A marzo in India è uscito RRR, il più grasso grosso action indiano del 2022. Una roba talmente enorme che ha strabordato dai confini dell’India per conquistare i paesi limitrofi del terzo mondo come gli USA e il Regno Unito. A forza di dai e dai, è arrivato anche qui da noi su Netflix e se da un lato il nostro consiglio è di guardarlo immediatamente, dall’altro non ce la sentiamo di mandarvi impreparati ad affrontare l’ignoto di questa nuova cinematografia. Abbiamo così messo a punto uno speciale dedicato al suo regista S. S. Rajamouli per farvi capire un po’ che tipo è, cosa gli piace, quali sono i suoi interessi e cosa cerca in una relazione prima di matcharlo su Tinder. E anche perché il cinema indiano è oggettivamente una figata e iniziava a diventare imbarazzante averlo coperto così poco.
Quando ho finito di vedere Eega la prima cosa che mi sono chiesto è stata: ma chi diavolo mette in nome di Dio dei soldi per fare una roba del genere?
E in questa domanda, se vogliamo, c’è un po’ la chiave per capire la differenza tra il cinema a cui siamo abituati noi (99,9% americano + qualche sporadica incursione nell’asia orientale di uccidere e di menare) e il pazzo pazzo inesplorato pazzo mondo che è il cinema indiano.
Non mi metterò in imbarazzo cercando di spiegarvi come funziona l’industria cinematografica sulle rive del Gange. Uomini più preparati e più prestanti l’hanno già fatto su queste pagine e vi invito a studiare i loro scritti: Nanni Cobretti su Sooryavanshi o War e Luotto Preminger su Jallikattu, solo per citare i più recenti.
Sintetizzando, non è che il cinema indiano sia questo trionfo di anarchia, randomness e locura che può sembrare a chi vi si approccia per la prima volta e magari attraverso le compilation di scene matte su YouTube. Specie se si parla di produzioni popolari, non è un cinema meno formulaico o rigoroso di quello di Hollywood: è solo che segue regole e formule a noi ancora completamente ignote – o che per lo meno non ci hanno ancora annoiati a morte. Formule in grado di farci strabuzzare gli occhi e esclamare MACCOSA, ma quel maccosa positivo che nasce dal cuore e ha un sottinteso di “ne voglio ancora”. Per rispondere alle frequently asked question del caso:
- Sì, c’è un gusto per l’eccesso. Ma per quel che mi è parso di capire è raramente usato in modo autoironico/autoparodico/wink wink tipo mandare Tyrese a Ludacris nello spazio per il puro gusto di.
- Sì, cantano e ballano come se fosse normale. E sono dannatamente bravi.
- Sì, durano un’infinità di ore. Comunque meno di The Batman e la pausa spuntino/pipì è letteralmente prevista in sceneggiatura.
- No, non esiste solo Bollywood e non si parla solo in Hindi. È come pensare che tutti i film italiani siano ambientati a Roma e si parli solo il romano ops esempio sbagliato ma ci siamo capiti.
Ecco mi ero promesso di non dilungarmi e invece. Il fatto è che è necessario avere almeno una vaghissima infarinatura degli “standard” del cinema indiano (e una vaghissima infarinatura è esattamente quella che ho io) per capire che Eega è un film strano anche per gli standard del cinema indiano.
Il suo regista, S. S. Rajamouli, è una specie di Taika Waititi con la carriera di James Cameron, è in pista dai primi duemila e infila uno dietro l’altro successi spacca-botteghino a base di grosse star e grossi effetti speciali. Tuttavia, Eega è una sorta di passion project, una “revenge action comedy” realizzato tra una megaproduzione epico-fantasy-musical-romantica e l’altra, con il budget delle medie occasioni e un cast assolutamente fuori scala, nato da una battuta ricorrente tra Rajamouli e suo padre (che è a sua volta regista e sceneggiatore affermato): «Oh ma ti immagini se una mosca cercasse di uccidere un uomo?» «LOL!».
Ora se siete curiosi di quanto può essere strano un film strano indiano, il mio consiglio è di guardarvi Eega sapendo il meno possibile. Oppure continuate a leggere, mi fa anche piacere, ma consapevoli del fatto che da qui in poi diventa molto difficile parlare di Eega senza raccontare quello che succede in Eega.
Eega è la storia di uno che muore, si reincarna in una mosca, prende dimestichezza con questa cosa e giura vendetta al figlio di puttana che l’ha ucciso. Ma è anche una storia bellissima e toccante sull’amore che sopravvive alla morte, toccante soprattutto se si considera che uno dei due ora è una mosca. Se la cosa vi suona familiare, non sorprendetevi: Eega è letteralmente Ghost, ma più figo, perché invece di diventare un ectoplasma che passa attraverso le cose, Patrick Swayze diventa una supermosca assassina.
Uno dice: bell’idea per un corto. Dura due ore e un quarto. Ed è divertentissimo.
I motivi per cui funziona sono tanti. Il primo, cronologicamente parlando, è che si prende tutto il tempo del mondo per arrivare al punto. Ok che uno che va a vedere questo film in India grossomodo sa in cosa si sta imbarcando, quindi non è che si possa veramente parlare di “effetto sorpresa”, ma i primi 30 minuti di Eega sono la quintessenza della commedia romantica senza una sbavatura, senza il minimo indizio che la storia possa andare a parare da qualche altra parte. Abbiamo questo ragazzotto di modeste origini ma dal cuore d’oro di nome Nani, eternamente impegnato a corteggiare la bella Bindu che un po’ lo schifa e un po’ lo incoraggia, chi le capisce le donne poi boh magari è una cosa culturale loro. A complicare le cose c’è il malvagio Sudeep, questa caricatura dell’industriale ricco e senza scrupoli che è disposto a tutto per ottenere ciò che vuole e si presenta lasciando intendere non troppo sottilmente di aver ucciso sua moglie per impadronirsi delle sue ricchezze. Sudeep è bello, carismatico e sicuro di sé, le donne semplicemente non possono resistergli, quindi immaginate il suo sgomento quando Bindu… gli resiste, preferendogli l’impacciato ma genuino Nani. È chiaro che questa cosa non può restare impunita e così Sudeep uccide Nani. A piedi nudi, perché “vuole sentire la vita abbandonare il suo corpo”.
Come dicevo sopra, fino a un attimo prima dell’omicidio a sangue freddo per futili motivi, Eega è una normalissima commedia romantica, c’è persino il momento musicale i cui Nani canta e balla il suo amore per Bindu e vi sfido se avete un briciolo di cuore a non cantare e ballare con lui.
Dopodiché il film sale su una navicella e vi dà appuntamento su Marte.
Vediamo l’anima di Nani abbandonare il suo corpo, ma invece di salire in cielo finisce in uno stagno e si reincarna in una mosca. Dopo qualche minuto di smarrimento Nani si rende conto di quanto è successo e, perfettamente a suo agio con la piega che ha preso la trama (va detto che la reincarnazione sembra essere un tema ricorrente nella filmografia di Rajamouli), decide di vendicarsi di Sudeep. E qui c’è probabilmente la trovata più intelligente del film: la mosca non parla. Non solo non parla con gli esseri umani o con altri animali, ma Rajamouli non si affida nemmeno a trucchetti come monologhi interiori, sottotitoli o voice over: tutto quello che passa per la testa di Nani lo capiamo dalle azioni e, soprattutto, dalla mimica e dalle espressioni facciali di una mosca in CGI.
Quello che segue è un’ora di comicità slapstick, una serie di gag puramente fisiche sempre più matte e sempre più ingegnose che fanno immediatamente pensare al Sam Raimi della trilogia di Evil Dead – non tanto i geyser di sangue e gli alberi che non tengono le mani a posto, ma Bruce Campbell che si picchia da solo o affronta, con la massima serietà, un esercito di suoi cloni nani malvagi. E quando sembra che Eega abbia giocato tutte le sue cartucce e si avvii a grandi falcate verso il climax finale, ci rendiamo conto di essere solo a metà. Heroic shot, fine primo tempo, pausa pipì.
E il film riprende, raddoppiando la posta: Sudeep sopravvive all’ennesimo attentato e passa al contrattacco prima con l’antizanzare e poi CON LA MAGIA NERA, mentre Nani si rivela a Bindu – la quale accetta senza nessunissimo problema la situazione, del resto non vedo perché no, e si impegna ad aiutarlo nella sua missione. Sto facendo appello a tutta la mia forza di volontà per evitare di raccontarvi ogni singola scena del film ma a un certo punto c’è il training montage più assurdo che ho visto questo decennio, con la mosca che solleva pesi e fa cardio correndo sul nastro di una musicassetta (una musicassetta!)
Forse nella foga di spiegarvi quanto cazzo spacca Eega ho trascurato di far presente che si tratta di un film del 2012. Nulla di male, è già capitato di recensire film usciti nel 2012, specialmente nel 2012. Però uno giustamente potrebbe fare lo schizzinoso e dire ewwwwww chissà com’è invecchiata male la CGI. E qui sta il bello: sì, la CGI, che all’epoca era pure all’avanguardia, oggi risulta un po’ meno che freschissima, ma questo è assolutamente irrilevante! Pur trattandosi di un film che vi si appoggia con gusto e per ovvi motivi (non avete idea di quanto sia difficile addestrare una vera mosca a uccidere un uomo), non è mai preponderante. Non è mai qualcosa che catturi, figuriamoci catalizzare, l’attenzione del pubblico. La mosca è un effetto speciale, ma il grosso del lavoro lo fanno gli attori.
Che in India ci sia un grado di venerazione di certi attori francamente imbarazzante è cosa risaputa ma vale sempre la pena ricordarlo. Per quanto riguarda Eega, Nani e Sudeep sono interpretati da… Nani e Sudeep: due attori così affermati che non hanno più bisogno di un cognome e così riconoscibili, così “personaggi”, da interpretare personaggi che si chiamano come loro.
Nani fa praticamente un cameo di lusso: è indubbiamente l’eroe del film, ma al 30esimo minuto SPARISCE per venire sostituito da un effetto speciale e di lui non c’è più traccia per la successiva ora e quarantacinque, neanche, come dicevamo prima, come voce incorporea. Immaginatevi boh, un Keanu Reeves che viene presentato come protagonista assoluto di un film e dopo meno di un quarto muore: saremmo qui a brindare al suo coraggio mentre con l’altra mano piangiamo per la fine dello star system.
Sudeep invece è quello che si carica letteralmente il film sulle spalle: inizia come il cattivo più sgradevole e respingente che si possa immaginare, un concentrato di tutti i cliché che amiamo odiare, e fidatevi che nel corso del film non compie alcun arco redentivo – ma nel suo affrontare un nemico praticamente intoccabile e che solo lui riesce a vedere c’è un che di patetico e universale che, piano piano, ce lo fa quasi prendere in simpatia. Senza contare che il delirio paranoico in cui sprofonda a causa dei continui attacchi di Nani, il suo mummificarsi nelle lenzuola per dormire e aggirarsi per casa terrorizzato e snervato come uno che sta venendo cacciato da Predator, è forse la più efficace metafora-non-metafora dell’insostenibile fastidio di quando un insetto continua a ronzarti vicino all’orecchio che si sia mai vista al cinema. E tutto questo, ricordiamo, lo fa praticamente mimando, immaginando di stare venendo tormentato da una mosca che non esiste e verrà aggiunta in post.
Quasi tutto il resto del cast è composto da guest star, amici più o meno famosissimi che passavano di lì e hanno detto “dai che faccio 10 minuti il pirla in un film su una mosca assassina”. In questo senso si raggiunge l’apice con la “voce narrante” che fa da cornice alla storia, letteralmente un narratore che recita due battute all’inizio durante i titoli di testa e due alla fine durante i titoli di coda. Lo sapete chi è?
Singham.
Cioè Ajay Devgn, l’attore action più arrogante, carismatico, accentrante della cinematografia indiana da 30 anni a questa parte. Di lui Nanni Cobretti ha scritto “non importa di che genere sia il film, quando c’è lui il film diventa genere Ajay Devgn”. Quello così onnipresente che su quattro volte che abbiamo parlato di cinema indiano il suo nome è venuto fuori in tre.
Come è giusto aspettarsi da un film con queste premesse, Eega è un successo abbastanza clamoroso in India e un po’ il simbolo della recente rimonta del cinema in lingua telugu su quello hindi. Incassa 4 volte il suo budget, è il primo film in telugu del 2012, diventa una tappa importante nella carriera di Rajamouli, ora regista a tutto tondo e non più solo quello delle epiche in costume, consolida lo star power dei due protagonisti maschili e contribuisce a lanciare la carriera della protagonista femminile (Samantha, pure lei così figa che non le serve più il cognome). Si porta a casa una vagonata di premi, tra Oscar indiani e festival stranieri: particolarissimo il caso del Toronto After Dark Film Festival, che sbanca intascandosi nove premi su una trentina di categorie, praticamente un terzo dei premi a disposizione in una competizione americana dominata dagli americani.
E in Italia? Eh, in Italia suchiamo. Non solo non è mai stato doppiato, ma al momento Eega non si trova neanche sottotitolato sulle principali piattaforme di streaming legale e per vederselo bisogna probabilmente comprare una VHS pirata al mercato di Porta Portese (se ve lo state chiedendo io l’ho visto a Val Verde, dove non esiste embargo né estradizione). La speranza, che è l’ultima a morire e quando muore comunque può sempre reincarnarsi in una mosca, è che se RRR fa abbastanza casino pure qui, le porte della distribuzione si aprano per il Rajamouli abbastanza da renderci disponibile, se non l’intera filmografia, almeno una filmografia essenziale. E fidatevi se vi dico che un film come Eega è abbastanza essenziale.
VHS pirata quote:
“You will believe a man can be fly”
Quantum Tarantino, i400calci.com
Ho visto questa figata pazzesca nel 2013 e ho anche cercato di farlo conoscere ad altri cinemaniaci ma è tosta far capire quando possa essere esilarante un film di due ore su una mosca in cerca di vendetta…
ehi ma io l’ho visto tipo 9 anni fa, ed ero convintissimo di averlo visto perchè ne avevo letto sui 400 calci… boooohhhh…. cmq gran film, la canzone Eega! eega! eega! era fichissima.
questo fenomeno è conosciuto come “l’effetto mandela dei 400 calci”
se un film è figo pensi automaticamente che l’abbiamo recensito noi ache se non è ancora successo
oppure è materiale per il prossimo nolan…
1) Mi pare di capire che per la parte romantica la fonte di ispirazione primaria sia Bee Movie.
2) VHS quote da antologia.
1) ci ho pensato anch’io, corrisponderebbe anche il cast di all star
Il primo episodio di “The Acid house” è uno che si reincarna in una mosca per vendicarsi. 1998.
Per un po’ è stato disponibile su Netflix anni fa. Ricordo ancora la confusione emotiva provata nel vederlo
Feega!
Avete scritto un po’ Sudeep e un po’ Sundeep, ma la cosa atroce è che Sundeep appare proprio quando fate riferimento al nome dell’attore col link a Wiki, ci dev’essere una spiegazione. Comunque mi avete fatto venire voglia di vederlo e penso che lo cercherò.
ouch! grazie, corretto
E io che credevo fosse un rifacimento indiano di questo film: https://en.wikipedia.org/wiki/Eegah
Comunque pensavo che Nani di cognome facesse Cobretti, visto che in India ci sono i cobra… eh? Eh? vabbe’… Ad ogni modo, se RRR è arrivato su Netflix dovrò suggerirlo agli amici per le serate cinema online, giusto l’altro ieri ci siamo guardati Bubba Ho-Tep!
volevo risponderti con una freddura ancora peggiore, e cioè che di cognome Nani dovrebbe fare Cobreti
Muosche! Animaletti mangiamerda molto piccoli e tanto scassaballe per gli umani, sono ottimi combattenti. Lo sapevate? Una muosca ha un’ aggressività altissimissima e quando combatte con un altro suo simile, registra e migliora le tecniche di combattimento per vincere domani. Lo sapevate? La muosca più calcista è la muosca delle olive. Sapevatelo.
Su RieduCalciNal Channel
il seguito, qui:
https://www.youtube.com/watch?v=QNoA9k5g8JQ
È su Prime Video!