È o non è una delle cose più belle che vi possano succedere?
Immaginate: siete nella giungla dell’Amazzonia, armati di un’antica mappa incompleta e di un machete.
Siete accompagnati da una losca guida locale di cui non sapete se fidarvi, siete inseguiti da mercenari al soldo di nazisti che vogliono arrivare prima di voi e siete circondati da tribù di selvaggi che vi danno cortesi indicazioni e vi offrono un caffè (basta con i soliti stereotipi), quando trovate una caverna nascosta, vi ci addentrate, superate diverse trappole e tracobetti trabocchetti, risolvete un misterioso enigma grazie a un’intuizione stimolata dalla vostra profonda conoscenza delle religioni antiche e vi appropriate di uno scrigno che chiaramente dovrebbe stare in un museo.
Tornate al college femminile in cui avete una cattedra in storia, vi recate nell’ufficio del rettore (amico di lunga data), aprite lo scrigno: dentro ci sono dei rulli di pellicola.
E cosa contengono quei rulli di pellicola?
Esattamente la cosa migliore che potreste desiderare.
Le prove dell’omicidio Kennedy? No, di più.
Un porno con [inserire il vostro vips preferito o la vostra cotta storica qui]? Macché. Di più! Di più!!!
Un film di ninja degli anni ’80.
È letteralmente questo che è successo ai responsabili della Vinegar Syndrome, etichetta americana di restauro e distribuzione specializzata in cult movies.
Letteralmente! Parola per parol– ok non è vero, l’hanno trovato nel garage.
Cioè, nei loro archivi. Sostanzialmente succede che a volte compagnie di questo genere acquistano a prezzo di saldo i vecchi archivi di altre compagnie andate fallite, e si ritrovano con un pugno di titoli promettenti ma anche tanti altri che non hanno la minima idea di cosa siano.
E qui viene il bello: il film che avevano trovato, intitolato New York Ninja, non era completo.
O meglio: era il girato integrale, ma in versione nuda e cruda, senza montaggio.
Senza montaggio, senza copione, e senza audio.
Immaginate di trovare un vecchio scatolone di pezzi di Lego scoloriti e senza istruzioni: sai che in qualche modo formano un’astronave, ma non sai esattamente com’è fatta l’astronave, non sai di preciso quali e quanti pezzi devi usare, e dovrai pure ridipingere ricostruendo i colori. Se lo chiedete a me, è una sfida irresistibile.
Ci si mette al lavoro Kurtis Spieler, che per molti versi è la persona ideale che volete per un lavoro del genere.
È un regaz, è un filmmaker indipendente, ed è un fan del genere a livelli che quando scopre che il regista e protagonista di New York Ninja è John Liu, lui dice “ah beh lo conosco, il mitico John Liu della trilogia Secret Rivals“.
John Liu era un contemporaneo di Jackie Chan che girava film di arti marziali a Hong Kong che, nei primi ’80, senza aspettare che lo chiamassero da Hollywood, si era trasferito a cercare fortuna in Occidente girandosi un pugno di low budget da solo. New York Ninja doveva essere il quarto, ma non riuscì mai a completarlo e preferì ritirarsi a insegnare nella sua scuola di arti marziali. Contattato da Spieler, risponde “buona fortuna” e sparisce di nuovo.
Il dettaglio che salta all’occhio è: si tratta di un ninja cinese. Ma non facciamone una colpa grave: John Liu stava cercando di sfondare, e da un’inquadratura che mostra un cinema in cui proiettano Ninja III – The Domination (un giorno vi dovrò parlare anche di questo): sappiamo quindi che il film è stato girato nel 1984, all’apice appunto della moda dei ninja, dopo la trilogia della Cannon con Sho Kosugi, prima del Guerriero americano di Michael Dudikoff. E comunque non era l’unico.
Ma dicevamo: Kurtis Spieler.
Il buon Kurtis deve risolvere una serie di problemi.
Deve ricostruire la trama del film. Deve ricostruire i dialoghi. Deve dare un senso al materiale che ha a mano, che scoprirà non essere per forza completo.
E in testa ha un obiettivo forte e chiaro: vuole fare sul serio. Vuole essere fedele, e non approfittarne per fare un’operazione ironica.
In molte scene riuscire a leggere il labiale aiuta, ma per dare un senso al materiale, sopperire a scene mancanti o a dialoghi recitati fuori campo, è costretto a imbroglicchiare e riscrivere/inventare qua e là. Il montaggio è per quanto possibile filologico, non post-moderno.
Per il resto, Kurtis ingaggia una piccola squadra di appropriati cult heroes: il protagonista John Liu è doppiato nientemeno che da Don “The Dragon” Wilson, mentre gli altri personaggi hanno le voci di Cynthia Rothrock, Michael Berryman, Linnea Quigley, Leon Isaac Kennedy, Ginger Lynn. Tutta gente a cui puoi chiedere di essere seria e naturale come sempre, e ti restituirà esattamente il feeling da low budget arrembante quale era .
New York Ninja ha una trama tanto classica quanto, in modo non scontato per quegli anni, sorprendentemente attuale.
John Liu interpreta “John Liu” (che sembra una gag ma in realtà aveva fatto la stessa cosa nei suoi altri film occidentali): sua moglie viene uccisa da una gang per le strade di New York e lui, approfittando del suo lavoro come collaboratore di una reporter, decide di indagare e vendicarsi adottando l’identità segreta di vigilante ninja. In poche parole: il Giustiziere della Notte in versione marziale con taglio da cinecomic.
Il lato supereroistico/fumettoso è davvero insolitamente calcato: c’è la doppia identità nascosta alla Clark Kent con tanto di scene in cui lui si assenta all’improvviso, torna vestito da ninja menando malviventi davanti all’amica reporter, scappa e torna di nuovo nei panni di se stesso facendo finta di niente; ci sono le sue imprese narrate dai giornali, con tanto di nome “New York Ninja” appioppatogli dalla stampa; c’è la gente che inizia a fare il tifo per lui e a vendere addirittura magliette e spillette con scritto “I ❤️ NY Ninja”; c’è persino, oltre alle svariate gang di malviventi, un super-villain radioattivo (dal plot confusissimo).
L’entusiasmo di Spieler per il progetto è comprensibilissimo, se non per forza ricambiato.
Di tutti i film di ninja girati all’epoca, questo non è sicuramente il più ricco ma è quello con i palazzoni di Manhattan in costante background per almeno metà della durata. È quello col protagonista che fa un kata sulla banchina di fianco al ponte di Brooklyn, e uno in Times Square, e mena scagnozzi a Central Park. È quello che approfitta della brutta aria che tirava a New York nei primi ‘80 riempiendo le scene di gang pittoresche come un rip-off italiano dei Guerrieri della notte. Già questi aspetti lo rendono una chicca distintiva.
Quello che fa subito strano è quindi lo sforzo di Spieler di ricostruire un prodotto dell’epoca con rispetto e serietà, quando è John Liu stesso mannaggia alla miseria ad essere un autore/attore grossolano che si abbandona spesso e volentieri a gesti macchiettistici e plateali. Però che gli vuoi dire? È un’altra scuola. Quando ammazzano la moglie di John e lui ha una reazione che neanche la parodia di un cartone animato su Nicolas Cage, vorresti abbracciare Spieler fortissimo e dirgli “ti capisco, probabilmente non farai soldi su questa cosa e avresti fatto meglio a buttarlo in vacca e chiamarlo Kung Pow 2, ma sei uno dei nostri”.
La cattiva notizia è che sì, il film non sembra completo, ma le buone notizie sono di più: i combattimenti abbondano, perché per fortuna John Liu sa che le scene importanti vanno girate per prime. A mancare sono probabilmente una maggiore copertura delle scene di botte a permettere un montaggio più serrato che nasconda le imprecisioni, e magari qualche raccordo qua e là a rendere il plot un po’ più chiaro e scorrevole, ma ho visto film con problemi ben maggiori venire considerati tranquillamente conclusi e distribuiti come se niente fosse.
Il resto ce lo mette John Liu e il suo cuore infinito: l’energia, l’intensità, la voglia di divertire, la sbatta di girare lunghe sequenze di combattimento in un’unica ripresa per risparmiare soldi, non importa che le coreografie risultino approssimative/ridicole.
Due spicci ce li mette pure: ci sono un paio di stunt non banali, c’è un gran finale in cui lui (o chi per lui) rimane appeso fuori da un elicottero in volo sull’Hudson, ci sono effetti speciali di trucco per l’inspiegabile killer radioattivo e la sua fazza che si scioglie sempre di più.
Ed è pieno di momenti spettacolari che fanno la felicità di qualsiasi appassionato, tipo la pellicola mandata al contrario per fargli fare uno spettacolare salto all’indietro.
E poi c’è la mia scena preferita: i cattivi che scappano in auto, e il nostro eroe New York Ninja che lancia un arpione sul paraurti e si lascia trascinare allegramente di schiena sull’asfalto. Capito? Non era stato legato dai cattivi o rimasto incastrato per sfiga, quella era la sua strategia voluta!
Che vuoi chiedere di più a un film del genere? Che finisca con il protagonista che fa l’occhiolino guardando in camera? C’è pure quello.
Ma non lo so.
L’idea è che Kurtis Spieler fosse l’uomo giusto alle prese col film sbagliato.
La sua ammirevole integrità artistica e rispetto per il genere farebbero comodo a un miliardo di operazioni simili, ma questa nello specifico probabilmente avrebbe giovato di un approccio meno sobrio, di una colonna sonora meno raffinata, di esaltare probabilmente i momenti più pacchiani in mancanza di altre carte da giocarsi.
Così com’è, al di là dell’indubbio e irresistibile interesse cinefilo, è un film che diverte, e che all’epoca avrebbe sicuramente trovato il suo posto nel cuore degli appassionati e nel palinsesto di Odeon TV o in qualsiasi canale locale guardavate i film di Godrey Ho, ma che forse, con un maggiore distacco emotivo, avrebbe potuto dare anche di più.
Pizza abbandonata-quote:
“Meglio di Snake Eyes”
Nanni Cobretti, i400calci.com
P.S.: non sapremo mai ovviamente come John Liu avrebbe concluso e montato il suo stesso film, anche se le sue opere strettamente precedenti non lasciavano intuire esattamente un capolavoro perduto. In compenso, la sua filmografia post-ritiro presenta tre titoli piuttosto sorprendenti. Il primo è un assurdo sequel apocrifo di Trinità del 1998 di produzione taiwanese intitolato Trinity Goes East – no, non mi sono drogato, esiste davvero. Gli altri due sono, uhm, Il giorno + bello con Violante Placido e Benvenuto Presidente! con Claudio Bisio. Tutti gli indizi portano quindi al fatto che il buon John si stia nascondendo in Italia: qualcuno magari sa dov’è?…
…magari in futuro ci saranno altri montaggi di NYN fatti da altri registi, chissà, potrebbe essere un fenomeno carino.
P. S. Ma il proto-highlander fa paura, ha anche lo stesso trench di Macleod!
In un articolo già molto interessante, la ciliegina sulla torta è che esista un film come Trinity Goes East e che sia interamente caricato su youtube!
Credo che regalerò al buon Liu questi 90 minuti della mia vita: le prime note della colonna sonora, che ricalca l’originale, mi hanno già conquistato.
Per la rubrica “vi dico cose di cui non ve ne frega niente” scoprii Trinity Goes East quando diversi anni fa diedi un’occhiata alla filmografia di un attore antagonista in Once Upon A Time in China che rispondeva al magnifico nome di Steve Tartaglia. Interpreta Trinitá.
non ho capito una cosa: la versione montata e ridoppiata che tipo di distribuzione avrà?
È già acquistabile in bluray all region distribuito dalla Vinegar Syndrome (link nel pezzo)
Non c’entra nulla, ma ho appena visto “Crimes of the future”. Lo coprirete? Sono davvero moooooolto curioso di sapere cosa ne pensate…
Per forza. Esce a fine agosto.
Molto bene… Aspetterò con ansia la única vera opinione che conta.
Pure RedLetterMedia ha scoperto questa chicca e le ha dedicato un video. Ottimo post, intriganti le informazioni finali sugli ulteriori capolavori perduti di questo genio…