E se i mostri esistessero davvero?
Non sarebbe meraviglioso?
E se vivessero semplicemente in posti segreti, per uscire solo quando non li vede nessuno?
Perché non vogliono che li vediamo? Perché si nascondono? Chi li spinge a farlo?
Scopritelo con noi.
Non è una rottura di maroni quando ti approcci al nuovo film di un autore che conosci, che sai essere in grado di fare cose egregie, per poi scoprire che si lascia sempre castrare dai soliti difetti?
Stimavo Adam Green. Amavo Hatchet, che a suo tempo fu una salutare e dose di old school gore in un panorama horror mortificante. E amo Frozen, la cui nomea di horror semi-miracoloso che riusciva a mantenere tensione alta per 90 minuti pur essendo interamente ambientato su una cazzo di seggiovia bloccata è stata soppiantata dalla nomea di film che la gente a volte noleggia per sbaglio cercando quello della Disney.
Ma Adam era a posto così.
Si è guardato intorno, ha socchiuso gli occhi per concentrarsi, ha sollevato il suo ditino paffuto per tenere bene il conto e ha esclamato trionfante “28 fans! Ven-tot-to! Sono un dio dorato! Ce l’ho fatta!” e da lì in poi si è riposato su allori inesistenti al ritmo dell’autoreferenzialità più spinta, come un Kevin Smith di quartiere. E uno pensa che prima o poi si stufi, no? Che dopo un po’ dica “ok, magari è ora di tirarsi su le maniche e progredire”, no? Che disinserirsca il pilota automatico, rimetta quel cazzo di schienale reclinabile in posizione verticale e dimostri che Frozen non è solo il titolo più sfigato degli ultimi cinque anni ma anche un gioiellino girato da uno che se volesse spaccherebbe, giusto? Mica come quel suo amico che si tira sempre dietro, Joe Lynch. Dio mio Joe Lynch, la sfiga con le gambe.
Sapete di cosa parla Digging Up the Marrow, il nuovo film di Adam Green?
Parla di lui in persona che interpreta se stesso.
Siamo onesti: la trama è fighina.
Il protagonista è Adam Green, regista horror semi-famoso (su questa cosa torniamo dopo), che inizia a girare un documentario sui monster movies e viene contattato da un tizio che sostiene che i mostri esistono davvero. Che esiste una specie di città underground, tipo la barkeriana Midian, in cui i mostri vivono nascosti dal resto dell’umanità ed escono solo quando credono di non essere visti. E lui sa dov’è.
E il tutto è girato in stile… non chiamiamolo found footage, è un termine che ormai scatena solo allergie e irritazioni alla pelle. Chiamiamolo pseudo-documentaristico. Anche perché qua e là ci sono interviste vere, si balla un po’ sul confine tra lo sceneggiato e il provocato. Si inietta parecchio umorismo, ma si cerca di mantenere tutto il più credibile e quotidiano possibile, per ottenere il massimo effetto nelle scene chiave. Insomma, è una bella idea. E se i mostri esistessero davvero? Non è tipo il sogno segreto di ogni appassionato horror? Non è quel tipo di idea che suona come progetto del cuore, come inno definitivo al fascino del cinema, o almeno per quella gente cresciuta con un certo tipo di cinema? Di sicuro a me. Ve l’ho mai raccontato? La passione per la settima arte mi nacque quando una mattina, durante la periodica gita in edicola coi miei, invece che prendere su un numero dell’Uomo Ragno Gigante chiesi che mi comprassero Ciak perché c’era Aliens in copertina. E Adam Green concorda, a giudicare dal tono commosso con cui presentò il film, a sorpresa, allo scorso Frightfest.
E funzionerebbe, se il suo inspiegabile ego da autore già arrivato non trasformasse tutto 1) in un gran pompino a se stesso, punteggiato da sprazzi di falsa autoironia per fare il simpaticone, e 2) nel classico progetto girato con l’approssimazione di chi è convinto di non avere più nulla da dimostrare.
Spiace ad esempio che non vada fino infondo con la premessa, ingaggiando tutti i suoi amici famosi e non famosi nel ruolo di loro stessi (Tony Todd, Kane Hodder, Mick Garris, Tom Holland e ovviamente Joe Lynch) e poi una fazza stranota e inconfondibile come Ray Wise nel ruolo dell’uomo che crede di conoscere i mostri, ma questo è il meno.
Spiace che vengano sprecati alcuni spunti buoni, come le riflessioni sulla paura del non ordinario mista a disillusione moderna: se ci mostrassero un filmato con un mostro che fa cose inequivocabili da mostro, lo riconosceremmo? O rimarremmo corazzati nel nostro scetticismo, ormai talmente allenato e per nulla incline a mettere in discussione le nostre certezze da riuscire a farci dire, senza la minima esitazione, “non so che trucchi abbiano usato ma sono di sicuro trucchi fatti molto bene”? E di base va tutto bene finché in scena c’è l’Adam Green innamorato della materia, rappresentante di tutti noi nel suo credere perché ci vuole credere, ma anche i momenti di autoironia tutto sommato funzionano, tipo quando viene sfottuto da Garris e Holland. Funzionano persino i momenti di tensione, anche se finiscono sempre in bubusettete.
Va meno bene però quando le pause della trama vengono riempite da spot pubblicitari della propria filmografia, dalle scene di lui che fa la star in mezzo ai suoi ventotto fans, o dai soliti inside joke.
E va male, in generale, l’occasionale aria di sufficienza di progettino girato nel tempo libero, quando dalle premesse poteva uscirne anche il film definitivo della sua carriera. Per non parlare del tempo sprecato in creature design quando non c’era manco lontanamente il budget per sostenerlo.
Rimane quindi una curiosità al massimo simpatica, buona come showcase di quel mostro (di bravura) di Ray Wise.
DVD-quote:
“Un invito al remake”
Nanni Cobretti, i400Calci.com
Ero alle 07:59 a ricaricare la home per leggere ‘st’ articolo, e sapete cosa? Mo me lo leggo, ecco.
Ma quindi i mostri si vedono? E sono poverinos?
La cosa curiosa e’ che su IMDB hanno dato questo film per documentario per quasi tutto il tempo: mi viene il sospetto che Adam Green abbia cambiato idea all’ultimo…
Al Frightfest ha spiegato di aver fatto apposta. Sai, per depistare i suoi 28 fans, alla JJ Abrams…
e niente quando ti aspetti dal capo la recensione del re scorpione 4 ti sorprende, touche’
Per quanto sto green sia tutt’altro il talento di genere che si paventava ai tempi del primo hatchet non si può non averlo in simpatia.
@past: non so come fai dopo tutti questi anni a pensare di poter indovinare i nostri articoli. Manco io ci riesco, a volte.
alle volte ci piglio però…un inside joke e nulla di più…;)
ma quindi è tipo il mockumentary sul lochness con herzog solo che la posto di herzog (che speri sempre che da un momento all’altro sbrocchi realmente e butti in acqua il cameraman o il produttore senza che sia scritto nel copione) cè green (che mi pare di capire che se la sente più calla di warner)?
@marlon: pochi (3), in poco (a esagerare 10 secondi di screen time totale).
Un pacco.
@Bella Grazie, credo che passero’…
Sto coso con i suoi 100 interminabili minuti di dialoghi potrebbe già vincere l’ambito premio “film di merda 2015”
Cioè, se si brucia uno spunto così (perché in cuor suo mi auguro si renda conto di averlo bruciato) o ha già qualcosa tra le mani, quel genere di idea/progetto che molli tutto o fai svogliatamente quello che già facevi, oppure è doppiamente coglione. Meglio monster & co. va
Gatto!
ua monster &co è bellissimo. anche se non fa paura.
Dalla rece mi sembra quasi che sia della stessa pasta di “My name is Bruce”, dove Bruce Campbell interpreta il “vero” se stesso, rapito e portato in una cittadina sperduta per combattere un demone cinese, visto che lui era uno che nei film i demoni li mangiava a colazione. E tutti ricordiamo che gran cazzata per fanboy fu quel film.
l’idea di base è buona….poi si perde un pò ma non è quella merda che qualcuno descrive….film senza infamia e senza lode.
Alla fine l’ho recuperato, un film garbato, rilassante (nonostante i bubu7te), simpatico e carino. Insomma non un film dell’orrore. Che peccato, un’idea giustamente definita fighina dal Nanni tirata via…
Visto con mia moglie. Premetto che io amo i mostri, ma secondo noi non è tutto sto gran male. Insomma, di film fatti in POV c’è ne sono molti, e il buon 90% è merda vera. Questo qui si perde un po troppo in dialoghi ma rimane comunque un prodotto originale. A noi non è dispiaciuto :)