È il 20 giugno del 1975 e nelle sale nordamericane esce Lo squalo. In 464 sale, a essere precisi, perché ormai ce l’hanno ripetuto allo sfinimento: è qui, e così, che nasce il blockbuster. “Blockbuster” è un termine doppio, ambivalente. Da un lato identifica una strategia distributiva e di marketing: la Universal spese 700 mila dollari in una martellante campagna di pubblicità televisiva (oggi che un singolo spot durante il Super Bowl costa milioni ci sembrano magari bruscolini, ma all’epoca erano unprecedented, considerati i tempi e l’inflazione) e fece uscire il film da subito in più sale possibili, invece che ampliare o modificare la distribuzione man mano. Così la sensazione era che davvero Lo squalo fosse ineludibile e dunque irrinunciabile: ne parlavano in tv, ne parlavano i tuoi amici, era al cinema sotto casa, ti prendeva per sfinimento. E infatti, anche il successo di Lo squalo fu unprecedented, almeno per due anni (cioè fino a Guerre stellari), e la wide release con asfissiante pubblicità annessa diventò in breve lo standard per Hollywood (fino a mangiarsi quasi tutto il resto). Così “blockbuster” diventa sinonimo di “grande successo commerciale”, anche se ovviamente è lecito chiedersi se sia nato prima l’uovo o la gallina: il film ha successo perché è dappertutto o è dappertutto perché ha successo?
“Blockbuster” diventa però pure sinonimo anche di un’altra cosa, che (apparentemente) non c’entra col marketing o col box office, ma con il contenuto, con il cuore del film: è cioè “intrattenimento”, “spettacolo”. Lo squalo non è un kolossal in costume, epico, letterario e “importante”. È un film di genere, un thriller, un monster movie. Il pubblico ci impazzisce perché sente i brividini che risalgono la schiena, e si diverte un mondo, e magari va pure a rivederlo più volte, per riprovare le stesse emozioni. Per qualcuno “blockbuster” diventa sinonimo di “americanata” – e qui non sto neanche a commentare, ma vi rimando a un’imprescindibile lettura. Ma il punto è che – Spielberg lo sa bene, e ne è maestro – il blockbuster allo stato dell’arte si avvicina al cinema puro, quello delle origini, dello stupore e della meraviglia davanti alla locomotiva che si muove e “sfonda” la parete, “deragliando” tra gli spettatori. Insomma, lo spettacolo vero, alla fine, è tutto questo insieme: commercio, intrattenimento, brividi, genuina meraviglia.
Jordan Peele è uno che con il doppio, gli sdoppiamenti e le ambivalenze si trova a proprio agio (le persone che sanno darsi un tono userebbero la parola “poetica”). E infatti con Nope fa un film, tra le altre cose, che è insieme spielberghianissimo e profondamente anti-spielberghiano. In pratica per certi versi è Lo squalo e per altri è la versione al negativo di Incontri ravvicinati del terzo tipo. Laddove il primo è uno spettacolo di suspense costruito più sull’assenza del mostro che sulla sua apparizione, sia per le arcinote ragioni pratiche (set complicati, riprese subacquee inutilizzabili) sia per la lezione hitchcockiana per cui meno vedi e meno sai e più te la fai sotto. E il secondo è uno straordinario atto d’amore per il cinema e la sua carica di meraviglia, una celebrazione assoluta dello stupore, un tripudio sfacciato di Spielberg face che guardano in alto e accedono a una dimensione superiore di pace, amore, musica e lucine colorate – e Nope procede con determinazione a smantellare tutto quest’impianto (e dunque, alla fine, è anche Jurassic Park), al punto che nel suo caso la Spielberg face è proprio la cosa che può ucciderti. Tutti quanti – e anche Nope – poi sono non a caso film sull’ossessione.
Insomma, lo so, vi sto irritando, perché son qui a parlare di Spielberg invece che di Nope (vi è andata bene, potevo parlarvi di Shyamalan, c’è pure dello Shyamalan in Nope, dello Shyamalan buono, dai, ma c’è, certo che c’è). Il fatto è che come i precedenti film di Jordan Peele, è difficile parlare di Nope senza timore di “rovinarlo” a chi ancora non l’ha visto. E non è tanto, o solo, una questione di spoiler: è che per la maggioranza del tempo, in Nope non sai davvero cosa sta per succedere. Il film comincia sul set di una (immaginaria) sit-com anni 90 intitolata Gordy’s Home, in cui lo scimpanzé protagonista – il Gordy del titolo – misteriosamente impazzisce e attacca tutti i presenti lasciandosi dietro una rovinosa scia di sangue. Chi tra voi ci vede lungo pensa subito a 2001: Odissea nello spazio e, devo dire, non ci va lontanissimo. Stacco. Tempo presente. C’è un ranch nel deserto della California, il suo anziano proprietario, Otis Haywood, a cavallo, sta per chiudere una giornata di lavoro insieme al figlio, quando d’improvviso, apparentemente a caso, cominciano a piovere oggetti qualunque dal cielo. Una monetina da un quarto di dollaro colpisce letalmente l’anziano signore a un occhio, il giovane – l’effettivo protagonista del film, un Daniel Kaluuya taciturno, ingrugnito e scarsamente socievole – si ritrova d’improvviso orfano e gestore, insieme alla sorella Em (Keke Palmer, che io avevo intercettato solo nella serie di Ryan Murphy Scream Queens, ma che negli Usa era ragionevolmente famosa come child actor), dell’attività di famiglia, che consiste nell’addestrare cavalli per il cinema e accompagnarli sui set hollywoodiani. Stacco a qualche mese dopo: l’attività di famiglia langue, un po’ a causa del già citato caratteraccio del protagonista, un po’ perché il protagonista di nome fa O.J. e potete immaginarvi a un bianco l’effetto che fa, ma soprattutto perché qualcuno ha pensato bene di inventare la computer grafica. Per sbarcare il lunario, O.J. ha già dovuto vendere alcuni dei suoi cavalli al parco di divertimenti a tema vecchio West che ha appena aperto, poco distante dal suo ranch, e il cui proprietario, Jupe, gli assicura che, volendo, potrà ricomprarsi gli animali. Questo Jupe da piccolo era un attore bambino proprio nella sitcom Gordy’s Home, ed era sul set quel famoso giorno del 1998 in cui Gordy ha dato fuori di matto… Non solo: si è costruito un macabro mausoleo di memorabilia del tragico evento.
In tutto questo, se avete visto almeno mezzo trailer o adocchiato la locandina, sapete che in Nope c’è pure un UFO. C’è anche un largo uso di pupazzi gonfiabili che salutano come degli scemi, probabilmente il più largo uso di pupazzi gonfiabili che salutano come degli scemi che sia mai stato fatto nella storia del cinema. Ma okay, l’UFO è l’attrazione principale, quella con cui si fanno i soldi veri, lo so. E lo sanno benissimo anche i protagonisti di Nope, tutti quanti: chi cerca di addomesticarlo, chi di catturarlo, in qualsiasi caso il punto è farne spettacolo, uno spettacolo blockbuster, di quelli che volano al box office o rompono l’internet, come si dice(va). Abituato all’ambivalenza e agli sdoppiamenti (pensate ai corpi di Get Out costretti a ospitare due identità, o ai doppi sotterranei dei personaggi di Us), Peele imbastisce in Nope un vero gigantesco e travolgente spettacolo blockbuster, maneggiando come sempre le strutture e il linguaggio del genere cinematografico all’intersezione tra fantascienza e horror, tra le storie incredibili e i confini della realtà. Nello stesso tempo, dello spettacolo, dell’intrattenimento, dello showbiz, della performance e dell’ossessione per le immagini Nope è una critica evidente e diretta. Dunque è una contraddizione? Un desiderio ipocrita di volere le proverbiali botte piena & moglie ubriaca? NOPE! (scusate, dovevo farlo a una certa). È che, come già in Get Out e in Us, e a differenza dell’elementarità che condividono molti titoli del filone “social thriller” rilanciato proprio da Peele, al regista newyorkese non interessa “fare i film col messaggio”, quanto illuminare un sistema. Inserirlo nelle dinamiche e nella struttura di un racconto di genere e utilizzare quelle stesse dinamiche per svelarne i meccanismi. E i sistemi non sono quasi mai semplici, diretti, lineari, ma edifici complessi e intricati, fitti e barocchi, pieni di angoli ciechi e ambiguità più o meno apparenti.
Anche per questo, i film di Peele – soprattutto Us e questo Nope – non sono, nonostante la fama che li circonda, delle vere e proprie metafore, o allegorie: non è possibile tracciare sempre equivalenze precise e infallibili tra quel che il film mostra e quel che vuole dire “sulla società”, e non è davvero necessario che tutto corrisponda a qualcosa, che abbia una soluzione. Sono film, mica cruciverba. Ma sono film in cui i temi, le idee e le immagini si rincorrono e rispecchiano tra loro, si rinsaldano a vicenda con la potenza dei simboli, delle icone, delle ricorrenze, offrendosi così a molteplici piani di lettura. In Nope, per fare un esempio, c’è la costante equivalenza-opposizione-ribaltamento tra gli animali – e non animali qualunque, ma animali contemporaneamente molto addomesticati e intimamente selvaggi come i cavalli – e l’alieno/UFO. I cavalli conducono immediatamente al western, il genere statunitense per eccellenza. E Nope è anche, oltre che horror e sci-fi, un western, il primo western di Jordan Peele: lo è nel respiro degli spazi sconfinati del deserto californiano come nel tema cruciale della negoziazione continua, e mai stabile, tra natura selvaggia e addomesticamento/civilizzazione. E il western è anche il genere che più di ogni altro ha saputo “creare realtà” a partire dal cinema, fondare un immaginario collettivo, perfino una Storia condivisa, solo sulla forza delle proprie immagini e del proprio storytelling. Ma è anche un genere da cui qualsiasi identità non bianca della multietnica America è stata accuratamente espunta per decenni, convincendoci, proprio con la potenza persuasiva del cinema, che neri e asiatici nel vecchio West non c’erano, quando invece c’erano eccome. Così come nella storia del precinema ripercorsa da Em quando ricorda le immagini di Eadweard Muybridge, uno dei primissimi esempi di immagini in movimento, quelle di un fantino nero che galoppa in groppa a un cavallo scuro: era «la prima star del cinema», ma nessuno si è preoccupato di ricordarne il nome (Peele gli affibbia quello degli Haywood e Nope è anche la storia di questi suoi immaginari e intraprendenti eredi). Il cinema mangia: consegna all’immortalità e insieme cancella. E così via, in un’associazione d’idee, suggestioni, argomenti che si concatenano e si propagano, sostenendosi a vicenda come una rete.
E Nope ha lo stesso ritmo, e la stessa struttura di questa rete di rimandi e discorsi. A tratti ricorda Tarantino, per come sfida con la lunghezza dei dialoghi i tempi e la presunta efficienza cui siamo abituati, quasi per automatismo, quando guardiamo un film, soprattutto se di genere. Per come non teme di prendere tangenti inattese. In altri momenti sfiora la surrealtà di Lynch. Ci sono echi di Carpenter e Hitchcock. Di Spielberg s’è detto, potremmo forse collegarci l’intera sua filmografia. Ma non significa che Nope sia un pastone di citazioni rimescolate, un collage senza personalità, tutt’altro: i riferimenti sono parti di un dialogo, frasi in un discorso. Nope si allarga o si adagia, accelera o frena, nel finale prende il volo consapevole che non tutti saranno disposti a seguirlo, e accettando comunque il rischio. Guardandolo, non sono mai riuscita a prevedere quale sarebbe stata la scena successiva: è questo il motivo principale per cui sono restia a darvi troppi dettagli, perché per quanto possa essere piacevole “tornare a casa” nelle maglie solide e rassicuranti di schemi collaudati, poche cose sanno essere più entusiasmanti di un film che ti porta in giro, a cavallo per il mondo, senza anticiparti la strada o la meta.
Il sistema che Peele illumina per noi questa volta è quello delle immagini, dopo oltre un secolo di cinema così onnipresenti e pervasive, e di cui ormai siamo dipendenti, e che sono esse stesse, implicitamente, ambivalenti, ambigue: filmare qualcosa significa trasformare un’esperienza soggettiva in una prospettiva meccanica, esterna, riproducibile. La performance può essere contemporaneamente un modo gioioso di affermare se stessi e un modo di “vendersi” all’approvazione altrui. La fama può essere una fortuna o un’ossessione distruttiva, la sua rincorsa una Balena Bianca per cui non ci sono bigger boats che tengano. Il cinema è insieme produzione d’immaginario e sua manipolazione, inclusione e cancellazione: inquadrare qualcosa significa sempre escludere qualcos’altro. E un blockbuster – uno ottimo, come fu Lo squalo e com’è Nope, con il suo senso preciso e immaginifico per gli spazi e i tempi, il suo controllo malleabile ed efficace dei registri e delle interpretazioni, il suo respiro ampio e ambiziosissimo – è insieme industria e arte, orrore e meraviglia. Guardare in alto può uccidere, ma qualche volta ne vale la pena.
Dvd quote suggerita: «Cielo a pecorelle, UFO a catinelle», Xena Rowlands, www.i400calci.com
P.S., qualche altra considerazione sparsa:
– Michael Wincott, quanto tempo! Dov’eri finito?
– In tutto questo complesso castello di riflessioni sul guardare e il vedere, lo spettacolo e lo spettacolarizzare, Peele trova il modo d’infilarci anche un discorso sull’evoluzione delle modalità di ripresa, dall’analogico al digitale. In un lavoro in cui l’effetto speciale, nonostante tutto, è usato con relativa parsimonia, e consegnato soprattutto al (kubrickiano? C’è chi si azzarda a dirlo) finale.
– Come se non bastasse, Nope è anche un film sulla televisione, oltre che sul cinema (e non bisogna dimenticarsi che proprio nella comicità televisiva si è formato Peele). Oltre ai cruciali eventi sul set della sitcom Gordy’s Home (a proposito! Avete visto la sigla?), serpeggia il ricorrente “fantasma” di Oprah Winfrey, come sinonimo di enorme successo (ben più di quello di qualsiasi blockbuster). Non solo: Oprah ospitò una vera ex attrice vittima dell’attacco su un set di uno scimpanzé, Charla Nash, regalandoci immagini più insostenibili di qualsiasi horror, ma incredibilmente più generalmente accettate perché inserite nel contesto del salotto tv. D’altronde, come spiega anche Jupe con una battuta: finché il Saturday Night Live non fa uno sketch su di te, non esisti.
– O.J. non si chiama O.J. solo per amor di battuta: il processo (e, prima ancora, la carriera) di O.J. Simpson sono una sintesi perfetta di moltissimi dei temi del film, dall’ambivalenza delle immagini all’inevitabilità della spettacolarizzazione. Vedere per credere la serie American Crime Story: Il caso O.J. Simpson e la serie doc O.J.: Made in America.
– Comunque andate a vederlo su uno schermo bello grande, se anche poi vi fa cagare secondo me ne vale lo stesso la pena.
in un cinema di saghe, sequel, prequel reboot etc etc i film di jordan peele sono un tesoro prezioso.
non vedo l’ora di riuscire a vederlo.
p.s. la linea che collega spielberg a shyamalan e peele è forte ma anchr quella che collega proprio peele e shyamalan è fortissima
A mio parere un buon film ma con alcuni difetti. Prima parte fantastica, inquietante e per nulla ingombrante. Seconda parte sottotono, lo spettatore non ha più paura e diventa il classico film d’azione fantascientifico. Il personaggio di Yeun ha una backstory fantastica ed interessante ma che viene in parte sprecata, relegando il personaggio a mero portatore di un significato morale sull’istinto predatorio animale ed umano. Speravo che questa seconda storyline fosse più rilevante per la storia in sé. Per il resto buonissimo film. Grande Peele, grande cast.
Grandissimo Peele che film dopo film diventa sempre più sicuro dei suoi mezzi, per me nella top 3 del 2022
Mettici Nitram con un grandissimo Caleb Laudry Jones e ,il devastante ( è Olandese), Speak no evil
Madonna. Appena visto nitram. Che cazzo di filmone! Grazie!
L’audio del vero attacco dello scimpanze’ prodigio Travis, a cui si ispira Gordy, non mi fece dormire un paio di notti
https://youtu.be/wgS0KgT5APc
Dunque, l’ho visto martedì sera e devo dire che xi ho visto tutto quello che avete scritto.C’è tanto tantissimo Spielberg de Lo Squalo in Nope : le bandierine e i pupazzi a fare le veci dei barili gialli: la musica ossessiva ,il finale è palese.
Ci ho visto anche Shamalayan in alcune scene w anche Tarantino in alcuni dialoghi assurdi.
Peele d’altronde è un dichiarato fan di Jaws (lo omaggia anche in Us con la maglietta del bambino) .A me è piaciuto molto.Peele è un regista che si conferma ogni volta di più: alza il tiro e non sbaglia mai.
Bravissima la Palmer.Davvero brava.E sempre un piacere vedere quella vecchia canaglia di Wincott
Boh secondo me si sta davvero parlando troppo di questa metaforica dello spettacolo, è come se si parlasse dello Squalo come di un film sulla Bolkenstein. È un film divertente, girato da Dio, con l’idea dell’UFO che gli fa guadagnare un sacco di punti originalità, ma sto leggendo una marea di recensioni che parlano SOLAMENTE di sta metafora come se fosse il cardine totale del film quando è, secondo me, uno dei tanti elementi del film. Siamo tipo dalle parti del Joker di Phoenix a cui sono state accollate tutti i significati del mondo. Anche meno dai.
Leggo ovunque di gente che si è esaltata con questo film.
Per me è un entusiasmo fin troppo eccessivo per ciò che ho visto sullo schermo.
Io l’ho trovato noioso, scontato e pretestuoso.
Sarò esagerato io, eppure mi è sembrato molto presuntuoso questo film, più che ambizioso.
Pecca nel trovare il suo focus e continua a strizzare l’occhio da un genere all’altro senza una sua collocazione precisa.
Per me questo è un difetto.
Perché se un film gioca tutto sull’interpretazione delle pippe mentali del regista e sul non detto, per me è un prodotto non riuscito.
Spielberg e Shamalayan li ritengo cineasti.
Peele pecca troppo di esibizionismo per aspirare alla loro scuola.
Ma è solo il mio parere, che spero venga rispettato.
“Anche per questo, i film di Peele – soprattutto Us e questo Nope – non sono, nonostante la fama che li circonda, delle vere e proprie metafore, o allegorie: non è possibile tracciare sempre equivalenze precise e infallibili tra quel che il film mostra e quel che vuole dire “sulla società”, e non è davvero necessario che tutto corrisponda a qualcosa, che abbia una soluzione. ”
Concordo molto con le considerazioni di cui sopra. “Get out” in particolare è un film che secondo me è stato molto banalizzato nel suo messaggio
Che bel leggere, le reci della Xena…Fatti pur viva su Twitch, sometimes, che il tuo enciclopedismo spacca abbestia.
SPOILER
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Domanda forse cretina ma…… perchè gli animali danno di matto quando arriva l'”alieno”? Ok, i cavalli hanno paura e comprensibilmente (ma non troppo) si imbizzarriscono, ma la scimmia non ha niente di meglio da fare che ammazzare tutti gli umani che ha attorno, di perseguire sadicamente e con estrema precisione nel suo improvvisa compito omicida? Che stracazzo di reazione è, qual è il nesso? Forse la scimmia aveva paura che lo mangiasse? ne percepiva le vibrazioni maligne? E perchè dopo aver mangiato cavalli per una vita, all’ennesimo spettacolo dell’asiatico l’alieno si porta via tutti gli uomini, e lasciando lì il cavallo?
Niente dai, bellino ma è è il solito film da registoni che sono però sceneggiatorini.
Scritto di fretta, scusate le sgrammaticate varie
SPOILERONI
Per me la cosa là in alto è un monito. Un monito per come l’ uomo pieghi da sempre la natura delle cose per monetizzare. Una scimmia , un animale fortissimo e non addomesticabile, usata per far tv. Cavalli purosangue, nati per correre, ridotti a farsi cavalcare da attori. Ecco che la cosa in alto allora s’ incazza, e punisce. I cavalli sono la tua fonte di guadagno? Sei un bastardo. Ecco quindi che ti accoppo con una moneta piovuta dal cielo. Il messaggio non è chiaro? Allora mi pappo la tua unica fonte di reddito. L’ asiatico, che dall’ esperienza con la scimmia doveva capire, dimostra invece di non aver capito nulla, e monetizza cercando di sfruttare i cavalli e la cosa in alto. Che si incazza, e allora si pappa l’ asiatico e tutta la ciurma e tutti quelli che vogliono monetizzare sfruttando la sua potenza/forza. Che è enorme. E nel linguaggio animale, in molte specie l’ essere dominante esige che i meno forti tengano lo sguardo abbassato quando gli sono di fronte. Ma i protagonisti, nonostante tutto, per monetizzare non solo non abbassano lo sguardo, ma tentano perfino di catturare l’ immagine di una cosa che non vuole essere guardata. Alla fine ci riescono, e per riuscirci riescono perfino non semplicemente a domare, ma a uccidere un essere potentissimo.
Da qui il titolo Nope, che non è un semplice No, ma è No Hope. Non c’è speranza che come uomini rinunciamo ad avere il controllo su tutto e piegare gli istinti naturali delle cose, pur di farci quattro spicci.
Lettura molto interessante, grazie mille! Io rimango ancora perplesso, tuttavia. Ok, vuoi dominare gli animali e sei un bastardo, ma allora perchè il finale ha quel tono così trionfante? Giochetto meta-ironico? E poi, esiste un legame tra la cosa del cielo e la scimmia o no? Perchè quando a metà film si ritorna sulla questione mi pare che ci siano i momentanei blackout delle luci in studio tipici dell’arrivo dell’animale del cielo. E in caso il legame ci sia, come si spiega la reazione della scimmia, quella precisa reazione?
In generale, tutti i miei dubbi confluiscono in un grosso punto interrogativo: qual è l’effetto che l’animale del cielo ha sugli animali della terra? Non è per nulla chiaro
Probabilmente, se vuole, può far tornare in loro l’ aggressività domata dall’ uomo. Oppure gli animali, che non sono stupidi come l’ uomo, capiscono che sopra di loro c’è un essere potentissimo e semplicemente sbroccano. Ma propendo più per la prima ipotesi.
Lascio il più classico dei commenti inutili perchè ampiamente fuori tempo massimo, ma il film l’ho visto solo adesso.
Ovviamente SPOILER.
Per come l’ho vista io la storia della scimmia non centra col mostro. La vicenda è accaduta 24 anni prima, la scimmia ha semplicemente sbroccato di suo, come la scimmia Travis nella realtà. Il senso di tutta questa parte nel film è quello di sottolineare la stupidità/arroganza/miopia del personaggio di Jupe, che cerca di addomesticare un mostro alieno pur avendo già avuto esperienza di cosa può andare storto quando si trattano animali selvatici come se non lo fossero… di fatto, la scena anticipa subito quello che succederà nel resto del film.
L’interpretazione di Adolf è suggestiva, ma mi sembra si applichi l’osservazione fatta da Xena: “i film di Peele – soprattutto Us e questo Nope – non sono, nonostante la fama che li circonda, delle vere e proprie metafore, o allegorie: non è possibile tracciare sempre equivalenze precise e infallibili tra quel che il film mostra e quel che vuole dire “sulla società”, e non è davvero necessario che tutto corrisponda a qualcosa, che abbia una soluzione. Sono film, mica cruciverba”.
Forse SPOILER
Mi è piaciuto un botto e il grande pregio di offrire molti stimoli e chiavi di lettura (pure troppi secondo qualcuno) ma riuscendo, bada bene, anche a intrattenere raccontando di buzzurri che escogitano piani impossibili nel deserto contro un mostrone che li vuole uccidere (esatto, proprio come quell’altro film).
Ecco, è un film che funziona su più livelli, ma che ancora non spacca su più livelli.
Dico ancora perché Jordan secondo me ce l’ha in canna un filmone di genere di quelli che mettono tutti ma proprio tutti d’accordo.
Tra i vari possibili metaforones (compresi un botto meta, quello che mi porto dietro con più piacere dalla visione è una mezza rivisitazione del mito della frontiera, sintetizzato nella ricerca di addomesticare e poi sfruttare il selvaggio/l’ignoto (che magari sta solo difendendo il suo territorio), e se proprio non ci riesci arrivano i cowboy e lo fanno fuori.
Ok, ma il film con Nic Cage che parla di Nic Cage e in cui Nic Cage è interpretato da Nic Cage lo recensite vero?
“Chiudi gli occhi Marion! Chiudi gli occhi non guardare!” urlava Indiana Jones alla sua compagna di avventure, entrambi legati come salami mentre attorno accadeva l’impossibile. Oppure pensa a quando Doc e la DeLorean venivano colpiti da un fulmine e Marty disperato urlava “Noo!”. Bei tempi quelli. Cito ciò per citare Nope, ossia un film che cita, che forse si vuole fare allegorico o forse metafora e chissà che altro. La società attuale vittima dell’immagine? Cazzo che novità, questa cosa non l’aveva mai detta nessuno. Facciamoci subito un film! Nota: qui non ci saranno spoiler. Per quanto obnubilato dalle mie psicosi (da poco ho sognato Andreotti saltare su delle pozzanghere con indosso un guanto da boxe) sono riuscito a leggere qualche commento al film. La critica. Or bene ho letto critiche entusiaste per Nope. Il potere della visione, i pericoli dello sguardo, il cinismo insito nei nuovi media, il grano saraceno… Anzi no, le mantidi religiose. Della pericolosa ossessione dello spettacolo e dell’apparenza ne aveva parlato, per fare un esempio recente, il Nightcrawler di Dan Gilroy. In altri ambiti è un tema presente in Platone (lui parlava di caverne), in Popper (il filosofo, non la droga), in Black Mirror. Per il Giovanni Sartori di Homo videns (lui parlava di TV ma si può attualizzare senza smarrirne il senso) il media rischia di compromettere il nostro modo di guardare la realtà. Abbiamo smesso di guardare davvero. Cosa che in modi ambivalenti avviene pure in Nope quando ci si fa trollare (sì, faccio il giovane, problemi?) da una nuvola. Io voglio fare lo stesso. Il mio sport della settimana sarà leggere opinioni eccitate su Nope, per vedere chi la spara più grossa. Del tipo che arriva uno e dice “Nope è una lucida e non banale metafora del teorema di Kronecker-Weber ove all’estensione ciclotomica corrisponde un anello di polinomi”. Figo. Da dire che lo stesso Peele ha voluto complicare le cose dicendo che è partito a scrivere il film ispirato dal lockdown a seguito della pandemia. Evvai di metaforone! Quindi ecco cosa potrebbe essere Nope: una pareidolia per la critica cinematografica.
Per i neofiti, una pareidolia è quel processo psichico che ci porta per esempio a vedere una sorta di faccia guardando la Luna o un coniglio guardando una nuvola. Associare una figura nota a qualcosa di astratto. Nuvole, sempre nuvole, ancora nuvole 🤔. La critica pareidolitica potrebbe perciò essere quella che butta giù i significati più variegati a film che magari han poco da dire. Ok ok, la faccio breve. Per me Nope si può riassumere in pochissime parole e la si chiude lì. Tutti a casa s’è fatta ‘na certa. Ma prima una piccola considerazione sul dato che in Nope vi è quasi un piccolo secondo film, una storia che risulta essere molto più inquietante e molto più carica di significati rispetto alla vicenda principale e questo non è propriamente il top per un film. Inoltre quella storia lì prende spunto da un episodio reale, basta andare su Wikitutto e cercare Travis (scimpanzé). Si noterà che anche in quel caso c’è Oprah e ci sono i cavalli (chi subì quel terribile incidente era una cavallerizza). Sul personaggio di Jupe (Steven Yeun) ci si poteva fare un unico film che, ad intuito, sarebbe venuto mille volte meglio di questo, mantenendo le medesime tematiche e aggiungendone altre. Purtroppo Jordan Peele si è fissato con le nuvole. Hey, film sicuramente dignitoso, girato benissimo e bla bla bla ma nulla di più e fortunatamente nulla di meno. And now… Ora, non facendo spoiler non si capirebbe una mazza e quindi SPOILER, attenzione SPOILER ciuf ciuf arriva il trenino degli SPOILER: ecco, sostanzialmente Nope è sí Lo squalo di Spielberg ma con gli elementi ribaltati. Qui lo squalo ha la forma di una medusa ma sta in cielo. Lì gli piazzavi una bombola tra le fauci e boom, qui ci piazzi un simpatico pallone gonfiato e la risolviamo boom. Fine, tutto qui? Sì. Si possono imbastire metafore e citazioni e aggiungere di tutto e di più ma alla ciccia Nope (pour moi) è meramente questo. Per me starci a decantare sopra sarebbe eccessivo come leggere ciò che ho appena scritto. Ho comunque imparato cose nuove: se il T-Rex di Spielberg non ti vede se non ti muovi, la nuvola di Jordan Peele non ti mangia se non la guardi. Sono cose che magari un giorno potranno tornare utili. Ah, vogliamo parlare dell’inquadratura all’interno del coso alieno mentre se magna gli umani? No, meglio di no. Anzi nope. Hahaha lol ❤️.
Mi sono guardato l’ intervista di Oprah alla poveretta. Forse è la cosa più horror di tutta la faccenda. Una donna che non sa com’è ridotta, non lo vuole sapere, non ricorda nulla perchè il suo cervello ha rimosso, e quella merda dell’ intervistatrice che fa di tutto per farle capire com’ è ridotta e quello che è successo. Brividi.
Ci sono tanti altri film di genere, compreso jaw, che in estrema sintesi possono essere raccontati come hai raccontato nope, ma che non hanno stimolato le riflessioni o letture che sta stimolando nope, o comunque le hanno stimolate solo agli hardcore reviewer.
Sicuramente c’è di mezzo la reputation di peele come autore con qualcosa da dire, ma non è solo quello e un motivo ci sarà perché a tanti è venuta voglia di andare oltre all’arriva un alieno e lo facciamo fuori.
Vedo che non è stato detto qui, ma molti in altri lidi han fatto notare le miriadi di citazioni agli anime, da Evangelion ad Akira. Penso che Peele stesso abbia detto che questo film sia, tra le altre cose, una lettera d’amore all’animazione giapponese
Il setting tra il western e il contemporaneo più tecnologico, e la forma dell’UFO, a me ha risvegliato brividi da Atlas Ufo Robot sopiti da eoni!
Non bestemmiamo per piacere.
Non invochiamo il Dio Goldrake invano per favore. Grazie.
Errata corrige a un pezzetto di rece: Charla Nash non era un’ attrice aggredita su un set da una scimmia, ma era semplicemente un’ amica/dipendente di una signora del Connecticut che aveva un’ impresa di rimozione/noleggio/rimessaggio auto/furgoni. Questa signora teneva in casa Travis, uno scimpanze di 90 kg, che fino a quel momento non era mai stato aggressivo più di tanto e conosceva bene Charla. Quando Charla, nell’ aiutare l’ amica a rimettere Travis nella sua gabbia, ha preso in mano il pupazzo preferito della scimmia, Travis l’ ha aggredita. Nonostante la proprietaria gli abbia piantato un coltello nella schiena per fermarlo, Travis è andato avanti e ha strappato la faccia e le mani a Charla. Poi i poliziotti l’ hanno abbattuto, ma ormai quello che voleva fare a Charla la scimmia l’ aveva fatto. Al momento dell’ abbattimento girava attorno alle auto della polizia, cercando di salirci. Stando a quel che dicono e ad alcuni filmati, Travis sapeva guidare, ma non dicono quanti punti avesse ancora sulla patente…
Per me la maggior delusione del 2022. Avevo adorato Get Out, apprezzato Us ma questo… Nope.
Il film più noioso dell’anno, privo di tensione (se non alcune scene che si contano sulle dita di una mano monca), sbrodolato, con protagonista senza carisma e una storia ‘meh’.
Ho faticato a restare sveglio un sala.
io sono rimasto molto molto deluso , aspettavo da tempo il film.
in troppe occasioni mi è venuto da dire ”ma che assurdità” e purtroppo non sono riferite alla parte fantascientifica..ad esempio
SPOILER
”E’ un Predatore , se non lo vedi non ti attacca”..sarà ma io non ho mai visto nè sentito dire che ad esempio un Leone non agguanta una zebra se questa fa finta di non vederlo…
A metà film , l’alieno si ”mangia” 46 Persone. Il giorno dopo ,fanno sentire velocemente alla radio che risultano scomparse nel nulla 46 persone..ok . Quindi ti aspetti come minimo centinaia di poliziotti , scientifica ,federali e qualche militare..invece non si vede Una e dico Una macchina della polizia o investigatore. ..scompaiono nel nulla 46 persone ed il giorno dopo sulla scena non c’è nessuno , in poche ore hanno fatto tutti i rilievi. Il protagonista va il giorno dopo dove è successo il fatto , e c’è semplicemente un nastro della scena del crimine , nemmeno un investigatore messo lì che so per evitare l’inquinamento delle prove.
E nemmeno una TV , giornalisti , che dovrebbero come minimo essercene centinaia vista la portata dell’evento..l’unico giornalista che arriva serve solo come esca e si intuisce dopo 1 secondo che fine farà..
Se fosse scomparso Un Cane ci sarebbe stato più clamore..
E la classica storia che quando si avvicina un UFO , salta la corrente e le interferenze con apparecchi radio e via dicendo..ok . nulla di originale ma non è un problema. Il fatto però è che questo ”potere” cambia a seconda dell’esigenza della storia. Ad esempio , nella scena finale quando la ragazza cerca di scappare con la Moto , bastano pochi metri di distanza e torna la corrente . Mentre nelle altre occasioni quando per esigenza devono essere messe fuori uso le telecamere , succede anche a chilometri di distanza.
Poi ce ne sarebbero molte altre , tipo ”il regista” che prende decisioni assurde , o la storia della scimmia ma sono stato già troppo lungo..
Non so come prenderlo questo film… Bellissima fotografia, buona la recitazione, ci sono dei momenti di tensione.
Però sono uscito dal cinema abbastanza indifferente, forse avevo aspettative troppo alte?
Alla fine durante la visione del destino dei protagonisti me ne importava poco, e la parte che forse mi è rimasta in testa di più è proprio in “film nel film” che riguarda Gordy, che ha un parallelismo con la trama principale ma che non serve a far procedere gli avvenimenti e che quindi c’entra fino ad un certo punto.
Non so se si può considerare SPOILER, ma il momento quando il protagonista tira una pugnata al finto alieno mi ha fatto morire dal ridere, lo so sono una persona semplice
Ma solo a me ha ricordato Tremors?
Un’intuizione “spaziale” di partenza (scusate il gioco di parole), una grande lettura metaforica della vita contemporanea, una serie di sottotesti e dettagli da spaccarsi la testa. L’ho apprezzato, ma alcuni punti scricchiolanti nel climax finale hanno impedito che mi “prendesse” fino in fondo come capolavoro.
In proposito, c’è qualche anima pia che abbia capito e mi riesce a spiegare………..SPOILER ALERT……….
Come è possibile che il protagonista a cavallo non venga attaccato dall’alieno dopo che questo assume la sua forma piena e si trovano uno di fronte all’altro in campo aperto? Oltretutto mi pare che vi sia un’inquadratura dove il protagonista rivolge lo sguardo all’alieno, con ciò infrangendo la famosa regola …..
SPOILER?
Si in effetti non è che si capisca, è chiaro che gli rivolge lo sguardo per attirarlo e dare il tempo alla sorella di scappare, però poi il perché non venga attaccato non si capisce… Io infatti avevo dato per scontato che fosse morto ma nel finale si vede… Boh vai a sapere te come si regolano sti cazzo di alieni, magari era pieno e non voleva mangiarsi altri, magari aveva paura di attirarsi le ire dei black lives matters se si mangiava uno di colore…
Magari è semplicemente un film girato male? :)
questo film è una MERDA SENZA APPELLO.
92 minuti di applausi
L’atmosfera mi ha ricordato quella di “Bacurau” di Mendonça Filles e Dornelles, un film che non ritrovo negli archivi calcistici ma che mi era piaciuto parecchio, mescolando come “Nope” western classico, fantascienza, e riflessi di problematiche attuali (più una dose massiccia di Udo Kier e di droga). “Nope” però è molto più sofisticato e, in fin dei conti, interessante.
Che teorie avete sulla scarpa ritta in piedi? Vedi anche: https://www.nytimes.com/2022/08/29/movies/jordan-peele-nope.html
il link non me lo fa legge perchè vole i soldi, cmq avevo letto qualche teoria in giro (es. è una specie di “miracolo” richiamando un concetto già presente nel film, è un segnale che i ricordi di jupiter della faccenda siano falsati e non corrispondenti 100% alla realtà).
Personalmente nel caso di quell’immagine mi interessa poco dargli un significato: mi basta il fatto che funzioni e aggiunga un tocco surreale all’atmosfera cruda e tesa di cui è pregna (con la p) il flashback
Vero.
Dall’intervista: “It’s the question I get the most, which kind of makes it the question I’m least inclined to answer with anything defining, at least at the moment.
But I can say, from a character-driven standpoint, the scene is about a moment in which a dissociative psychological switch gets flipped for the character. It is about a moment that changes something within you.”
Da ieri cercavo cosa mi ricordasse quella scarpa e finalmente mi è tornato in mente (e non c’entra un granché): la scarpa della bimba in Pacific Rim
Ma qualcuno sa perché si chiama “Nope” ?
Perché in un epoca di talent show la risposta a questo film è: NOPE (con le braccia a X).
:)
Not of planet earth
Visto ieri. Non riuscirò più a guardare un disco volante allo stesso modo
Film presuntuoso e pieno di assurdità. A cosa serve tutta la storia dello scimpanzè me lo dovete proprio spiegare: già l’asiatico nel presente compare poco e fa ancora meno, la sua storia nel passato è ininfluente. E’ rimasto traumatizzato da quell’esperienza? A me non pare proprio. Spielberg aveva un atteggiamento ben diverso a mio modo di parere.
Film bizzarro, abbastanza lento, molto più Shyamalan (si scrive così?) di Spielberg, attore protagonista privo di una qualsivoglia espressività, una sorta di pesce lesso, i pochi altri mi sono piaciuti, e anche il film, tutto sommato, a parte il finale assurdo e quello sì, molto simile allo squalo (dove però aveva un senso) m0non mi è dispiaciuto, magari merita un’altra visione per apprezzarlo meglio, o forse no.
Il film mi ha lasciato perlopiù annoiato durante la visione, perplesso dopo.
La parte più interessante e quella dello scimpanzé assassino che spero abbia un degno spinoff a sto punto.
Il film non mi ha preso perché i personaggi non sono caratterizzati, non ne sappiamo niente se non che uno è un solitario stacanovista ingrugnito e l’altra è una lesbica e tutti e due amano molto l’erba. Forse in tempo di Wokismo e compagnia cantante questo è il massimo di caratterizzazione che si può pretendere in un film, almeno fino a quando non andremo tutti in giro con una sciarpetta arcobaleno. Ovviamente non mancano le tematiche razziste, Il nero a cavallo, ma anche la scimmia che presumibilmente uccide tutti quelli della sitcom e poi dà il pugno all’unico non bianco in sala, non prima di avergli fatto capire che il massacro è stato fatto per lui, con una gestualità abbastanza evidente. Film con le solite tematiche americane impacchettate in un film pregno di insulso citazionismo .
Ok, le tematiche citate nella recensione ci sono tutte , le metafore pure, ma la storia? Il brivido? Ce li siamo persi per strada? Il film è pretenzioso, ben confezionato, ma vuoto. Il primo terzo, bene (anche se andrebbe asciugato e potrebbe durare meno della metà), ma poi il film si perde, la tensione messa in piedi all’inizio è completamente assente nel resto.del film.
SPOILER
SPOILER
SPOILER
Il disco volante che si evolve in un enorme aquilone alla fine del film fa cadere le braccia.
La backstory del proprietario del parco, ci si apre il film e poi di tanto in tanto reinfilata a forza qua e la alla fine a cosa serve? Alla storia a niente, direi, un accenno quando si introduce il personaggio avrebbe avuto lo stesso effetto e ci saremmo risparmiati un bel po’ di tempo.
Le riprese delle persone “ingoiate” dal mostro, anche qui, perché? Ok il cineoperatore preso alla fine del film, ma gli altri prima di lui, riprese brutte e di nuovo inutili.
Boh, per me il film non raggiunge la sufficienza. Non ho visto gli altri lavori di Peele, ma se l’idea è la stessa di questo, e cioè costruire a forza una “storia” con il solo scopo di mostrare un po’ di meraforoni proprio non ci siamo :-(
sto film di merda è la caduta verso il basso di J P.
Get out bellino, Us brutto e senza senso, questo assolutamente inguardabile, noioso, senza senso, senza storia.
E’ come questa recensione… uno lo guarda solo se proprio vuole a tutti i costi guardarlo.
visto non al cinema ma grazie a sky (che non mi ha risucchiato)…mah capisco le perplessità.. cioè le capisco perché in un mondo di pigiamate (dove poi metà dei commentatori qua si esalta col nulla o solo con roba di 40 anni fa e poi riesce a dire di annoiarsi con Dune…ah i radicalshit) non siamo più abituati a una visione diversa e originale, con delle musiche, degli attori e una storia, strana, ma pur sempre storia…il genere non conta..è cinema. (e lo dico da non esaltato per Get Out e da spettatore superperplesso davanti a Us)
Puttanata galattica. Due ore perse a guardare polvere, vento, una sciamannata urlante e suo fratello scontroso.
Nel dettaglio un minestrone di robe prese un po’ a caso e messe tutte insieme. Si potrebbe paragonare questo film a Lo squalo solo se decidessimo che questo è l’acciuga.
Peele insieme a Larster, Laster, Loter come cazzo si chiama quello di Ereditary hanno fatto partire il countdown allo scassamento di palle sul cinema horror.
Con Peele ora sembra che un horror abbia una componente estetica necessaria ed intimista dovuta, sto film è una cobb salad di altri registi, di stili, di ecletticità e voluttuosità che sono chiaramente fatti e finiti per dare stile e rendere il prodotto superbo e quindi mainstream.
Ed è innegabile, ora l’horror fa alzare i mignolini, Hereditary ha pure il dannato “occhio della madre” per darsi ancor più tono.
E sto Nope mi pare esattamente questo.
Perchè non è lo squalo che davanti al mostro si prende una barca con dentro gente bevuta e cazzuta pronta a far fuoco e via, qua c’è l’esistenzialismo del voler diventare guardoni nei confronti dell’orrore, c’è (e Peele mi ha rotto per questo) il raffronto uomo non-nero che sembra sempre e comunque ad un passo da essere un imbecille e uomo-nero che è composto, serio, emotivo e multisfaccettato; il mostro?
E ma il mostro ce lo affrontiamo con l’empatia per il cavallo, colpisce il popolino ignorante che guarda uno show da redneck.
Non parliamo poi degli stacchi alla Tarantino dedicati ognuno ad un “personaggio”
Sto film, ma tutto di Peele, mi pare sempre e solo un “faccio i film come quelli capaci così non potete dirmi niente” sapientemente unito a “Faccio i film di finta denuncia sociale verso i neri ed essendo io nero non potete dirmi niente”
Alla fine per fortuna lo ho visto senza andare al cinema.