Santa pazienza. Saranno discorsi del cazzo, ma se Thirst fosse finito sull’inquadratura di Ok-vin Kim con la testa reclinata all’indietro, e Kang-ho Song che le dice “Buon compleanno, Tae-Joo”, sarei corso fuori dal cinema piangendo e gridando al nuovo immenso capolavoro di Chan-wook Park. E invece il film dura un’altra mezzora.
Che ci sta, intendiamoci, perché è ovvio che Regista (come Chan-wook Park preferisce essere chiamato, l’ha detto lui in persona dal vivo per davvero) vuole raccontare un’altra parte di storia che lo interessa tanto quanto la prima, ma che finisce per diluire i momenti grandiosi (parecchi) e mettere alla prova la mia resistenza (piuttosto limitata).
La trama in breve: un prete con la faccia da scemo (Kang-ho Song) va in culo al mondo a fare la cavia per un esperimento, e torna vampirizzato; gli vengono svariati dubbi religiosi, che vanno definitivamente a puttane nel momento in cui inizia a trombarsi un’amica di infanzia sposata; seguono scene esilaranti.
Cioè, sì e no: in realtà Regista racconta come al solito una storia serissima di dilemmi etici, morali e spirituali, ma sdrammatizza qua e là con improvvisi tocchi di spettacolare umorismo nero, ma tanti, più del solito. Come già accadeva in The Host di Joon-ho Bong, il modo con cui i coreani (o almeno questi due coreani in particolare) riescono a stroncare con una gag i momenti più drammatici e passionali senza cadere nella farsa è assolutamente strepitoso, ed esistono poche facce al mondo più affidabili di Kang-ho Song per questo tipo di cose.
Il talento visivo di Regista è poi come sempre rigoroso e indiscutibile, e in questo caso meno narcisista che nel precedente I’m a Cyborg. Come bonus ci infila una sua aggiunta alla mitologia vampirica, ovvero che l’astinenza dal nutrirsi fa spuntare bolle in faccia, e ci regala persino le migliori scene di sesso dell’anno (ma non ho ancora visto Antichrist).
Per cui in generale sì: certi voluti appiattimenti del ritmo fanno sì che i 133 minuti sembrino almeno 185, ma rimane di gran lunga il suo film più godibile da Oldboy.
DVD-quote suggerita:
“Adorate Twilight? Qst è + lento e kon attori + brtti ke skopano (ewww)”
Nanni Cobretti, i400calci.com
Detto questo, siccome 1) raccontarvi anche una sola singola scena significherebbe rovinarla e non lo voglio fare, 2) vorrei evitare di aggiungere troppe minchiate visto che comunque si tratta di vero e proprio Film d’Autore e pertanto mi compete fino a un certo punto, e 3) voglio dimostravi che ho davvero visto Regista in persona in carne e ossa davanti a me vivo respirante e parlante in coreano con traduttrice a fianco (e ok, anche 4 – vi voglio bene), vi trascrivo l’interessante conferenza svoltasi subito dopo il film.
Eccola qua:
"siete degni, siete degni..."
È vero che ci sono voluti 10 anni per realizzare questo progetto?
Sì, anche se non significa che ci ho lavorato per 10 anni in fila. Dieci anni fa, una notte, ho immaginato due sequenze: una riguardava il modo in cui il prete diventa vampiro, l’altra riguardava [OCCHIO, STA PER DIRE UNO SPOILER! OCCHIOOO!!!] il modo in cui il prete vampirizza la donna [FINE SPOILER! POTETE RICOMINCIARE A LEGGERE!]. Allora non avevo ancora idea di chi volevo che fossero di preciso i personaggi, e così ho congelato la storia per qualche anno, finché per caso non mi sono imbattuto nel romanzo di Émile Zola Teresa Raquin. L’ho trovata una storia intrigante che poteva funzionare mischiata a ciò che avevo pensato, e così ho messo tutto insieme.
È un film molto divertente. Da dove viene l’umorismo che hai voluto infondere nella storia?
Si tratta della mia personalità. Non sono una persona in grado di reggere lunghe porzioni di seriosità, di paura, di tristezza, per cui mi piace spezzare quei momenti con il mio senso dell’umorismo. Il tipo di umorismo che mi piace è poi una specie di misto di tante emozioni sia positive e negative, mi piace mischiarlo appunto con sensazioni di tristezza, di paura, di dolore… Prendi il protagonista del film: è un prete cattolico, e quando viene vampirizzato avrebbe teoricamente dovuto rinunciare al suo incarico religioso e ai valori morali ad esso associati e abbracciare la sua nuova identità di vampiro. E invece decide di tenere tutto per se stesso e cercare un compromesso, ed è in questo tipo di conflitto che trovo dello humor. Nei miei personaggi cerco sempre di fare in modo che la tragedia e lo humor originino dallo stesso posto. In questo caso abbiamo un prete, con determinate caratteristiche morali, e questo è esattamente il tipo di dilemma che si può rappresentare anche in modo umoristico.
Un’altra caratteristica del film è che è molto denso, il classico film da vedere più volte per coglierne tutti i dettagli e le loro implicazioni. C’è per caso qualcosa di autobiografico – elementi fantastici ovviamente a parte – nella storia della morale cattolica alle prese con il vampirismo?
Sono cresciuto con un’educazione cattolica, e ai tempi del liceo c’era questo prete amico di famiglia che una volta mi disse che in futuro sarei potuto diventare un ottimo prete, un vescovo addirittura. È stato proprio da quel momento che ho rinunciato e ho smesso di andare in chiesa. Per me era una grande paura non potermi sposare, e cose del genere. In ogni caso da quel momento mi ha anche incuriosito la figura del prete in generale, che tipo di vita privata hanno, quali tentazioni o desideri cercano di schivare, ed è stato questo a ispirarmi la storia. Poi c’è ovviamente il discorso della Comunione: il vino che rappresenta il sangue, il pane che rappresenta la carne… quando ero giovane avevo paura degli aspetti di vampirismo che ciò implicava. Per me l’idea di un prete che diventa vampiro è quasi naturale. L’idea che il vino diventi sangue, e che il sangue non solo rappresenti la redenzione spirituale ma anche vero e proprio cibo, è stato esatamente ciò che mi ha intrigato.
Pensi che il tema del vampirismo venga affrontato in modo diverso da un prete e da un ateo?
Diciamo che volevo evidenziare il fatto che davanti a una situazione del genere si possono compiere diverse scelte. Il prete è ovviamente corroso dal conflitto morale dovuto alle sue credenze religiose, e ne vediamo le conseguenze. Altri non avrebbero questo dilemma e potrebbero godere di un maggior senso di libertà. Il personaggio del prete riflette a suo modo la mia personalità: è un personaggio un po’ patetico, che lotta per fare una scelta, per far convivere i valori in cui crede con la condizione in cui si trova. Non prendo necessariamente le sue difese, ma per via di questo aspetto lo trovo più umano.
Hai citato le tue fonti di ispirazione letterarie e autobiografiche. C’è stato anche qualche film che ti ha in qualche modo influenzato? Ad esempio ho trovato alcune similitudini tematiche con L’insaziabile di Antonia Bird, in cui però si parla di cannibalismo invece che di vampirismo.
Non lo conosco. In generale cerco comunque di non farmi influenzare troppo da altri film. Se devo citarne uno però direi Possession di Zulawski, ma più a livello di omaggio che di vera e propria ispirazione. Ok-vin Kim era venuta a chiedermi come interpretare la protagonista femminile, e le ho detto di guardare Possession e prendere spunto da Isabelle Adjani: alla fine, come omaggio, nella scena chiave del film Ok-vin Kim indossa proprio lo stesso vestito blu della Adjani in Possession.
Tutti i tuoi film sembrano avere come protagonisti delle persone abbastanza innocenti, che finiscono però per trovarsi in una situazione che li porta a compiere atti orribili, radicali. Vale sia per questo che per Oldboy o I’m a Cyborg. È una tua voluta convenzione?
È esattamente il tipo di storia che mi piace. Persone normali e innocenti coinvolte in fatti orribili, simbolici o meno. Che sia il rapimento del figlio, o l’essere imprigionati per 15 anni… sono esperienze che portano i miei personaggi ad avere una specie di morte interiore, dopo la quale rinascono trasformati. E ciò che più mi attrae in una storia è appunto osservare questo processo di trasformazione.
I vampiri, in questo momento, sembrano vivere un momento di particolare popolarità, al cinema come in televisione e nella letteratura. Cosa ne pensi?
L’idea per questo film mi è venuta dieci anni fa, e per forza di cose non potevo prevedere quali sarebbero state le tendenze culturali nel momento in cui sarei riuscito effettivamente a girarlo. Ogni volta che vado in America mi fanno un sacco di domande su True Blood, ma mentre giravo onestamente ero troppo occupato per poter vedere qualsiasi altra cosa. Non ho recuperato nemmeno Lasciami entrare. In compenso, mia figlia ADORA Twilight…
C’è una scena chiave alla fine di Oldboy in cui la ragazza si rivolge al protagonista con un termine in coreano che non è traducibile in inglese [e nemmeno in italiano, ndr]. Sei preoccupato dal modo in cui i tuoi film vengono tradotti, o ti piace assistere alle varie interpretazioni che si possono ottenere nei vari linguaggi?
Ovviamente ci sono delle differenze e delle limitazioni culturali, e a volte è impossibile tradurre pienamente quello che intendo. È davvero molto, molto difficile. Mi capita spesso che qualche fan inglese che consoce il coreano venga da me e mi dica “Adoro i tuoi film, ma la traduzione in inglese non è un gran chè…”. Se poi chiedo a quelle stesse persone di farmi una traduzione migliore, non ci riescono. Ad esempio: in Corea raramente chiamiamo le altre persone per nome. In Corea, se sto parlando con una persona più vecchia di me, non posso chiamarla per nome o sarebbe irrispettoso, ma la devo chiamare con il suo ruolo, o mestiere. È una questione puramente culturale. Per esempio in Corea nessuno mi chiama per nome come succede qua, ma mi chiamano “regista” [che vi avevo detto, eh? ndr]. Il modo in cui noi chiamiamo le persone è molto complesso e denso di significati culturali, e a volte queste sottigliezze si perdono nella traduzione. Per tornare a quella scena in Oldboy… la parola coreana che indica una persona di mezza età e quella che indica “padre” partono con la stessa sillaba, con lo stesso suono fonetico, per cui avevo giocato sulla tensione che si crea nell’attimo in cui il pubblico non sa con quale appellativo la ragazza sta per rivolgersi al protagonista in quel momento. Ci sono tante altre scene che potrei perdere ad esempio in cui nella traduzione si sono persi i miei intenti originali, diventando a volte qualcosa di più divertente. Ma se fossi in voi non mi preoccuperei di queste cose inevitabili: chi conosce entrambe le lingue troverà questi slittamenti di significato a loro modo interessanti.
[questa intervista è stata passata dal coreano all’inglese all’italiano, per cui figuratevi…]
sto MALE
M A L E .
Io conosco un po’ di coreano, certamente non abbastanza per apprezzare le differenze di cui parlava il Regista ^^
C’è da dire che ho trovato Old Boy veramente rivoluzionario e che mi ha suscitato delle vere emozioni. Quindi, non vedo l’ora di vedere Thirst, viste anche le tematiche particolari di cui tratta.
Hihi, alla figlia piace Twilight :P
Oldboy è un capolavoro, sono andato due volte al cinema a vederlo
Mi chiedo se in Italia vedremo questo Thirst, la Chiesa è ultimamente sul piede di guerra
Già, si sa se è prevista la sua uscita nel nostro paese?
vedi? è talmente bello che NON SOLO ti mostra il film più bello del mondo, MA ANCHE 30 minuti extra per chi avesse ancora un po’ di appetito. meglio così che non il film più bello del mondo con 30 minuti IN MENO, no?
ma dal côté più propriamente 400 calci (l’orrore e il sangue), nessuna soddisfazione? cosa dirà di questo film la gente che vedendo oldboy pensava “figata, tarantino”?
Ora la domanda grossa è: lo vedremo mai in sala, da noi?
Hype personale alle stelle. Soffro e vi invidio tanto.
Per la cronaca, per me Lady V è un capolavoro quanto Oldboy, se non forse anche di più. Ma siamo lì.
Io spero non arrivi mai in italia, così potrò evitare di dover spiegare a conoscenti vari che è così che si fanno i film, e che sono loro a non capire un cazzo.
Uscira’ in Italia? Non ne ho la minima idea, e anzi ho tanti dubbi. Non tanto per il fatto che tira in ballo la religione – lo fa tutto sommato rispettosamente – quanto per il fatto che Oldboy ormai e’ vecchio, Lady Vengeance ce l’ha fatta per un pelo e I’m a Cyborg non ce l’ha fatta proprio (se non erro). Questo e’ meglio, ma a meno che non vinca l’Oscar come Miglior Film del Mondo dubito che i distributori italiani abbiano voglia di rischiare.
@L’accanito: sangue ce n’e’ in buone dosi, e c’e’ pure la piu’ violenta scena non violenta che io abbia mai visto (giuro, quando vedrete capirete, oppure se mi scrivete in privato ve la racconto). Orrore… ci sono un paio di scene abbastanza schifose, e una manciata di omicidi violenti. Sesso: tanto.
E in ogni caso: scordatevi Oldboy. E’ stato ormai palesemente un episodio isolato, e Regista preferisce di gran lunga ritmi piu’ rilassati e meno “tarantiniani”.
A me Old Boy non fece impazzire, anzi.
Forse perchè trovo I’m a cyborg but that’s ok,il suo miglior film….e della trilogia sicuramente Miss è il più completo..amiomodestoparere…
..ops..volevo dire “Lady”..ma ho letto il primo commento e mi sono confuso..
Regista e’ un regista con gli stracontrocoglionissimi, pero’ onestamente Oldboy e’ l’unico suo film dove in nessun momento mi viene improvvisamente in mente che non ho fatto la lavatrice.
Prova a rivedere gli altri suoi film assicurandoti prima di aver fatto la lavatrice.
Oramai ho risolto riguardandomi Mr. Vendetta due volte la settimana… ;)