Non tutti si ricordano che Kamen Rider, uno dei franchise di supereroi giapponesi più longevi e di successo di sempre, arrivò in Italia nel 1996.
Nel 1994 Haim Saban, imprenditore e media mogul con le mani in pasta un po’ dappertutto, aveva scoperto la formula per trasformare i puffi in oro: prendere una serie giapponese per bambini, tenere le scene d’azione (in cui i personaggi indossano un costume integrale), girare qualche scena di raccordo con attori americani, mandarlo in televisione, acquistare da Bandai le licenze per una quantità infinita di giocattoli già testati e pronti per il mercato, sedersi e aspettare di vedere il proprio conto in banca gonfiarsi a dismisura.
Il risultato più noto e più fruttuoso di questo piano geniale per la conquista del mondo senza praticamente muovere un dito fu, risaputamente, i Power Rangers. Ma non fu l’unico. Negli anni successivi Saban e i suoi concorrenti cercarono di ripetere il numero importando dal Giappone diverse altre serie tokusatsu i cui nomi forse vi suoneranno familiari: Superhuman Samurai (dove il cattivo era doppiato da Tim Curry!), V.R. Troopers, BeetleBorgs (accompagnato dall’irresistibile sottotitolo “Quando si scatena il vento dell’avventura”) e, per l’appunto, Kamen Rider – occidentalizzato in Masked Rider (per i pignoli, “kamen” vuol dire effettivamente “maschera”). Io, confesso, di Masked Rider non credo di aver mai visto un singolo minuto in tutta la mia vita eppure, per motivi che non mi so spiegare, conosco a memoria la sigla italiana, che faceva pressappoco così:
Non sorprendentemente, Masked Rider fu un flop commerciale e di ascolti – eppure, esattamente come l’accattivante sigla italiana, anche il suo titolo deve avere in qualche modo nidificato nel nostro immaginario collettivo. Succede così che, quando il mese scorso il film giapponese del 2023 Shin Kamen Rider fa capolino sul catalogo Amazon Prime Video, i geni del marketing lo ribattezzano “Shin Masked Rider”.
Ora, i più arrendevoli tra voi diranno “ok” e “questa cosa non è davvero interessante come credi” ma io lo so che c’è qualcuno che si sta chiedendo “perché hanno tradotto ‘kamen’ ma non hanno tradotto ‘shin’?”
Cazzo, grazie per questa domanda!
Non l’hanno tradotto perché Shin Kamen (o Masked) Rider è il quarto film dello “Shin Universe” insieme a Shin Godzilla, Shin Evangelion e Shin Ultraman. Cosa di cui abbiamo sicuramente già parlato, ma, per farla breve: tolto Shin Evangelion, che è un film di animazione e un discorso (lunghissimo) a parte, si tratta dei soft reboot cinematografici delle tre proprietà intellettuali di maggior successo della storia del cinema e della televisione giapponese. Non è un universo condiviso stile MCU – non apertamente, almeno, perché ognuno di questi personaggi appartiene a uno studio diverso – ma un modo per dire “ehi questi tre film hanno una roba fichissima in comune” e quella roba fichissima in comune è che li ha fatti tutti Hideaki Anno.

Hideaki Anno, al suo matrimonio, vestito da Kamen Rider
Anno è esattamente la persona che vorresti dietro un’operazione del genere, perché da un lato è un otaku terminale che conosce e ama questi tre franchise più dei suoi figli. Anzi, ha scelto di non avere figli perché sapeva che non li avrebbe mai potuti amare come amava Ultraman. Dall’altro è un innovatore tutto matto che dietro il sorriso da babbo e l’aria svagata si diverte a rivoltare come un calzino tutto quello che ha tra le mani finché non restano solo orrore esistenziale e riflessioni amare sul nostro rapporto tossico col consumismo e con la cultura pop. Insomma, divertimento per tutta la famiglia.
La cosa bizzarra, o almeno che ha colto tutti abbastanza di sorpresa, è che, per Kamen Rider, Anno non adotta alcun approccio, nessun filtro, nessuna chiave di lettura particolare. Dopo la parabola satirico-ecologista di Shin Godzilla e il trattato di politica interplanetaria di Shin Ultraman, ci aspettavamo qualcosa sullo stesso tenore. Che ne so, una metafora sull’urbanistica ai tempi dei supereroi, una commedia degli equivoci sul codice della strada, una toccante riflessione sul ruolo del personaggio nell’immaginario collettivo giapponese (ritardato causa pandemia, il film sarebbe dovuto uscire nel 2021, per il 50esimo anniversario della serie originale). Niente di tutto questo: Shin Kamen Rider è un riassuntone dei primi 8 episodi della serie del 1971. Kamen Rider nasce, sale in moto, combatte nemici, incontra il secondo Kamen Rider (ce ne sono due! Voi lo sapevate? Io l’ho scoperto guardando questo film), bisticciano, si alleano, salgono in moto, combattono altri nemici. Scordatevi qualsiasi lettura più complessa di così.

Doppio Rider, doppio divertimento!
Ovviamente la sceneggiatura aggiusta il tiro qua e là, contestualizza (la novità più grossa sta probabilmente nella rappresentazione della violenza, più grafica, più esplicita e, per la prima volta, problematizzata) e in generale cerca di dare un senso di compiutezza – un inizio, un crescendo e un climax – a una manciata di episodi di un telefilm di supereroi degli anni 70 che è passato alla storia per molti motivi ma nessuno di questi è la raffinatezza della scrittura. Entrambi i Kamen Rider hanno un arco narrativo; i cattivi hanno più spessore e intenzioni meno vaghe di “essere i cattivi in una serie per bambini”; l’aiutante di sesso femminile viene promossa a co-protagonsita e riscritta con una maggiore consapevolezza del fatto che nel XXI Secolo anche le donne sono persone. Ma sono scelte quasi banali che trovereste in qualsiasi adattamento live action di qualsiasi fumetto, videogioco, serie del passato sputato fuori negli ultimi 20 anni. Nel complesso Shin Kamen Rider è un fan film, fin troppo ossequioso nei confronti dell’originale, realizzato da una persona chiaramente innamorata del materiale di partenza che non aveva la minima intenzione di “rielaborarlo”, ma solo omaggiarlo. Figuriamoci usarlo per dire qualcos’altro!

Scene della serie originale rifatte inquadratura per inquadratura
E, allo stesso tempo, è un film di Hideaki Anno al 2000%, autoriale e personalissimo, che in confronto Wes Anderson sembra un timido esordiente che non vuole mettersi troppo in mostra.
Anno è sempre stato quel genere di autore che ti basta un’inquadratura per capire immediatamente che un film è suo, ma così scatenato non l’avevamo mai visto: campi lunghissimi, scenari post-industriali, due personaggi che dialogano a monosillabi stando a chilometri di distanza e tutto il repertorio di auto-citazioni a Evangelion. Simmetrie onnipresenti, contrasti esagerati, grandangoli, tagli velocissimi e la macchina da presa posizionata nei punti più assurdi.

“Piacere Kamen Rider”
“Piacere Kamen Rider”

Ok?
Mentre lo scrivo mi rendo conto che Shin Kamen Rider è uno di quei film che sono più belli quando li guardi una seconda volta. Quando sai già dove la storia andrà a parare e ti sei messo il cuore in pace, hai accettato che è veramente tutta lì e non ti spalancherà nuove porte della percezione. E allora ti concentri sui set e le location folli (sul serio, credo che abbia girato più scene Anno nei depositi dei treni di tutti gli altri registi mai esistiti messi insieme), le coreografie volutamente gommose, la composizione dell’inquadratura, meticolosissima, che fa pensare a tratti a una pièce teatrale e a tratti a un bambino gigante che sta giocando con le sue action figures.

Dimmi che hai fatto Evangelion senza dire che hai fatto Evangelion
Va a finire che quello che all’inizio mi sembrava il più debole dei film di questo Shin Universe, si rivela il più interessante, almeno da un punto di vista estetico. Che forse non sarà la priorità, per i numerosi fan di Masked Rider del 1996, che sono corsi a schiacciare play su Prime Video non appena hanno letto il nome del protagonista di mille pomeriggi passati insieme su Italia Uno mangiando pane e nutella. Ma se è vero che ci pisciamo addosso ogni volta che James Gunn fa un film nuovo perché “è un film di supereroi ma non assomiglia agli altri film di supereroi”, Shin Kamen Rider è una visione imprescindibile perché è un film di supereroi che non assomiglia, semplicemente, a nient’altro sulla faccia della Terra.
Streaming-quote:
“Ricordati di dare la mancia al rider”
Mia moglie quando ordino su JustEat

Oh comunque Cesenatico è sempre bellissima
Insomma meritava la sala. Ma tutti ‘sti otaku del cazzo riescono a portare ‘sti film al cinema?
Gli effetti speciali come sono?
gommosissimi, senza nessuna pretesa di sembrare realistici
Hey ma quella inquadratura nel deposito di treni sembra una locandina di thrice upon a time!
beh dopo il bellissimo shin ultraman (Amazon metti anche quello su!) me lo guardo a bomba!
comunque nessuna inquadratura folle di Anno batte quelle usate per Love & Pop. Il forno a microonde, il trenino giocattolo….aah che bel film
mdp nel forno a microonde >>>>> qualsiasi altra cosa nella storia del cinema
Non riusciamo neanche ad avere i dvd pal dei film classici di Godzilla, figuriamoci i film in sala…
Film dell’Anno?
ba dum tsssss
Ignoranza: non so cosa voglia dire SEO
Search Engine Optimization.
Di cosa c’entri col film o con la recensione, però, ammetto di non aver idea ;^_^
E ma infatti anche io ho trovato lo stesso acronimo ma no mi ci raccapezzolo
“Un contenuto SEO friendly generalmente è inteso come un testo scritto per rispondere a una domanda dell’utente e che contiene caratteristiche tecniche che lo rendono facilmente decifrabile dal motore di ricerca.”
Continua a sembrarmi una supercazzola.
il titolo del pezzo parodieggia la famosa pratica SEO di mettere 257 keyword nel titolo dei pezzi per ingraziarsi il perfido algoritmo di Google (“Barbie Oppenheimer Nolan 2023 crypto NFT 2023 le migliori scatolette per il tuo gatto”)
grazie Landis ♥ sia per averlo spiegato agli altri sia per avermi dato il titolo del prossimo pezzo
Il SEO è ciò che ti fa spuntare tra i top risultati quando cerchi su google. Fate conto che il sig. Google mandi in giro una miriade di scagnozzi che si leggono tutte le pagine web e decidono quali sono più pertinenti alle ricerche degli utenti, e le piazzano in cima.
Mettere tanti bei meta tag può aiutare gli scagnozzi a far salire di posizione il tuo sito.
Quindi mi basta scrivere: figa, figa, figa….
@Quantum grazie a te per il bellissimo pezzo
Io ero li che cercavo di capire se fosse un nome proprio
Grazie Landis (e naturalmente grazie anche a Quantum). Non si finisce mai di imparare!
Posso dire che è sempre commovente vedere i registi noti per fare animazione passare al live action? Almeno se sono come Anno, cioè una persona che non tratta la transizione come un “adesso finalmente si fa cinema serio”, ma che tratta i propri attori come se fossero ancora disegni con le voci… Forse perché lui i cartoni animati non li ha mai visti come qualcosa per bambini, e quindi si prende sul serio ma in maniera cartoonesca… Ha senso?
(Comunque Shin Godzilla è un film che amo alla follia, la prima volta quasi non ci volevo credere che stavo vedendo un film così bello…)
sicuramente lavorare in giappone, dove l’animazione è un’industria che macina miliardi, è più facile prenderla sul serio e non considerarla il cinema di serie b o la gavetta prima di passare alle robe da grandi. poi, certo, Anno ci mette del suo perché l’animazione e i prodotti “per bambini” sono la sua vita
A puro titolo di curiosità faccio notare che Masked Rider era la trasposizione occidentale non dell’originale Kamen Rider, ma della serie successiva Kamen Rider Black RX – addirittura la NONA del franchise.
Masked Rider venne trasmessa da noi nel 1996, era uscita in USA nel 1995, e adattava una serie del 1988 mentre l’originale risaliva al 1971. Un quarto di secolo giusto giusto.
Ma al calcio volante con residui di di sangue e interiora sul tacco dello stivale, chejevoiddì? Il Top
avessimo tassato nell’85 la rima “avventura/paura” avremmo azzerato il debito pubblico nel 2007 a botte di sola SIAE Mediaset ed oggi avremmo il welfare della Finlandia
…con “difendere la libertà” saremmo arrivati su Marte (e invece rettoscopia nazionale!)
Non dimenticherei nemmeno l’espressione “più che mai”.
@Landis Buzzanca Esatto, mi hai preceduto.
Il commento sopra era riferito alla discussione sul SEO, ovviamente.
Un film di Anno divertente come non se ne vedevano dai tempi di Cutey Honey!
Una volta capito che Anno con questo film non voleva fare altro che divertirsi e divertirci me lo sono goduto come un bambino. L’Hideaki Anno preso bene mi piace! p.s. io non posso stare qui a commentare la tua splendida recensione, Quantum ma per te qualcosa da poter fare dovrebbe poter esserci…ad esempio sfornare una puntata di un podcast su di una serie di film nominata in questo articolo?
*CANNARSI TRIGGER WARNING*
davide, lo so, hai ragione. prima o poi ci risaliamo su quel fottuto robot (senza recalcitranze)
Domanda per Quantum
A tuo avviso, questo film, e magari un altro paio di Anno (tipo Shin Ultraman o Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time) sono destinati rigorosamente a chi conosce la saga, oppure anche gente come me, che praticamente non sa di cosa si parli e non conosce gli Anime, potrebbe guardarlo tranquillamente?
evangelion 3+1 è l’ultimo capitolo di una saga cinematografica in quattro parti che funge da remake/reboot/sequel di una serie di 26 episodi (+ 2 film) degli anni 90. quindi boh: ok non essere rigorosissimi, ma magari non inizierei proprio dal quarto film. invece shin godzilla, shin ultraman e shin kamen rider sono guardabilissimi senza aver mai visto niente prima. sono dei legittimi entry point, per quanto strambi
Grazie
Su Evangelion te lo dico da appassionato di manga e anime anche se non proprio fan degli Eva: senza un minimo di base non ci capisci una sega nulla
Diciamo che puoi guardarti la quadrilogia dei film senza aver visto la serie o letto i manga, quello sicuramente. Ma partire dal quarto no
SPOILER
E questo non sarebbe un film à la Anno di Evangelion?
Protagonista che dubita delle proprie capacita’? Check.
Organizzazioni ad alta tecnologia e dagli obiettivi ambigui? Check.
Daddy issues? Check.
Orfani di madre? Check.
Ibridi creati in laboratorio? Check ed il regista di Tetsuo partecipa ed approva.
Tristezza a palate? Check, ma si prega di non sputare.
Le angolazioni postmoderne ci sono tutte, dell’autoreferenzialita’ autoriale si e’ gia’ detto, il citazionismo rielaborato non manca – protagonista che si rompe la gamba come negli anni ‘70 – e le sensibilita’ odierne sono rispettate, viste le amare riflessioni post-strage di sgherri, con guanti e stivali grondanti sangue.
A proposito, in Giappone il film e’ classificato PG12, a dimostrazione che i ragazzini nipponici sono chiamati a crescere ed a responsabilizzarsi alla svelta e quindi sono considerati in grado di poter affrontare qualche scena violenta.
Gli effetti speciali sono volutamente lo-fi, per ricalcare quelli artigianali dei tokusatsu di cinquant’anni fa, ma fin troppo poveri per la cgi, quando invece sarebbe servito un esborso maggiore.
Al netto di furbe scuse in stile Andy Muschietti per The Flash, non ci si deve chiedere se, vista l’importanza del personaggio nel Sol Levante, il film non meritasse di meglio in termini produttivi. La risposta sarebbe scontata. Meno ovvio, anche alla luce dei precedenti lungometraggi dello Shin-verse, e’ capire se il Giappone sia ancora in grado, al di la’ dei film di animazione, di essere cinematograficamente rilevante, in termini economici, sul mercato internazionale.
Il punto non e’ infatti lo scarso budget per un film destinato principalmente agli spettatori locali, quanto il lacerante dubbio che non ci siano piu’ le risorse finanziarie per un blockbuster con attori in carne ed ossa che regga il confronto con i tradizionali rivali asiatici.
I cinesi appaiono lontanissimi, possono ormai permettersi di imporre i loro attori nelle coproduzioni con Hollywood. Tuttavia la loro cinematografia per il pubblico generalista e’ culturalmente innocua oltre i loro confini, restando ancorata o alla pura evasione dei fantasy o alla retorica piu’ semplicistica delle pellicole d’azione, per tacere del nazionalismo didascalico dei film storici, che dal Romanzo dei Tre Regni hanno spremuto anche la buccia.
Attualmente e’ la Corea ad essersi inerpicata sul gradino piu’ alto del podio di celluloide, grazie all’equilibrio raggiunto tra una liberta’ creativa che solo una democrazia matura puo’ garantire – come pure in Giappone, non e’ ancora il caso della Cina – e tanto denaro a disposizione.
Non ci saranno i soldi a palate dei cinesi, ma il budget per produrre qualunque genere e farlo bene c’e’ e si vede tutto, a cominciare dalla serialita’ televisiva. Nonostante il battage e l’impegno finanziario di peso, un drama giapponese critico verso l’apparato statale come I Tre Giorni dopo la Fine impallidisce di fronte all’irraggiungibile Chernobyl della Hbo ed osserva altresi’ da lontano la sontuosa messa in scena dell’inedita commistione storico-zombesca coreana di Kingdom.
Oltre che per la quantita’ di won, l’ex regno di Joseon svetta sugli avversari anche in termini di visibilita’ culturale. I dibattiti sulla lotta di classe di Parasite, primo Oscar al miglior film non parlato in inglese, non si sono ancora spenti, mentre l’Oscar al nipponico Drive my Car non ha sfondato ne’ le barriere della sezione lingua straniera ne’ quelle degli esangui circuiti d’essai.
Un successo dirompente di pubblico e critica come Squid Game sarebbe possibile nell’odierno panorama produttivo giapponese? Pensando all’omologo – solo per quanto riguarda la struttura dei giochi mortali, non certo per i raffinati sottotesti politici – Alice in Borderland parrebbe di no. Tuttavia e’ proprio nell’inesauribile bacino di manga, anime e videogiochi che il Giappone potrebbe trovare la via del blockbuster live-action nelle sale ed in televisione.
I personaggi fittizi giapponesi e le loro narrazioni hanno contribuito a plasmare per anni l’immaginario pop del mondo al di fuori dell’arcipelago di provenienza, un tesoro di cultura e, contemporaneamente, un potente veicolo pubblicitario che coreani e cinesi possono solo sognare.
Ma per ripartire e correre veloci come il motociclista mascherato le buone idee, o le buone intenzioni, non bastano, se poi non si dispone di un mezzo all’altezza.
Le preziose licenze vanno gestite con attenzione, adeguatamente valorizzate, di certo non buttate via per pochi spicci, come sono li’ a ricordare gli scempi delle trasposizioni recenti (I Cavalieri dello Zodiaco), passate (Death Note) e le fondate preoccupazioni per il futuro (One Piece).
E’ notorio ma giova ricordarlo, per guadagnare bisogna prima correre dei rischi e spendere, i rubinetti dei soldi vanno percio’ sbloccati e riaperti.
Chiamate un idraulico, a Tokyo ce n’è uno bravissimo.
L’elemento più caratteristico di Kamen Rider che mi viene sempre in mente (non perché ne sia un fan, ma per i cameo e le citazioni su altri mille manga o anime…) è il fazzolettone rosso svolazzante, così nostalgicamente anni ’70!
Con buona pace del signor Anno, è un film incomprensibile per chiunque non sia un fan della serie originale, ed è pure girato maluccio. Un inizio incomprensibile, seguito da uno spiegone che ti leva ogni mistero, e scene action che magari erano fighe 40 anni fa, ma che adesso ti fanno cascare i maroni. Tolgi le secchiate di sangue digitale, e non resta nulla di diverso da una qualsiasi puntata dei Power Rangers delle prime 5 serie ( che poi si son fatti più fighi anche loro ). Visti i primi 20 minuti, poi cestinato. No, veramente, dai… mi coprite ‘sta roba, e non una parola su Cop Secrets?!?
Io Kamen Rider lo ho sempre un pò amato.
E non ho mai visto una serie originale completa, ma il completo di TUTTE le trasformazioni dalla prima serie ad oggi si, e signori miei…Henshin a palate.
Perchè la cosa che amavo dal primo KR in poi era la semplicità del personaggio:
Niente robot giganti o mega armi, KR ti cafuddava (voce del verbo cafuddare) e poi giù di Ryden Kick.
Che poi il Ryden Kick me lo faceva pure Great Sasuke e tutti in silenzio se non sapete chi sia, ma proprio muti.
Poi la moto, il casco e via dicendo, ad esser bimbo e godermelo sai come finivo in bici a provare a saltare, urlare Henshin e finire di palle sul manubrio?
Manco so se avrei avuto un figlio.
Ho fatto una intro come i recensori del sito, peggio del covid siete.
Comunque io di Anni ho visto solo Godzilla e per quanto il lucertolone faccia ridere, senza se o ma, il film è massivo e molto bello, ma davvero bello.
Che ti immagini “succedesse in Italia?” e preferisci non pensarci.
E sto KR lo ho visto aspettando e sperando “mò vediamolo il metaforone, dai su!” e un cazzo di metaforone e il protagonista pure un pochino imbarazzante, sembrava un attore capellone da Polizziottesco anni 70 (che poi ci starebbe eh)
Ma leggendo la recensione penso che forse si, se me lo rivedo apprezzo il cucuzzaro invece che far il recensore e cercare METAFORONE e ANAFILASSI!!!
Però il migliore è il Kamen Rider con la fruttina.
Comunque le “perle Annose” ci sono:
SPOILER
“è l’inferno, un luogo in cui il cuore delle persone è esposto completamente nudo, non è un posto per gli esseri umani” ook Anno, è dal 95 che la meni… come i piedi per Tarantino.