Ciao amici. Sono tornato in Italia, non sto più negli Stati Uniti d’America, Massachussets, Boston, Somerville. Non so se ci tornerò o meno, penso di sì, però per un po’ starò qui in Italia. Vi interessa? Non vi interessa? Fatecelo sapere con una mail all’indirizzo lavostraopinioneèsempremoltoimportantepernoi@maivero.com. Una delle cose che più mi manca degli Stati Uniti è questa puttanata che facevo ogni tanto e che mi divertiva molto. Sceglievo dei ristoranti pazzeschissimi, tipo quelli più sozzi e sudici che incontravo sulla mia strada e poi ci andavo a prendere la cosa più assurda che avevano in menù. Il motivo di questa mia scelta bizzarra? Scopritelo mandando una mail all’indirizzo mavedidifartiicazzituoi@appostocosì.com. Un giorno ho pranzato in una famosa catena di hamburger che si chiama Boston Burger Company. Dopo una rapida occhiata al menù ho individuato il mio piatto: il Pigferno. Prima di mettervi la foto dell’hamburger in questione vi posso dire che 1) quando è arrivato sul tavolo mi sono imbarazzato: non avevo mai visto nulla di così assurdo su un piatto 2) non sono riuscito a finirlo 3) ad un certo punto ho dovuto affrontare questa bestia con forchetta e coltello perché non ho l’apertura mandibolare di un megalodonte 4) mi ha avvicinato una ragazza che mi ha detto: “You must be British. Nobody here eats an hamburger with fork and knife!”. Per i meno abbienti, questa mi ha detto che ero l’unico coglione che mangiava con coltello e forchetta, per cui ha dedotto che ero un figlio della perfida Albione, sinonimo di persona dalla eterosessualità quantomeno dubbia. Ecco la foto del Pigferno.

Habanero bbq pulled pork, inferno habanero salsa, beer-battered onion rings, spicy mayo, American cheese.
Perché, direte voi, vi ho raccontato questo aneddoto così bello e avvincente? Bè, amici miei, ma è presto detto! Vi ho raccontato del mio rapporto col Pigferno perché questo pregiato manicaretto assomiglia molto all’ultima fatica di Rob Cohen, The Hurricane Heist. Una volta saputo della sua esistenza non puoi fare a meno di ordinarlo. Te ne vergogni un po’ appena lo vedi. Fai fatica a finirlo e per mangiarlo ti sporchi. Una volta però che hai lasciato il ristorante e sei a casa che ti rigiri nel letto maledicendo la tua azzardatissima scelta, incredibilmente un po’ ti manca. Ci siete? Se siete tra quelli che hanno già visto il film, ci siamo già capiti. Se invece siete qui per capire se ne vale la pena, un po’ di pazienza e vi spiego tutto. Sigla con un un video totalmente fuorviante ma che mi gasa e poi il pezzo ha la parola Hurricane nel titolo!
Rob Cohen è uno di quei produttori a cui dobbiamo dire grazie quando pensiamo alla nostra formazione cinematografica. Negli anni Ottanta ha prodotto roba come Le Streghe di Eastwick, L’Implacabile, Scuola di Mostri e Due Nel Mirino. Nei Novanta ha deciso che era giunto il momento di passare a dirigere e ci ha regalato titoli come Dragonheart o Daylight fino ad arrivare nei primi anni del 2000 a mettere la firma su quella doppietta devastante che è The Fast & The Furious e XXX. Insomma, “di fronte a uno come Rob Cohen, il cappello ti devi levare”. Certo, poi sono cominciati i passi falsi come Stealth, il terzo capitolo de La Mummia con Brendan Fraser e il teribile Alex Cross… ma che ve devo da dì? Se io leggo sul menù il nome di Rob Cohen, è facile che il mio dito cada propio lì. E ti cade lì anche se vedi che il piatto del giorno mette insieme evidentemente troppe cose: c’è la rapina, il buddy cop e pure il disaster movie. E ti cade lì anche se vedi che il cast è un pasticcio, pieno com’è di gente che poteva farcela ma non ce l’ha fatta, come Toby Kebbell e Ryan Kwanten, di mezze gnocche insipide come Maggie Grace o Melissa Bolona, ma anche di caratteristi attoroni come Ben Cross o il mitologico Ralph Ineson. Insomma, sai che non dovresti farlo… ma ti ordini un Hurricane Heist e cominci a pregustarti la zozzeria.

Immagine importante perché è come la famosa scena di Mad Max Fury Road, ma qui le macchinine non vanno verso la tempesta: al contrario, scappano… capito? Tipo, insomma, una metafora.
Will & Breeze (aia…) sono due piccoli fratellini. Un giorno, un brutto giorno, Breeze s’è attardato a giocare con il suo aquilone. Mentre perdeva tempo è arrivato un mega tornado e adesso si trova in macchina a scappare da morte certa insieme a suo fratello e al padre. Il tornado avanza alle loro spalle e, mentre il fratello già gli sta dando la colpa della tragedia che sta per avvenire, il padre dice delle cose senza senso su un giocatore di football. Avete presente quelle frasi che hanno la funzione di tornare molto più in là nel film, per farvi capire che i due fratelli – che stanno qui per andare incontro a una tragedia formativa che però li separerà – ad un certo punto ritrovano la loro naturale alchimia famigliare e anzi riusciranno nel momento della difficoltà massima a unire le loro forze a sconfiggere il male nel nome del loro paparone morto male? Ecco, quelle frasi lì. Poco dopo, il padre muore male e c’è un effetto digitale che trasforma il tornado in un teschio della morte che veramente m’è venuta voglia di spaccare il televisore a calci e pugni.
Ellissi: Will è diventato Toby Kebbel, un meteorologo precisetti (inglese che si sforza di avere un accento dell’Alabama), che va in giro con una Batmobile megapazzeschissima alla ricerca di un tornado tipo quello che ha ucciso suo padre quando lui era piccolo, fingendo che sia una scelta di lavoro ma, hey, ognuno ha il suo modo di esorcizzare i propri demoni. Breeze invece è Ryan Kwanteen, un mezzo fallito, alcolizzato e scapestrato (hey, ognuno ha il suo modo di esorcizzare i propri demoni) che ha aperto un negozio di motori nel suo paesino dell’Alabama e si cruccia un po’ perché, se quel giorno non avesse giocato col l’aquilone mentre stava arrivando il più grande uragano di sempre, suo padre sarebbe ancora vivo e suo fratello non lo odierebbe. Contemporaneamente facciamo la conoscenza di Maggie Grace, una poliziottona distrutta dal senso di colpa per aver causato la morte del suo ex compagno che adesso, insieme a Ralph Ineson, guida un camion grosso grosso pieno di soldi – tipo 600 milioni di dollari – che, non ho capito perché, devono andare al macero. Tutti, irrimediabilmente, convergono verso lo stesso paesino dell’Alabama. Ok, a questo punto facciamo una cosa: il prossimo capoverso è spoiler, nel senso che racconto cosa succede. Se siete di quelli sensibili, non leggete nulla. Se invece avete anche solo un minimo di doti deduttive (o avete visto il trailer) potete anche leggere. Anyway, non vi cambia di certo la visione del film.
Nel piccolo paesino dell’Alabama dove tutti convergono, sta per arrivare il tornado più incredibile di sempre, più grande e letale “di quello che ha ucciso nostro padre”. La poliziotta Maggie Grace arriva al macero con i 600 milioni di dollari ma viene tradita dal suo collega che si vuole intascare i soldoni insieme a una gang di poliziotto corrotti e hacker molto poco credibili. I due fratelli si incontrano dopo tanti, troppi anni: si odiano, poi cominciano a capirsi, poi si vogliono di nuovo bene ed infine fanno balotta con Maggie Grace per far andare tutto per il verso giusto, non morire di disaster movie e uccidere i cattivi. Spoiler finale: ce la fanno.
Ho fatto un po’ fatica a finire The Hurricane Heist: c’è troppa roba in mezzo, evidentemente troppa carne al fuoco. Ma se sulla carta pensavi potesse essere divertente vedere un film di rapina ambientato nel bel mezzo di un disaster movie, una volta che ce l’hai davanti, capisci che la cosa non funziona. Il problema principale è evidentemente di scrittura: sin dalla prima sequenza, il flashback che ci fa capire il rapporto tra i due fratelli, si intuisce una nota stonata. Quella frase di cui sopra, quella che tornerà più tardi nel film, non c’entra veramente nulla e, mentre dovresti essere gasato per un tornado che sta per sfrociare un pick up, ti trovi a pronunciare il primo Maccosa del film. E quando il primo Maccosa che dici in un film che promette di mettere insieme rapine e disastri, lo pronunci per una leggerezza di sceneggiatura… bè, amici, non è un buon segno.
Da lì in avanti è la fiera delle buone intenzioni. Si tenta più e più volte di mettersi sulla carreggiata giusta ma non si riesce mai a ingranare come si vorrebbe. La parte di trama dedicata alla poliziotta, ai suoi sensi di colpa, al suo rapporto col collega, alla sua voglia di rivalsa, si perde in mini siparietti incomprensibili. La storia dei due fratelli è meccanica e non si riesce mai a provare simpatia per il precisetti o per lo scavezzacollo (questo anche perché per tre quarti del film lo scavezzacollo non fa un cazzo). La tensione erotica tra Maggie Grace e Toby Kebbel è oltre il ridicolo e i set Bulgari non aiutano neanche un po’. Poi c’è la parte action che però non decolla mai mai mai e quando tenta di farlo è massacrata da un digitale non degno del nome del regista ma manco dell’antica arte del cinematografo odierno.
E allora cosa cavolo rimane? Perché mentre sono qui a tentare di digerire The Hurricane Heist un po’ di voglia di rivederlo mi viene? Perché c’è Ineson che speri sempre possa diventare un villain cazzuto e perché l’ultima sequenza, ambientata sul set del famoso spot con la spaccata di Van Damme sui camion, ha almeno due momenti in cui sono saltato sulla sedia. Poca roba, me ne rendo conto… ma quando mai vi ricapita di ordinare un Pigferno.
DVD-Quote:
“Poteva essere il miglior Hambuger della mia vita. Ho fatto fatica a finirlo. ”
Casanova Wong Kar-Wai, i400calci.com
Non mi importa nulla del film… ma la foto del Pigferno mi ha attizzato. Ho avuto un mini blocco intestinale solo a vederlo, ma lo ordinerei pure io se potessi… e ho pure tolto la carne rossa dalla mia dieta…
AAAAHRG! il PIGFERNO.
Lo voglio a tutti i costi. Deve essere mio!
Ma in che modo si manderebbe quella cosa chiamata Pigferno se le posate non sono accettate dalla comunità? Lo si butta in una cippatrice e ci si fa la doccia?
Bella recensione. Peccato perché un’accoppiata disastro naturale+rapina, tenta sempre sul menu.
OT doveroso: ho guardato il sito del ristorante. Complimenti per il coraggio.
Personalmente avrei osato con un “Artery Clogger” o un audace “Vermonster”.
c’è da dire che, trascorso credo un anno, il buon casanova non ha il livore tra i suoi sentimenti
non riesco a digitare correttamente l’email a cui scrivere. potrei optare per un cut & padre?
ovviamente no
Rob Cohen come Ugo Piazza.
Un cinque alto che confluisce (non so come, lo sport non è il mio forte) in un maschio abbraccio, Casanova.
Un film che fa molto fine anni ’90, sarà per la presenza di Rob Cohen
OT, schifosamente OT, scusatemi, ma sento alla radio pubblicità de “La truffa dei Logan”, e ho addirittura visto un trailer che sembra di vedere un film di rapina del secolo.
Ma voi l’avete visto? Merita?
Mi fido quasi solo dei 400 Calci
È stato recensito da mo, cerca tra i vecchi post. È si, merita
Ho fame, maledetto!