Come alcuni di voi già sanno, da un po’ di tempo a questa parte ho deciso di assumermi le mie responsabilità e uscire allo scoperto come resident expert di Philip Marlowe qui a Valverde.
Il pezzo di un paio d’anni fa sui film di Marlowe e gli eroi del cinema action ha suscitato molto scalpore e riscosso un successo che non ha lasciato indifferente neanche il (solitamente indifferente) fondatore dei 400 Calci Nannibal “Nanni” Cobretti. Da allora la mia vita è cambiata. Gli altri redattori mi danno del lei, ho un ufficio con pareti imbottite e un numero di telefono personale, al quale ricevo di continuo chiamate da parte di stilisti nel panico che non sanno con cosa abbinare un cappello fedora o bevitori alle prime armi che mi chiedono qual è il liquore migliore per dimenticare una pupa da sballo che li ha sedotti e usati per intascare l’assicurazione sulla vita del marito. È un lavoraccio, ma qualcuno deve pur farlo.
Alla notizia che un nuovo film di Marlowe era in uscita, non c’erano dubbi su chi se ne sarebbe dovuto occupare. E così eccomi alle prese con la nona trasposizione cinematografica delle avventure del detective col cuore d’oro e i pugni d’acciaio, laconicamente intitolata Marlowe (Detective Marlowe qui da noi), diretta e interpretata dal più improbabile duo irlandese che potesse venirvi in mente: Neil Jordan e Liam Neeson.
Una piccola digressione: chi è Neil Jordan? Chi è veramente?
Se avete seguito la sua carriera distrattamente quanto l’ho seguita io, non avrete dubbi: Neil Jordan è il regista degli horror sexy. Intervista col vampiro, In compagnia dei lupi, Byzantium – che a essere proprio onesti non ho mai visto e dicono tutti che sia abbastanza loffio, ma ci sono Gemma Arterton e Saoirse Ronan che fanno le vampire, quante possibilità ci sono che non siano anche sexy?
Sangue, sesso, spavento. Questi sono gli ingredienti del cinema di Neil Jordan.
Ma non proprio.
In realtà, a guardare bene su IMDb (uno strumento preziosissimo per noi investigatori privati), la filmografia di Jordan è piuttosto sfaccettata e spazia dalle commedie ai drammi di impegno sociale che si guarderebbe mia madre, dagli horror non sexy ai film per romanticoni, senza dimenticare (l’avevo completamente dimenticato) l’Oscar per La moglie del soldato, un film talmente famoso per il suo colpo di scena, che nessuno al mondo ha la minima idea di cosa parli per i restanti 110 minuti. E non di meno, un Oscar: immaginate cosa può fare a un regista vincere un oscar a 40 anni, precipitare nell’irrilevanza un paio di film dopo e restarci per il resto della sua carriera.
In molti si sono chiesti se Liam Neeson fosse l’attore giusto per interpretare Marlowe. Domanda idiota, Liam Neeson sarebbe l’attore giusto anche per interpretare anche Meryl Streep (ora che ci penso, Liam Neeson e Meryl Streep hanno fatto un film insieme: quanto sarebbe stato pazzesco se Neeson avesse interpretato entrambi i ruoli?). La domanda non idiota sarebbe stata: Neil Jordan è l’autore giusto per dirigere Marlowe?
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Ho scoperto da un’intervista che Liam Neeson e Neil Jordan sono amici da un sacco di tempo. Si sono conosciuti poco meno che trentenni sul set di Excalibur di John Boorman, dove Neeson interpretava il cavaliere della Tavola Rotonda Gawain e Jordan faceva, non creditato, l’assistente tuttofare di Boorman. Insieme poi hanno fatto altri tre film – High Spirits (impareggiabile titolo italiano: Fantasmi da legare), Michael Collins e Breakfast on Pluto – e ora che hanno superato entrambi i 70 si danno gran pacche sulle spalle concordando sull’importanza di non essere schizzinosi quando si fa il loro mestiere. Certo Shakespeare, certo i film sulla lotta per l’indipendenza dell’Irlanda, ma che c’è di male a farsi un bancomat girando Taken e i suoi ottocento derivati o una serie in costume di zinne e intrighi a palazzo negli anni di massima popolarità di Game of Thrones. E allora vedi che forse forse sono proprio loro le persone giuste per far funzionare un film come Marlowe.
Perché, guardiamoci in faccia, Marlowe non ha nessuna ambizione di scuotere il Cinema dalle fondamenta. Philip Marlowe è una IP letteraria famosa e consolidata, ma fa riferimento a un immaginario così vecchio e fuori moda che a metà del pubblico – quello che vive di battaglie per il sociale e misura i film in base al numero di minoranze rappresentate – semplicemente non interessa e l’altra metà – quella che ha spento una volta per tutte il proprio senso critico e misura i film in base al numero di scene post-credit – crederà di stare vedendo un’imitazione di L.A. Noire.
In bilico tra l’omaggio ai classici e il DTV, con un pugno di star non proprio freschissime in evidente pilota automatico e uno sceneggiatore specializzato nel riciclare roba d’altri, Marlowe è quel genere di film che guardi molto volentieri quando non hai altra scelta. Il compito, delicatissimo, di Jordan e di Neeson è convincerti a non spegnere la tele dopo 15 minuti.
Un’ulteriore digressione: non ho mai letto un libro di Marlowe.
Ora qualcuno dirà “ah-ehm, forse volevi dire un libro di Raymond Chandler” ma non riuscirà a finire la frase perché verrà picchiato e chiuso in un armadietto. Mi sembra anche più comodo dire “libri di Marlowe” perché il personaggio di Philip Marlowe ha continuato a godere di un’ottima salute editoriale anche dopo la morte del suo creatore nel 1959, cosa che in effetti ignoravo ma ancora più in effetti non dovrebbe sorprenderci (succede con James Bond, con Jack Ryan, persino con Michael Corleone). Tra il 1989 e il 2023 sono usciti sei romanzi autorizzati che hanno come protagonista Philip Marlowe, tutti canonici e tutti scritti da autori diversi. Il film del 2023 è tratto da uno di questi romanzi, La bionda dagli occhi neri (The Black-eyed Blonde) di John Banville, ma non è nemmeno il primo: Poodle Springs, del 1998, con James Caan nel ruolo di Marlowe, è tratto dal romanzo omonimo lasciato incompiuto da Chandler e completato nell’88 da Robert Parker, il creatore del detective Spencer (quello di Spencer Confidential con Marky Mark) e dello sbirro di provincia Jesse Stone (quello dei millecinquecento film per la tv con Tom Selleck). Ma sto digredendo nella mia stessa digressione.
Può un esperto di Marlowe dirsi tale senza averne letto un solo libro? Sì perché il cinema è un’arte nettamente superiore e se non siete d’accordo pago apposta degli energumeni per picchiarvi e chiudervi in un armadietto. Il mio unico vero cruccio è non essere ancora riuscito a procurarmi la serie antologica degli anni 90 Fallen Angels, in cui, tra le altre cose, c’è un episodio in cui Marlowe è interpretato da Danny Glover. Se avete idee sapete dove trovarmi.
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Los Angeles, 1939. Il 70enne irlandese Philip Marlowe viene ingaggiato da una bionda mozzafiato per rintracciare il suo amante scomparso e il caso si rivela molto più grosso e complicato di quanto sembrasse all’inizio. C’è Diane Kruger nel ruolo della bionda mozzafiato e Jessica Lange in quello di sua madre, una ricchissima ex attrice in costante conflitto con la figlia. C’è Alan Cumming nel ruolo di un gangster, Adewale Akinnuoye-Agbaje in quello del suo autista-bodyguard e Daniela Melchior (♥), sprecatissima, che fa la prostituta tossicodipendente che muore dopo aver detto due battute. Hollywood è una presenza centrale in tutto il racconto, la sua eredità, i suoi protagonisti, il suo significato per la città di Los Angeles. Ma si parla molto di più di intrighi, scandali e giochi di potere tra studios, che non di film.
Saprei dire come va a finire il film o anche solo spiegare la trama più nel dettaglio di così? No, ma è così che funziona questo tipo di racconto: duemila personaggi, una rete intricatissima di relazioni impossibili da ricordare, un’illuminazione che arriva verso la fine e che devi semplicemente accettare che Marlowe ci è arrivato perché sì. Ed è parte del divertimento. Basta non incaponirsi su cose come la risoluzione del caso, accettare genericamente che tanto niente è mai come sembra (c’è un personaggio che sembra suo amico? È matematico che a metà film lo tradirà. C’è un personaggio che quando appare gli è ostile? Alla fine del film saranno migliori amici), e godersi il mood, le vibes, o qualsiasi parola usino i giovani su TikTok per dire le atmosfere di questa Los Angeles polverosa, afosa, capitale mondiale del vizio – comicamente ricostruita tra Dublino e Barcellona.
Liam Neeson, alla fine, è un adorabile nonnetto. E a parte un paio di scazzottate accompagnate dall’inevitabile “sono troppo vecchio per questa roba”, non finge per un solo secondo di essere più giovane di quello che è. Il suo Marlowe è malinconico, crepuscolare, appesantito dagli anni; non ha più il minimo interesse per le donne (oltre all’età, può avere avuto un ruolo in questo il fatto di aver passato la vita a essere fregato da ogni singola donna che è entrata nel suo ufficio), in compenso ci sono un calore e un’empatia, nell’interpretazione di Neeson, che non ho mai visto in nessun altro attore alle prese con lo stesso personaggio. È un buon Marlowe? È un Marlowe.
La vera sorpresa però è Neil Jordan. Dopo 30 anni di film di cui non mi importava veramente un accidente mi sentivo pienamente in diritto di immaginarmelo fiacco, scolastico e noioso, mezzo rincoglionito e mezzo mummificato. E invece fiacco il cazzo, Jordan ha la mano fermissima, un controllo totale del set e riesce nell’impresa incredibile di rendere dinamico un film fatto praticamente solo di persone che parlano (una su Letterboxd l’ha definito “due ore di Liam Neeson che chiede a questo tizio se conosce quel tizio”: ho riso). Marlowe è un film pieno di scale, di strade, di corridoi, di punti da cui osservare altri punti: in cui l’azione si svolge spessissimo su più livelli di profondità e i personaggi si muovono anche quando sono fermi.
Non solo il set design è notevolissimo e, nei limiti del genere, mai banale (l’ho già detto che hanno ricostruito Hollywood a Barcellona?), ma Jordan sfrutta tutto lo spazio che ha disposizione dall’alto al basso, in lungo e in largo – una cosa che pochissimi hanno voglia di fare, vuoi anche per le ovvie limitazioni dettate dall’uso massiccio di green screen. Finisce che ogni dieci inquadrature ne infila una che è molto migliore dell’intero film.
Viene da chiedersi come sia possibile che sia stato un tale flop (appena 5 milioni al botteghino, che probabilmente non coprono il costo della color correction), ma a parte una distribuzione a singhiozzo e una promozione inesistente, credo sia quello che succede quando un film non ha ben chiaro chi sia il suo pubblico: Marlowe è contemporaneamente troppo moderno per i nostri padri e troppo vecchio per qualunque mio coetaneo non sia un flippato di noir. La cosa di cui la critica l’ha accusato più spesso è di essere “noioso” e magari sono permaloso io, ma mi sembra un po’ la reazione di chi non capisce cosa ha davanti quando un film non è né un action né un character study. È una detective story, che cazzo volete: c’è un tizio col cappello che fa domande e tira cazzotti finché non scopre quello che doveva scoprire.
Non è il genere di film che ti fa volare giù dalla poltrona, d’accordo. È una roba rigorosamente media, un po’ sfigata, e probabilmente gli unici a crederci davvero erano Jordan e Neeson. Ma fossero tutte così, le robe medie, sfigate e in cui non crede quasi nessuno, staremmo stappando lo spumante del Lidl. Come diceva qualcuno da qualche parte, it’s better than good: it’s good enough.
Dove cazzo l’hanno distribuito-quote:
“Philip Marlowe è qui per fare domande e tirare cazzotti. E non ha decisamente più l’età per tirare cazzotti.”
Quantum Tarantino, i400calci.com
“NOIRioso” é la crasi migliore, in effetti..
È comunque troppo letterario, per interessare chicchessia… SPIAZE, MA non esiste maniera coerente di apprezzare un personaggio come il Vecchio Filippo, senza aver mai letto Chandler.
É come dire che ci si reputi SherlockHolmesiani avendo visto quasi tutto il possibile trasposto su schermo ma mai letto una riga di Doyle..
Sig. Quantum grazie mille questo é uno dei pezzi piú divertenti che ho letto nell’ultimo anno. A differenza tua (sono PIU’ MEGLIO!) sono un lettore di Marlowe e anche nei romanzi mi trovo spiazzato dalle mille trame, mille possibili colpevoli ed una risoluzione del giallo che mai mi sognavo (o meglio, molto spesso individuo il killer ma non colgo i nessi ed i moventi). Sono un lettore “emotivo” e cosí come nel cinema non mi interessano le trame quanto l’atmosfera e le caratterizzazioni. Mi compro il bluray per direttissima.
Ma tempo fa non si vociferava di un remake di Una Pallottola Spuntata con Liam?
In favore di Jordan deve essere vistoTriplo gioco (The Good Thief) buon remake di Bob il giocatore del sommo Melville. Un peccato che non sia stato citato nell’articolo.
Gran recensione, molto divertente oltre che puntuale.
Per me e’ stata una bella sorpresa. Dal trailer mi aspettavo una roba senile e patinata, invece e’ un noir fatto come si deve, una versione di Marlowe che sembra voler integrare elementi da tutti i Marlowe passati, almeno quelli piu’ iconici, piu’ un chiaro debito con il tiro di LA Confidential. Neeson perfetto, anche se a volte sempre piu’ Mike Hammer che non Marlowe.
Il flop non mi sorprende, ma noi marlowiani possiamo dirci ancora una volta soddisfatti.
Mi aggrego alla sorpresa che si possa essere marlowiani senza mai aver letto nulla di Chandler. Dai che e’ uno scrittore ancora super-moderno, tutto nevrosi, caos e incertezza, sembra roba scritta ieri e che fila via in un attimo.
Felice che l’abbiate recensito e vi sia piaciuto. Ho comprato il blu-ray appena lo trovato sullo scaffale di uno dei pochi negozi che ancora li vende. Mi ha sorpreso. Non mi aspettavo niente di che per via dell’aria da dtv che si porta dietro, ma mi sono divertito. Si capisce che è fatto con il cuore al posto giusto (LOL).
Qualcuno si ricorda del film “DEAD MEN DON’T WEAR PLAID” con Steve Martin?
“Certo che ne diceva di stronzate Marlowe….”
Film meraviglioso! Oltre quale omaggio alla Hollywood che fu, anche come testimonianza di tutti gli operatore montatori caduti sul lavoro :-D
Ciao, leggo (da) sempre i400calci e non commento mai, oggi lo faccio perché è una di quelle rarissime volte che leggendo una recensione qua dentro mi viene da dire che: boh mi sa che ho visto un altro film, sinceramente.
Non per fare il purista o il fanatico, ma i romanzi di Chandler sono opere memorabili perché nell’intricato mescolarsi di personaggi e situazioni alla fine ti ricordi sì e no due nomi, ma da quella trama arzigogolata emerge una visione del mondo, uno sguardo, un’atmosfera che di fatto ha creato un genere (che è tanto cinematografico quanto letterario); cosa che in questo film (il romanzo apocrifo non l’ho letto, quindi non giudico), viene ripresa solo superficialmente, per cui alla fine Marlowe è solo un vecchio stronzo che va avanti grazie alla sua irrefrenabile voglia di stare sul cazzo al mondo e al suo cappello, e alla fine di tutta l’intricata faccenda non resta veramente nulla; per cui sì, da amante dei noir, l’ho trovato francamente noioso, anche perché i dialoghi non sono all’altezza, e men che meno lo sono i personaggi, che in un film del genere sono più o meno tutto; Liam Neeson riesce ad essere ancora più improbabile di quanto mi aspettassi, e qualche inquadratura interessante non salva una confezione da DTV girato svogliatamente. L’ho guardato con aspettative bassissime ed è comunque stata un’esperienza sofferta, e sono uno che sui noir si fa andare bene quasi tutto. Mi sono anche chiesto se magari non fossi prevenuto proprio per il nome in ballo, ma sono abbastanza persuaso che lo avrei trovato penoso anche se il protagonista si fosse chiamato Pinco Pallino, complessivamente ci ho visto veramente poco di salvabile.
Curiosità…dato che sei un cultore di Marlowe e del noir, come hai trovato “The Long Goodbye”? E’ l’unico film sul Marlowe che abbia mai visto, e lo trovo un capolavoro
Cultore magari, per lo più è roba che ho letto/visto anni fa e in maniera del tutto parziale. Però sono d’accordo con te nel ritenere The Long Goodbye un capolavoro: per me è esemplare di come tirare fuori un gran film da un grande romanzo, ovvero non facendone una trasposizione didascalica, ma riscrivendolo rispettandone però pienamente lo spirito. Quella del film di Altman è un’altra America, ma c’è lo stesso tappeto di sfacciata opulenza a nascondere marciume e decadenza; quello di Gould è un altro Marlowe, ma esprime la stessa postura, al contempo idealista e disillusa. È un film che riesce ad essere estremamente fedele al romanzo pur senza ricalcarlo, anzi, è proprio dove diverge dal testo che riesce a tradurre a nel linguaggio cinematografico, meglio di tante altre trasposizioni più aderenti, la visione, i personaggi e i luoghi (che per me sono tutti quasi sempre eminentemente contraddittori, a differenza di tanta narrativa e cinema posteriori che li hanno trasformati in maschere) tratteggiati da Chandler. Ribadisco che non ho letto il romanzo da cui è tratto, ma il protagonista di questo Marlowe per me non c’entra granché col personaggio chandleriano, e corrisponde più a un generico detective imbolsito da noir, ma vale anche per tutti gli altri personaggi, i dialoghi, e lo sviluppo della trama: è tutto molto piatto, manca di slancio. C’è una generica e posticcia atmosfera crepuscolare, dove un cliché con le gambe e il cappello si muove in mezzo a figure plastiche scolpite a martellate sbattendosi qua e là senza che alla fine se ne possa trarre alcunché di interessante. Ovviamente non mi aspettavo una roba alla Altman, ma piattume per piattume, mi sarei lasciato comprare più facilmente da una prova di manierismo, con scenografie e costumi più curati, dialoghi brillanti e un’ironia giocata meglio: sarebbe stato forse altrettanto insulso, ma almeno mi sarei divertito.
Sono cresciuta coi film noir – qua mi accendo una paglia ed esalo il fumo mentre parte il flashback: mentre le mie coetanee volevano sposare Simon LeBon in fremevo per Claudio G. Fava. Una perdente nata, come, mi pare, questo film, che non vedo l’ora di recuperare. In principio fu Humprey Bogart, libri li ho letti dopo, ma vanno letti, almeno Il grande sonno e Il falcone maltese – sì, per essere marlowiani bisogna leggere anche qualcosina di Dashiell Hammett (chi ha visto Canova vs Thorvaldsen capirà)
Sono arrivato a questo articolo come spinto dal vento caldo che arriva dal deserto. Di sicuro posso dire che non sono un intellettuale – non me lo posso permettere nel mio lavoro – ma i libri del genere non possono mancare sullo scaffale e vanno anche letti e riletti. Poodle Springs mi è piaciuto su carta che su cellulosa (per quanto) ma causa film di altissima caratura artistica e spessore culturale come i vari Fast & Furious e Bad Boys, certa utenza fa venire voglia di appendere il cappello al chiodo prima di proporre personaggi classici (o stravolgerli per appagare tossici da PlayStation e Twilight). Peccato, perché avevo visto un pilot con Jason O’Mara e Marlowe avrebbe potuto funzionare anche su una Crown Vic e non solo su una Plymouth Coupé del ’38.
Quantum, una prece: la citazione in chiusura di pezzo (pezzone) è da Community o devo risalire ancora più indietro?
>> “È una detective story, che cazzo volete”
apparentemente la risposta è “gli effettini del cazzo a schermo e gli SWIISH SWOOOSH FIUMMM ZUMMM a muzzo” come (quella cacata di) Sherlock, li mortacci loro.
Questo me lo vedo!
pensavo molto peggio…lo metto al pari del film del lione cattivissimo che ho appena visto su cieloapagamento…niente di memorabile ma con una dignità che gli impedisce di gettarsi subito nel cestone.