Non sembra ma The Killer ha l’obiettivo di distruggere i film con sicari. Ne presenta uno serio, non uno da parodia o da commedia, un professionista tipico di questo tipo di storie. E nel raccontare la più classica delle trame (ha sbagliato > ora lo vogliono morto -> hanno quasi ucciso la sua fidanzata -> “Now it’s personal” -> dovrà ucciderli tutti lui prima che lo trovino) ne distrugge le premesse e il protagonista stesso, cioè mina proprio il senso ultimo di questi film su uomini duri e tutti di un pezzo in un mondo pericoloso. E lo fa in maniere poi non troppo diverse da come faceva Soderbergh in Knockout, solo con il tempo moderno al posto di una donna che mena come un fabbro.
Tutta la prima scena di The Killer, quella in cui il protagonista aspetta e aspetta e aspetta dentro un palazzo in costruzione, dormendo su un tavolo di legno scarno, attendendo con il fucile puntato il momento che gli servirà, è una specie di celebrazione della mente allenata e il corpo in salute, lo yoga, la tranquillità, la musica degli Smiths in cuffia. Michael Fassbender (che dopo Prometheus, Alien Covenant e Shame ha conseguito un diploma di abilitazione alla recitazione dei personaggi vuoti, senza emozioni) incarna una specie di ideale di perfezione razionalista, capace di dominare il proprio corpo attraverso una concentrazione fuori dal comune nei confronti del suo obiettivo. Quando arriva il momento atteso, un uomo entra nella camera di hotel che lui sta osservando con il mirino telescopico del suo fucile, il killer prende la mira, spara e sbaglia. Colpisce la escort e non la vittima. È stato scoperto. Mette tutto via di corsa e scappa.
Ha passato almeno 5 minuti buoni a elencare il suo codice, le regole che deve seguire per non fallire, tutto ciò che gli è necessario per essere efficace ed efficiente e ora ha sbagliato e con la stessa precisione e conoscenza, con la stessa forma di organizzazione trova il motorino che aveva predisposto, si disfa del casco quando è scappato e scompare. Peccato sia una sega. Cioè ha fatto tutto sto casino, ci ha ammorbato con le sue regole e ha sbagliato come un principiante. Da quel momento in poi lungo tutto il film continuerà ad avere la voce fuoricampo e il rigore ma ogni regola verrà disattesa, ogni punto del codice sarà sbagliato e nonostante farà fuori effettivamente molte delle persone che deve uccidere, lo farà sempre facendo il contrario di quel che dice la sua voce narrante con una serietà inscalfibile.
Slegato da tutto, da una morale, dalla coerenza e dalla società (ma cos’è la casa in cui vive, lo stereotipo di uno sfondo tropicale per Windows? Chi è la donna cui tiene tanto? Non si sa, non la conosciamo e lui nemmeno sembra esserne troppo preso) il killer di The Killer è protagonista di un film che è solo caccia e omicidio, non c’è altra trama che non sia il susseguirsi di una serie di piani eseguiti per ammazzare qualcuno. In questo è praticamente perfetto, pura azione con una narrazione infilata nelle pieghe degli omicidi, delle colluttazioni violente e delle fughe. Il primo omicidio come detto è quello fallimentare che rende necessari gli altri, mentre i successivi saranno uno dopo l’altro l’eliminazione delle persone che potrebbero minacciarlo. E sono sempre migliori del protagonista, sempre più interessanti, più umani e con una storia che pare migliore della sua. Ma il film è con lui, il personaggio peggiore, e non con loro.
È facile arrivare alla fine di The Killer e pensare che una vera trama non ci sia, che sia solo un esercizio nella suspense e nella tensione (e una maniera per usare musiche degli Smiths il più possibile) ma è anche evidente come in questi viaggi, in questi piani, nei travestimenti e nella vita che deve fare il killer per raggiungere i suoi obiettivi c’è un campionario di come si viva oggi, dell’esperienza di essere una persona con un obiettivo nel mondo moderno, tra prenotazioni online, pacchi da ritirare, voli low cost, hotel, disconnessione dal resto della società e una strana forma di cosmopolitismo.
Che in tutto questo il film sia asciuttissimo, dritto come una spada e diretto con la consueta maniacale esattezza di Fincher non fa che accrescere il senso di estraneità dal resto della società di questa persona, un uomo occidentale nel mondo postpandemico che sembra scollato da tutto, illuso di avere il controllo attraverso le regole che poi però disattende e in realtà in balia di altri, attaccato ad altre aziende, dipendente da tutta una rete di servizi dietro i quali si nasconde per sembrare uno dei tanti, uno dei molti, anonimo e invisibile, con una facilità che non lo fa sembrare nemmeno un lavoro. Di Frank Costello faccia d’angelo ha il costante movimento e il silenzio (del personaggio, non della sua voce fuori campo) ma non il mondo disperato che pare condizionato dalla sua presenza malinconia. Anzi!
Questo non è più il killer dal fascino proibito e maledetto, è uno scemo come tanti che pensa di usare il mondo e i suoi servizi e invece ne è usato.
Dvd-quote suggerita:
“Una serie di omicidi uno dopo l’altro. Ci sto!”
Jackie Lang, i400calci.com
la voce fuori campo mi ha ricordato per noia e stronzate dette quella di Ad Astra col Brad…il film ovviamente si lascia vedere ma resterà un quasi cestone Netflix per quanto è dimenticabile
Il film di Fincher è un film di altri tempi, molto lontano dal gusto attuale con killer implacabili alla John Wick, appartiene al filone degli anni ’70, e rimanda a film come Scorpio, e giustamente a Professione assassino. Ma quanto sono grandiosi i primi trenta minuti del film con Bronson? Dopo aver visto The killer sono dovuto di corsa andare a rivederlo per verificare se erano davvero buoni come me li ricordavo, e spoiler, il film resta ancora un caposaldo del genere.
Chiaramente Fincher aveva in mente quelle atmosfere asciutte e minimali quando ha girato il suo film con un protagonista che elenca pedissequamente delle regole che non rispetta. In realtà è un uomo vuoto, è come se non esistesse, come i suoi vestiti pastello e anonimi da turista tedesco. Bronson costruiva una relazione inesistente nel suo film per dare un po’ di senso alla sua vita solitaria, Fassbender si crea un’illusione in un posto da cartolina, arredato anonimamente e con gusto con una donna bella che chiaramente non ama.
Potrebbe semplicemente scomparire, come giustamente si aspettavano i suoi committenti. Perché allora non lo fa? Perché oramai non ha davvero più un istinto di conservazione, un desiderio, qualcuno da proteggere. Fa quello che fa perché è un impiegato che risponde con automatismi a stimoli esterni.
Vogliamo parlare del finale di Bronson? Altri cinque minuti fantastici. Il finale di Fincher? Uhm… un po’ deludente, ma al netto di tutto un film comunque da vedere. Le musiche degli Smiths sempre grandiose.
Tutto molto bello sia il film che la recensione, con la quale concordo in linea generale (anche a me ha ricordato tantissimo, per l’atrmosfera generale e qualche accenno di trama “Le Samourai”, il titolo italiano mi fa cagare), a parte un particolare. Lui non sbaglia l’omicidio iniziale perchè è una sega, lo sbaglia per pura sfiga (la escort/dominatrice che passa davanti al bersaglio ESATTAMENTE nel momento in cui lui preme il grilletto). E riesce a gestire l’immediatezza, cioè la fuga, proprio perchè era preparato, perchè, come lui stesso ammette, non è un genio, ha successo “solo” perchè è una persona molto meticolosa, quindi ci sta che prima o poi un imprevisto accada. Poi certo, da quel momento parte la completa decostruzione del personaggio, che termina nel finale, del quale parlo dopo la linea dello spoiler:
[SPOILER]
:
:
perchè dopo aver ucciso tutti quelli che avevano anche solo di striscio a che fare con i tentativi di ucciderlo, a partire dal tassista che come unica colpa aveva quella di aver portato per una corsa quelli che volevano farlo fuori, lascia in vita proprio il mandante? Certo, perchè lo convince del fatto che in realtà lui non lo voleva morto, ma anche e soprattutto perchè ormai è un’altra persona, non ragione ed agisce più come prima. Fosse stato quello dell’inizio del film lo avrebbe fatto fuori comunque, tanto per stare sicuri.
[/SPOILER]
@GGJJ: il primo omicidio lo sbaglia perché è una sega. Un killer serio legge i movimenti abbastanza da non premere il grilletto proprio quando uno scatto improvviso di lei potrebbe mettersi in mezzo. Faccio questi ragionamenti persino io nei videogiochi, e io sono una pippa ai videogiochi…
SPOILER
Non sono completamente d’accordo sul finale. Lo dice la voce narrante in avvio della scena, il motivo per cui lo lascia in vita: far fuori uno in quella posizione è molto più rischioso che far fuori un tassista a caso, perché la polizia su un omicidio del genere indaga seriamente. E quindi il calcolo è che sia meno rischioso lasciarlo in vita terrorizzato.
Tra l’altro, non penso sia nemmeno casuale il fatto che l’unica persona che lascia in vita è (arguably) la peggiore di tutte, l’1% che aveva commissionato l’omicidio e che ha dato l’OK per la punizione perché “Sì, boh, se mi dite che si fa così”. E un completo imbecille, oltretutto. Perché in fondo il personaggio di Fassbender è una merda lui per primo, infilato in racconto in cui si tifa per l’antieroe ma caratterizzato come uno che ha zero empatia per i poveracci qualunque che pregano per la propria vita. E alla fine con la voce narrante prova pure a sostenere di non essere un riccone privilegiato mentre si gode il sole nella villa comprata coi milioni fatti ammazzando gente e di fianco la tipa il cui primo pensiero quando lo vede è dirgli che non ha parlato. :D
(Poi, volendo, se vogliamo credere che non ammazzi il riccone per improvvisa botta di empatia, tutto sommato è coerente: ha empatia per quello lì, mica per la madre di famiglia.)
@Nanni Cobretti
Mi permetta condividere, signor Cobretti, il mio personale record a Battlefield-Hardline:
kills: 57
deaths: 2
@VandalSavage: sai che Battlefield Hardline l’ho trovato abbastanza ripetitivo e mi sono sempre annoiato intorno al quarto livello? Ma ci riprovo.
La campagna è pessima: non perderci i tempo.
Se ancora non l’hai fatto, gioca subito a RESIDENT EVIL : VILLAGE.
@Nanni: rispetto l’opinione ma non la condivido, in quella situazione lui aveva già passato non poco tempo a cercare di avere una buona occasione ma per un motivo o per l’altro (il bersaglio passa dietro la tenda o la colonna, qualcuno si mette in mezzo etc.) non ce l’aveva avuta, era la prima volta che il bersaglio si trovava nella stanza da giorni e chissà se e quando sarebbe ricapitato. Per cui secondo me ci sta che nel momento in cui ha visuale spara, secondo me ha semplicemente fatto il ragionamento (condivisibile) o ora o forse mai più. E gli ha detto male: quello è un lavoro nel quale una componente d’imponderabilità c’è per forza.
Una cosa mi dà un sacco fastidio (e che secondo me prova la teoria che lui è una pippa): capisco che si metta in mezzo la escort e che lui uccida lei al posto del bersaglio… ma cosa gli impedisce di ripremere il grilletto e seccare comunque il riccone vizioso, dato che lui è lì urlante e innaffiato di sangue e non va da nessuna parte? Tipo, quando The Jackal fallisce il primo colpo alla First Lady, esita tipo 5 secondi e poi mitraglia senza pietà il palco. Sei un cecchino, spara, no? O è come le missioni di Hitman, secondo cui se massacri tutti hai comunque fallito perché hai fatto troppo casino?
Fortunatamente sono riuscito a guardarlo al cinema.
Secondo me è uno di quei film che cresce nel giudizio dopo averlo visto, ripensandoci un po’ su.
Soprattutto leggendo molte recensioni veramente ridicole che si trovano in giro e che lo accusano di essere un film freddo e privo di empatia: IMBECILLI, CERTO CHE È FREDDO E PRIVO DI EMPATIA, È UN FILM SU UN KILLER PROFESSIONISTA.
Che poi alla fine l’empatia nascosta (molto nascosta) in realtà c’è.
Il finale volutamente anti-climatico rientra pienamente nel gioco.
Fassbender perfetto
P.S.; Dimenticavo, il combattimento nell’appartamento direi che si candida prepotentemente a vincere il Sylvester.
Lunghissimo, estenuante, alla fine anche lo spettatore si sente la stanchezza addosso
Che buffo. Da qualche tempo sembra che tutto nel mondo sia empatico e resiliente
“…serio, non uno da parodia o da commedia…”
“…il film continuerà ad avere la voce fuoricampo e il rigore ma ogni regola verrà disattesa, ogni punto del codice sarà sbagliato…”
Non ho capito come questi due enunciati possano essere veri contemporaneamente. Quasi quasi lo guardo solo per capire come fa a non essere un remake di Una Pallottola Spuntata.
Lo vedrò ma non mi aspetterò molto. Peccato perché mi piace molto il fumetto da cui è tratto: The Killer di Matz e Jacamon. Interessante che non stiano mai dicendo che è tratto da un fumetto, nei bei tempi andati sarebbe stata la prima cosa da dire facendo marketing. E’ anche vero che il fumetto non è molto famoso.
Non so se aiuta a capire meglio il personaggio, ma nei fumetti lui diventa un killer quasi per caso. Si fa pagare due lire per uccidere uno all’università, gli va bene e inizia piano piano a farne una carriera. Non è un ex-militare, spia o chissà che cosa, è uno che è quasi capitato per caso in questa linea lavorativa.
Pensa un pò: potevo essere io se non possedessi un codice etico.
Caro vandal savage ma che commento è?? Comunque con i se e i ma non si conclude nulla. Bob
Il commento di un mitomane.
O no?
😉
“Questo non è più il killer dal fascino proibito e maledetto, è uno scemo come tanti che pensa di usare il mondo e i suoi servizi e invece ne è usato.”
Ecco, penso sia un perfetto riassunto di questo film (ottima rece Jackie). La cosa che mi ha colpito di più è appunto che ogni cosa è spersonalizzata, ridotta a dati e numeri e in cui i marchi dominano e permettono ogni cosa, togliendo tutta l’eccitazione. Tutto porta a un distacco razionale che in realtà è pura sociopatia (fingere di essere come gli altri).
Tutto il viaggio del killer è un tentativo di tornare alla sociopatia: sbaglia come un fesso, inizia a dubitare e quindi a provare emozioni, deve uccidere tutti per eliminare ogni ragione di un sentimento personale ma per andare avanti nel suo piano deve sempre tradire il suo codice. Anche le sue vittime sono puramente stereotipi (l’avvocato criminale, il florida man, la killer ricca e altolocata) però loro qualcosa di umano ce l’hanno ancora.
E il tic alla fine fa capire che nonostante tutto, il babbeo non ha risolto il conflitto tra il suo essere umano e il suo non volerlo essere.
Forse per tutti questi motivi, il film, che mi è piaciuto molto ma a tratti rimane “solo” un ottimo esercizio di stile (buono ma non tra i migliori di Fincher) mi sembra un seguito/risposta a Fight Club: dopo vent’anni, i loghi hanno vinto e non c’è più rabbia, solo desiderio di confondersi tra gli ingranaggi. Prima ci sentivamo castrati e diventavano terroristi, adesso siamo annoiati e indifferenti a tutto. Dovremmo dare più credito alla vena satirica di Fincher.
Condivido e trovo ottima la tua riflessione relativa ai brand su cui Fincher si concentra ossessivamente dopo averli demoliti (letteralmente) all’epoca di Fight Club
In questo senso ho trovato irresistibile il fatto che il killer professionista ad un certo punto citi “Affari al buio”.
Non l’ho ancora visto, ne’ mi attraeva granché, non fosse per la regia di Fincher che personalmente adoro (eccezion fatta per Mindhunter, ma per colpa dei protagonisti verso i quali provo una repulsione viscerale).
Se dovesse restituirmi il mood (a mio parere inarrivabile) di The Girlfriend Experience, col quale potrebbe aver molto in comune, mi piacerà di sicuro.
TGE però era di Soderbergh, no? Oppure mi confondo e mi sono perso qualcosa di Fincher là in mezzo?
Cazzo, hai ragione.
A me pare sia il terzo film che conferma un trend al ribasso per Fincher. Sicuramente meglio questo di quell’accozzaglia di assurdità di Gone Girl e a quella palla assurda e inutile di Mank ma siamo lontani dal suo livello medio.
Per me Gone Girl è un capolavoro.
E’ un film totalmente inversimile scritto da un ubriaco… ma ovviamente degustibus
Gone Girl film incredibile, non scherziamo
Gone Girl grand film, Mank delusione totale
per quel che conta Gone Girl molto piaciuto…Mank addormentato mille volte e mai finito.
Gone Girl è un filmone!
E’ inverosimile? Certo che è inverosimile, come lo è questo, come lo era “Fight Club” ed un sacco di capolavori della storia del cinema.
La legge di sospensione dell’incredulità, questa sconosciuta. Il Cinema ci dice da sempre concedimi tanto e ti darò tanto. Gone Girl non è in grado di soddisfare questa legge o per lo meno non è stato in grado di farlo con me.
Ecco, come avrai capito è la seconda che hai detto. Ed ovviamente su questo non si può discutere.
Non ho capito da cosa avrei dovuto capirlo ma possiamo anche chiuderla qui in sernità.
Ci sono alcuni elementi che mi fanno pensare a Diario di un killer sentimentale di Luis Sepulveda. Il killer senza nome narratore/voce fuori campo, il fatto che combini un sacco di casini, il suo credersela tantissimo.
Dal titolo e anche dalla pubblicità mi aspettavo un leon o un john whick invece è shame noioso molto noioso bob
Be’, Fincher è stato onesto. All’inizio del film fa dire al suo protagonista “se non riesci a sopportare la noia questo lavoro non fa per te”.
Il trailer su Spotify è uno dei più indecenti che io abbia mai sentito
Fincher deve aver visto Fantozzi, altrimenti non si spiega.
Il protagonista, umile impiegato di un’agenzia dove tutti sonopiù fighi di lui, compresa la matura segretaria, viene mandato da solo a fare un lavoro che richiederebbe minimo due persone, meglio quattro, se l’azienda non avesse tagliato il costo del lavoro. Non voglio discutere se il protagonista è una sega o no, non è questo il punto. Il punto è che è intrappolato in un mondo del lavoro omicida, con figure apicali intoccabili. All’inizio è tutto “io sò io e voi nun siete un cazzo” alla fine ammette di essere un coglione. Infatti continua a vivere nella solita villa, senza considerare che il miliardario che non ha ucciso potrebbe comunque ritrovarlo. Magari Fincher vuole farne degli altri.
Sperem
Ero partito con aspettative medie , e nonostante questo devo dire che mi ha deluso e anche un po’ annoiato…
Grazie per la recensione che mi ha offerto qualche punto di vista e chiave di lettura in più che un minimo me lo fa rivalutare…
E’ affascinante notare che, quanto piu’ un film e’ sciatto e dimenticabile, ci si debba affannare a trovarne significati reconditi, interpretazioni argute, metafore sempre piu’ spericolate.
A me e’ sembrato l’archetipo di film alimentare, sia da parte di Fincher che di Fassbender, probabilmente per pagare i mutui delle rispettive ville a Santo Domingo, analoghe, in termini di lusso, a quella in cui si rilassa il protagonista tra un lavoro e l’altro.
E’ dunque raffinata metacinematografia? Forse una allegoria del regista che uccide il mercato cinematografico quando diventa mero esecutore al soldo delle major rinunciando al proprio estro? Vogliamo azzardare altre stupidaggini per continuare il giochino intellettuale?
Se l’intento era smitizzare la figura del killer, tipo impiegato del catasto del crimine, ma il risultato finale e’ involontariamente comico, invece di essere drammatico, significa che qualcosa non ha funzionato a livello di scrittura – meglio, di adattamento del materiale originale – o di messa in scena.
L’inizio e’ interminabile, la fuga in motoretta dopo l’errore e’ esilarante, altro che tensione da respiro alla Darth Vader, con l’inseguimento del cane si rasenta poi Benny Hill. E’ grottescamente voluto? Tuttavia sembra solo scadente regia di chi pare aver dimenticato le basi del mestiere: show, don’t tell.
Infatti Fassbender e’ (era) il migliore sulla piazza perche’ lo dice il suo training autogeno e lo confermano capo e colleghi, ma in realta’ non lo si vede mai, a parte quando uccide avversari disarmati, presi di sorpresa o, in modo vile, un tassista che stava solo cercando di sbarcare il lunario Altra metafora del regista che non puo’ dire di no ad una ricca offerta pur pagandone il prezzo in termini di credibilita’ artistica?.
L’unico momento straniante del film e’ l’inaspettato product placement di Amazon, teorico concorrente di Netflix nel mercato della produzione streaming e che, a differenza della povera escort, ha saputo schivare il proiettile.
> Se l’intento era smitizzare la figura del killer, tipo impiegato del catasto del crimine, ma il risultato finale e’ involontariamente comico
Non capisco perché smitizzare un personaggio serio non possa essere una cosa comica. A me sembra che il film abbia più di un tocco ironico volontario e coerente. Pensa a Fight Club, come già dice qualcuno in un altro commento.
Non ho capito se ti è piaciuto o no.
no dai capo supremo …tocco ironico volontario e coerente esattamente quando? concordo più sull’involontario e quindi, per il mood del film, incoerente…poi vabbè non andrei troppo oltre sulla profondità di un film che è poco più che passabile, per quanto sicuramente non “brutto”.
Beh insomma, “schivare il proiettile” mica tanto, visto che è uno dei film più visti su Netflix.
A parte questo, noto che tu e parecchi altri che commentano il film criticate tantissimo l’omicidio del tassista. Da questo secondo me si capisce che vi aspettavate un film completamente diverso (molti citano John Wick, onestamente chi si aspettava un John Wick credo non abbia mai visto un film di Fincher)
Era risposta a Lorenzo Pigiamas
da questo si capisce …. e perché mai? a me ha lasciato indifferente ma anche senza aspettative il comportamento del protagonista è altalenante…se è voluto come sembra l’effetto straniante è giustificato…non vedo nessi con John Wick.
@mereghetti certamente, ma non sto dicendo che il film debba piacere per forza, sappiamo tutti che i gusti sono soggettivi ecc. ecc., dico che nei commenti e nelle recensioni leggo tantissima gente che si aspettava un killer-movie classico con lui che si riscopre buono e comincia ad uccidere i cattivi per vendetta.
Una roba che da Fincher, uno che ha sempre ritratto personaggi mai del tutto bianchi o neri, io non mi aspettavo di certo.
E infatti Fassbender mica diventa buono, come dimostra l’assassinio del tassista. Se molti non lo accettano vuol dire che Fincher (a cui piace sfidare il pubblico) ha centrato l’obiettivo
infatti l’indifferente era relativo all’eliminazione del tassista..che tra l’altro nell’economia emotiva del film insomma… non ha neanche tutto questo gran peso. E’ un film con trama e personaggi già visti con un attore e un regista che hanno una loro personalità a trainare (trascinare?) il film..se togli Fassbender resta poca roba di cui parlare, Fincher o non Fincher (per me).
ma l’agenzia dei killer là è un’agenzia interinale? boh, tante chiacchiere ma alla fine uno che sa lavorare non si trova.
Pure quelli che SPOILER? devono ammazzargli la donna, manco loro sanno fare il loro mestiere FINE SPOILER?
lui invece con il suo codice deontologico ripetuto a sé stesso a manetta pare me la domenica notte prima di dormire che mi dico che da domani niente kebab, no sigarette, no gratta e vnci e invece
Mah! L’omicidio del tassista è così gratuito. Cosa vorrebbe esprimere? Gelo impersonale e spietato? Io ci ho visto solo insensatezza.
Mi scuso per lo spoiler del tassista, mi pare fosse stato già rivelato qualche commento più su ma se necessario cancellate.
Comunque il film conferma il fatto che se ti piacciono gli Smiths tendenzialmente sei uno psicopatico…
Visto ieri sera e devo dire che anche a me è piaciuto…
(qualche piccolissimo SPOILER)
a parte la scena iniziale e il dialogo con “l’esperta” che forse erano un pelo troppo allungate, per il resto film senza un minuto di troppo e per me godibilissimo, al di sopra di moltissima roba vista su Netflix.
Anche io avevo creduto a un ennesimo clone di John Wick ma in effetti è proprio l’opposto: laddove il buon Keanu parla poco e risulta praticamente invincibile, Fassbender parla un sacco (con se stesso per lo meno) ma sembra davvero fuori posto come un impiegato del catasto… poi questo contrasto tra la sua apparente calma e lo sclero che evidentemente gli sale dentro (quando si toglie lo smartwatch perché le pulsazioni non sono sotto ai 60 come dovrebbero) a me ha divertito, così come il “product placement” di tutti quei negozi, servizi e prodotti che ognuno di noi potrebbe comprare per fare quel “lavoro”, le pillole per dormire usate per il cane e il whisky per la molotov, amazon per il lettore di carte ecc ecc… non c’è un hotel esclusivissimo dove si possono comprare armi esclusivissime e giacche in kevlar, ma un tizio all’angolo che vende pistole di contrabbando come a un qualsiasi teppista.
Io credo che l’idea vincente del film di Fincher sia questa “umanizzazione” del killer che non è spietato, semplicemente fa il suo lavoro al meglio possibile come ognuno di noi.
Poi mi unisco alla candidatura del combattimento nel tinello ai Sylvester, veramente realistico e violento, in un film che di azione “vera” ne ha poi poca in effetti.
Guardo il film con mia moglie. Dopo i primi dieci minuti di voce fuori campo e attesa in appartamento, lei:
“Ma è tutto il film così?”
“Speriamo!”
Io ho capito che al cinema è sempre meglio
Però (c’è un però) non questa volta. Almeno non tutta questa volta: mi ha fatto sorridere la serie di identità false che cita tra gli altri Howard Cunningham
CHE SIA TUTTO UN GRANDE META E LO SCOPRIAMO POCO A POCO… ? Mah
Sono d’accordo con chi vuole vedere ai Sylvester il grande saccagnamento stile Atomic Blonde che affatica, è vero, ma non come il resto del film
Forti del contratto in esclusiva con Fincher, non mi stupirei se gli executive di Netflix abbiano fatto un discorso del tipo “Ok David, hai diretto il tuo film d’autore in bianco e nero, ora però fai qualcosa di più attinente a ciò che ci aspettiamo da te, ecco qui lo script”.
E lui ci avrà aggiunto del suo, non saprei se nella caratterizzazione del personaggio (non conosco il fumetto), più verosimilmente negli aspetti legati alla società odierna, come analizzato nella recensione e nei commenti.
Per me, un film per i completisti di Fincher e/o Fassbender e/o Tilda Swinton.
Il film è inguardabile come tanti ormai in circolazione… scontato, volgare, insensato, ingiustificato, e il protagonista fa schifo.
Basta con questi film, per favore, di schifo ce n’è tanto là fuori, perché i registi e attori devono farsi i soldi girando film come questi… non c’è nulla in cui riflettere, soltanto vergogna.
Nell’ultimo periodo del tuo commento, la risposta al quesito posto in quello precedente.
ah la santità dà alla testa a volte
Sol9 a chi non ci è abituato, Metenghe’…
XD!!
film per finti intellettuali che pretendono di vedere il mare in una pozzanghera.
andate a toccare dell’erba (magari ci trovare le colline di Bliss).
penoso davvero vedere il nerbo piegato al principio di autorità, ma è naturale.
voce narrante che se la combatte bene coi peggiori dei miei pensieri intrusivi.
Non ho letto tutti i commenti, ma vi siete accorti che dopo il primo omicidio, the killer sbaglia anche i due successivi?
L’avvocato sarebbe dovuto morire in 7 o 8 minuti: track, morto al volo
Il bruto doveva essere preso alle spalle e invece è prontissimo a riceverlo e ne segue un pestaggio coi controfiocchi.
Riesce ad ammazzare la stecchina forse perchè, per un attimo, la capisce e ci si rispecchia – l’unica per cui ha un grammo di empatia.
E poi l’empatia gli deraglia di fronte al riccone mandante, che spaventa soltanto, in un crescendo di ingiustizia, oltre che di scemenza del protagonista.
Forse Fincher vuole dirci qualcosa con questo film?
Penso che a livello di regia la cosa che mi ha più frustrato (ma credo che quella fosse l’intenzione del regista) poiché mi ha restituito la medietà del protagonista è proprio l’uso delle musiche degli Smiths. Non c’è mai un omicidio coreografato con le musiche a tempo, non c’è un momento “estetico” e non c’è neanche una scena in cui la canzone parte e capisci di star vivendo un picco di tensione o emotività. Il pezzo che aspetti di cantare è interrotto sul più bello, o si sente come in cuffia o nella radio della macchina o parte già dal ritornello. Insomma è molto realistico, è esattamente come noi sentiamo la musica mentre prendiamo il tram o facciamo la spesa, senza epica alcuna. In linea con tutta la spersonalizzazione che circonda il protagonista: amazon, le cose a noleggio, la ragazza senza nessuna caratterizzazione particolare etc.
Credo che il messaggio finale sia “dormire preoccupato per tutta la vita è molto peggio di morire”