Iniziamo con una premessa ovvia per chiunque abbia mai preso in mano un libro, ma non per questo meno doverosa: Elmore Leonard è uno dei migliori scrittori del 900.
Ero tentato di scrivere “di genere”, perché di genere, in effetti, ha sempre scritto, ma sarebbe suonato come un relegarlo a una categoria protetta, come se chi scrive gialli giocasse in un campionato a parte rispetto a chi fa la letteratura vera. E invece, sentite che idea pazzesca ho avuto, se lo scopo di un libro non è solo far riflettere sul significato dell’esistenza e rovinare le estati ai liceali, ma anche divertire senza sensi di colpa, farti arrivare alla fine di ogni pagina con la voglia di leggere la successiva, allora il lavoro di Elmore Leonard entra a pieno titolo, e non dalla porta sul retro, in quella hall of fame affollata dai Nabokov, i Salinger e tutti gli altri grandi stronzi della letteratura punitiva.
Il suo stile asciutto, i dialoghi fulminanti, l’attenzione ai particolari unita alla poca pazienza per le perdite di tempo hanno dato un nuovo impulso al modo di raccontare storie nel XX Secolo, che si trattasse di farlo su carta o su pellicola: Leonard è uno degli autori più adattati di sempre al cinema perché i suoi libri sono praticamente già delle sceneggiature, mettile in mano a due attori e un cameraman che non siano dei totali incapaci e tirare fuori una cosa brutta è quasi impossibile.
Stephen King, un altro che per farsi prendere sul serio dai critici ci ha messo anni e ha dovuto farsi investire da un minivan, lo considera uno dei migliori dialoghisti di sempre; Tarantino, che di dialoghi ne sa qualcosa anche lui, lo ha sempre citato tra le sue influenze principali: da un libro di Leonard, Punch al rum, è tratto Jackie Brown, il suo terzo film, quello che il pubblico generalmente ricorda con meno affetto, ma probabilmente il più personale e il meno scolastico della prima parte della sua carriera. Non ho modo di sapere se si siano mai incontrati, Leonard e Tarantino, se si frequentassero o se comunicassero in qualche modo, ma è evidente che tra i due c’era feeling. Parlano la stessa lingua, viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda, il loro rapporto era un circolo virtuoso di influenze reciproche ed è questa una delle cose che più amo di Leonard: non ha mai smesso di guardarsi attorno. Sapeva sempre cosa si diceva in giro, cosa andava di moda, cosa ascoltava la gente, come si vestiva, come parlava e che film c’erano in cartellone. I suoi libri hanno contribuito a definire un certo Cinema, e quel certo Cinema ha continuato a definire i suoi libri.
Nella scena iniziale di Pulp Fiction, quella di Zucchino (Tim Roth) e Coniglietta (Amanda Plummer) alla tavola calda, il personaggio di Tim Roth pontifica sul fatto che rapinare le banche sia ormai diventato troppo facile e racconta la storia assurda di un tizio che ne svaligia una armato solo di un telefono cellulare. Mi è sempre piaciuto pensare che quella storia l’avesse sentita da Jack Foley, il rapinatore professionista che in Out of Sight ne racconta una estremamente simile, su un cretino che rapina una banca con una fialetta piena d’olio d’oliva.
Out of Sight (Fuori dal gioco, se cercate la prima edizione italiana) è stato scritto nel 96, due anni dopo Pulp Fiction, un anno dopo l’uscita di un altro adattamento di successo, Get Shorty, e un anno prima dell’uscita in sala di Jackie Brown. Due anni dopo, cioè nel 98, Steven Soderbergh ne firma la trasposizione cinematografica, che essendo interpretata da George Clooney e Jennifer Lopez, viene prontamente scambiato per una commedia romantica e in Italia esce addirittura col titolo di Out of Sight – Gli opposti si attraggono.
Gli opposti del titolo sono Jack Foley (Clooney), criminale incallito specializzato in rapine, e Karen Sisco (Lopez), U.S. Marshal specializzata in non mandarla a dire, che si scoprono attratti l’uno dall’altra dopo aver passato qualche lieto quarto d’ora chiusi nel bagagliaio di un’auto durante l’evasione di lui da un carcere della Florida. Le loro strade si dividono abbastanza presto e la vita va avanti (lui deve ripulire uno squalo di Wall Street che ha conosciuto in prigione, a lei sono finiti i giorni di malattia e deve tornare al lavoro a farsi trattare con condiscendenza dai colleghi maschi), ma quell’incontro magico rimane impresso nella mente di entrambi: Jack non riesce a smettere di chiedersi cosa sarebbe successo se si fossero incontrati in circostanze differenti, Karen non riesce a smettere di pensare che spetta a lei stanarlo e rispedirlo al fresco. E così, quasi senza rendersene conto, i due si rincorrono a vicenda per circa due ore fino all’inevitabile resa dei conti nella città più romantica d’America: Detroit.
Non è un film facile, questo è certo, ci sono diversi elementi in grado di allarmare anche i più coraggiosi di noi — la protagonista è una cantante pop, dietro la macchina da presa c’è un noto annoiatore seriale, c’è una scena in cui i personaggi si baciano e parlano dei loro sentimenti che dura ben quasi tre minuti! — ma, a voler essere obiettivi, c’è una quantità sufficiente di botte, rapine, morti ammazzati e accoltellamenti in prigione per considerarlo comunque un film più adatto a questo nostro bel sito di cinema da combattimento che a una rassegna di Canale 5 intitolata “Clooney romanticone”.
Personalmente, non sono poi così prevenuto verso Soderbergh.
Riconosco di non essere in grado di riconoscere la sua “cifra autoriale” e prendo la sua roba come viene, formandomi un pregiudizio diverso di volta in volta. Kafka? Schizopolis? Guarda, amico, non voglio neanche sapere di cosa parlano. Ocean’s Eleven? Contagion? Parliamone, non vedo perché no. Poi sai te i casi della vita: Haywire, che aveva tutte le carte in regola per piacerci, era noioso pure quando si menavano; Magic Mike, che parla di Channing Tatum che si spoglia, oh, non so come dirvelo ma a me è piaciuto.
Comunque. È il 1998. Dal suo esordio, nell’89, Soderbergh ha fatto solo roba che non guarderei neanche con gli occhi di qualcun altro quando Out of Sight gli atterra sulla scrivania sotto forma di proposta della Universal. Non è un film su commissione ma non è neanche una cosa che si sarebbe scelto da solo; è un’occasione per fare qualcosa di completamente diverso dal solito e lui la coglie al volo, “anche perché”, ci ha confidato in un’intervista, “ero stufo di non scopare”.
Certo, da qui a smettere di essere una calamita per coppini c’è ancora molta strada da fare: Steve-O, che per fare la sua bella porcata commerciale ha rinunciato a girare un film scritto da Kaufman (che passerà quindi in mano a Michel Gondry, a proposito di coppini e non scopare), si presenta al lavoro con l’aria di chi sta comunque facendo un film di Kaufman, un approccio da secchione che di più non si può — una regia tutta macchina a mano, fermi-immagine, zoom repentini e montaggio pazzerello — alla ricerca di un’estetica capace di tradurre in immagini la sensazione della pagina scritta. Il risultato, a dire il vero, è tutt’altro che spiacevole e la sua audacia viene premiata: Out of Sight è il suo primo successo commerciale (nel senso che lo va a vedere anche gente che non ha gli occhiali e la pipa) dai tempi di Sesso bugie e videotape, e quello la gente l’aveva visto perché c’era “sesso” nel titolo.
Clooney qui è alla sua prima collab. con DJ Soder-B, che sfrocerà nella pratica delle seghe in circolo della saga di Ocean’s, ma ha già fatto sia Dal tramonto all’alba, sia Batman & Robin: non è ancora l’affascinante attivista interprete di film impegnati e pubblicità del caffè, ma non assomiglia un cazzo neanche all’eroico ma problematico ma dongiovanni ma dal cuore d’oro pediatra di ER che avrebbe interpretato ancora per un altro anno; il personaggio di Jack Foley è il prototipo di tutti gli adorabili mascalzoni che farà col pilota automatico per il resto della sua carriera, eppure c’è in lui qualcosa di tetro, una durezza, una rabbia molto Leonardiani che spariranno nei ruoli successivi. Per me, è una delle sue prove migliori.
Discorso simile, in proporzione, per Jennifer Lopez: questa non è la parte della vita, non è la parte che le permette di mettersi in luce né di scrollarsi di dosso un’etichetta che le andava scomoda, ma è una parte. In una roba, pensate, che non si chiama “Quel mostro di suocera” o “Piacere, sono un po’ incinta”, quindi è probabilmente la più grossa occasione che le sia capitata e le capiterà di fare del buon cinema, e mi piace pensare che se la sia giocata con gran classe, dove con “classe” intendo “un po’ meno ghetto-trash del solito”.
Di lì a poco la sua principale fonte di introiti diventerà la “musica” e convincerà un’intera Nazione a chiamarla “J.Lo”, quindi sospetto di stare dando più importanza a questa prova io di quanta gliene abbia mai data lei, ma, ehi, bella prova.
Segue a ruota il resto di un cast ottimamente assemblato, comprimari di prima scelta a cui la sceneggiatura riserva almeno una piccola “scena madre” a testa, un momento in cui brillare anche quando nell’economia della storia valgono come il due a briscola. Il che è funzionale alla godibilità del film, perché ti presenta personaggi che sono persone e non sagomati di cartone che ruotano attorno ai due protagonisti, ma anche al messaggio che, zitto zitto, Steve-O sta cercando di infilare a tradimento nel nostro hard boiled ignorante. Out of Sight parla insistentemente di una cosa e una soltanto: l’impossibilità di cambiare, di andare contro la propria natura.
Vale per Buddy (Ving Rhames), che non può fare a meno di confessare i suoi peccati alla sorella suora, anche se sa che lei andrà ogni volta a denunciarlo; per Glenn (Steve Zahn), che cerca di crearsi un’immagine da duro, ma sbianca alla vista del sangue; per Maurice (Don Cheadle), che vorrebbe fare il salto di qualità nel mondo del crimine organizzato ma resta fino alla fine un picchiatore senza cervello. E vale ovviamente per Karen, che è attratta dai cattivi ragazzi, ma rimane pur sempre uno sbirro, e vale per Jack, che appena uscito di prigione si sforza di rigare dritto, si mette la cravatta e va a fare un colloquio di lavoro, ma sbrocca dopo 5 minuti (significativamente, è la prima scena del film) e corre a rapinare la prima banca che vede.
Non puoi cambiare ciò che sei, non puoi nascondere la tua natura, al massimo puoi metterla in pausa (ecco spiegati tutti quei fermo-immagine) per una notte, ma il giorno dopo il conto da pagare sarà salatissimo — dice il regista fighetto che ha firmato la sua prima commercialata.
Con Get Shorty e Jackie Brown, Out of Sight forma una tripletta di adattamenti di Leonard usciti a breve distanza (in mezzo se ne insinua un quarto, tale Touch, uscito nel 97, da un romanzo di dieci anni prima, che però è passato senza lasciare alcun segno), caratterizzati da valori produttivi abbastanza alti, cast abbastanza stellari e apprezzamento abbastanza unanime di critica e di pubblico. Vale la pena notare la fitta rete di connessioni, più o meno cercate, che legano queste tre pellicole fra loro e a una manciata di altri prodotti più o meno direttamente legati a Leonard. Erano anni, d’altra parte, in cui ogni occasione era buona per dire “ipertesto”.
Per cominciare, Karen Sisco è protagonista anche di un racconto breve, ambientato prima degli eventi narrati in Out of Sight, e di una serie tv (durata solo 7 episodi), ambientata dopo, in cui è interpretata da Carla Gugino; il racconto breve, “Karen Makes Out”, è stato pubblicato nella raccolta Quando le donne aprono le danze, la stessa in cui compare “Fire in the Hole”, da cui è stata tratta la puntata pilota di Justified (dove Leonard ha lavorato come supervisore e produttore esecutivo fino alla fine); non a caso, nella terza stagione di Justified, Gugino interpreta nuovamente Karen per un cameo non creditato. Il personaggio di Ray Nicolette, il detective mezzo scemo che esce con Karen, è interpretato da Michael Keaton sia in Jackie Brown che in Out of Sight (qui per intercessione di Tarantino, che convinse la Miramax a prestarlo alla Universal senza farsi pagare) (Keaton, da parte sua, deliziato dall’idea del crossover in Out of Sight ha lavorato gratis). Samuel Jackson compare sia in Jackie Brown che in Out of Sight, anche se interpreta due ruoli diversi, così come Dennis Farina, cattivo in Get Shorty e padre di Karen in Out of Sight, mentre Robert Forster, uno dei protagonisti di Jackie Brown, sarà il padre di Karen nel telefilm. Lo stesso Clooney, prima di essere Jack Foley, ha recitato a fianco di Tarantino e su una sceneggiatura di Tarantino in Dal tramonto all’alba, mentre Ving Rhames, migliore amico di Clooney in Out of Sight, era Marcellus Wallace in Pulp Fiction (e a proposito di Pulp Fiction, dubito che John Travolta sarebbe stato il protagonista di Get Shorty, se Tarantino non l’avesse artisticamente resuscitato l’anno prima). Per finire, sia Out of Sight che Get Shorty sono sceneggiati da Scott Frank e prodotti da Danny DeVito, che in Get Shorty recitava anche, e da Barry Sonnenfeld, che di Get Shorty era anche il regista.
Se avete letto fin qua senza perdere il filo sarete d’accordo con me nel constatare che tutto ciò restituisce perfettamente il senso di un universo narrativo espanso quale è effettivamente quello letterario di Elmore Leonard. O in alternativa l’idea che a Hollywood, a lavorare, alla fine sono sempre i soliti quattro stronzi.
DVD-quote:
“Un solido Leonard, un ottimo Soderbergh, uno dei migliori hard boiled degli anni 90.”
Quantum Tarantino, i400calci.com
Ho un pessimo ricordo di questo film, ma non lo vedo dai tempi della sua uscita. Proverò a rivederlo!
questo film non me lo ricordo bene. ricordo che a quei tempi di george e di jennifer non m’interessava niente e così lo snobbai un pò. è davvero così “accostabile” a
Get Shorty e Jackie Brown?
(c’è un refuso nel titolo..)
Grandissima recensione per una pellicola assai sottovalutata ai tempi!
L’ho rivisto un paio d’anni fa e ed ero effettivamente rimasto stupito in positivo … immenso Ving Rhames e troppo goduriosa la scena sulle scale nella villa del miliardario
Usci’ tipo con la videocassetta di Panorama…l’ho visto e mi ha lasciato piittosto spiazzato, forse perche’ mi aspettavo una commedia e invece era uno pseudo noir? Mah…non so nemmeno se funziona ancora il lettore VHS nella mia cameretta…
Pezzone. Mi avete incuriosito & fatto spostare Leonard più in alto nella pila di libri da leggere in arretrato. Grazie quantum! :)
Ps: Ocean’s Eleven, il primo, non è affatto male. È dal secondo in poi che la cosa travalica i confini del film autoironico per diventare un bukakke di gruppo.
Magic Mike invece è sottovalutatissimo, perchè dietro ad una campagna pubblicitaria basata sugli addominali di Collo e un’atmosfera da commedia per ragazze in calore, si cela un film davvero “lurido”, nel senso che, sentimentalismi nel finale a parte, non fa sconti: lo striptease è davvero poco glamour e la vita notturna che c’è dietro è davvero squallida. Non a caso il Mike del titolo cerca di uscirsene per trovarsi un lavoro serio. Poi arriva la sorella cagacazzi di Pettidipollofyre e la cosa deraglia nel “cambio per amore”, ma quello è un altro discorso.
Mah… Soderberg non mi è mai piaciuto: i suoi film sono patinati fino a diventare asettici. Ne avrò visti 3-4 e, giuro, non mi ricordo manco di uno. Per quanto riguarda Leonard… boh… sarà che nessuno dei film da cui è tratto mi ha esaltato (Jackie Brown è bello, ma è soprattutto merito di Tarantino), ma non ho mai sentito il bisogno di leggere qualcosa di suo.
Sai cosa, manco io. Cioè, non è che dopo aver visto Jackie Brown fossi così galvanizzato da sentire il bisogno di leggere il libro da cui era tratto. Idem per Out of Sight. O Get Shorty.
L’innamoramento è venuto con Justified e non tanto per la storia (eccetto il pilot, tutti gli altri episodi sono storie originali scritte dagli autori del telefilm) ma per le atmosfere che era in grado di creare. Vedevo un episodio e pensavo “se Leonard scrive come i personaggi di ‘sta serie parlano, voglio leggere qualunque altra cosa abbia scritto.”
Justified mi incuriosisce abbastanza. A Quando uno speciale come quello su Banshee? ;)
bel pezzo
guardato sempre volentieri
ops “film tratti dai suoi libri” :P
insieme a Parker è l’unico film di j.lo che reputo guardabile, ciò nonostante, sarà perchè non lo vedo da tipo 15 anni ma me lo ricordo proprio come una commedia romantica, più che un film hard boiled. Devo riguardarlo
Mi ha sempre divertito sto film e non sapevo fosse tratto da Leonard. Con quei dialoghi i suoi libri sembrano sceneggiature adattate all’incontrario. In quegli anni di sanguemmerda poi… Mi fa sempre strano che non abbiano sfruttato di più autori come Bunker e Lansdale (per fortuna oggi con Cold in July forse si apre un suo “filone” di adattamenti). Da anni comunque aspetto al varco quello di Tishomingo Blues. Per quanto mi riguarda Soderbergh ha di apprezzabile che cambia e sperimenta parecchio, ma di contro lo fa con molta spocchia e sbattendotelo in faccia, il che rende spesso i suoi film noiosi soprattutto ad una seconda visione. Con OOS è stato più “schiscio” e ha funzionato.
Non ho mai letto Leonard,
ma fammi capire, siamo dalle parti dell’ottimo Lansdale?
Il genere è quello, ma lo stile è abbastanza diverso. Leonard è più asciutto, meno pensoso, meno descrittivo. I suoi romanzi sono al 50% gente che chiacchiera e 50% gente che si spara. Non vedrai mai i personaggi guardare il tramonto e riflettere sull’esistenza mentre contemplano quant’è bello il Texas, Leonard comunica quasi esclusivamente attraverso dialoghi e tutto quello che ti serve capire lo capisci da quello.
Va da se che se vuoi provare, proprio per questa caratteristica, i libri di Leonard in media li finisci in un giorno.
un’altro j.lo meritevole per me è sempre stato u-turn di oliviero pietra!
Il crossover di nicolette mi aveva sempre mandato ai matti, ora calisco il perché ed il percome. Grazie Quantum!
corro a recuperarlo e mi sparo l’abbinata con Jackie B.
Get shorty e becool me li ero già rispolverati in tandem di recente (attaccandoci quello di Bay con theRock per fare tripletta)
Be Cool però è di una bruttezza inscusabile. È il clone di Get Short fatto male di proposito.
Mi fa troppo ridere per poterlo criticare in maniera obiettiva.
Per me già solo il video country con Dwayne vale il prezzo del biglietto
Quantum, ma se dovessi consigliare ad un novizio quale libro di Leonard scegliere per primo?
Cuba Libre o Hot Kid.
E anche Quando le donne aprono le danze, che è una raccolta e in effetti è più utile per farsi un’idea a 360° della varietà della scrittura di Leonard.
(con tanto che il racconto “Fire in the hole” da solo giustifica l’acquisto.)
grazie mille, provvedo quanto prima!
io ho iniziato con Tishomingo Blues, concordo su Hot Kid, Cuba Libre non l’ho letto.
Tishomingo pure è tanta roba. Tra l’altro tempo fa parlavano di una trasposizione con Matthew Maccoso e Don Cheadle
Elmore Leonard l’ho conosciuto grazie a Justified: comprai “Quando le donne aprono le danze” per leggere “Fire in the Hole” e fini per recuperare tutto quello che avevano pubblicato di lui in Italia… la raccolta “Tutti i racconti western” resta il mio libro preferito, roba che potrebbero farne trenta film, uno per ogni racconto e sarebbero tutti bellissimi.
Out of Sight è davvero uno dei migliori romanzi di Leonard e sì, anche nel romanzo è presente come tema di fondo “l’impossibilità di cambiare” anche se non so quanto questo è stato reso pesante da Soderbergh perchè io questo film non ho mai avuto il coraggio di vederlo: Lopez + Soderbergh + sottotitolo italiano scemo = ho sempre avuto troppa paura della deriva comica-romantica-molesta… e invece a quanto pare mi sbagliavo e a questo punto devo provare a recuperarlo.
PS
Poi Soderbergh per me ha recentemente guadagnato punti con The Knick, quindi una possibilità gliela do volentieri.
Ma quante carrambate! Grazie 400calci, adoro il film, uguale al libro, ma non conoscevo tutti questi retroscena!
Corro a guardare Jackie Brown, scusate la mancanza… E a comprare Quando le donne aprono le danze.
Ottima recensione per un film che mi e’ sempre piaciuto e che ho rivisto numerose volte. Per me, potrebbe essere addirittura il miglior film di Sodenbergh, un regista che mi piace, ma non sempre: quando si dimentica di volere fare l’autore a tutti i costi (vedi tutti i film precedenti a questo e robe tipo Solaris) e si mette al servizio di una sceneggiatura solida e vivace, Sodenbergh e’ un narratore efficace ed elegante.
Questo e’ il film che mi ha fatto scoprire Leonard, e non Jackie Brown (che mi piace molto tra l’altro), e tra lui e Lansdale ho trascorso quasi un decennio di grandi letture.
Oh. Out of sight.
Gran bel film, ricordo le prese per il culo perché “maddai, la commedia con la culona io non la guardo” (suppongo perché J.Lo usciva pochino tette e culo, in realtà, quindi l’interesse dei gretti amici maschi post-adolescenti era pochino). Però hai ragione Quantum, ha un numero di sparatorie, morti male e tracce id sangue adeguato e la storia, soprattutto, no è eccessivamente banale nel suo genere.
Onestamente l’unica cosa che mi disturba è il montaggio, ma insomma, la mano registica quella è: anche Magic Mike è un gran film, ma la regia è davvero inguardabile.
E non sapevo di Justified! Che serie memorabile. Leggerò anche io qualcosa di Leonard allora.
Dite la verità: scrivete questi pezzi per poi tracciare le visioni in streaming e tutti insieme ridere di noi poveracci che veramente andiamo a rivedere un film con Lopez e Clooney!? Tipo the Curse of Miike, ma senza nemmeno che ce lo ordini il capo…
Bah!
Comunque, lo rivedo pure io e vi faccio sapere.
Fun fact su Justified: Leonard cagò amichevolmente il cazzo per anni sul cappello di Raylan.
“No però, cioè, raga”, è stato sentito dire, “Raylan Givens porta lo Stetson, non ‘sta pacchianata qua. Non scherziamo.”
Nell’episodio finale di Justified, c’è un duello al tramonto perchè perdio certo che Justified deve avere un duello al tramonto nell’ultimo episodio, e Raylan scambia il suo cappello bucato con lo Stetson dell’avversario morto. Graham Yost, l’autore dello show, dichiarerà poi che aveva voluto omaggiare il compianto maestro Leonard, mettendo in testa al protagonista il cappello -giusto – per qualche minuto. Mi piacciono troppo, ‘sti dettagli.
[Fonte: Intervista del critico Alan Sepinwall a Yost]
Volendo fare i precisini: il cappello di Raylan è un Stetson anche nella serie, solo che indossa uno “Stetson da cowboy”, mentre nei libri (e nell’ultimo episodio) indossa uno “Stetson da businessman”.
ah ecco, infatti io mi ricordavo che era uno stetson anche nella serie…
è evidente che come esperto di cappelli da uomo ho ancora molto da imparare
Ah! Grazie per la precisazione, io di cappelli non capisco granchè.
Altro dettaglio simpatico è che Yost imponeva agli altri autori dello show di portare il braccialetto: “WWED”, ovvero: “What would Elmore do?”
Ehi, ma nella serie c’è pure Bill Duke. Recuperare NAU, grazie Quantum.
Out of sight è merdavera. E l’ho pensato in tempi in cui la mangiavo la merda.
Carla Gugino è goddess.