Dunque.
[si mette comodo sulla poltrona in pelle e si schiarisce con un colpo di tosse]
Una volta c’erano quei film che oggi per convenzione arbitraria vengono definiti “trash”.
Avevano titoli assurdi e sensazionalistici.
Avevano locandine che ogni volta ti promettevano la cosa più sconvolgente che tu avessi mai visto in vita tua.
E puntualmente te la mettevano nel culo.
Erano fatti malissimo: vuoi per pochi soldi, per poco mestiere, per poco tempo.
Mica lo facevano apposta, eh? Era solo questione di mettere in ordine una serie di priorità pratiche. Ci scappavano ovviamente svarioni grossolani, ma sempre e soltanto con lo spirito di chi sperava che non si notassero.
E alla gente infondo piacevano per quello che riuscivano a offrire.
Leggevano il titolo “Il mostro del pianeta perduto” e pensavano “Speriamo che il pianeta sia figo e il mostro non si veda solo negli ultimi tre minuti”.
Leggevano il titolo “Rivelazioni di un’evasa dal carcere femminile” e pensavano “Speriamo si vedano delle tette, qualche lesbicata, e un bel catfight”.
Poi il mostro si vedeva davvero negli ultimi tre minuti ed era un pirla con la maschera di gomma, e il “pianeta” era quel tratto di terreno incolto e vegetazione selvaggia vicino alla ferrovia a Soliera nei cui cespugli una volta tuo cugino aveva nascosto un giornaletto porno (si vede anche di sfuggita il cartello “Cavezzo 12”).
Poi di tette se ne vedevano appena un paio, il massimo della lesbicata erano due che si sfioravano le spalle con occhi pieni di desiderio represso, e il catfight consisteva in altre due che si sdraiavano l’una sull’altra con le mani nei capelli come se si fossero urtate e impigliate senza volere, e durava diciotto secondi netti di cui dodici spesi a inquadrare le altre carcerate che facevano il tifo.
A volte invece andava grassa: il mostro era povero ma dignitoso e riuscivano a inquadrarlo più di una volta, c’era un intero dialogo ambientato nelle docce comuni, e le rissaiole dopo essersi rotolate per un po’ cascavano casualmente in una pozza di fango. A volte semplicemente, in attesa di quei tre minuti finali, il film azzeccava per caso un personaggio simpatico o due, e il tempo scorreva via piacevole. È come quando vai a comprare del fumo: lo sai che non è roba esattamente salutare e nutriente, e non te ne frega un cazzo, perché tu vuoi solo sballarti per un paio d’ore. A volte te lo vendono buono, a volte scadente, e a volte ti rifilano un tocco di liquerizia o un tronchetto di legno e scappano. Col tempo impari a tenerti uno o due spacciatori di fiducia: nessuno è una garanzia, ma con un po’ di pazienza si vive bene lo stesso.
Poi è arrivata (zan zan zaaaan…) l’era moderna, e con essa quelli che hanno inventato il termine “trash”.
Non voglio ricordarmi il quando, il come e il perché, anche se sicuramente in qualche modo il signor Tarantino Quentin ci ha messo del suo.
I titoli dei film low-budget non sono cambiati, ma è cambiata la reazione della gente.
O meglio: è nato, affiancato, un nuovo tipo di pubblico.
Il pubblico che “ama” il trash.
Ama in modo un po’ particolare.
Leggono il titolo “Il mostro del pianeta perduto” e ridono.
Leggono il titolo “Rivelazioni di un’evasa dal carcere femminile” e ridono.
Mica gli interessano il mostro o le lesbicate dietro le sbarre.
Dicono “hahahaha che trash, lo voglio troppo vedere!”, e poi il 90% delle volte non lo guardano.
E magari fosse sempre così: a volte invece per fortunose coincidenze astrali si ritrovano a guardarlo davvero, al che puoi proporre loro qualsiasi cosa che ridono di default. Ridono dell’idea stessa di essere lì a guardare per davvero quella cosa col titolo assurdo che mai avrebbero pensato di guardare per davvero. Puoi proporgli qualsiasi cosa. Puoi dargli un tocco di liquerizia, e loro giù a ridere “Hahahaha, sto fumando!”. Puoi dargli il tronchetto di fumo e loro “Hahaha! Sono sballato!”, contentissimi già di avere una cartina arrotolata tra le dita.
Di tutto ciò ti accorgi solamente quando all’improvviso qualcuno di loro prende a urlare “PURE IO”, e corre a girare un film “trash”. Come il Shin Jeong-won di Chaw. Ed è convinto che basti un titolo buffo e una videocamera da 100 euri. Corrono nel giardino dietro casa, strappano dell’erba dal suolo, la avvolgono in carta da giornale e poi invitano tutti gli amici al grido di “ho fatto lo spinellone più galattico della storia! vedrete che banana gigantesca!”. E giù a ridere. E poi a fumarlo davvero. Ne escono cose senza senso: omaggi a generi che non si conoscono fatti per gente a cui non sono mai interessati. Che ti chiedi: perché esiste qusta roba? A chi serve? Ne escono film fatti male, ma male sul serio, con ostentata pigrizia: gli svarioni grossolani vengono aggiunti apposta con la spavalderia di chi è convinto che è esattamente così che si fanno le cose. Ne escono film COMICI. E capisci che qualcosa non va quando nel 99% dei casi ti accorgi che intorno a tutto ciò dimenticano i fondamentali, che siano violenza, sesso, o anche solo un minimo sindacale di adrenalina e pruriti. Come in Zombie Women of Satan, che preferisco non perdere tempo a raccontarvi. E che confondono l’umorismo involontario trasformandolo in non-umorismo volontario. Dove per non-umorismo si intendono battute volutamente stupide, volutamente grezze, volutamente non divertenti. L’umorismo involontario è dannatamente esilarante, e io ne sono un fan sfegatato. Il non-umorismo volontario è triste, insensato e fastidioso. Ed è l’equivalente intellettuale di chi si dipinge la faccia di nero e comincia a cantare The Lion Sleeps Tonight ballando con gesti caricaturali con la convinzione di “omaggiare” l’eredità culturale delle tribù africane. In altri modi non te la spieghi. Ridere per i film brutti: sì. Farsi prendere per il culo: no.
Poi mi si chiede perché difendo la Asylum: beh, difendo la Asylum perché, pur coscienti di tale svolta moderna, fanno ancora film per chi vuole genuinamente vedere quel genere di film. Mega Shark vs. Giant Octopus, grazie al cielo, non era Lesbian Vampire Killers. Mega Shark vs. Giant Octopus era un film che, esattamente come negli anni ’50, ti attirava con un trailer furbo e poi ti inculava con un onesto film d’avventura scritto e girato da incapaci senza soldi. Incapaci che, giustamente al passo coi tempi, sapevano dimostrare un po’ di sindacale autoironica consapevolezza, ma si guardavano bene dal lasciare che ciò trasformasse il film in una parodia. Tantomeno ti volevano convincere di essere davanti al film più galattico della storia. E finché il loro target di riferimento rimarrà il pubblico di disinformati, piuttosto che quelli che ridono a leggere “Transmorphers” e si fermano lì, io continuerò a stimarli.
Domenica daranno un Oscar a Roger Corman.
Ho letto da qualche parte che la sua premiazione avverrà fuori onda.
Non so se sia vero, ma lo spero.
Non voglio sentire nessuno che ride.
Odio il trash.
Amo i film girati con pochi soldi ma tanto ammore.
A morte i radical chic.
A proposito di Asylum, ma sono l’unico che non riesce a navigare nello shop del sito?
Te lo appoggio durissimo.
SoloMacello si fregia di aver potuto fare una foto con Corman quando è venuto a Milano l’anno scorso. Una foto di famiglia con un premio Oscar è un bel vantarsi
Vorrei aggiungere qualcosa ma hai scritto tutto tu, bellissimo articolo.
D’accordo su tutto:
provo a fare il discorso contrario. Da ex lettore di riviste “colte” quali CIneforum e Segnocinema, nel corso della mia vita di stronzate autoriali da festival ne ho viste a pacchi (VHS da 4 ore piene di film da Fuori Orario, ho beccato un mucchio di capolavori, ma non sempre), posso dire che incapaci che si mettono con la camera a mano e la sceneggiatura scritta su un quadrato di carta igienica il mondo e’ pieno e li idolatro, specie il pubblico da festival.
La moda del Trash vuole essere il cinema povero fatto da artisti da festival (ma per due come Tarantino e Croneberg sdoganati) c’e’ una sacco di carne da macello.
@tutti quelli che mi appoggiano: grazie, e morte al falso metal!
@gigi nello specifico: il problema penso di averlo spiegato e non sta nel film brutto in se’, che esiste in tutte le categorie. I problemi stanno in 1) chi pretende di omaggiare un genere che non ha mai frequentato e che in realta’, al massimo, conosce solo di riflesso grazie a Tarantino e i suoi fratelli, finendo per fare una cosa che non c’entra una beneamata ceppa; 2) chi fa l’equazione trash = figo, e si auto-convince che fare un film volutamente brutto e povero sia il top della figaggine e per la stessa equazione si sente giustificato a galleggiare nella propria incapacita’ senza produrre alcuno sforzo. Il trash volontario NON ESISTE.
E c’e’ un’altra categoria, altrettanto infame, che visiteremo nei post imminenti… stessa bat-ora, stesso bat-canale ;)
Il futuro del cinema (tutto il cinema) si gioca in quelle due parole, “autoironica consapevolezza”. Ite missa est.
Non posso che definire questo editoriale ‘fantastico’.
Salute e Latinum per tutti !
Nazi Surfer Must Die… premessa fighissima film molto di merda e pallosetto forte (costruito a tavolino per essere trash) pero’ lo sentirai sempre in bocca agli “amanti del trash”. Siamo a un livello che in confronto l’inconfutabile verita’ sui demoni e’ Tarkovskij
Mmmm.. un discorso molto brenso. Ci voglio rimuginare sopra per evitare di dire cazzate, poi più tardi espongo.
Complimenti a Nanni e a Jan Luc Merenda per il doppio articolo.
@uriele: un classico e’ infatti fare un fascio unico dei film della Troma, ignorando la loro abitudine di comprare film inguardabili all’estero e “tromatizzarne” i titoli per renderli attraenti.
@kruaxi: io ho ancora il Latinum dell’ultima volta, fa niente se stavolta passo?
@jo: grazie :)
La politica degli autori ha già rotto il cazzo in sé, e i400K è un posto serio perché parla di film e non di “poetiche”: la poltica degli autori applicata alla categoria del cretino è la cosa per cui c’è gente che pensa che Mario Bava e Ed Wood siano parenti. (seguono bestemmie a randello)
Nanni:
tutto il mio rispetto.
Non ti sarò mai abbastanza grato per avermi fatto scoprire la Asylum. Mega Shark vs Giant Octopus è diventato un argomento di conversazione conviviale fisso quasi quanto i delitti dei gruppi black norvegesi.
…su cui tra l’altro sto leggendo un libro proprio ora, vedi la coincidenza :)
Corman un mito! Con lui quanti hanno lavorato! Mappete!
Ha fatto bei film e già negli anni 50 cominciava a sfruttare i filoni vincenti. Vedi “La leggenda vichinga” uscito lo stesso anno de “I vichinghi”. Anche se è uscito 6 mesi prima del kolossal di Fleisher penso che sia stato girato sull’ onda del suo progetto. Poi boh!
“Il pianeta del terrore”! Chissà che filmone! Ed invece… neanche malaccio comunque. Locandina fumettona anche quella che ti prometteva chissà cosa. XD
“La politica degli autori ha già rotto il cazzo in sé, e i400K è un posto serio perché parla di film e non di “poetiche”: la poltica degli autori applicata alla categoria del cretino è la cosa per cui c’è gente che pensa che Mario Bava e Ed Wood siano parenti. (seguono bestemmie a randello)”