jackie!
Un filmone.. Nel genere il migliore insieme a Braveheart (anche se per motivi che non sono in grado di spiegare a parole preferisco di un soffio il film di Mel Gibson). Comunque due capolavori che come pochi altri non sono invecchiati di un solo giorno!
Braveheart secondo me pecca nella rappresentazione dei personaggi storici, Wallace compreso, e io purtroppo coi film “storici” ho il grosso problema di scazzarmi se vedo la Storia piegata alle esigenze di trama.
(Lascio perdere le battaglie, ormai quelle le accetto senza battere ciglio, del resto sarebbe cinematograficamente noioso rappresentare una battaglia medievale o di epoca romana imperiale in modo realistico, quindi vai di massacroni :D .)
A parte questo resta un FILMONE, super divertente, che riguardo ogni singola volta che passa in TV, anche se lo becchi a metà o alla fine, e questa è la cosa migliore che si possa dire di un film.
E naturalmente quando sento il discorso di Mel alle truppe, ogni volta, tremo, mi viene la pelle d’oca, sudo dagli occhi e sono pronto a tingermi il muso di celeste e mostrare le chiappe a quella mmerda del Plantageneto col figlio frosciooooooo!!!1111!!!!!11! Sukaaaaa!!!!1
Faccio però notare che Braveheart, rispetto al Gladiatore, è un libro di Theodor Mommsen, un found footage dal cellulare ritrovato di Thomas Becket, una ripdoduzione letterale e filmata della Stele di Rosetta…
Ah (2), mi viene in mente un aneddoto.
Anni fa io e mia moglie avevamo un ristorante preferito qui in città, nel quale a forza di andare eravamo entrati in ottimi rapporto col titolare-cuoco, un calabrese emigrato in Canada ed lì tornato con moglie del posto dopo 20 anni.
Una sera ce la presenta, spiegandoci che lei “è una mohicans, una moicana”.
Io non mi sono trattenuto:
“C’è un bellissimo film su di voi, dal quale avevo capito che foste estinti, sono contento di vedere che non è così”
:D
Ahahah idolo
Già! ^^
Gran film mai entrato nelle mie corde, ma l’enorme recensione mi ha fatto venir voglia di ristudiarlo… però “Ahi ahi ahi Signora Lòngari, mi è caduta sull’uccello”… Trevor Jones non c’entra fava con gli Yes e “Owner of the lonely heart”, che è co-scritto da Trevor Rabin (che ben altre zumzumzum soddisfazioni ha dato al cinema, tepòssino…) e prodotto da Trevor Horn (che pure lui qualche traccia ha lasciato).
È comunque buffo avere 3 Trevor (che andarono su Trento tutti e 33 trotterellando ;) )
giusto, errore mio, ho corretto
grazie
Eh, però hai tolto completamente la citazione del compositore, che un paio di meriti li ha… uff
È vero ma è anche assurdo citarlo così e basta, proprio per il peso che ha. A questo punto preferisco non trattare la cosa. Mi pare più serio.
durezza virile dissetante ??? Ma che caz…
LoLz
chi non si e` mai dissetato alla durezza virile di qualcuno scagli la prima pietra
Capolavoro!
Perfetto meccanismo d’azione e avventura.
E sta rassegna su Mann mi sta piacendo sempre di più.
Randolph Scott mi è piaciuto molto in Breaking Bad.
Ogni mercoledì corro al lavoro in anticipo per leggermi questa rubrica… virilmente dissetante.
Bellissima recensione. In poche righe dice chi è Mann.
Però, secondo me, il film resta una “telenovela di menare”.
Innanzitutto Lang, complimenti per il pezzone.
Visto che sarei molto interessato anche a leggere la tua prima stesura del pezzo e che ho poca immaginazione, potresti piazzarlo sul tuo blog ?
non esiste, era un’intenzione, non l’ho mai effettivamente scritto
Interessanti le citazioni comunque ai precedenti film. Ho letto il libro, ma devo ammettere che gli altri film non mi hanno mai incuriosito tanto.
Bellissimo pezzo!
E la colonna sonora? diteci di più! Le cornamuseeeee!
Gran pezzo e gran film… uno dei migliori esempi di cinema di avventura di sempre. Mi correggo: uno dei migliori esempi di cinema di sempre ….
e per inciso, Inarritu a Mann gli puppa la fava ;)
per molti probabilmente bestemmiero`, ma secondo me revenant vince a mani strabasse
Ma sai… de gustibus ecc ecc…
a me “the revenant” non è piaciuto granché: a parte un fortissimo impatto visivo (chi era che diceva che “bella fotografia” è un commento del ca77o per un film?) la storia a me non ha detto nulla … nessuna empatia e poco pathos.
L’UDM invece ha dei limiti dati dall’età e da un modo più “lento” di fare cinema (mi pare sia una roba di 3 ore), ma lo ricordo con molto più piacere e lo rivedrei sicuramente più volentieri.
L’UDM e` invecchiato male, come peraltro molti film di Mann (manhunter sara` pure un filmone ma cazzo, a guardarlo e` piu` che decrepito, e pensare che e` dell’86) e anche la sceneggiatura, boh, secondo me un po’ una palla.
The revenant secondo me funziona praticamente sotto ogni aspetto a parte forse la trama un po’ sempliciotta (ma la storia quella e`). Forse la colonna sonora dell’UDM e` piu` epica ma li` siamo veramente nel campo del de gustibus sfrenato
Manhunter ammetto di averlo saltato, ma letta la vostra rece qualche gg fa sto cercando di recuperarlo…
Comunque niente, non so che risponderti, io penso che Revenant abbia delle indubbie cose buone ma siano tutte “tecniche” (foto, “scenografie”, inquadrature, regia, L’ORSO, ecc), ma a livello di trama e di pathos ho preferito altro.
Non credo che ce lo ricorderemo tra .. boh .. 10 anni, ma magari sbaglio io.
in revenant si poteva risparmiare solo la visione onirica spirituale con la moglie ecc. quelle cose stuccano parecchio. era meglio se fosse stato più secco; natura bastarda vs uomo tosto, senza il tocco da cinema finto raffinato del regista messecane.
Giù con Kaiser….
Invecchiato male… dove, come, quando!?! Se c’ è un cinema che invecchia bene è quello di Mann: sobrio nella messa in scena senza esagerazioni dei vari periodi. Poi calca la mano su altre cose, ma che non invecchiano. Mai sentito: “Mann fa un cinema anni 80”, “Mann mo fa un cinema anni 90”, “Mo è passato agli anni 2000″…
“Revenant” comunque è uscito adesso. L’UDM più di 20 anni fa. Ancora ne parliamo. vedremo il film di Innaritu tra un pò di anni. XD Ma di questa “malattia”-“quasi impossibilità” di diventare cult, soffre quasi tutto il cinema hollywoodiano di adesso”!
“e da un modo più “lento” di fare cinema”
Diciamo a ritmi più “umani”. No che mo quà e là è tutto un corri corri! Almeno il bistrattato da alcuni universo Marvel riesce ancora ad alternare momenti “tranquilli” ad altri “d’ azione”.
“a guardarlo e` piu` che decrepito,”
Il mondo è bello perché è vario, ma quel termine mi ha quasi fatto gelare il “sangue”! XD Se a me è piaciuto ed ha colpito quando l’ ho visto quasi 20 anni dopo vuol dire che tanto decrepito (sic!) non era! XD
“Non credo che ce lo ricorderemo tra .. boh .. 10 anni, ma magari sbaglio io.”
Come detto, già!
Aspetto con impazienza un bel pezzo su Collateral (Darth se ci sei batti un colpo bro) che secondo me e` il miglior film di Mann
apparte gli Audioslave che partono a caso, spezzando qualunque emozione per sempre
vabbe` era il 2004… e porcodeeeeo quanto sto invecchiando
Collateral era il mio preferito, ma poi è arrivato Blackhat. Amo UDM anche perché divenne, da ragazzino, IL libro. Scena incredibile quella in cui l’ufficiale inglese sceglie di sacrificarsi.
Gli audioslave che partono “a caso” sono una goduria. Che sono uno di quei gruppi di cui non ho mai amato gli album ma dentro i film di Manni ho sempre trovati una scelta fortissima.
anche miami vice è pieno di pezzi audioslave un po a cazzo
Uhm, diciamo che a gusto mio Mann con le colonne sonore una volta ci becca e una floppa malissimo, come De Palma… Gli Audioslave a metà Collateral mi hanno portato in un mondo videoclipparo/spottone che avrei evitato e mi ha stonato molto… Ma de gustibus
Detto questo porcoddevo si invecchia davvero
porco due siete incontentabili. la scena con gli audioslave in collateral è la più bella scena di cinema mai girata nella storia dell’uomo.
Collateral capolavoro del cinema tutto. Pochi cazzi. Non c’è niente di sbagliato in quel film. Audioslave a pacchi come non ci fosse domani. Spero al contrario di quanto auspicato da Lars che quella rece venga affidata a gente del Calcismo vero, come Cicciolina o il redivivo e sempre stimato Win Diesel.
(scrivo avvolto dalla nebbia, la fagiolata di ieri sera continua a dare i suoi odorosi frutti, porc’odio)
mi fido talmente tanto tanto di voi e vi voglio così bene che mi sono rivisto la scena per capire se a distanza di anni mi funzionava meglio… e no, per me è tremenda. il montaggio non segue neanche la musica (specie quando inizia a spingere). boh in generale è stranissima, ma non in un senso per me piacevole. anyway, evviva Cornell, evviva l’eroina
Ma pure in Miami Vice quando partono gli Audioslave e il biondo e la asian amoreggiano è tipo una delle cose più belle del cinema tutto.
Uno sforzo tecnico gigantesco per un drammone romantico tutto sguardi intensi e tramonti…Quello che preferisco del film è il fatto che i protagonisti sono abbastanza delle merde se uno ci pensa bene, mentre Wes Studi, il cattivo del film, ha ragione su tutti i fronti. Io ero dalla sua.
What’s!?! Pure i tre? °_O
La dvd quote più bella di sempre
AMEN
È un film bellissimo. C’è putenza. Putenza magnifica. e scoppi, esplosioni. Poi c’è topa. La topa era il sogno bagnato di tutti. C’è musica. Un pezzo che usavano anche ai mercatini rionali per venderti braccialetti ed amuleti spiegandoti che erano dei mohicani e ti avrebbero fatto diventare astuto come un cervo anche solo indossandoli. E c’è EGLI. Il mandingo bianco, la long carabine, il lungo pisellone bianco ammazza cattivi. Ma anche gli amici scimmia indiani. Insomma non manca veramente niente (tranne forse un castoro gigante nel bosco) e Mann ce lo racconta in un modo che solo lui sa fare, solo lui. E fu un successo come se al cinema ti avessero dato la topa gratis che non solo facevi la fila ma ci ritornavi più volte. W Mann. W Nanni.
Poche storie per quanto mi riguarda un capolavoro. Epicita a palate. Pezzo stupendo Jackie.
…E niente, ogni volta che lo riguardo, la scena del “falò” ed il finale mi lasciano sempre un amaro addosso unico. E’ incredibile quanto anche sapendo alla perfezione cosa e come succederà, ogni volta le emozioni tornano forti e prepotenti come fosse la prima visione.
E’ poi quasi incredibile come abbia dei livelli di lettura incredibilmente diversi, tanto che le donne con cui m’è capitato di guardarlo, l’hanno tutte amato, ma vedendo quasi un altro film rispetto a quello che stavo guardando io. Un po’ come per Titanic se vogliamo, ma ovviamente con differenziazioni molto più nette (…e col 100% di scalpi in più!)
Filmone davvero, in tutti i sensi.
p.s.
Oh e comunque grazissime per questo “Le basi”, che almeno si ha un po’ tutti la scusa di rispolverare una volta di più il Cinema di MM. Ieri sera mi son sparato “Thief”, ad esempio. Stasera sarà il caso di tornare da Magua mi sa’…
Vuoi sposarmi?
Non mi pare abbiate parlato della colonna sonora e soprattutto dell’uso della colonna sonora nell’ultima scena. Praticamente il film è muto. Parla solo la musica che incalza fino al silenzio assoluto.
Magistrale!
Una di quelle scene che non mi stanco mai di vedere…roba tipo il discorso finale di Al Pacino in “Profumo di Donna”. Ogni volta è da brividi
Recensione GALATTICA!! xD!
Non so nemmeno più quante volte ho visto e rivisto in loop l’epilogo finale tra i 3 mohicani e gli Uroni!
E’ sicuramente tra la mia top ten dei filmz… anzi:
dopo aver visto il VERO, GIUSTO, UNICO finale presente nella versione “Director’s Expanded ” (non quello che abbiamo sempre visto in ItaGlia), si piazza direttamente nella top three!
Sì, perché noi abbiamo sempre creduto che il film finisse con Chingachgook che dice di essere l’ultimo dei Mohicani… E INVECE CONTINUA!
Leggete qua!!
Chingachgook: The frontier moves with the sun and pushes the Red Man of these wilderness forests in front of it until one day there will be nowhere left. Then our race will be no more, or be not us.
Hawkeye: That is my father’s sadness talking.
Chingachgook: No, it is true. The frontier place is for people like my white son and his woman and their children. And one day there will be no more frontier. And men like you will go too, like the Mohicans. And new people will come, work, struggle. Some will make their life. But once, we were here.
https://youtu.be/dUJTamqdq8E
Su “but once, we were here” mi si stringe il cuore… (commotion time…)
Gran pezzone complimenti, dà al film il giusto riconoscimento, l ho rivisto qualche mese fa ed è stato come vedere un film ancora avanti nel tempo.
È lui il vero occhio di falco del cinema che conta.
Mi associo al coro dei “grande film”. Solo che per me il “grande film” comincia a un quarto d’ora dalla fine, ha protagonista Uncas e il resto è solo un prologo girato benissimo con dei personaggi di cui non ci frega mai un granché. Ecco, la grandezza di Mann sta nell’azzeccare, in quasi ogni film (ahimè, non proprio in tutti), dei momenti in cui lo stile, i personaggi, la loro etica e la sua si fondono in momenti di emozione pura, assoluta.
Mi ricordo ancora quando uscìì dal cinema, con gli occhi e il cuore pieni. Ero andato senza sapere chi fosse il regista, e appena mi accorsi che era quello di Manhunter feci due e due quattro e seppi di aver scoperto un autore che da allora non ho più abbandonato.
il miglior Mann, le più belle battaglie di sempre, una purezza di intenzioni e di immagini che non ho più trovato nei successivi lavori del regista, ma anche di altri.
Condivido la “fotta” al cento per cento.
dai che c’azzezza the revenant? storia e inquadrature dimenticate dopo un minuto dalla fine del film…se penso che ha vinto al posto di Mad Max mi vien da piangere
A proposito della musica, vi giro questo articolo dell’amico GT uscito qualche anno fa in cui si fa il punto (personale) su molte cose, anche sull’uso della musica e dei compositori, con un accento particolare su questo film:
http://www.offscreen.it/frame/michaelmann.htm
Da un punto di vista strettamente strumentale (e io l’ho suonato e diretto diverse volte in versione bandistica) il “temone” di Trevor Jones è abbastanza una palla reiterata all’ennesima senza gran rielaborazione, però calza a pennello con l’epica di Mann, mentre è una notevole idea la battagliera “giga” in 6/8 che incalza nei momenti di battaglia (sovrapposta poi al tema)… è un ossimoro: dal vivo per chi suona è al limite del tedio, per chi ascolta una figata assoluta.
“una palla reiterata all’ennesima senza gran rielaborazione”
Lo è anche il “Bolero” se non erro! XD
Film meraviglioso, pezzo magistrale. Ricordo un aneddotto divertente che mi capitò nei primi anni duemila. La sera dopo cena mi incontravo con gli amici in un Centro anziani di cui avevamo le chiavi. C’era un bel videoregistratore e una tv, oltre all’odore di carta vecchia e polvere. Quella sera c’erano già dei ragazzi più piccoli che ci avevano rubato il posto da qualche ora e guardavano UDM. Aspettammo con pazienza che terminassero di vederlo, in fondo mancava meno di mezzora.
Dopo circa dieci minuti, uno di loro interruppe bruscamente la proiezione commentando: “tanto quello era l’ultimo combattimento”.
Oh è il mio primo commento dopo anni di lurkaggio(si dice così?), un saluto a tutti.
Fun fact: il celeberrimo tema di violino (fiddle, ad essere precisi) non è una composizione originale di Trevor Jones, ma la “rielaborazione” (ctrl-c/ctrl-v) di un brano composto da tal Dougie MacLean per… una mostra sul mostro (pun intended) di Lochness.
Il brano originale si chiama “The Gael” e lo trovate qui:
https://www.youtube.com/watch?v=MZ2MGloZV4U
Sta di fatto che le cornamuse irlandesi non ci azzeccano molto con i mohicani. Tanto valeva che Mann ci mettesse una tarantella come questa https://www.youtube.com/watch?v=ADgCAlnyWr4 Voglio dire, molto più appropriata, no ?
Davvero un filmone! E il fatto che lo sia senza un DDL da oscar (bravo as usual ma certo non una delle sue top five performances) accresce i meriti di Mann..
Onori e oneri: tutti gli applausi che si sta prendendo e si prenderà (Collateral, Alì e l’oscar rubato al principe di Bel-Air, sopratutto The insider con i gorgheggi della Gerrard..) dovranno diventare botte cattive quando parlerete di Blackhat!
E sì, The insider è IL capolavoro. Non segue dibattito.
“ma certo non una delle sue top five performances”
Per me si. XD Non viene mai sottolineato come Mann abbia sempre, almeno nei film che ho visto io, cacciato grandi performance ai vari attori! L’ avesse diretta lui la trilogia prequel di “Guerre stellari”… è più che altro per scherzare perché tra le critiche che ho letto vi è il fatto che Lucas in quel caso non abbia saputo creare feeling con gli attori in generale.
Film che ho visto a più riprese (la prima deve essere stata nel 1993-1994, i primi passaggi su tele+) e che mi ha sempre fomentato moltissimo. Poi, all’ultima visione, un po’ meno…gli ultimi 20 minuti sono sempre di un livello superiore, pura epicità incarnata in immagini, mentre quello che viene prima mi è stranamente (?) parso un filo ingessato, colpa della sceneggiatura originale del 1930 ? Ma soprattutto, dovrò rivederlo per l’n-esima volta per avere conferma ?
Colonna sonora tra le più belle di sempre, comunque (eh, si, datemi del tamarrone).
E, soprattutto, a qualche mese di distanza, possiamo tutti tranquillamente affermare che REVENANT E’ MERDA.
Sono d’accordissimo su tutta la linea. E’ un film fantastico, uno di quelli che mi ha generato talmente tante sensazioni forti da farmi saltare sulla poltroncina del cinema in più occasioni.
E l’ho visto tante volte! Proprio perché uno dei pochi spaccati belli nudi e crudi di un frangente ed un’ambientazione, come la Guerra Franco-Indiana, che dire feroce e spietata è eufemismo.
Ma proprio perché l’ho visto tante volte, ad un certo punto ho iniziato a sentire qualcosa che mi andava storto, c’era qualcosa che non quadrava. Vedo e rivedo e mi rendo conto di un particolare. Una stupidaggine, una cosa da niente per moltissimi, ma che a me ha rovinato il senso di meraviglia che ogni singolo brandello di film era riuscito a darmi: “l’europeo è fuori luogo, nel nuovo mondo. Non ha scampo, il suo modello di vita è sbagliato. I suoi metodi inefficaci… e te lo dimostro!!!! HAH se te lo dimostro!!!!”
E come ce lo dimostra? Non c’è un singolo personaggio europeo, che non sia un “personaggio principale” che abbia scampo contro un indigeno o riesca ad abbatterlo a distanza.
Non mi sbranate, la stortura non si basa sul fatto che “sti cazzo di indiani non muoiono”, ma sul fatto che è stato deciso di “stereotipare” un una sorta di “caste” i personaggi.
C’è quello che vuol vivere libero e forte, quello che vuol sottomettere il libero ma è debole e stolto, quello che viene dalla casta dei deboli-stolti ma ha capito come si sta al mondo e quindi è deventato libero-forte, c’è “la minaccia mortale ed insormontabile” e poi ci sono “quelli che muoiono come le mosche”…e putacaso hanno pure le casacche rosse!!! In futuro gli daranno le magliette, credo.
Insomma, mi hai fatto vedere “la vera verità” dappertutto, mi fai sentire pure quanto possono puzzà i capelli de Nathan … e poi mi cadi sugli stereotipi? Mi spiace, è che io concettualmente dò vizi e virtù come caratteristiche trasversali, non me le puoi mette verticali. Tiè, sbranatemi, che ve devo dì…
Ad una certa età capita. XD Successo anche a me (non con questo film). XD
Dopo noir, fanta-horror a sfondo bellico e poliziesco Mann stavolta passa al genere avventuroso girando un cult che trasuda potenza tra scene, personaggi e musica! Con il regista ho un curioso rapporto: quando ho visto gli altri suoi film avevo dai 18 anni in su, per me l’ ideale per apprezzare le sue storie a sfondo urbano. Questo invece essendo avventuroso mi incuriosì ed affascinò da piccolo. Uno dei miei film della mia infanzia! XD Già solo la locandina con DD-L che corre… mamma mia cosa non è DD-L in questo film! Ho riprovato la stessa epicità solo vedendo il Conan di Schwarzy e il Massimo Decimo Meridio di Crowe! Per non parlare poi di Wes Studi! Ancor più villain rispetto a “Balla coi lupi” prima di “Geronimo”! Poi fece “Street fighter – sfida finale”! XD Sic! Ma questa è un’ altra storia! XD La scena in cui al papà delle ragazze… mamma mia! Ancora mi impressiona oggi! Comunque anche gli attori di contorno si fnano ben ricordare!
Primo successo di Mann! Per un film che alla fine non è neanche così commerciale! Se era tornato di moda il western, il film d’ avventura nell’ America del XVIII mica tanto! Poi trasformò il raffinato Lewis in un eroe d’ azione! Cosa che nella sua carriera è rimasto un unicum per altro!
Dante Spinotti e Vittorio Storaro… ormai con l’ eclissarsi del cinema di genere nostrano non potevano che andare ad Hollywood! XD
Sarò retrogrado, ma a me a parte qualche eccezione, la fotografia digitale di questi anni non piace tanto. Mentre mi fa impazzire quella di questo film, di “Ladyhawke”, di “Conan il barbaro”, dei primi due “Terminator”, “Il silenzio degli innocenti”, “Il drago del lago di fuoco”, “Matrix”… per citare qualche esempio. Questione di gusti.