Una delle cose che più mi fanno impazzire dei famigerati Titolisti Italiani™ è quando decidono, così, debbotto, che ci sarà un tema ricorrente nei sottotitoli senza senso di una saga. Tipo quando hanno deciso che in ogni sottotitolo di Die Hard ci sarebbe stata la parola “morire”. Nella saga di The Equalizer, la parolina magica è “senza”.
Il secondo si intitolava The Equalizer 2 – Senza perdono, un sottotitolo che francamente non ho mai capito: cosa perdono? Chi? Misteri irrisolti. Per fortuna che stavolta i Titolisti Italiani™ hanno scelto una strada già battuta da altri Titolisti Italiani™, sottotitolando The Equalizer 3 “Senza tregua”! Come quel film là, quello con Van Damme che fa i calci volanti dalle selle delle motorette! Sì, quello là che in originale si intitolava “Bersaglio duro”. Perché almeno su una cosa possiamo tutti essere d’accordo: i film di The Equalizer, ma anche quelli con Van Damme, raramente finiscono che c’è una tregua con i cattivi. Sigla!
Ora, io, come ho già detto svariate volte su queste pagine, sono una persona semplice. Mentre guardavo The Equalizer 3, detto anche The Equaliz3r – Senza 3gua e L’equalizzaTre, pensavo: anvedi un po’ che tutti lo stanno stroncando ‘sto film, e invece a me non mi sembra poi così male. La situazione è sempre un po’ la stessa: c’è Robert McCall (Denzel Washington being Denzel Washington: seriamente, secondo me lui è così anche nella vita reale e il povero John David ha lo sguardo da triglia tipico del figlio che non ha mai potuto guardare negli occhi il padre e lo ha sempre dovuto chiamare “Signore”) che decide di avere abbastanza tempo libero da recarsi in Siciliampania, una crasi di Sicilia e Campania che esiste solo nella mente degli sceneggiatori e registi hollywoodiani, per sgominare tutto un giro di troca/speculazioni edilizie in mano alla Mafiorra (…avete capito). I cattivi sono numerosi, fanno bruttissimo, c’hanno più tatuaggi di un’edizione di Sanremo ed escono dritti dritti dagli scarti dei casting di Gomorra. Robert – detto “Robberto”, con due “b” e una lacrimuccia a ricordare il Robberto nazionale che camminava sulle poltroncine – è solo, un po’ acciaccato, insospettabile. Eppure guarda i farabutti (che bella parola “farabutto”, dovrei usarla più spesso) direttamente negli occhi, e quelli si cagano sotto. E, ovviamente, entro la fine li ammazza tutti, uno per uno, con la stessa disinvoltura con cui darebbe scacco matto a un amico pensionato nel parchetto dietro casa.
E io ero lì, pronto. Mi pregustavo il momento dello scacco matto sfregandomi le mani, perché in fondo è questo che ci attira ogni volta a vedere un film di The Equalizer, no? Il momento in cui Denzel fa partire un timer a caso e fa rimangiare a tutti i gangster quel sorrisetto di merda.
Per quello ero disposto a passare sopra a tutto, da una trama confusa e messa insieme con lo sputo, incoerente e indecisa su che strada intraprendere, alla solita vagonata di luoghi comuni sul Sud Italia, un regno magico fatto di paesini arroccati su promontori, in cui le vecchine ti trattano come loro nipote nonostante tu abbia visibilmente settant’anni, nell’aria si spandono le note del Nessun dorma stile muezzin, si mangiabbene (il kebab, a quanto pare, in uno dei massimi maccosa del film) e i gangster dicono cose come “Sta’ senza penzieri” (giuro, succede). Ero anche disposto a passare sopra a una babele di accenti dettata chiaramente dal fottesega americano. Comprensibile – uno spettatore estero non si accorgerà mai che il fratello del cattivo principale, napoletano, parla calabrese –, eppure nondimeno fastidioso.
Fin qui, mi viene da dire, tutto bene. Niente di eclatante, ma il film procede spedito, mette tutte le pedine al loro posto e crea aspettative con il giusto mestiere. Peccato che poi, quando il momento che tutti aspettavano arriva, si concluda tutto in fretta e furia, con una faciloneria inusitata. Robert McCall non è più solo il vendicatore della porta accanto: è diventato un supereroe con la DOC, una specie di imbattibile angelo della morte che, nonostante l’età, non sbaglia un colpo, non ha mai paura, non rischia mai davvero la pelle. È John Wick senza il gun-fu, praticamente. E, sì, lo so che è sempre stato così, più o meno, ma nei due film precedenti la sensazione che qualcosa potesse andare storto c’era sempre, o per lo meno c’era la voglia di mettere in scena dei confronti finali più complessi e imprevedibili, ma soprattutto soddisfacenti. Qui, parafrasando Casanova nella sua recensione di Justice League, alla fine succede che Robert McCall vince. Tutto si risolve a tarallucci e vino, in un paio di scene rapidissime in cui proprio non c’è storia: i cattivi hanno da mori’ e il bene da trionfa’. Non fosse per la violenza davvero copiosa e sopra le righe (una ragazza, accanto a me nella sala, si è tappata gli occhi per tutto il tempo al grido di “Che film schifoso”), sembrerebbe di trovarsi di fronte a un lungo episodio di Don Matteo, o una qualunque fiction di prima serata, in cui tutto deve per forza andare a finire nel migliore dei modi, con tanto di paesello in festa e tutti che si scambiano sorridenti sguardi d’intesa. Ci manca praticamente solo il fermo immagine finale sui titoli di coda.
Se poi vogliamo metterla sulla reunion di Man on Fire, spiaze dire che Dakota Fanning ha una particina abbastanza irrisoria e veramente poca roba da fare. Per dire, Remo Girone ha decisamente un ruolo più importante, come spalla del protagonista, rispetto a lei. E fa del suo meglio da consumato professionista quale è.
È comunque curioso e, se vogliamo, coraggioso che Antoine Fuqua abbia girato un film con così tante parti in italiano. Io l’ho visto purtroppo doppiato, ma si capisce lo stesso dove gli attori stanno effettivamente parlando italiano in presa diretta, ed è una porzione bella grossa da vedere sottotitolata per un americano. Quindi, in un certo senso, chapeau. Peccato che non sia una ragione sufficiente per promuovere un film che ci adesca con il solito setup ben collaudato, ma si dimentica del payoff.
VHS in allegato a Lo Specchio quote:
“Senza dubbio il peggiore dei tre”
George Rohmer, i400Calci.com
Bella recensione, George: fa ridere.
Però non sfrangermi i coglioni con ‘sta storia che ho settant’anni e (implicitamente) non sarei in grado di spaccare culi come a venti.
RICORDA di chi stai parlando: sono Denzel Fottuto Washington (già Alonzo Harris) e “più non dimandare”.
Ma questo e’ davvero il regista di Training Day?
Se si’, qualcuno mi spiega dove e’ andato a finire?
No, perche’ mi pare che Fave di Fuqua (vedendo gli ultimi risultati) non ne stia imbroccando piu’ manco mezza.
Rivedere Denzel e la Fanning mi fa subito pensare al capolavoro del TONY, ma a questo punto sospetto pure un ignobile tentativo di marchetta postuma.
La cosa che davvero rendeva speciale “training day” era la sceneggiatura più che la regia
A pelle, l’abilità di Fuqa come regista è saper valorizzare il testo che ha. Il copione di “training day” aveva una qualità, i vari “Equalizer” un’altra, e anche altalenante, se chiedete a me.
Già il secondo con McCall mi pareva inferiore al primo, anche e soprattutto per lo scontro finale (un poco logo)
Qui mi dite che è anche peggio… allora mi sa che il biglietto lo prendo per “Caos mutante”
Adoro “Man on fire”, ma devo ammettere che anche a me della riunione importa poco.
Di quel periodo voglio ricordare anche “Out of time”, inferiore ma pregevole
Io mi sò divertito anche con questo, pretendete sempre troppo aò, ormai non vi divertite più con niente.
O come scrivono su Prime Video: Die Hard un “buongiorno” per morire.
“Senza” ritegno.
Ma uno dei titoli originali, mi pare del 4 (accettabile) o del 5 (che non deve esistere) era proprio “A Good Day to Die Hard”
Good Day è il quinto, il 4 è Live Free or Die Hard perché era un periodo dove volevano patriottismo
Mi sembra una recensione un po’ “ingrata”…e’ un film più asciutto e meno coreografato dei precedenti che cerca di approfondire maggiormente il lato drammatico…io mi sono divertito e ho apprezzato il fatto che, a differenza di John Wick, il nostro Roberto non abbia affrontato tutti i mandamenti della nostra penisola ma solo una piccola famiglia camorrista…
“The Equalizer 3 – Parametrico”
[ba-dum-tssss]
“un film con alti (, medi) e bassi”
Ma perché… il finale dove diventa un ultrá?
E remo che si autodoppia degno di enrico ghezzi?
Rece in stato di grazia (certo che anche gli sceneggiatori qui, alzano palle altissime)!
Recensione fantastica!
A sangue freddo anch’io avevo denigrato il film rispetto agli ottimi precedenti (soprattutto il primo), poi mi sono tornate in mente le poche frasi davvero azzeccate che danno tono al racconto e profondità al protagonista.
É vero XD c’é molto “Don Matteo” nella pellicola e avrai preferito un ritmo più intenso, ma tutto sommato nemmeno troppo male, bensì coerente.
Sta cosa che il boss parla napoletano e il fratello calabrese non si può sentire. Ma il direttore del doppiaggio che caxxo ci sta a fare?
Ma il farabutto faràbrutto??
Ma il 75% di critica e 94% di pubblico su RT da dove vengono? Io ne ho solo sentito parlar male
Visto in lingua originale e ho apprezzato che fosse di fatto al 70% italiano.
Anche Denzel se la cava; il problema dialetto sarà colpa di qualche raccomandato assoldato dalla produzione che ha gestito così male la cosa… per il resto… migliore del secondo e si, il kebab ormai è tipico..
film inspiegabile dall’ inizio alla fine…foqua..porquà?