Ma allora così è tutto un altro discorso, Christopher Landon! Potevi dirlo subito.
Ci avevi fatto divertire ma anche preoccupare con Auguri per la tua morte, Christopher Landon. «Ma come, tutta questa educazione dopo il delizioso gore a base di cazzi zombie di Scouts Guide to Quella Roba, Christopher?» gli avevo chiesto, stupito che un horror dove la protagonista muore decine di volte potesse venir fuori così ben fatto sotto tutti i punti di vista tranne la parte del sangue e della violenza e della paura. E invece ci ero cascato, ci eravamo cascati tutti! Al Chris non frega nulla di fare horror, al Chris interessa fare la commedia di fantascienza avventurosa e bizzarra, giocare con i viaggi nel tempo e le dimensioni parallele senza per questo bagnarsi le mani alla fonte della Scienza Rigorosa, e soprattutto godersi i suoi personaggi, le loro storie, le loro menate.
La morte è quasi un accidente, accessorio e non necessario a raccontare le intricate faccende di Ancora auguri per la tua morte.
Oddio, no, non è vero, la morte è ovviamente centrale in questo film basato sul fatto che la protagonista muore in continuazione. Ma non è celebrata, non è un evento, non ha nulla a che vedere con la tensione, le scene madre, i climax, la pornografia della violenza; è un meccanismo, un plot point, è programmatica e quindi depotenziata quando non trasformata in veicolo di comicità. Serve per far andare avanti tutto il resto, e sapete cosa?, tutto il resto a Christopher Landon era venuto bene al primo giro e gli viene bene anche questa volta, e a tratti, quando il film non annusa troppo le sue stesse scorregge, funziona anche meglio.
Lo dico? È una sterzata netta, un addio quasi totale allo Scream-ismo in direzione Ritorno al futuro, un cambio di rotta ancora un po’ troppo sporco di Big Bang Theory (la scienza! i simpatici nerd! il DRAMA!) ma sicuro di sé e a tratti molto, molto divertente. Sigla!
Vorrei cominciare con una considerazione: per circa novanta minuti i protagonisti di Ancora auguri per la tua morte parlano di “chiudere il loop”. Vi ricordate, no, come funziona il giochino? Tree, una persona il cui nome significa “albero”, si sveglia il giorno del suo compleanno nel letto di Carter, una persona il cui nome significa “il Rami Malek del discount“, e a fine giornata muore male, uccisa da un tizio mascherato. Nel primo capitolo, come Landon si premura di ricordarci a colpi di flashback e spiegoni che infestano l’intero primo atto e lo rallentano pericolosamente, la situazione si risolveva con la morte del killer di Tree e la rottura del loop.
Appunto, “rottura”, non “chiusura”. Un loop È GIÀ CHIUSO! Semmai bisogna aprirlo? svolgerlo? srotolarlo? decircolarizzarlo?, e invece no, «close the loop», «close the loop», «close the loop», «close oop», «clos oop», «cloop», «cloop», «cloop».
Per dire che, per quanto si dia parecchie arie di film con gli scienziati che risolvono la realtà a colpi di scienza, pieno di lavagne algoritmi e complessi programmi per calcolatore elettronico, ad Ancora auguri per la tua morte il rigore interessa relativamente, e il lato, chiamiamolo così, intellettuale di questo film sui viaggi nel tempo è sistematicamente soverchiato dalla voglia di azione, di commedia, di far andare avanti la trama e al diavolo la coerenza. Quasi nulla di quello che succede ha davvero senso, anche al netto della considerazione che una storia di dislocamento temporale e dimensioni parallele nasconderà per forza un qualche paradosso che fa crollare tutto l’edificio. O meglio: ha senso a una prima occhiata, più ancora del primo capitolo AAPLTM è un film che si affida alla botta, all’impatto, alla soluzione a effetto. In questo senso è artificiale, persino autoconsapevole, ma freddo no, freddo mai, ed è il suo vero segreto, ed è merito di Jessica Rothe.
Per quanto Landon provi a ingannarci aprendo il film su un personaggio che non è Tree, Rothe è ancora una volta al centro di tutto, il perno intorno a cui ruota tutto il film – tutto il franchise, credo, ormai, visto che a questo punto un terzo capitolo è d’obbligo. La incrociamo quasi per caso, nel momento in cui scopriamo che il tizio che stiamo imparando a conoscere a) fa parte del suo giro di amici e b) è rimasto anche lui intrappolato in un loop che si conclude con la sua stessa morte. È un abbrivio da classico sequel horror – la maledizione del primo capitolo colpisce qualcun altro, la protagonista del primo capitolo aiuta la nuova vittima a uscirne – che viene accantonato più o meno all’altezza del minuto dodici, quando entrano in gioco prima Tree, poi un Incidente della Scienza che la catapulta all’interno del loop del primo film, la mattina del suo compleanno et cetera. Solo che no: le cose sono lievemente cambiate, è possibile che Tree sia finita in una dimensione parallela? E perché è talmente sfigata che anche in questa direzione parallela le capita di morire a fine giornata?
È ovviamente un po’ più complesso di così (mica tanto), ma l’idea di fondo è ripetere strutturalmente il primo capitolo eliminando però i discorsi già fatti: sappiamo chi è Tree e chi sono le sue amiche, conosciamo il suo carattere, i suoi problemi, i suoi desideri, sappiamo già molto di lei e questa volta scopriremo… altro. C’è sommessamente un tentativo di allargare il campo e, se non proprio di spiegare, quantomeno di dare un’origine a quel loop che fino a ora era semplicemente la versione cervellotica di una qualsiasi Antica Maledizione Horror; c’è la spinta ad ancorare tutto alla realtà, alla concretezza di un computer e di un macchinario e della scienza prodotta dagli scienziati che poi sono i compagni nerd di Tree, ragazzi simpatici e brillanti e un po’ disadattati ma in fondo irresistibili; ci sono volti noti rivisti sotto una luce nuova, e un personaggio che chi ha visto il primo film non si sarebbe mai aspettato di incontrare.Ma è, ripeto, tutto contorno, perché ancora una volta gira tutto intorno a Tree e all’indagine sull’identità della persona che la ammazza a fine giornata. Jessica Rothe è sempre in scena (a parte i già citati dieci minuti iniziali), e l’umore e il tono del film cambiano costantemente per assecondarla: quando ha paura Landon vira verso il thriller bluastro, quando è felice o commossa o emozionata si smarmella tutto, ed è quando è esasperata – è la sua versione più frequente, visto che ancora una volta le tocca morire in mille modi diversi – che AAPLTM si lascia davvero andare e regala i suoi momenti migliori. Che uno di questi sia un montaggio di suicidi girato tipo Jackass dice molto su quanto Landon prenda sul serio la faccenda dell’horror.
AAPLTM è, in breve, uno one woman show, al quale Landon aggiunge abbastanza orpelli da renderlo interessante anche al di là del culto della personalità. E se è vero che non tutti sono azzeccatissimi (ma vi renderete conto da soli di cosa sto parlando), è anche vero che il ragazzo ha i tempi comici giusti e un’ottima padronanza degli strumenti del Fare il Cinema – si veda per esempio, pur nella sua semplicità, il finalone da manuale con climax, esplosioni e una one liner volutamente imbarazzante messa in bocca alla protagonista.
Poi certo, se siete abituati ad associare il marchio Blumhouse a un certo tipo di fare cinema dell’orrore, o se vi dà fastidio che venga stravolto e depotenziato e usato come scusa per fare della gran commedia, se insomma vi aveva già fatto schifo il primo capitolo qui non troverete nulla che fa per voi: AAPLTM è in questo senso una dichiarazione d’intenti, un mettere le cose in chiaro prima di aprire tutto con l’immancabile Conclusione della Trilogia™. Dalla quale mi aspetto più grasse risate che grandi coltellate in pancia: questo è, prendere o lasciare.
Sono sorpreso di affermare che a questo giro prendo, e con gran gusto.
DVD quote:
«Ricomincio da Tree»
(Stanlio Kubrick, i400calci.com)
PS: tutto questo significa che ho rivalutato il primo capitolo alla luce di quanto esplicitato nel secondo in termini di genere di appartenenza e di ambizioni narrative? Forse sì, ci sto ancora pensando.
Funziona meno del primo capitolo, forse (gli eventi dell’inizio film sono un po’ buttati a caso e il colpo di scena finale un po’ boh). Ma mi sono divertito da matti e la Rothe è incredibile. E la scena con lei incazzata che esce dal campus vale da sola il biglietto. Esigo il terzo subito.
Hodor!
Visto ieri. Piaciuto molto poco, forse anche meno del primo. Non tanto per il tono (o meglio: i toni, visto che non c’è una coerenza narrativa che sia), non tanto per le incongruenze narrative, non tanto per la banalità disarmante del finale; no, niente di tutto questo. Non mi è piaciuto, così come il primo, per una ragione semplicissima: come cazzo fa una tipa a correre, saltare, ammazzare un killer in pieno hangover?! Non ho visto oki sul set.
Non ho visto il primo.
Mi era venuta voglia di vederlo.
Guardo il trailer del secondo.
Svelano il killer del primo.
Mi è ri-passata la voglia di guardarlo.
:(
Cosa sta urlando:
1) KHAAAAAAAAAAAAAAN!!
2) Chi è Tatianaaa?!
3) Hadouken!!!
4) NOOOOOOOOOOOO!! Non è vero! Tu non capisci l’universo femminile!
5) Dio Khaaaaaaan!!!
La DVD quote è bellissima! :)
Cmq mi era piaciuto già il primo, vedrò anche questo
Bella recensione! Anche se non ho ancora capito se mi ha convinto a continuare a non guardare i film di questa saga o a guardarli… questa cosa di allontanarsi dallo SCREAM-ismo non mi piace mica! :–D
E’ antipaticissimo quando sotto la rece di un film vi chiedono perche’ invece non avete recensito un altro film… ma perche’ non avete ancora recensito “Mandy”!?!?
Va beh, due parole sul film in questione. Il primo capitolo proprio non mi ha attirava per nulla, ma rinquadrare tutto da “horror per famiglie” a “Ritorno a futuro con un serial killer” un po’ mi incuriosisce, per quanto io non sia manco mai stato un grande fan della saga di Zemeckis.
È ancora peggio quando il film è stato effettivamente recensito http://www.i400calci.com/2018/09/but-i-sent-you-away-oh-mandy/
:D :D :D
D’oh! Rece completamente rimossa, che pure mi rendo conto che avevo letto.
Non c’entro neppure io ma dopo aver letto una decina di volte “loop” mi è venuta voglia di Rebuild of Evangelion.
Parto con una dichiarazione di ignoranza totale. Non ho visto il primo film e non ho guardato il trailer (a scanso spoiler sul primo). Oltretutto ho visto solo il primo Scream, bellino ma non mi ha spinto a vedere i seguiti…
Cosa si intende per Scream-ismo e relativo abbandono?
Immagino una struttura costruita sui tropi dei film slasher e sull’eventuale conferma o stravolgimento di essi durante la narrazione.
Quindi “Auguri per la tua morte 2” (più del primo) funziona più come gioco sul loop temporale in sé, piuttosto che sul filone slasher?
Scusate il pippone orrendo ma sono curioso.
Precisissimo. Nel primo giocava allo slasher ogni tanto, qui non fa neanche finta: le morti sono poche, non violente e mai shockanti, tutto quello che ti interessa è capire come funziona il loop e come si fa a uscirne (e guardare lei che fa la scema).
il primo mi era piaciuto e letta questa rece cerchero’ di vedere anche questo