Da diversi anni a questa parte, l’Impero, ops, la Repubblica Popolare Cinese porta avanti una cinematografia tutta volta a rieducare i propri schiavi, ops, cittadini su alcune realtà emergenti della vita di tutti i giorni come per esempio il fatto che i porci capitalisti occidentali, nemico giurato fino a un po’ di Guerra Fredda fa, adesso non sono più poi tanto male e anzi. Parallelamente, procede un’opera complementare che punta a conquistare sempre più spazi nel mondo occidentale comprandosi scene in Iron Man 3 o in Transformers 4, comprandosi film come Karate Kid, o comprandosi un’intera casa editrice per immettersi nel mercato dei film di supereroi ed emulare le gesta dei Marvel Studios.
Se questo discorso vi sembra di averlo già sentito, è perché è già stato fatto quando ho parlato di Outcast, una poracciata di film per certi versi simile, e per altri opposto, a quello di cui parliamo oggi. Dragon Blade (adoro come usare la parola “Dragon” sia la condizione indispensabile per la titolazione internazionale di un film cinese) è in effetti Outcast con un fine al posto dell’inerzia, con una sceneggiatura al posto di una vaga suggestione, con John Cusack e Adrien Brody al posto di Nicolas Cage e Hayden Christensen e con l’oro cinese al posto della sfiga.
Mi piace pensare a film di questo tipo come la naturale evoluzione delle pubblicità umilianti che gli attori americani andavano a fare in posti dimenticati da Dio come il Giappone o l’Italia, dove prendevano una barcata di soldi per rendersi ridicoli e poi incrociavano le dita sulla via del ritorno sperando che nessuno a casa venisse a saperlo (abitudine che non è del tutto scomparsa, ma portata avanti con più giudizio da quando internet ha reso molto più difficile nascondere le proprie vergogne); di fatto, Cusack e Brody si rendono ridicoli pubblicizzando l’integrazione tra oriente e occidente in un film che ha ricevuto ZERO copertura mediatica in occidente, e casomai ci fossero dubbi, al loro fianco c’è Jackie Chan, agente segreto del governo cinese e sponsor ufficiale del volemose bene intercontinenatale.
Cina.
Dinastia Han.
Jackie Chan è a capo della “Squadra di protezione della Via della seta” (che è esistita realmente, anche se non si chiamava così perché l’espressione “Via della seta” è nata solo nel 1877), un gruppo di scapestrati guerrieri con gli occhi a mandorla che mantiene la pace lungo quegli 8 mila chilometri di tratte commerciali che uniscono il Mediterraneo con l’estremo Oriente sedando le continue lotte, contese e scaramucce per la sovranità territoriale tra le 106 incazzosissime tribù che popolano l’Asia.
Nell’ultima decade l’alter ego cinematografico di Jackie Chan si è assestato sulla figura di un eroe senza macchia giusto poche tacche meno santo e meno interessante di Gesù Cristo: sintesi ambulante di tutte le virtù umane, generoso, saggio, forte e praticamente invincibile ma sempre non violento, costantemente a caccia di redenzione per l’umanità intera e ansioso di sacrificare tutto ciò che ha per i nostri peccati.
Una palla, insomma, ma fin qui niente di strano.
Le risate arrivano quanto dalla torretta di guardia Jackie avvista John Cusak vestito da centurione romano a capo di una legione arrivata sa Dio come fino alla periferia dell’impero cinese. E sapete cosa si dice degli antichi romani: sono degli stronzi fascistoidi che vogliono conquistare tutto.
Ma sotto l’le cose non sono come sembrano.
La fortezza che Valerio Massimo John Cusack indica col gladio dicendo “Noi ora entriamo lì. Con le buone o con le cattive.” è in realtà una città-carcere-cantiere mezza in rovina, abitata solo da guardie (poche e incompetenti) e prigionieri (tanti e inspiegabilmente collaborativi) condannati ai lavori forzati. Jackie, a questo punto della storia, non è più il capitano della squadra Ginew, ma solo un detenuto (accusato ingiustamente, ci mancherebbe) come tanti, sulla cui testa pende l’ultimatum di ricostruire la città in tempo per l’Expo o prepararsi a essere giustiziato.
I legionari, d’altra parte, non hanno intenzioni realmente bellicose. Sono, come Jackie e la sua posse, un gruppo di soldati ingiustamente perseguitati, costretti a fuggire da Roma dopo che il legittimo successore al trono, il baby attore/modello Jozef Waite a cui loro sono rimasti fedeli e si portano in giro tipo mascotte, è stato spodestato dal fratello stronzo.
Dopo un’iniziale, inevitabile schermaglia che mette a confronto la disciplina e il genio militare romano con l’astuzia e la capacità di adattarsi a ogni situazione dei guerrieri cinesi (a vederlo fuori contesto fa morire dal ridere il fatto che gli italiani siano quelli disciplinati e non quelli che fanno i furbi), Jackie Chan conclude che siamo tutti fratelli e, in cambio di asilo, i romani accettano di aiutare i cinesi a ricostruire la città in un montaggio musicale dal titolo “l’unione fa la forza” in cui entrambi i popoli mettono a disposizione dell’altro le proprie conoscenze e i propri talenti per erigere un meraviglioso ibrido architettonico frutto dell’intesa tra due culture così lontane eppure così vicine.
Terminato lo spottone di un’ora circa, sorge il problema di come occupare l’altra metà di film. Potendo scegliere, la produzione vorrebbe un dramma epico lacrimevole e sanguinereccio alla maniera dei musi gialli, con tradimenti, sacrifici eroici, duelli con la spada e grandi manifestazioni di amicizia virile: entra così in scena l’imperatore Adriano Brody, l’usurpatore al trono che ha ucciso il proprio padre, accecato il fratello e probabilmente non tira mai l’acqua dopo essere stato al cesso, che si presenta in Cina con, tipo, l’intero esercito romano con lo scopo di impadronirsi della Via della seta. Qui il film rientra nei binari più canonici dell’epopea fanta-storica cinese e sarebbe anche più o meno godibile, non fosse che ogni volta che entrano in scena, nell’ordine, il naso di Adrien Brody e Adrien Brody, diventa terribilmente difficile prendere sul serio quello che sto vedendo.
A peggiorare le cose, c’è che guardare Jackie Chan che combatte con Cusack e Brody richiede più o meno la stessa sospensione dell’incredulità che serviva con Michael Jordan che gioca a basket coi Looney Tunes in Space Jam — ma è meno divertente: a differenza di Space Jam, nessuna concessione viene fatta alla spettacolarizzazione, la funzione educativa/esemplare del film esige una ricostruzione wannabe filologica delle tecniche di combattimento romane e cinesi dell’epoca (e quando dico “wannabe filologica” voglio che vi immaginiate Jackie Chan che inventa il carrarmato suggerendo ai soldati romani in formazione a testuggine di schettinare sui propri scudi) col risultato che nonostante la marea di stunt, duelli e scene di massa, a fine film non ricordo praticamente nulla di davvero memorabile eccetto il naso di Adrien Brody.
Sono titubante in questi casi a riconoscere sia meriti che demeriti a un regista che chiaramente ha avuto voce in capitolo sì e no sul menù del pranzo. Il prestanome della situazione è Daniel Lee, uno che è cresciuto sotto l’ala di Ann Hui e Tsui Hark, firmando anche un bel numero di action piangeroni, action storici e action puri (tra cui ricorderei almeno La vendetta della Maschera Nera con Jet Li), ma ha evidentemente messo in questa produzione lo stesso brio e coinvolgimento emotivo di uno che gira film di matrimoni, con tanto che quando lo sposo è Jackie Chan è un attimo prima che ti levi di mano la telecamera dicendo “ti faccio vedere io come si fa”.
C’è da riconoscergli che è visivamente piacevole e abbastanza strano da essere almeno interessante, ma non riuscirò mai a togliermi dalla testa l’immagine della produzione che chiama tutte le A-list celebrity che ha in rubrica finché non trova i due disperati col rapporto più vantaggioso di “non c’entrare un cazzo” e “essere disposti a fare qualunque cosa per soldi”. Dragon Blade è un film di propaganda da 65 milioni di dollari col retrogusto di dittatore ceceno che paga le star di Hollywood per partecipare alla sua festa di compleanno.
DVD-quote (non riesco francamente a immaginare qualcosa di più arrogante della tagline originale del film):
“When the Eagle meets the Dragon”
Scopiazzato da uno o due (non ricordo, sono tutti uguali) libri di Manfredi.
va be’, mi consolo col trailer di kung fu killer
(ottimo pezzo, comunque)
Seguo jackie praticamente da sempre, ma il suo lato filo-americano del “tenemoseli stretti” facendo anche lavorare quella faccia da cazzo del figlio di quell’attore cane abbronzato proprio non lo capisco. Attendo per sbrattare copiosamente anche il film che ha fatto da poco con Knoxville.
Qui in Cina e’ stato un successone (a differenza di quello di Cage, che e’ sparito in fretta). Questi film non sono comunque fatti per l’esportazione, sono ad uso e consumo del pubblico pecorone locale cui si da’ un po’ di tocco esotico (i Romani, gli attori occidentali) per raccontare la solita roba: ne escono di continuo film in costume cosi’ e sono quasi tutti inguardabili.
Scusa, ma scrivi sempre le stesse cose?
Mi stanno sanguinando i neuroni…
Ma si possono richiedere indietro gli Oscar per demerito?
Quando ho visto il trailer a me oltre il naso di Adrian Brody nei panni dell’Imperatore Scialpi ha fatto ridere molto anche Jackie Chan nei panni di Mr Spock: http://imgur.com/QGV0q6j . Temevo molto la poverata tipica della HK post fu-sio-ne con il continente, ma l’elemento riderone può spingermi alla visione; se tiene con sufficientemente ritmo di maccosa posso uscirne soddisfatto. Parlando di film cinesi ben riusciti invece io una guardatina a Taking of Tiger Mountain di Tsui Hark me la darei, che temevo si piegasse pure lui al santino di Mao, ma fatta salva la dichiarazione di intenti più falsa e perculativa della storia riesce a far quello che interessa di più al regista: far saltare in aria un sacco di cose, personaggi bizzarroni, Sandokan con la tigre, generale assenza di sobrietà e plotoni di cecchini con i bazooka: https://youtu.be/6j-KZMxp8C8
Io mi ero trattenuto dal guardare anche il trailer per l’imbarazzo.
Visto stamattina, il naso di Brody buca letteralmente lo schermo, è ipnotico, uno scoglio di recitazione nel mare di “ma che mischia succede” del trailer.
Anche l’elmetto di Jackie che lo fa sembrare un postino, riperso da davanti, non è male.
Lo vedrò per i maccosa, già il romanzo di Manfredi, “L’impero dei draghi” non scherzava (I ninja, ma no dai! Vabbé mettiamoci anche i ninja)
un pò come le chiaviche televisive nostrane che vanno a morire in albania da agonchannel…
john cusack meriterebbe una rubrica tipo quella che faceva la gialappas “un uomo un perchè”
Ma Adrian Brody combatte con il nasone?
Jackie Chan lo visto di recente in Young Master con i capelli all Nino D’Angelo,ma nei film mi sembra sempre svogliato Cusack o è un mia impressione?
la gif dell’oro cinese è di una molestia scoraggiante.
poi jackie più invecchia più assomiglia al berlusca
Sono scomode verità ma vanno scritte:
1. Ogni volta che vedo il canappione di Adrien Brody penso a Giorgio Gaber, automatico proprio (la libertààà non è star sopra un albero…).
2. Secondo me da anni Brody si dà da fare scientemente e metodicamente per far dimenticare che un tempo vinse la statuetta. Non che questo sia necessariamente un atteggiamento da disprezzare.
(3. Detachment non era male, forse un po’ troppo “attimo fuggente”, ma non così retorico; alla fine a me è piaciuto).
anche Wrecked non era malaccio
Altra perla dell’international trailer è la sparata a effetto dell’imperatore-naso.
Immagino che lo sceneggiatore mirasse a pathos e drammaticità, peccato il risultato è:
“Sono tanto arrabbiato perché adesso tu ci vuoi più bene al nuovo amichetto cinese che a me!”
(sottile metafora del triangolo USA-Cina-Europa?)
Scopro solo ora che al posto di Cusack doveva esserci Mel Gibson…
http://www.impactonline.co/news/1748-here-be-dragons-and-chan-and-gibson
pubblicità umilianti…
https://www.youtube.com/watch?v=hg8rSLfwK_g
Calma… ricordatevi che il nasone dell’Adrien nostro ha vinto il pianeta dei Predator solo con l’aiuto di un raffreddore da fieno!
Cordialità
Attila
ma nessuno che dica niente riguardo la presenza degli spettacolari chopsticks brothers?
Ma i nemici dei power rangers che ne pensano dei costumi?
che mercanti romani siano arrivati in cina ok, lo disse focus e ci credetti. Ma che una legione si perda e sbuchi sotto la muraglia… Eeeeh?
É destino dei romani esser trattati di merda. I greci in 4 hanno spezzato le reni alla persia.
Noialtri ci perdiamo nei boschi con cartelli d’avviso “teutoburgo” grossi così per seguire la figa, o giungere in cina, o trasformare un generale in gladiatore.
Solo io ci leggo in tutto ciò sottili riferimenti?
@ blueberry
il più bel commento mai letto negli ultimi 20 anni. Sto ridendo come un deficiente da un’ora!
Saltato a pie’ pari, anche in un periodo in cui al cinema praticamente non e’ uscito nulla….Jackie Chan che pensi al figlio va, arrestato per droga…ormai e’ inguardabile…
Grazie Affro per quel trailer di Taking the Tiger Mountain,
spacca veramente.
Tu l’hai già visto ? Sai se si trova in giro ?
Da questa recensione e dai commenti letti resta comunque senza risposta una domanda fondamentale: “in questo film come stiamo a figa” ?? O forse proprio il fatto che non se ne parli e’ gia’ la risposta ? :-/
Una possibilità a Jackie la dò sempre.Speriamo non debba pentirmene.
Storicamente parlando i cinesi con l’impero romano e poi con i bizantini si sono sempre parlati, sembra che i cinesi hanno mandato una delegazione sotto l’imperatore Marco Aurelio, peccato che c’era in quel periodo una delle peggiori pandemia di peste vaiolo o morbillo che aveva mai colpito l’impero romano https://it.wikipedia.org/wiki/Peste_antonina, quindi i cinesi hanno scelto proprio il periodo sbagliato, poi i due imperi si conoscevano e sapevano dell’esistenza uno dell’altro, del resto i romani commerciavano anche con gli indiani nel periodo di massimo splendore, comunque è bello vedere che mentre gli americani da sempre si rifanno all’impero romano anche nei loro film o nell’antica grecia, tipo il film 300; i cinesi che hanno la loro cultura millenaria si rifanno semplicemente a loro stessi per propagandarsi, questo politicamente è un grande vantaggio.
Comunque gli orientali ora che stanno tornando sulla cresta dell’onda, vogliono attaccare il cappello ovunque, basta pensare al film giapponese Thermae Romae, dove un ingegnere antico romano arriva nel giappone odierno e copia i giapponesi, riportando la loro tecnologia nell’antica roma, in questo caso i giapponesi non ne escono benissimo, anche se il film è divertente anche se copiato come idea ai Visitatori.
Il film non penso che lo vedro mai da appassionato di storia non ho visto neanche 300 per non vomitare.