Fancalciste e fancalcisti, sono giorni felici! Indovinate? Alla facciaccia di chi ci gufa contro, vi ho comprato un altro redattore! Dovevate vedere com’erano contenti gli ospiti della Cobretti Mansion a vedere un altro spettacolare processo di selezione a base di morti e feriti nel mio giardinetto a così breve distanza. Un successone. Ma prima un’altra parentesi: l’altro giorno citavo l’avanzatissima Wakanda e il nostro simile approccio ai colloqui professionali, ed è sempre Wakanda ad ispirare il pezzo di oggi, il primo di un mini-speciale. Il successo di Black Panther mi ha infatti ricordato quando quasi 30 anni fa, ad accompagnare quel tipo di atmosfera che portò alle rivolte razziali di Los Angeles del ’92, alcuni ragazzetti colsero l’esempio di Spike Lee, ci aggiunsero un ulteriore carico di incazzo e lanciarono una nuova ondata di blaxploitation: una seria, che incendiava gli animi, faceva scoppiare letterali sparatorie fuori dalle sale e sfiorava gli Oscar con una coda di controversie che a confronto Get Out pare un Disney. Parentesi chiusa: date un caloroso benvenuto all’abile trionfatore del nostro ultimo torneo, l’eroico Toshiro Gifuni. (Nanni Cobretti)
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Nel dojo in cui sono cresciuto per diventare una coccolosa macchina da guerra al servizio di Cobretti Nanni®, ho vissuto fianco a fianco con i miei fratelli monaci. In dormitorio eravamo io, Keanu Reeves (qui mentre si rilassa in pausa pranzo), Nic Cage e RZA. Ed è stato proprio quest’ultimo a regalarmi parole di saggezza per prepararmi allo scivoloso frangente su cui mi trovo appollaiato oggi: «Un giorno ti verrà chiesta la rece di Boyz n the Hood, lo so. In quel momento dovrai ricordarti che siamo fratelli, ma non così tanto fratelli. Intende? Fa’ largo uso di citazioni dall’inglese e del corsivo». Anche perché – e questo è il momento triste della premessa, quello con gli archi sostenuti – saranno pure passati 27 anni da quando è uscito il film che ha quasi regalato due Oscar (candidato per la Miglior regia e la Miglior sceneggiatura originale) all’incazzato 24enne John Singleton, ma la precisione con cui centra i nervi scoperti è ancora la stessa. Ne consegue che il film, bomba, è invecchiato con discreto lusso e che, ahinoi, l’operaio del comune che doveva passare a coprire i nervi scoperti non si è ancora fatto vivo. E adesso il momento che ogni bambino di Val Verde sogna: sigla!
https://www.youtube.com/watch?v=KpZpvo4rQAE
Nonostante l’errore della regia, val la pena ricordare che anche Ice Cube avrebbe scelto Sabrina Salerno al posto dell’ex compare negli N.W.A Eazy-E e del suo pezzullo dell’88 che ha prestato il titolo al film. E no, non è un’iperbole. In una scena, un poco di buono ruba la catenina a uno della ghenga di Cube e ne ricava un sano pestaggio. Il mariuolo indossa una maglietta di Eazy-E. Boyz n the Hood, oltre a essere un vettore di frecciatine tra ex membri degli N.W.A, è quel film che inizia come Stand By Me ma ambientato nel mondo vero e prosegue come Fa’ la cosa giusta se solo al posto di Danny Aiello e John Turturro ci fossero stati altri due Radio Raheem. La rivoluzione di Singleton, il motivo per cui è ancora il più giovane regista candidato agli Oscar (suca, Orson Welles) e il suo film d’esordio è stato selezionato per la preservazione dal National Film Registry, è mostrare la portata del problema razziale concentrandosi sulle dinamiche interne alla comunità afroamericana. In Boyz n the Hood non ci sono antagonisti esterni personificati. Aleggiano, certo. Si trovano nel monologo di Laurence Fishburne, quando spiega cosa sta succedendo ai quartieri a maggioranza afroamericana, prima abbandonati al loro degrado (precedentemente incentivato) quindi riqualificati e gentrificati dopo aver cacciato i neri cattivi, con molto bastone e poca carota. Ma l’unico poliziotto razzista del film è nero, oltre a essere disgustoso. L’uomo bianco non esiste in carne e ossa, ed è questa segregazione a rendere la storia di Singleton ancora più reale e potente.
Le fondamenta di Boyz n the Hood le racconta piuttosto bene Chris Rock in uno spettacolo del 1996, Bring the Pain, monologo di una cattiveria abbastanza diffusa. La traccia intitolata Niggas vs. Black People inizia così: «Chi è più razzista, i bianchi o i neri? I neri, perché odiano anche gli altri neri». E prosegue con un lungo elenco delle differenze tra niggas e black people in quella che, tra il serio l’incazzato e il triste, viene descritta come una guerra civile. Ed è la stessa tensione che serpeggia in Boyz n the Hood. Siamo a Crenshaw, South Central, più o meno lo zona della metropoli losangelina in cui, nello stesso anno in cui è stato realizzato il film (il 1991), Rodney King viene fermato da una pattuglia di poliziotti (bianchi come le cugine con cui vanno a letto) dopo un breve inseguimento, che termina in un pestaggio da parte di cinque rappresentanti delle forze dell’ordine armati contro un ragazzo afroamericano leggermente brillo. L’anno dopo, nel momento in cui i poliziotti verranno assolti dalle accuse, scoppierà una rivolta che causerà 54 morti e 2000 feriti. Qui è dove vive Furious Style (miglior nome di sempre, a mani basse), uno dei black people: reduce del Vietnam che ha scampato la sindrome da disturbo post traumatico, è diventato consulente finanziario per aiutare i membri della sua comunità ad accedere ai mutui e accetta con gioia di insegnare cosa voglia dire essere un uomo al figlio decenne Tre, consegnato con ricevuta di ritorno dalla madre dopo l’ennesima rissa a scuola.
A Tre (Cuba Gooding Jr.), avatar di John Singleton, la situazione non dispiace. Vuole bene al babbo e ha la cumpa degli amichetti del weekend con cui stare: Rick (Morris Chestnut), che è tonto e buono e vorrebbe solo giocare a football, e il di lui fratellastro Doughboy (Ice Cube), in rampa di lancio per entrare nel monologo di Chris Rock dalla parte sbagliata. L’assurdo problema è che a Crenshaw pare vigere la stessa regola non scritta che governa ogni fantasy: dal lato black people, o stai lontano da loscaggini&violenza e appena puoi fuggi – oppure diventi jedi e rimani a combattere; dal lato niggas, o ti scegli una gang, fai dentro e fuori dal carcere e prima o poi finisci con un buco di culo extra – oppure diventi un raccapricciante stormtrooper. Tertium non datur. Il destino di Tre, padre e madre istruiti, lavoratori, presenti nonostante la separazione e attenti, e di Ricky – talento sportivo, innato cuore puro e il preferito di mamma – punta forte, da insegna luminosa a Las Vegas, sul lato black people. Mentre quello di Doughboy, che a dieci anni viene portato in riformatorio per taccheggio mentre nei successivi sette scopre che l’arancione gli dona e che forse è una buona idea unirsi ai Crip, pare segnato e tragico, per lui e per le persone che gli stanno attorno. Quando Rick viene provocato da alcuni membri di una gang rivale e Doughboy, per proteggere il fratellino e il suo onore, fuoriesce il ferro, come possono non succedere cose severamente brutte?
La cacca si fa seria quando finalmente anche il più duro di comprendonio capisce che John Singleton non è Paul Haggis. Non è un bianco sovrappeso di mezza età liberale ma di Scientology che vorrebbe aprire un dibattito e far comunicare le coscienze tramite una didascalica fantasia sul funzionamento del problema razziale. John Singleton ha poco più di vent’anni, è incazzato come un drago di Komodo e tutte le cose che ci sta mostrando le ha viste e vissute. E le regole non scritte da fantasy salutano la compagnia, sostituite dalla legge di Hong Kong: mai affezionarsi troppo a un personaggio, al 90% finirà crivellato entro la fine del film. Parlando di Crenshaw, si sostituisca ‘personaggio’ con ‘amico’ e ‘film’ con ‘scuola superiore’. Boyz n the Hood non è perfetto, specialmente nella stilizzazione di alcuni personaggi – Rick, lo stesso Tre e molte delle figure di contorno – che nella foga di volere raccontare il più possibile rischiano di inciampare sugli stereotipi. Ma John Singleton gira il suo esordio posseduto da furor divino, letteralmente in missione per conto dell’Altissimo, curando con gioia da ossessivo compulsivo i dettagli fondamentali; la colonna sonora, con un tocco di anni ’90 sovrastato dal sottofondo diegetico di elicotteri e spari; e la direzione degli attori, intensi ma sorprendentemente (vista la scarsa esperienza dei tre protagonisti) mai sopra le righe. Laurence Fishburne è un negus che giganteggia nei panni del babbo severo ma giusto, il papà che ti viene a prendere a scuola e fa rodere di invidia i tuoi compagnucci, mette incinta con lo sguardo le signore e fa abbassare gli occhi ai colleghi presenti. Persino quell’isterica di Cuba Gooding Jr. – che, storia vera, ha ottenuto il ruolo perché è stato l’unico a presentarsi – nonostante sia evidentemente il 17enne meno credibile della storia del cinema, strappa cuori.
«Praticamente il Dawson’s Creek di Cuba Gooding Jr.»
(Toshiro Gifuni, i400calci.com)
>> IMDb | Trailer
Film bellissimo, forse un’eccezione meritevole ma con una tensione che si taglia col coltello. L’ho sempre considerato fare il paio con L’odio, di tre anni dopo
Meritevole di certo, eccezione fino a un certo punto, visto che i ferri si escono e ahimè si usano, e i nigga schiattano, e appunto la tensione pervade l’intero film.
Direi azzeccatissimo il parallelo con La Haine.
Nani licenziate gli stagisti e comprate nuovi redattori…avete una politica del personale eccentrica!
Benvenuto Toshiro. Bella rece, purtroppo il film è una delle mie lacune più grandi sugli anni 90. Shame on me!
Mai visto. Pensavo che Cuba Gooding Jr, nella sua vita, avesse solo commesso crimini contro l’umanità…
p.s. il video di “Boys” è stato il mio primo assaggio di pubertà
il videoclip l’avevano girato a Jesolo dalle mie parti dove andavo in vacanza lol
Film che non rivedo da una vita ma che al di là degli ovvi discorsi razziali non ricordo così memorabile. Mi sa che me lo devo recuperare per rinfrescarmi la memoria.
Benvenuto anche a te Toshiro!
idem
Mi ricordo un film coevo come Colors,il serial Shield e anche G.T.A San Andreas che ha proprio come doppiatore Ice Cube e in colonna sonora gli N.W.A.
Questo l’ho visto in prima superiore e quello che alla fine va via con la faccia incazzata Cube e poi compare la scritta che poi morirà?
Ci metto anche l’ottimo I Trasgessori di Hill.
1) Benvenuto al nuovo membro della leva calcistica del ’18.
2) L’unico contatto che ho mai avuto con questo film è stato imparare che ad esso si riferiva il titolo del classico episodio dei Simpson (quelli belli) Boy-Scoutz ‘n the Hood.
3) Qualcuno ha detto: Angela “right-here-right-now!” Bassett?
4) Nanni, ho come l’impressione che la selezione di tana delle tigri sia ancora in corso e la pubblicazione di questi ultimi articoli ne faccia parte. Ora dobbiamo votare chi esiliare sull’isola dei mostri (che è in realtà una penisola), giusto?
…o magari c’è l’applausometro?
No beh, PAZZESCO: me lo sono visto ieri sera!!!
Ora non ho temo: poi leggo e commento.
Nanni ma quanto stai spendendo ultimamente in campagna acquisti???
ci diventi compulsivo?
Segno della formazione al tempo dell’Inter morattiana :D
visto una miriade di anni fa, caruccio, probabilmente per chi stava vivendo quei tempi e quei luoghi un film del genere assumeva un significato più importante. per come lo ricordo io (ma potrei sbagliarmi) dopo un po il film iniziava a rallentare pericolosamente.
Magari me lo riguardo.
In stile giorni ho rivisto New Jack City, sempre in tema black people in The ghetto…bello.
New Jack City stupendo, il vero Padrino nero, altro che quella roba edulcorata di American Gangster.
Volevo solo ricordare anche la versione più ignorante, ovvero Menace 2 Society.
Un saluto a tutti con la mano a W
Benvenuto al neo redattore!
Toshiro ha chiaramente ucciso gli avversari a colpi di virgole e parentesi. Recensione illeggibile, mi spiace perché sembra un bel film. Lo metto in lista sulla fiducia.
Però magari più che un nuovo redattore vi serve un editor.
(ok, era questa.)
Mai visto. Dalla recensione evinco però che dopo Furious Style (medaglia d’oro al Nome Più Fico Di Tutti I Tempi) la famiglia vince anche quella d’argento con Tre (= Trés) Style.
Medaglia di bronzo, invece, a Toshiro Gifuni (genio!), benvenuto a bordo.
Mamma mia Nanni manco l Inter di Moratti dei bei tempi faceva campagne acquisti così sontuose. Spero in altri colpi!
Sul tema, ma in direzione latino, mi permetto di segnalare Blood In/Blood Out di Taylor Hackford.
Bomba, sempre voluto benissimo a questo film e ad Ice Cube conciato come Eazy-E.
Ma da queste parti Four Brothers è considerato pertinente o troppe poche pizze nonostante Whalberg impellicciato con canotta?
Wahlberg btw
bel filmetto Four Brothers.
Bella rece! WwwwÈllcome!
Rivisto oggi. Onestamente lo ricordavo più “stanco”, invece funziona alla grande, un dramma bello in palla, attori che funzionano perfettamente e cosa forse più rilevante è un affresco lucidissimo (credo) di un certo luogo in un certo periodo storico. Musiche strepitose.