Pre-sigla d’atmosfera
Dalle note di regia di The Rental, pubblicate sull’ultimo numero di Horrorini – La rivista trimestrale per i film di spavento ok che ti dimentichi il giorno dopo: “Amanti del brivido e amanti del brivido (anche al femminile, in casa nostra siamo woke), sono il regista esordiente scelto per l’approfondimento di questo numero. Mi chiamo Dave Franco. Sono giovane, sono bello, sono bravo, sorrido spesso e sorrido bene, proprio con anche gli occhietti tutti tirati e con un sacco di denti. Esso, il mio sacco di denti, viene a malapena contenuto da una mascella importante la cui maestosa linea aerodinamica urla ‘Guardatemi, sono tanto gradevole allo sguardo quanto ontologicamente bianco’; mascella a sua volta sovrastante un pomo d’Adamo – da me affettuosamente soprannominato ‘Sporgenza della cartilagine tiroidea che circonda la laringe <3’ – il quale sembra sussurrare agli altri uomini ‘Ho una pelle più bella delle vostre compagne, ma allo stesso tempo sono più maschio di voi’. Sono sposato con Alison Brie e, come previsto da contratto prematrimoniale, posso vederla ignuda ogni santo giorno e farle all’amore almeno tre volte alla settimana. Nella vita, inoltre, di mestiere faccio principalmente quello dell’attore; che possiamo fare i sensibili e i coccola-artisti quanto vogliamo, ma non sarà mai pesante quanto zappare la terra. Insomma, va tutto alla grande no? Sono stato benedetto dalla genetica, dall’anagrafica, dall’etica del lavoro, dalla società, dal talento, dalle donne, dai soldi; e se mangio carboidrati non ingrasso. Ho anche un problema però. Ho un fratello maggiore di nome James che è me, però meglio: è dieci centimetri più alto, può farsi crescere la barba senza sembrare il culo di un macaco, ha conquistato Hollywood abbastanza giovane (a vent’anni l’avevano eletto a nuovo James Dean, ravanata di gonadi a pelle compresa) per poi decidere che la vita del divo gli stava stretta e voleva essere anche regista, sceneggiatore, comico, documentarista, pittore, produttore, poeta, insegnante, studente universitario fuori corso, filantropo, pigmalione. Quello che voglio dire è che partecipare alle riunioni della famiglia Franco si era fatto sempre più difficile. James qua, James là, James su, James giù. E James stocazzo dove lo metti? Le uniche due opzioni che mi erano rimaste per sublimare questo istinto di grattugiare la perfetta faccia di mio fratello sull’asfalto erano A) andare in terapia e rimanerci tutta la vita, cheppalle B) scrivere, produrre e dirigere un thriller horror in cui dentro c’è un personaggio che non è James Franco, ma che sotto sotto invece è proprio James Franco, e fargli succedere le cose tutt’intorno e anche un po’ addosso. Alla fine come me la sono giocata? Se state sfogliando questo numero di Horrorini, sapete già la risposta”. Sigla!
Io ci credo sempre nel potere psicoterapeutico del cinema, sia per lo spettatore – con tutte le belle teghe aristoteliche sulla purificazione e liberazione catartica della tragedia teatrale – sia per chi il film lo fa e ci sbatte la testa per mesi e mesi. Quindi credo anche in Dave Franco e nello spurgo cinematografico della sua fisiologica sindrome del fratellino, quella di chi davanti a sé c’ha un primogenito di estremo successo che nella vita fa la cose che piacciono a te, ma ne fa di più e le fa da prima di te e alla fine sembra quasi di stare nell’orbita di qualcun altro. Son cose che intaccano la serenità di una persona che è già ricca, bianca, sposata con Alison Brie e dunque non ha niente di più impellente con cui confrontarsi. C’è anche da dire che non conosco personalmente Dave Franco e che tutte queste cose ipotetiche le scrivo per riempire gli spazi lasciati vuoti da un film d’esordio che, a voler essere del tutto onesti, rientra nel mazzo del canonico, del già visto, del fatto con competenza e non molto di più. Però seguitemi un altro mezzo paragrafo in questa puttanata pomposa del film fatto a uso terapeutico, e provate indovinare dove ho intravisto James e Dave. In The Rental ci sono quattro personaggi principali, giusto? C’è Charlie che è un grafico di successo, fascinoso e un po’ fazza da schiaffi, e ha appena sfangato la commissione più importante della sua giovane carriera imprenditoriale. Charlie ha un fratello più piccolo che si chiama Josh, un bravo guaglione dal cuore grande ma un po’ troppo emotivo, tanto che ai tempi del college gli ha menato la faccia a uno, è stato incarcerato, espulso dall’università e adesso fa servizio di noleggio con conducente. Nonostante venga dipinto come il fallito del gruppo, quello da compatire e a cui fare pat pat sul braccio, Josh è riuscito comunque a conquistare l’amore di Mina, una che nel film (e a più riprese) viene descritta come la donna più fica sulla faccia della terra, una perfetta regina degli aggettivi con la “b”: bellissima, brillante, buona, benevola, benvoluta, brava, battagliera alla bisogna, baldanzosa, beninformata, balsamica e anche un po’ bambiziosa (erano finite le “b”). Mina sarebbe anche la socia in affari di Charlie, e fra i due circola una tenzione sessuale mica da ridere – che è anche uno degli elementi di sceneggiatura con cui Franco gioca meglio. Al contempo, il fratello maggiore è (apparentemente) ben felice di essere sposato con Michelle, Alison Brie nei panni di una di quelle trenta e qualcosaenni che dopo il matrimonio si trasmutano (neanche troppo) magicamente: da figlie di papà che al college si drogano e sperimentano, a sciure irrigidite e control freak. I quattro decidono di festeggiare il successo lavorativo di Charlie e Mina affittando un airbnb da sultani per il weekend, una villa lussuosa e isolata a strapiombo sull’oceano. Li accoglie un custode – che a sua volta è il fratello minore e considerato fallito del proprietario della casa – un po’ burbero, un po’ razzista e un po’ ubriacone. Dico io, cosa mai potrà andare storto?
The Rental, alla fine, è degno di nota soprattutto per qualità che sono solo tangenti alla riuscita del film: per motivi statistici – è il film d’esordio della persona famosa X – e perché mette in scena un cast di gente davvero brava – Charlie è Dan Stevens (Downton Abbey), Mina è Sheila Vand e Josh è Jeremy Allen White (direttamente dallo Shameless americano). Oltretutto è anche un film che, a guardarlo in tv, perde tanto fascino e tanta atmosfera quante sono le diottrie lasciate per strada da chi lo guarda. Non solo nel terzo atto risolutivo, fuga notturna da un pericolo incombente di cui si percepiscono a malapena i contorni; ma anche nei due atti iniziali, le cui palette variano dal seppiato mumblecore al blu. A questo aggiungeteci che, almeno fino alla coda finale di cui dirò qualcosina più dopo, il film di Franco sceglie di far montare la tensione con lo stratagemma del dramma da tinello e dello studio dei personaggi. The Rental è, nella sostanza, un mélo generazionale su quattro trentacinquenni tutti un po’ stronzi a modo loro – Charlie è un cane narcisista, Michelle è una rompicoglioni che se non si fanno le cose come dice lei sbarella, Mina sarà anche perfetta ma ha pure lei i suoi bei pregiudizi di merda, Josh è un uomo-bambino che soffre il confronto con il fratello di maggior successo – e che per puro caso si ritrovano a gestire i loro cazzi dentro a un horrorino, ma restano comunque troppo ombelicali ed egoriferiti per fare qualcosa al riguardo. La vera soddisfazione, a dire il vero un po’ fuori tempo massimo, arriva dal finale meta-testuale che scorre con i titoli di coda, e che preannuncia un possibile prosieguo antologico della micro intuizione horror avuta da Franco. Per il resto, e nel frattempo, facciamo ad accontentarci con questo thriller di tensione fatto di sorprese poco sorprendenti, e quantomeno festeggiamo il fatto che Dave è riuscito finalmente a travasare un tot di quella bile che rischiava di trasformare il prossimo Natale in casa Franco nello slasher sanguinolento che tutti avremmo voluto vedere.
Lancio sui socials quote:
«Il titolo è un po’ troppo simile a The Room, vero?»
Toshiro Gifuni, i400calci.com
La cosa che ho apprezzato di questa recensione è che dice tanto senza dire niente degli accadimenti all’interno del film, di cui dicono di più le tag. A qual riguardo: se già l’articolo mi aveva fatto montare una certa curiosità e voglia di vedere il film, per togliermi lo sfizio di sapere che vi succede precisamente, il “tecnicamente meglio di The Interview” me ne ha fatto venire ancora di più.
Segue momento di presa di coscienza del paradosso che forse far venire curiosità per un film accolto, mi pare di capire, tiepidamente non fosse davvero l’obiettivo della recensione.
E’ vero, bella recensione che fa capire com’è il film senza svelarne nulla. Cmq io sono di parte perchè amo svisceratamente Alison Brie dalla prima puntata di Community (figuriamoci dopo aver visto GLOW..)
Credo sia uno dei film più noiosi che abbia mai visto.
Il finale è identico a quello di Open House
Film non memorabile ma divertente. Uhmmm Dan Stevens uhmmmmmmmm
Il killer è un po’ un babbo trollone. Nel senso che se questi non avessero avuto tutti i loro problemi da camera da scemi che li costringono a non fare cose (non possiamo scappare, non possiamo usare il telefono, non possiamo stare vicini e prensere a schiaffi la gente) quel finale li e quello svilluppo di trama non ci sarebbe stato. Sia nell’horror da camera (horror-mublecore?) Che in quello classico le vittime sono schiacciate nel loro personale inferno a forza, o perché il killer a montato un piano in cui sono caduti con tutte le scarpe o perché la semplice forza bruta e il contesto li mette con le spalle al muro. Qui ci si mettono da soli e nel finale sembra che il tipo semplicemente sbuchi da un angolo e dica “vabbè, visto che stai qui fermo come uno scemo tanto vale che ti tiro un coltello sulla faccia”. Insomma, boh, mi è parso molto ingenuo e stupidotto sotto questo punto di vista. E poi gli omicidi sono veramente anonimi, come se anche loro fossero li per caso, girati giusto perché toccava farli.
Visti i nomi coinvolti mi sarei aspettato qualcosa di meno generico. Sembra un film che hai già visto almeno 10 volte.
Poi di certo non ha aiutato la dichiarazione di Dave Franco “vorrei che questo film facesse per gli airbnb quello che ha fatto lo squalo per la paura di entrare nell’acqua”. Si certo.
Come si può dare luce verde ad un progetto come questo che sai verrà dimenticato a film ancora in corso? Soldi buttati sicuri…Ovvio che sei raccomandato. Film generico e blando come una domenica mattina al parco.
Anche io mi sono fatta tutto il pippone che sotto sotto i due fratelli raccontati nel film qualcosa in comune con i fratelli Franco ce l’hanno…
E’ sposato e fa sesso tre volte la settimana?!
Quando la moglie ha deciso che vuole un figlio, forse!
Fratm. Sarà pure sposato. Ma è Alison Brie.
Sogno un Godzilla Vs Kong ma con Dave Franco e Casey Affleck