Michèle fa un bel bagno caldo per lavarsi via lo stupro appena subito sotto gli occhi indolenti del gatto. Mentre giace sotto la schiuma, sanguina ancora dalla vagina; il sangue sale in superficie e forma una macchia che lei prima raccoglie amorevolmente fra le mani, poi sparge nell’acqua. Ma se avete mai fatto il bagno mentre sanguinate, sapete bene che il sangue va a fondo. Quello di Michèle no, va in su. Questa incongruenza è segno dell’anomalia rappresentata da Michèle nella società: è una donna che spiazza ogni aspettativa, che tritura ogni relazione umana a colpi di parole e sguardi pesantissimi, che anziché denunciare lo stupratore mascherato o cercare la mera “vendetta privata” trova il modo di sfruttare le sue periodiche “visite” per combattere un male che alberga in lei da 40 anni. Elle è un film ottimista e Paul Verhoeven un delizioso antimoralista.
Dicevamo, “lei” subisce uno stupro in casa. E la polizia dov’è? Michèle è una donna forte, moderna, non ha certo problemi di pudore nel denunciare uno stupro; ci si aspetterebbe che chiamasse immediatamente una pattuglia sul luogo del delitto. Il problema è che Michéle non può invocare la giustizia sociale, perché essa stessa (nonostante il lavoro di successo nell’industria videoludica, presentata come misogina e violenta, in cui lei si sforza di essere la più misogina e violenta di tutti i suoi giovani e maschi dipendenti) è stata scagliata fuori dalla società civile da un evento mostruoso di cui si è resa complice per compiacere il padre – solo alla fine, quando la protagonista è inaspettatamente “assolta”, può permettersi di chiamare i flics – che, per dirla con Sofocle, da Erinni sono diventati Eumenidi.
La vita di Michèle è stata una continua negazione/espiazione del trauma infantile che l’ha resa impermeabile alle emozioni: non riesce a godere, non riesce a soffrire. Avrebbe potuto facilmente cambiare nome, rendersi meno riconoscibile, ma no; le conseguenze di quella giornata maledetta vanno tutte portate sul suo corpo come un fardello. La sua ambigua non belligeranza contro le ripetute aggressioni non sono affatto un’attuazione delle “fantasie di stupro” (una balla freudiana molto conveniente) come sembra in superficie: Michèle si fa scavare dentro, spaccare in due da un cazzo per vedere se almeno lo straziamento della carne riesce a riportare in superficie quella cosa indefinibile, quell’objet petit a nascosto da qualche parte dentro di lei. Invano. La soluzione al suo enigma sta nella persona che lo ha causato, ovvero il padre; appena costui esce di scena, alleggerendola, Michèle può imparare a soffrire e a godere al tempo stesso, raggiungendo un orgasmo sublime. Ma lo stupratore non se lo aspetta e ci rimane male, poveraccio.
Nel momento in cui Michèle involontariamente causa la morte del padre, sta esercitando la vera vendetta contro chi l’ha metaforicamente violentata per primo. È lui lo stupratore della sua vita, per il quale vi può essere solo eterno odio. L’altro, quello con la maschera, è “soltanto” uno spregevole schizofrenico schiacciato dalla religione e da una vita insostenibilmente perfetta. Per lui c’è persino un momento di umana pietà, seguito dal dettaglio più splatter del film.
Un personaggio talmente complesso poteva essere reso vivo e coerente soltanto da una grandissima attrice senza paura: Isabelle Huppert, bellissima specialista in facce di pietra dietro le quali si celano tumulti e perversioni, che riesce a rendere il suo personaggio perfettamente credibile e reale (anche se non esattamente “simpatico” – e per fortuna). Paul Verhoeven ha ripetutamente dichiarato che avrebbe voluto girare il film in America, ma nessuna “A-lister” hollywoodiana voleva toccare il ruolo di Michèle: meglio così.
Nella filmografia di Huppert, Michèle richiama immediatamente Erika Kohut, la Pianista di Haneke, un’altra psicopatica con un rapporto malato con la sessualità – alla quale però viene negata ogni possibilità di salvezza, in parte perché tale risoluzione non è contemplata nell’alfabeto registico di Haneke. Se l’austriaco impone a Huppert di tagliarsi i genitali col bisturi e osserva il sangue colare giù nella vasca vuota (in una magnifica scena di automutilazione), l’olandese Verhoeven la fa straziare da un’arma molto meno affilata e fa infrangere al sangue le leggi della fisica (in una scena di violenza altrui). Queste due scene sono un esempio lampante della differenza di stile registico fra i due, in quanto Verhoeven fa qualcosa che al clinico Haneke è essenzialmente precluso: diverte. Elle è ricco di sottotrame che strappano grasse risate, a volte ciniche, altre genuine. E la grandezza del regista sta nella controllatissima grazia con cui danza fra i registri narrativi, fra sequenze di puro terrore, di erotismo “normale” e altre di distensione e umorismo.
Se la direzione delle scene corali è di impressionante fluidità (merito anche del montaggio di Job ter Burg), le coreografie delle scene di violenza sono coraggiosamente esplicite, sfidano l’osceno nel loro dolorosissimo realismo, sfoggiano un uso intelligente di tutti gli spazi e gli oggetti, sono un tour de force per l’attrice, per lo spettatore: una summa del cinema secondo Verhoeven. La sceneggiatura di David Birke, per contro, sceglie percorsi tortuosi e imprevedibili, giocando con lo spettatore come il gatto di Michèle gioca con l’uccellino ferito (a cui sgranocchia allegramente un’ala); ogni scena è una sorpresa, un imprevisto, un succedersi di azioni e reazioni perversamente coerenti. E’ un piacere lasciarsi trascinare dai continui paradossi della storia e dall’elegante balletto della regia – ma appena il film finisce, è inevitabile sentirne il peso straniante: “Cos’ho visto?” è una domanda più che legittima; Elle è un film dalla bellezza così difficile e sfuggente che ti si posa addosso senza accorgertene. Forse è per questo che non ha sollevato il polverone che ci si poteva aspettare: è una bomba a scoppio ritardato.
Misandrista come pochi, Elle porta all’estremo il discorso sul femminile iniziato con Basic Instinct e Showgirls, fa a pezzi il mito della superiorità fallica e non presenta un solo personaggio maschile positivo. Il padre di Michèle è assassino e vigliacco, l’ex marito uno sfigato, il figlio un coglione senza speranza, l’amante un cretino, i dipendenti dei segaioli. Ah, e poi c’è lo stupratore. Nell’ecatombe morale del film, alla fine si salva solo l’amicizia fra due donne.
La vita privata dello stupratore permette a Verhoeven di scagliarsi furiosamente contro un altro simulacro sociale: la fede cattolica. Prima per scherzo, identificando per un attimo lo stupratore con una statua del presepe dei vicini; e poi serissimamente, dipingendo un personaggio accecato dal fanatismo verso Papa Francesco, che letteralmente non si accorge di cosa ribolle nella mente di chi le sta intorno, e perciò permette fatalisticamente che il male “accada”. A questo personaggio il regista dedica una battuta finale tanto odiosa quanto memorabile (simile allo snodo di trama del coreano Secret Sunshine), facendo di Elle un film perfidamente blasfemo.
brava ciccia, si capisce che il film ti è piaciuto perché la rece è particolarmente ispirata.
Uno dei migliori film dell’anno (scorso?). La Huppert è perfetta. Pur essendo film quasi agli antipodi le figure femminili interpretate dalla Huppert in questo Elle e del contemporaneo L’Avenir sono deflagranti.
Pellicola magistrale. Bella anche l’analisi che hai fatto sulle differenze con Haneke.
Sostanzialmente d’accordo su tutta la linea, film fantastico, e solo la Huppert poteva interpretarlo, con quella faccia da cui non traspare nulla e, diciamolo, anche un aspetto fisico non indifferente per la sua età. Perfetta.
Che ridere la sottotrama del figlio: grande, grosso e frescone, innamorato perso di una stronza che l’ha pure tradito e SPOILER ha dato alla luce un figlio nero (LOL) ma lui niente. Qui forse sul finale SPOILER ho trovato un minimo di rivalsa dell’uomo: vero che lui accetta la situazione, ma sembra aver ritrovato un po’ di coglioni, facendosi rispettare dalla sua donna. O almeno così ho pensato io, anche perchè se fai passare un messaggio finale in cui funzionano solo i rapporti tra le donne, ecco sì insomma, cosa proseguiamo a fare?
Beh no, aggredirla sulle scale non vuol dire farsi rispettare, vuol dire sbroccare :-) secondo me lui accetta il suo destino di Baresi della situa, ma entrambi rimangono del tutto inadeguati a fare i genitori, infatti dimenticano il bimbo in macchina…
Ok ora mi torna alla memoria, è proprio come dici tu… capita quando si vede un film mesi prima. In Italia è uscito di questi tempi immagino.
Cicciolina hai ragione su tutto. questo film è bellissimo ma di una bellezza effimera e per questo non solleverà il polverone. verissimo anche che Verhoeven vuole divertire e a mio avviso ci riesce benissimo. e però nemmeno una parola sulla figura della madre della huppert e sulla fidanzata del figlio l amante del marito (e sulla moglie dello stupratore) e sulle compagne in generale che in questo film pure sono molte e pure sono accomunate da qualcosa che non riesco a definire. forse ci puoi riuscire tu che sei molto più brava di me con le parole.
La moglie dello stupratore compare brevemente nella rece ma non volevo dire di più per evitare spoilerzzzz. La madre è un personaggio stupendo e la scena in ospedale meriterebbe una rece a sé.
Uno dei film dell’anno ok, ma avrebbe funzionato meglio senza la parte relativa al padre, posticcia e grottesca. Bastava un accenno a traumi pregressi o la totale assenza di “spiegoni psicologici” per rendere il film ancora più intrigante.
Non so, sarà anche un bel film, ma mi costringe a fare quel tipo di discorso purista che odio sentire dagli altri (quindi mi costringe ad odiare me stesso… :D). Siamo sicuri che sia un film “calcista”? Un film da recensire su questo sito? Non è che si sta imboccando una china che porterà alle recensioni, che so, dei film dei Dardenne?
No.
DVD-quote:
“Psicologia, misandria, blasfemia e violenza”
Cicciolina Wertmüller, i400calci.com
Direi che c’è tutto il calcismo che serve.
Apparte che il regista di total recall RoboCop e starship troopers ha il posto fisso su questo sito..
Ma questo ci sta. Come ci sta il fatto che un film possa piacere cosi tanto ad un persona, anche ad un recensore, da volerne scriverne lo stesso ad ogni costo, anche se questo rappresenta un pò una forzatura. Come il DJ di Radio Rock che ascolta un pezzo jazz da paura e vuole lo stesso passarlo, fregandosene (giustamente) del fatto che non rientri nel “canone”.
Basta dirlo, anche non esplicitamente. Far capire, anche in maniera velata, che si, lo so, non è un film calcista ma m’è piaciuto tanto e quindi voglio scriverne.
Non so se è un periodo della mia vita o un momento del cinema mondiale, ma i film che mi ispirano di più in questo momento sono quelli che qua dentro vengono recensiti da te.
Appena possibile me lo vedo al cinema!
Non penso avró mai il coraggio di vederlo (sono una mammoletta), ma vorrei chiamare un giro di applausi a scena aperta per Cicciolina: articolo colossale.
Sarà dura batterlo come film dell’anno…E sì è molto più calcista questo dei vari pigiami c’è poco da fare
Scusate ma sono l’unico qui a subire una sorta di provocazione sessuale appagante a leggere le bordate (recensioni) di Cicciolina?
Con una rece così film obbligatorio.
Cicciolina col tuo stile superbo riusciresti a farmi guardare anche un film come “Il giardino delle vergini suicide” se mai lo recensissi… (Manon Serve)
Io ci vedo un po’ di invidia del pene nelle sue recensioni
Quindi essere misandrista è un bene, mentre essere misogino è un male?
Direi più che altro che secondo cicciolina
Misandria = bel film
Misoginia = film di merda
Il che non toglie che questo, al netto delle pippe alla yoko ono, sia un bel film
Come disse Luttazzi, in un mondo perfetto avrebbero sparato a Yoko Ono e non a John Lennon.
Nel mio mondo perfetto li fanno fuori entrambi
Eh insomma, adesso aspetto il remake di Park Chan-wook
No è la risposta a quale delle tre domande? :P
Sicuramente un bel film, purtroppo ora vanno di moda i film in cui si demoliscono le figure maschili, probabilmente ci saranno moltissime ragioni storiche di millenni di abusi non lo so, pero’mi dispiace perche’ nella realta’ coglioni traditori smidollati etc sono su entrambi i fronti e quando in un film ci si accanisce solo in una direzione diventa quasi propaganda. Ma tant’e’…
Hai perfettamente ragione, va detto però che quasi in tutti i film ci si accanisce solo in una direzione, un po’ in tutti i generi, da sempre. Si racconta la storia da un solo punto di vista, usando uno strano mix di stereotipi e paraculaggine politically correct. Come i russi o gli italoamericani (quasi) sempre mafiosi…
Ad esempio in E.T. non fanno una gran figura gli adulti
@bud: ma non diciamo cagate
Fai poco l’arrogante coso
E non hai visto ‘la ragazza del treno’… Che ha l’aggravante di essere un film mediocre
Che poi sia chiaro questo film mi e’ piaciuto un sacco, uno dei piu’ belli che ho visto l’anno scorso/quest’anno? e l’ho consigliato anche in giro
****COMMENTO RANDOM****
Scusate ma Ghost in the Shell lo recensite vero?
Paul Verhoeven è un grande
certo che, il giorno che fanno un film in cui un negro stupra una femminista non depilata, cicciolina e casanova collideranno in un maelstrom elettromagnetico che implodera` su se` stesso generando un buco nero
Vado off-topic, perdonatemi, ma avrei una richiesta speciale: non è che potreste rendere disponibile al download lo straordinario disegno con l’esplosione che fa da sfondo al logo del sito? Da tempo ormai ambisco a farne il mio wallpaper!
http://www.i400calci.com/wp-content/themes/annihilationChild/img/bkgHeader.jpg
I film i cui si esplorano personaggi e rapporti femminili a fondo solitamente m’interessano molto (mi è piaciuto moltissimo Babadook, per fare un esempio), d’altro canto trovo disgustoso e ributtante il concetto per cui “maschio=merda” e “femmina=bellezza e figaggine”. La misognia (quella vera intendo, eh) è altrettanto idiota, con la differenza che in quest’ultimo caso quasi nessuno si fa problemi a riconoscere che è una brutta cosa, mentre se c’è il femminismo di mezzo sembra che qualsiasi concetto sia giusto a prescindere (guess what, NO).
Mi spiace perché dal finale della recensione il film sembra andare decisamente verso questa deriva, e i commenti direi che confermano la cosa. Se il misandrismo non fosse stato così totale lo avrei visto volentieri, peccato.
ps: Cicciolina, ma quindi sei laureata in psicologia o psichiatria? Lo chiedo perché il commento antifreudiano (il cui significato deduco sia “le fantasie da stupro sono solo una balla misogina inventata da Freud, altro che studi e teorie”) mi ha messo il dubbio, e a fronte di altre tue recensioni che mi è capitato di leggere sarebbe una scoperta interessante.
Vedo che il mio accenno alla misandria è stato interpretato da molti commentatori come un lato del film che ho apprezzato. Ebbene, devo essermi espressa male perché non è così. Per la delusione di molti miei fan, vi annuncio che non sono una che pensa per dicotomie o compartimenti stagni: “misoginia=brutta” “misandria=figata” è un’idiozia. Se dalla recensione pensi che passi questo messaggio, ti sbagli. Fra l’altro non sono l’unica ad aver notato che il film (diretto da un uomo, non da Andrea Dworkin, cristo) presenta solo uomini negativi- sarebbe interessante scoprire cosa ne pensa Verhoeven, non io! Ah, non sono laureata in psicologia ma ne ho studiata un bel po’ per ragioni accademiche e personali.
Intendiamoci, a me il misandrismo va benissimo, esattamente come la misoginia (il cinema di Peckinpah, i fumetti di Ralf Koenig o i testi degli Anal Cunt), purchè il prodotto finale mi piaccia.
Intendevo “misandria”, ovviamente :P
Grazie, Cicciolina: mi hai fatto scoprire i due migliori film visti nell’ultimo anno e se The Handmaiden e’ un capolavoro, questo Elle manca il bersaglio di davvero poco.
A me ha ricordato la scena dello strupro in Flesh+Blood, primo film americano di Verhoeven (non ho mai affrontato, mea culpa, i suoi film olandesi): Jennifer Jason Leigh e’ sollevata tenuta a mezz’aria mentre Rutger Hauer la violenta, lei si ribella alla situazione e assume un ruolo attivo invece di subire la violenza (non a caso Verhoeven aveva inizialmente pensato alla Leigh per il ruolo da protagonista).
Poi c’e’ da dire che gli uomini in genere non fanno mai una bella figura nei film di Verhoeven, e basta guardarsi Basic Instinct, che con questo Elle ha tanti punti di contatto.
Verhoeven sara’ invecchiato pure lui e non girava un film vero da dieci anni, ma anche se ha abbassato i toni (Elle pare una commedia nera in molti passaggi), non ha smesso di provocare e affondare… e non solo metaforicamente.
Visto ieri con ritardo, niente da dire. Come dice Cicciolina, finito il film ho pensato: che cosa ho visto? poi ripensandoci son venute fuori tutti i sottotesti, le metafore e niente da dire. grande film. Huppert gigante.
Date dei soldi nuovamente a Verhoeven please!