“Cosa cazzo ho appena visto” e “non ci ho capito un cazzo” sono due classiche frasi-meme che solitamente si tirano fuori di fronte a un film che non è particolarmente difficile da capire né clamorosamente originale o mai visto prima, ma che gioca su alcuni elementi di grande richiamo per dare al pubblico la sensazione di assistere a uno spettacolo fuori dai canoni e complesso da districare e interpretare. È una sorta di patto non scritto tra chi fa il film e chi lo guarda: io ti prometto tante robe tanto pazze e tu di conseguenza impazzisci, nonostante le robe che ti ho promesso non siano poi così pazze come credevi. Tipo quando guardi un film con i pupazzi assassini e Nicolas Cage muto, ah ah che roba strana e tutta matta, c’è Nic Cage che non dice una parola!, e poi magari il film è una mediocrata sconfortante, ma come fai a trattenerti dalla tentazione di urlare AH AH COSA CAZZO HO APPENA VISTO?
Non lo so, la trovo una scorciatoia intellettuale non diversa da quella che ha generato milioni di bruttissimi film targati Asylum che si reggono solo sulla buffa idea contenuta nel titolo e poi non hanno null’altro dietro, neanche quel minimo sindacale di scintilla creativa che potrebbe elevarli dalla mediocrità. Nel 99% dei casi in cui avete esclamato “cosa cazzo ho appena visto?” alla fine di un film posso assicurarvi che non avete visto nulla di così sconvolgente. Non è una condanna di questo 99%, sia chiaro, ho tanti amici film pazzi che tanto pazzi non sono e ho il massimo rispetto per loro; vi sto solo invitando a fare un minimo di attenzione quando nel 2022 vi vendono qualcosa sulla base del fatto che “non hai mai visto una roba simile”. E non fatemi entrare più nel dettaglio del “non ci ho capito/non si capisce un cazzo”, che è la versione sotto steroidi del cosa cazzo ho appena visto, è la versione per chi non solo vuole celebrarla la pazza follia del suo nuovo film preferito ma sente anche una forte necessità di validazione; “sono arrivato in fondo a questo mattone perché altrimenti faccio brutta figura” intende dire Fabrizio quando dice che non si capisce un cazzo. “Fatemi i complimenti, riconoscete il mio valore”.
Quando ho visto Mad God la prima cosa che ho pensato è stata “cosa cazzo ho appena visto” e subito dopo “non ci ho capito un cazzo”, ed ero così felice.
Voglio dire, mi ha invitato a farlo lo stesso autore, con queste parole: “La forma finale di Mad God non è il film in sé, ma il ricordo dopo che l’hai guardato. È il portarti in quel momento, subito dopo che ti sei svegliato da un sogno, paralizzato, mentre esplori i frammenti della tua mente primordiale prima che ritornino nelle ombre. Quello è il momento che conta. Mad God è solo un modo per fartici arrivare”.
L’autore in questione è Phil Tippett, e spero che ora mi lascerete qualche secondo di pausa mentre mi tolgo il cappello e mi preparo a scrivere quel paragrafo in cui vi racconto chi è, nel caso non lo conosceste. E a meno che non odiate il cinema sono ragionevolmente sicuro che lo conosciate, o che conosciate il suo lavoro. Phil Tippett è un tizio che fa gli effetti speciali. Per anni, per la precisione fino al 1993, è stato l’erede spirituale di Ray Harryhausen e uno dei più grandi artisti della stop motion sul pianeta Terra. È talmente bravo che si è inventato la go motion, che di fatto non è altro che un modo per fare stop motion nascondendo alcuni dei tratti caratteristici della stop motion, un concetto che mi tornerà utile tra poco. Tippett ha lavorato a Star Wars e RoboCop, e poi a Piranha, Howard il papero, Starship Troopers, Willow; è l’uomo che ha creato la formica di Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi ed è stato, negli anni Ottanta e Novanta, l’unico a tenere testa allo strapotere di ILM.
E soprattutto ha fatto il lavoro più bello della storia dei lavori, quello per il quale mi servirebbe un pezzo a parte ma che si può riassumere nell’ormai classico e meme-ificato “dinosaur supervisor”: ha lavorato a Jurassic Park, contribuendo così a creare quello che anche l’UNESCO ha riconosciuto essere il punto più alto mai toccato dall’ingegno umano nel corso della sua storia decimillenaria.
Phil Tippett è quello dei dinosauri di Jurassic Park, ed è quello che, come vuole il mito, quando si presentò sul set del film e vide come Spielberg stava usando la CGI esclamò “mi sono appena estinto!”. Non successe, e anzi Tippett e i Tippett Studio riuscirono a convertirsi con successo al digitale. Ma quella frase, e la reazione che ci sta dietro, resta, e Tippett l’ha rimasticata più volte nel corso degli anni, riproponendola anche in recenti interviste nelle quali esprime tutto il suo disgusto sia per l’abbandono dei metodi pratici, sia soprattutto per la bancarotta creativa (interpretazione mia) che ha trasformato Hollywood in un prodottificio. Il solito bla bla, insomma, con la differenza che se lo scrivo io su Facebook lamentandomi di quanto si stesse meglio prima faccio la figura del coglione, se lo dice Phil Tippett non solo tendo a crederci di più, ma soprattutto me ne dispiaccio perché significa che non vedrò più il suo lavoro al cinema.
Mad God è la risposta alla quale Tippett lavora da trent’anni, dai tempi di RoboCop 2. Risposta che venne temporaneamente archiviata con il passaggio dei Tippett Studio al digitale, ma alla quale lo stesso Tippett non ha mai smesso di lavorare, con i tempi, i ritmi e i metodi della stop motion, e quindi glaciali, dilatatissimi ma anche temporaneamente sospendibili quando e quanto si vuole, per poi riprendere il discorso più avanti. Mad God è il risultato di trent’anni di lavoro, un paio di cortometraggi che se volete potete comprare qui, lunghe pause, introduzione di nuove tecniche; è la cronaca di un viaggio negli strumenti del cinema, quelli pratici, che ti fanno sporcare le mani, quelli per realizzare i quali vai dal macellaio dietro casa e gli chiedi dieci litri di sangue di vacca sperando che non ti denunci. È una roba che Tippett aveva in mente nel 1990, una roba alla quale nel corso dei decenni ha aggiunto altre robe, ispirategli da Dante, da Milton, da Hieronymus Bosch, da Harryhausen, fino a ottenere un conglomerato di robe che hanno senso compiuto solo nella sua testa; l’epitome del progetto personale, del film “non per tutti”, forse addirittura per nessuno a parte Phil Tippett. A meno che non abbiate voglia di sfanculare la prudenza e quella vostra brutta fissazione per il formalismo e il rispetto delle regole narrative del cinema. Mi sto perdendo e non ho ancora usato una volta la parola “droga”: passiamo quindi alla SIGLA!
C’è un tizio, un Assassino con una maschera antigas e una mappa ingiallita, che entra in una batisfera cigolante e si tuffa nelle profondità di un mondo che immaginiamo essere post-apocalittico e che nasconde, centinaia di metri sotto il terreno, un’intera civiltà di… creature… cose… e quindi questo Assassino scende sempre più a fondo e incontra altre… cose… finché non gli succede una… cosa e di mezzo c’è una valigetta, delle bombe, e vi giuro a un certo punto creatura bovinomorfa con i coglioni giganteschi sui quali sono montati due buchi di culo. Apprezzo molto che Phil Tippett presenti Mad God parlando di Jung, di Freud e dell’interpretazione dei sogni, ma di tutti i nomi citati finora quello che più viene in mente, in continuazione, senza un attimo di tregua guardando Mad God è quello di Bosch.
Un’altra espressione abusatissima che cerco di evitare quando possibile è “discesa agli inferi”, ma è difficile parlare di Mad God senza usarla. Vi ho già detto che è muto (ma pieno di suoni, rantoli e della risata angosciante di un bambino) e che non ha alcuna struttura narrativa classica, niente tre atti, niente climax? Un’altra parola che Tippett usa spessissimo per parlarne è “sogno” ed effettivamente Mad God ha quell’andamento (ahimè) onirico e apparentemente casuale che hanno i sogni, e tutti i film che provano a fare la mimesi di un sogno. C’è un tizio che scende per i gironi di un inferno vagamente turbocapitalista, un mondo nel quale chi lavora è solo un corpo da sfruttare e buttare via quando non serve più, e a volte quando ancora potrebbe servire, come dimostrano le numerose scene nelle quali dei tenerissimi pupazzini in stop motion vengono spappolati, decapitati o fatti a pezzi da freddi e insensibili macchinari ciascuno alto quanto cento di loro. Questo per dire che se il senso strictu sensu un po’ latita, l’immaginario di Mad God è bello ricco e anche spesso esplicito e di facile lettura – Tippett stesso ammette che il suo progetto è almeno in parte un’opera reazionaria, la sua risposta nostalgica e concreta alla spersonalizzazione degli effetti speciali e più in generale dell’industria tutta, e non mi interessa qui schierarmi con lui ed eleggerlo a mio eroe oppure al contrario sfotterlo e dargli del boomer che non riesce ad adattarsi ai tempi che cambiano. Mi limito a riportare che Mad God può essere letto anche come un grido di orgoglio e insieme il rantolo di morte di un’intera professione, perché è così che il suo autore lo vede.
Non so quale sia il modo migliore di affrontare Mad God, ma mi fa piacere riportarvi a riguardo le parole dello stesso Phil Tippett: “Personalmente consiglierei di mangiarsi un orsetto gommoso al THC, fumarsi una canna, bere una bottiglia di vino prima di guardarlo”. Poi cita anche una “vomit bag”, e qui mi aggancio per specificare un dettaglio che magari avrete già intuito guardando le foto: Mad God fa schifo. È un film organico fino ai numerosi buchi del culo che lo popolano, fatto di materia di ogni genere che sanguina, spruzza, eiacula, esplode. Il mondo dell’Assassino è popolato di roba che se incontrassi regolarmente nei miei incubi mi convincerebbe a fare il caffè con la Red Bull al posto dell’acqua per stare sveglio. È un mondo da incubo nel quale vale sostanzialmente tutto, grondante di fluidi e deiezioni, violentissimo spesso oltre i confini del disgusto. È una palude di disagio nella quale non vorrei mai infilare la mano.
Ed è tutto tangibilmente lì, è un paesaggio che non dovrebbe esistere ma che assomiglia a quello che succederebbe se in questo momento andassi in balcone a prendere i bidoni della spazzatura e li rovesciassi sul tappeto del salotto, e poi prendessi mille scimmie e le chiudessi in salotto. Il mondo di Mad God è quello che troverei se riaprissi la stanza mille anni dopo, odore compreso. È fatto di pezzi di realtà trasformati in rusco e proprio per questo nobilitati da questa operazione di riciclo concettuale. Dice Tippett che nel corso di questi trent’anni ha lavorato anche a quattro o cinque sequenze contemporaneamente, e io non posso non immaginarmi questo immenso garage nei cui angoli più bui questo signore con la barba bianca ha costruito, assemblando qualsiasi cosa gli passasse davanti, questi frammenti di incubo. E si muove dall’uno all’altro, sistemando un braccino di stoffa, spalmando meglio la marmellata di lamponi, spaccando un pezzo di legno per avere una scheggia sulla quale impalare un mucchio di interiora. E intanto pensa “beccati questa, Hollywood, tu e i tuoi computer!”. E poi torna a dormire e sogna altri orrori, e al risveglio li aggiunge al minestrone.
E quindi certo che alla fine di Mad God ho esclamato “che cosa cazzo ho appena visto?!”: perché se lo merita. Perché se l’idea fosse stata solo quella di fare un film in stop motion per una questione di nostalgia e di amore per le tecniche old school non sono sicuro che il risultato sarebbe stato questo; Mad God dura un’ora e venti e non c’è un singolo istante che faccia pensare a un esercizio di stile. Certo lo si può ammirare per i suoi aspetti tecnici, in realtà vi sfido a non farlo, ma è impossibile scambiarlo per uno showreel o una roba fatta solo per mostrare i muscoli. “È cominciato tutto quando avevo dieci anni e ho scoperto che a mio padre piacevano i mostri” è una delle frasi più belle che abbia mai letto in un’intervista, e il fatto che questa persona a cui piacevano i mostri sia riuscita prima a costruirsi un’intera carriera su di loro, poi a portare avanti la sua personalissima visione di cosa sia un mostro, reale o immaginato, e a trasformarla in un film dopo trent’anni di lavoro minuzioso, dovrebbe togliere ogni dubbio sulla sua sincerità e onestà intellettuale.
Mad God è addirittura un film troppo sincero e onesto – sono sicuro che l’ipotetica psichiatra di Tippett troverebbe nella sua visione materiale per una cinquantina di sedute almeno. In fondo parliamo di roba che Phil Tippett ha scritto appena sveglio dopo lunghe notti di incubi e mostri, e che ha trasformato in film prendendo scarti di realtà e dando loro una seconda vita. È una sua follia, prima pagata di tasca propria, poi elemosinando denaro da amici facoltosi, infine chiedendo aiuto anche su Kickstarter, ma comunque sua, e dunque creata senza alcun riguardo per la vendibilità o anche solo per capire se potesse interessare a qualcuno a parte Phil Tippett. In un mondo nel quale anche la parola “indie” ha perso ogni significato, Mad God è l’oscena masturbazione di un maestro degli effetti speciali, sborrata in faccia senza compromessi a chiunque abbia voglia di sottoporcisi.
Quote
«Welcome to my nightmare»
(Phil Tippett, dinosaur supervisor)
Rece bellissima con in più l’oggettivo pregio di utilizzare la parola ‘rusco’.
Che gli effetti pratici si mangino la CGI è, a mio avviso, una cosa abbastanza assodata.
Strong Sepultura – Ratamahatta [Official Video] Vibes
Stan Lee Rubik, non sono granché concorde con l’assunto di fondo del proemio. O meglio capisco e concordo con quel che intendi, ma non ci mi ritrovo: per quel che mi compete, del cosa-cazzo-ho-appena-visto faccio parsimonioso e oculato uso per quelle opere a prova di estro semiotico che lasciano spalancata la domanda e il cerchio mai chiuso vita natural durante e non per congenita sprovvedutezza critica ma perché sono oggetti sfuggenti a prova di GPS interpretativo per i quali ringraziare (regalo magnifico per uno spettatore, sempre a mio intendimento e gusto): dai cataclismi ottomani della turksploitation (Inanc su tutti) a oggetti volanti-violenti che non si lasciano identificare e che funzionano più sul fronte corticale e sensoriale e che più le rivedi e peggio ti smarrisci (dove per peggio si intende ‘tanto peggio tanto meglio’), che si lasciano più carpire che capire, che sono un guanto di sfida lanciato alla possibilità di essere ri(con)dotte a parole. (Kuso, Saint Bernard, Inland empire, Wave twisters, tutto Zulawski o Goodbye 20th century, per nominarne un paio del mucchio più selvaggio).
Al più con Niccage che non spiccica monosillabo può scapparmi un “io davvero straboh”, perché so fin troppo bene cosa ho visto e a cosa attinge (alzi la mano chi non ha pensato, a pensare dalla canzone di compleanno, a Meet the feebles), e non è nulla che mi dona una qualche parvenza di choc di codice.
Non ho ancora letto il resto della rece, ma da che l’ho archiviato su hd ext mi piace pensare che questo film faccia esattamente parte della suddetta interzona. Corro appunto a verificarlo.
Non dona lo choc a te, il che significa con ogni probabilità che il discorso con cui apro il pezzo non si applica a te, ma te sei l’eccezione e non la regola nel mio ragionamento.
Non voleva essere una polemica o una gomitata nelle costole, eh, tanto più che leggendo fino all’ultimo paragrafo riscontro con grande piacere che il film (non ancora visto perché lo pensavo dialogato e non trovavo srt) rientra proprio nella zona in cui il che-cazzo-ho-appena-visto riacquista il suo senso più compiuto e si riprende i propri spazi, lasciandoti claustro o agorafobico, il che rende le mie già ipertrofiche aspettative più alte alte alte di ogni papavero. Intendevo più dire che le eccezioni, per quanto minoritarie, secondo me sono tutt’altro che poche.
Comunque, a occhio (e trattandosi di essere bovinomorfo), a me quella cosa in diapositiva pare più dotata di mammelle elefantiache di apparato testicolare king size.
https://m.imdb.com/title/tt0498300/?ref_=m_nm_knf_i2
Supercazzolapremaruataadestracomefosseantani. Antibodi.
Hehehe. Seconda rece DI FILA in cui in chiusura si parla eiaculazioni in faccia.
Vi amo forte e duro (per citare una pellicola che compie 30 anni giusti)
AHAAHHAAHAHAHAAH vero
La prima regola è: quando arriva, tieni sempre gli occhi chiusi. La seconda regola è: per leggere una rece ti servono gli occhi aperti.
La prossima rece sarà in braille.
Eyes wide shut
Andrebbe visto solo per la lista dei film a cui ha lavorato questo signore.
Tanto di cappello.
Oh, comunque…a me i pupazzini animati a passo uno hanno sempre messo una paura fottuta.
Specie i mostri. Anche perche’, alla fine, quelli realizzavi.
Se vuoi davvero spaventare, per ricchezza di dettagli e per le movenze inquietanti, a parer mio e’ la roba migliore.
La computer-grafica se la mangia.
Suppongo allora tu abbia visto la miniserie Netflix “The House”. In caso contrario te la stra-consiglio, perché contiene esattamente quello che descrivi! Praticamente un ibrido gotico-blackmirror a passo uno.
(Coincidenza, ne aveva parlato proprio il nostro Stanlio su Esquire)
confermo…roba assurda The House…sulla stop motion in generale e in epoca recente i film dello studio Laika son spettacolosi (fatti da gente che ha soldi da buttare e che se ne frega del botteghino..Kubo si mangia ogni film disney uscito negli ultimi 20 anni eppur credo non se lo sia cagato nessuno)
Concordo con Bradilice e Mereghè.
Strano pensare che degli animaletti a passo uno ( The House) possano essere così inquietanti. E tutto ciò che ha fatto la Laika ha quel qualcosa di disturbante ( tranne Missing Link), soprattutto Coraline. Kubo per me è il loro Top.
I più vecchi, cioè solo io, si ricorderanno di Bagpuss, serie inglese trasmessa dalla Rai dove animali di pezza e legno di una vetrina di negozio prendevano vita… Ero molto piccolo e il passaggio dal b/n al colore e il risveglio del gatto nella sigla mi inquietavano.
https://www.youtube.com/watch?v=XKCJ-fV_y7Q
Per dimostrare la superiorità dei practical effects sulla CGI è sufficiente confrontare La Cosa del 1982 col prequel del 2011. Rob Bottin vince per KO tecnico.
In realtà la soluzione ottimale sarebbe ibrida, cioè practical effects di base e CGI dove serve per perfezionare il risultato
Felice di aver allungato a quest’uomo, una piccola mancia su Kickstarter.
ma dove si può vedere ste pupazzame infernale?
Io non lo guarderò perché sono un tipo impressionabile, ma la presentazione che ne ha fatto, Stanlio, è veramente molto bella. Così tanto che ci ho messo due ore per leggere tutto, googlavo cose in continuazione.
P.s. io sono cresciuto con gli effetti speciali CGI quindi non si può parlare di “nostalgia” nel mio caso. Eppure alla lunga, la CGI mi è venuta a noia mentre la presenza FISICA di un pupazzo, per quanto tale, mi risulta più veritiera in qualche modo.
Rece entusiasta ed entusiasmante, ispirata. Nutritasi della forza che nel bene o nel male trasmette la visione una una creazione personale unica e libera. Un prodotto omologato hollywoodiano genera spesso pareri con le stesse caratteristiche.
si trova, si trova… ;)
Recensione clamorosa
Magari qualcun’altro si é chiesto cosa dice il mostraccio troppo figo che parla in italiano
Cita il Satyricon di Fellini:
Fratello mio, sei stato l’ultimo compagno della mia vita. Potrai dire: “Ho conosciuto Eumolpo, il poeta”. Ah, che dire, se fossi ricco come Trimalcione ti lascerei un podere o una nave, ma ti posso fare erede solo di quello che ho avuto io. Ti lascio la poesia, ti lascio le stagioni, soprattutto la primavera e l’estate. Ti lascio il vento, il sole, ti lascio il mare, il mare che è buono ed anche la terra è buona. Le montagne, i torrenti, i fiumi e le grandi nuvole che passano solenni e leggere. Tu le guarderai e forse ti ricorderai di questa nostra breve amicizia. E ti lascio gli alberi e i loro agili abitanti. L’amore, le lacrime, la gioia, le stelle. Encolpio, ti lascio i suoni, i canti, i rumori, la voce degli uomini e la musica più armoniosa. Ti lascio…
Stanlio, grazie per avermi fatto scoprire questa Perla. Per uno come me cui piace moltissimo l’animazione a passo uno, qualcosa di imprescindibile, da vedere. Ed infatto stimolato dalla bella recensione l’ho subito recoperato e ho appena finito di vederlo.
Difficile tradurre a parole un tale “viaggio allucinante” (mutuando il titolo da un altro film) anzi inutile e impossibile. Va visto. E’ una festa per gli occhi, un unicum indefinibile. Un grande esempio di questa forma di artigianato ( e non uso arte per sottolineare la difficoltà, la meticolosità e l’infinito tempo che questa forma di Animazione richiede).
Per fortuna la stop motion è ancora viva (penso alla AArdman o alla Laika Studios, ad esempio).
Ha una qualità artistica che il digitale non potrà raggiungere per una serie di ragioni. Ma la principale è che anche il migliore digitale non riesce a ricreare il rendering della luce realistico, ossia come la luce si riflette sui corpi tridimensionali. E da quel senso di appiattimento b idimensionale.
Grazie per questa Chicca Fantastica!
dà on da. E altri refusi. Aredaje….
Dopo averlo visto mi sono detto ” meno male che c’è ancora gente così che fa come stracazzo gli pare”.
Il cosa cazzo ho visto lo vedo più da hipster( esistono ancora?) e risvoltinati o pantaloni alla zompafosso
Roba che al confronto i videoclip dei Tool sembrano il remake di Bambi
Quindi, possiamo dire, forte e chiaro, che Phil Tippet sia DIEGETICO al cinema tutto?
Pier, ripeti con noi..
Die (getico) hard
Splendida recensione che fa quel che deve: farmi venire voglia di vederlo, da appassionato di stop motion e Tippett D(‘)annata(o). Domanda scioccherrima: DOVE C***O LO TROVO/ACQUISTO/VEDO/REPERISCO?
Per stavolta faccio il bravo e te lo dico. Usa PirateBay con un proxy…
Appena finito, che esperienza malata!
Molto bello quanto disgustoso, mi ha ricordato certi fumetti di Moebius, e anche un po’ Prison pit di Johnny Ryan
Visto sabato scorso al cinema (grazie Beltrade!).
Ad un certo punto a furia di vedere occhi ovunque ho pensato alla cit. di Bunuel:
Octavio Paz ha detto un giorno: “È sufficiente che un uomo chiuda gli occhi perché abbia il potere di far saltare nel suo pensiero il mondo”. Io aggiungo, parafrasando: “È sufficiente che la palpebra bianca dello schermo possa riflettere la luce che le è propria per far saltare l’universo”.
Dopo qualche minuto Tippett ha fatto esplodere un universo davanti ai miei occhi.
Cinema puro. Amore puro per l’immagine, per il corpo, per la mente. Amore per la materia che si trasforma in immaterialità ed entra nella cognizione. Metafora del cinema, della società, di qualcosa che abbiamo dentro nel profondo, racconto della vita, della natura organica e inorganica.
Cupo e crudele senza esserlo. A me non ha fatto schifo.
É da due giorni che me lo porto dentro (l’omino fiammifero! Valigie! Tempo! Magia e tecnica dai Templi all’atomica! Organicità e metallo! Energia che scorre! Mistero e razionalità! Mappa che si sbriciola…)
Avevo fumato thc prima della visione come da prescrizione. Buon consiglio.
Grazie Tippett, hai spremuto tutto lo spremibile per donarci della meraviglia. Una goccia di feto spremuto di fiducia nell’umanitá.
“Un grande classico del cinema d’animazione. Pazzesco.”
Grandissima, l’ho visto ieri e mi pareva, nello stato di sonno cosciente in cui ero precipitato, di aver sentito mormorare in italiano. Tra l’altro ho visto Fellini Satyricon da poco ma non l’avevo intercettato