Prima di tutto una domanda: secondo voi quando è andato tutto in vacca? Quando, cioè, abbiamo smesso di avere paura degli zombi facendoli scendere di una tacca nel nostro immaginario collettivo orrorifico? Se volete una data ve la darò: 2002. Anno di uscita di 28 giorni dopo. Un film che ha significato per il genere il salto dello squalo, aprendo inoltre la porta a infinite discussioni circa “l’andamento lento” dei morti viventi. Il che è uno dei temi affrontati nel mio immaginario talk show dal titolo Quattro chiacchiere con la sfiga («Ringraziamo la sfiga per essere ancora qui con noi stasera a parlare della velocità degli zombi nei film. Dopo la pubblicità altri grandi argomenti come “le cover per i cellulari come mezzo di espressione della propria personalità” e -tenetevi forte- “millantare interesse per la facoltà universitaria della ragazza con cui ci state provando”.»).

Questo lo dedico al lettore per cui “Recensione total nerd e gay, davvero scrittura del cazzo. A parte poi appunto l’inserimento dei falli di plastica, che trovo davvero stupido”.
28 giorni dopo di Boyle ha infatti tracciato una linea netta dividendo in maniera manicheistica il “prima dal dopo”: prima c’erano le metafore. Dopo ci sono i cannibali dalle capacità cognitive limitate ma dotati di un elevata aggressività. Prima c’era Romero. Poi ci sono stati gli ultras dell’Atalanta. Lo zombi, quello classico, quello lento ma inarrestabile che vince in quanto massa (“Quando i morti camminano, signori, bisogna smettere di uccidere. Altrimenti si perde la guerra“) dal 2002 è stato sostituito da una creatura aggressiva antropomorfa e latamente senziente simile in tutto a un cacciatore da “branco” di un qualunque futuro distopico dove le risorse per l’umanità si sono fatte drammaticamente scarse. A seguito di 28 giorni dopo , insomma, lo zombie, quello classico, è stato messo in saldo cadendo alla mercè di filmmaker sempre meno ispirati, o sempre meno talentuosi, che con mezza metafora in testa e l’accesso alla trousse della sorella maggiore, pensavano di poter dire qualcosa di sensato semplicemente spuntando da un file .xls una serie di situazioni a cui apporre la scritta “Of The Dead” (© N. Cobretti). Eppure non ce n’è davvero bisogno. La visione apocalittica di Romero si è già compiuta. Per girare un remake decente de “L’Alba” basta appostarsi fuori da un Apple Store nel giorno dell’uscita del nuovo iPhone. Quella roba lì è già successa, facciamoce una ragione. Ora bisogna di voltare pagina.
Code Red ci prova. E Code Red ci riesce. Fregatevene di quello che vi diranno in giro e pure delle sinossi che tirano in ballo Stalin: Code Red è la cosa più onesta a tema zombie che vi sarà capitato di vedere negli ultimi 5 anni. Mettete da parte le sinossi che leggerete su internet, dimenticatevi per un secondo che stiamo parlando di morti viventi creati da Stalin, cancellate dalla vostra mente i titoli di testa in Times New Roman, la locandina che recita “All Must Die” (che, parlando di Seconda Guerra Mondiale, evoca strani pensieri pagan-nazi) e il fatto che è tutto ambientato in Bulgaria. Concentriamoci sulla pellicola. Solo su quella. Cosa vediamo?
Vediamo che c’è del buono vero. E ce n’è pure parecchio. Ma andiamo con calma… Code Red, seconda opera del bulgaro Valeri Milev, è un film che possiede due anime: da una parte c’è tutta una serie di tricks da videomaker infascelliano con sfocature, steady cam, soggettive (peraltro realizzate molto bene che citano, forse neanche troppo involontariamente, il compianto Wolfestein 3D) e sky replacement buttati a vanvera. Un’impiantistica, insomma, di birignao videoclipparo che, se da un lato potrebbe solleticare la parte di noi che ha pensato una volta nella vita di diventare appassionata di birra artigianale, dall’altra non fanno altro che appesantire la pellicola di inutili svolazzi pseudoautoriali.
E poi c’è la seconda anima di Code Red, un’anima così solida, piantata, precisa e focalizzata da far pensare che, se al posto del protagonista Paul Logan (quello che faceva la bicicletta contro i megapiranha volanti della Asylum) ci fosse stato lo Schwarzenegger dei tempi di Commando e il film fosse uscito negli anni 80 (dove appunto c’erano limiti oggettivi all’abuso di CGI e post-produzione), ora ne parleremmo con i toni da capolavoro. E sapete perché? Perché Code Red è un film senza intenti ironici o solipsitici. Valeri Milev non ha l’intenzione di farci vedere quanto conosce i film di zombi. Milev ha l’intenzione di farci vedere di saper girare un film di zombi. Sapete chi sono gli altri che hanno fatto una roba simile? Balaguerò e Wright. Whedon no. Lui no. Ma a lui si vuole bene perché è un regaz e lo perdoniamo anche se ogni tanto ci manda sul cellulare a sorpresa le foto del suo cazzo con scritto “Forte eh?”.
Certo, Code Red ha limiti enormi e gioca in un’altra categoria rispetto ai film precedenti: ha personaggi tagliati con l’accetta, ha l’integerrimo eroe americano con un passato di dolore e una missione segreta da compiere, il cattivo colonnello comunista corrotto che scatena il breakthrough per coprire i propri crimini, un gas nato dagli esperimenti sul superuomo che crea zombi, i caratteristi così marcati da sembrare usciti da una produzione comica italiana degli anni 60 e una trama lineare, semplice, senza particolari colpi di scena terribilmente filo-occidentale. Il film va dal punto A al punto B senza alcun desiderio di farci vedere altro. Ma sapete che c’è. Lo fa bene Davvero bene. Al netto delle storture di cui abbiamo parlato sopra, tra cui annoveriamo in alcuni frangenti dell’utilizzo di una camera a mano fin troppo “frenetico”, Code Red è un film graziato da inquadrature solide, narrazione visiva che non cade mai nel didascalico (ma che non perde passaggi importanti), una fotografia curata il giusto -nei limiti del budget ovviamente- e location ispirate. Insomma: solidità.
E poi ci sono loro, gli zombi. Come sono? Sono aggressivi, sono deformati (un ottimo spunto reso da make up prostetico da manuale), sono veloci. Ma sono stupidi esattamente come quelli di romeriana memoria e già visti nel remake di Zombi. Ma, come quelli di 28 giorni dopo, sono privi di “messaggio”. L’unica metafora, se metafora dobbiamo trovare, è quella legata alla smaccata critica al partito comunista bulgaro. Ma sarebbe un po’ come parlare di Rocky 4 nei termini di un film allegorico.
Non ho davvero problemi a definire Code Red il migliore zombie-movie degli ultimi 5 anni. Se Milev riuscisse a maturare un po’, se lasciasse da parte alcuni vezzi da Cunnigham per concentrarsi su ciò che è in grado di fare, potremmo iniziare davvero a salutare a mano aperta una futura scena horror bulgara.
DVD-Quote suggerita
Un radioso inizio per il cinema di morti viventi.
Bongiorno Miike, i400calci.com
Bonus Track
httpv://www.youtube.com/watch?v=vyBjqke_Piw
In confronto al Day zero dell’Apple store i fan dell’Atalanta sembrano la bocciofila: sono veloci, famelici e si muovono in branco consumando tutto quello che trovano. E’ per questo che non condivido la critica di partenza a 28 giorni dopo.
Meglio di così potresti fare solo l’epidemia zombie che si propaga per telefono…
…che mi pare finora abbia fatto solo il ragazz con la nerchia di fuori ;)
C’è anche The Battery che a me è piaciuto non poco se parliamo di taglio autoriale sui film di sombie.
Cioè, a Miike è piaciuto un film? In futuro questo post verrà ricordato come il punto dopo il quale tutto è andato in vacca.
Capo, com’è potuto accadere? (e soprattutto quale sarà il contrappasso?)
@gigos: e’ per fargli piu’ male col prossimo
Dovresti seriamente brevettare il format “Quattro chiacchiere con la sfiga”, telefonerei a ogni puntata. Il guaio è che avrebbe talmente successo da renderti ricco e famoso, quindi, col tempo, finirebbe per perdere di autenticità.
Marchetta di bassa lega, se avevate bisogno di soldi era meglio la pubblicità.
Questa rece non mi convince. REC e Shaun OTD si sono imposti non perchè più adeguatamente prodotti, ma perchè avevano un approcio effettivamente nuovo al tema. REC rimane forse il miglior esempio di foundfootage che ricordi (l’opposto del “giro scene inutili a cazzo per riempire i 90′ chè la sceneggiatura ne copre solo 10”) e per quel che ne so fu il primo applicato al tema zombi; Shaun era una cazzo di bellissima commedia (non film comico, quindi anche in questo caso una grossa novità per il genere) con una delle metafore più personali e intelligenti ai quali si sia mai prestato il tema “zombies”. L’unica cosa che ho capito è che red code ha una regia solida… vorrei capire se c’è anche dell’altro!
@Kilo: sei liberissimo di dire che a te invece non è piaciuto e spiegare perché. Magari ne nasce un bel confronto
Sergio: forse non mi sono spiegato. Si parlava di “assenza di ironia postmoderna e autocompiaciuta” (assente sia in SOTD che in REC) non di “qualità di produzione”. Spero però che sia chiaro che Red Code non è un film rivoluzionario ma solido. Il che è più di quello che si può dire del 90% dei film a tema zombie che viene prodotta mediamente in un anno
come spesso capita questo blog è ingeneroso con boyle (e con wan).
dire che ha svuotato di ogni contenuto gli zombi è troppo.
visto che come dice il militare davanti allo zombi incatenato “vedo che non saprà mail coltivare, vedo che non saprà mai accendere un fuoco, vedrò che non ha futuro e tra poco vedrò anche quanto ci mette a morire di fame”.
e almeno per me il discorso “zombi come scalino successivo dell’evoluzione umana e della seleziona naturale?” non è proprio il vuoto
perchè alla fine si parla di vivi vs vivi e non vivi vs morti
@samuel: quale Wan intendi? Mi viene in mente solo quello che abbiamo nominato agli ultimi Sylvester come Miglior Regista e che ha pure vinto.
@miike:
il paradosso è che romero – quantomeno per un fattore generazionale – non lo considero un film sugli zombi. non vedo quindi la dicotomia nel modo di approcciare il tema.
boyle – che reputo uno stronzo per altri film – con 28 gg dopo ha dato una soluzione solamente estetica, ma non mi convince la lettura che ne dai come di un punto di rottura, pure se in peggio.
boyle ha fatto due film sugli zombi, romero usa gli zombi come espediente per…(non finisco manco la frase perchè tutto è già stato detto terribilmente meglio di quanto possa far io).
il fatto invece, che condivido, per cui gli zombi non fan più paura, credo dipenda non da un crollo di qualità ma di sterilità dello stesso tema.
ci sono alcune espressioni che anche se grandiose non si prestano a grandi possibilità di derivazione. secondo me il tema zombi è una di quelle.
finiscono col ripetersi e alla lunga ti annoi, ci vedi i difetti e rimpiangi le prime uscite.
@nanni
quello che ha avuto segato i due insidious
Nel film di Boyle non ci sono zombie. Non sono morti, non sono non morti, son gente che ha la rabbia. Se questa cosa fosse messa in chiaro una volta per tutte magari ci eviteremmo ogni volta discussioni inutili. Se poi chiunque altro dopo ha deciso che gli zombie dovevano diventare veloci perché ha visto un film con dei malati di rabbia veloci il problema è degli altri e la causa scatenante è assolutamente involontaria. Che messaggio può portare avanti un cane rabbioso? E’ pericoloso e va soppresso. Punto.
Appena visto sulla fiducia. Io ho trovato del buono soprattutto alle estremità, nella sequenza bellica d’apertura e (piccolo spoiler) nel finale amaro come il latte scaduto da tre giorni.
In mezzo, un (bel) po’ di fatica ad ingranare e poi la costruzione della tensione che sconta tantissimo i personaggi interessanti come foglie secche. Peccato, perché è vero che la regia è di livello superiore rispetto al sanatorio horror dtv in cui purtroppo credo che questo filmozzo verrà incasellato. Certo che alla fine è tutto talmente serio – senza però il cast e soprattutto le ideuzze di sceneggiatura adeguati per scuoterti davvero – che le minchiatine un po’ ti mancano.
Insomma, per me il classico 6 col + di incoraggiamento. Poi vabbeh grande rispetto per zio Miike, però “miglior zombie-movie degli ultimi cinque anni” forse è un filino eccessivo. Così senza recap sull’internet, mi viene subito in mente La Horde. Ma pure Resident Evil Afterlife. Ma pure (tra quelli rideroni) Zombieland. E se facessi recap, almeno un altro paio sarei sicuro di ricordarli.
ps fatto recap: Diary of The Dead, Mutants. Anche se Mutants non son proprio sicuro, dovrei rivederlo.
Scusate se rispondo solo ora, ma ho avuto un fine settimana particolarmente intenso.
Come non dar ragione a chi parla di questo film sottolineandone i punti di critici (e che mi pare di aver comunque messo in chiaro nella rece). Ha dei difetti? Esatto. È debole? Se contestualizzato (regista esordiente, paese senza un background autoctono di produzioni, budget risicato) direi proprio di no. Milev ha un approccio al genere che conserva un’ingenuità e una purezza (mi spingerò oltre dicendo anche una mancanza di padri nobili a cui rendere obbligatoriamente omaggio per tradizione) che sono, a mio avviso, straordinarie. In alcuni passaggi del film, in alcune sequenze (anche non per forza legati all’apparizione delle creature, vd ad esempio il tentativo di irruzione nella Warehouse del buon Paul) si ha la sensazione di essere di fronte a qualcosa di strutturato e solido. Fondamenta, insomma, che non sono sempre belle ma su cui ci si può costruire molto. Non è un film rivoluzionario per “il cinema tutto” ma è un film che potrebbe aprire la porta a una nuova scena internazionale che, e questa volta sì, potrebbe essere portatrice di una ventata di seria novità. Mutatis Mutandis vedo in Code Red una possibilità in potenza pari a quella de L’orribile Segreto del Dr. Hichcock (con, ovviamente, le dovute differenze). E rimango sul mio giudizio proprio perché, e rispondo pure a Umbem, potrebbe svecchiare il tema e dimostrare che c’è ancora qualcosa da dire intorno agli zombie.
Visto sulla fiducia. Mi dispiace ma salvo solo la sequenza di apertura con i nazi e i russi. Quella sì girata bene, con un bel senso di angoscia, di paura e di fato imminente e del buon splatter. Tutto sommato anche le soggettive alla wolfenstein ci stanno e non mi sono dispiaciute.
Sicuramente qua e la qualcosa di buono c’è però non tale da farne un buon film.
La recitazione è imbarazzante. L’eroe un po’ di buona volontà ce la mette ma la dottoressa è veramente ‘cagna’. La bambina poi è insopportabile, peccato non se la siano mangiata prima!
Magari è tutta questione di budget. Forse con due soldi in più e quattro attori decenti poteva venir fuori un piccol film cult.
In ogni caso teniamolo d’occhio sto Milev.
Volevo scriverlo io ma BellaZio mi ha preceduto.
Ribadisco che in 28 giorni dopo non ci sono zombi ma infetti, simili a quelli che hanno messo nel videogioco Left 4 Dead 6 anni dopo. Non camminano ma corrono perché sono infettati da una mutazione della rabbia, mutazione che prevede il contagio con solo una goccia di sangue (vedi tassista sfigato).
Penso che la critica iniziale sia inutile e sopratutto immotivata perché espone concetti non veri e di conseguenza non esiste il paragone. Per quanto riguarda il resto non ho voluto leggere la recensione, non vale la pena.
Ciao.