Volevamo raccontarvi un pugno di film di James Bond in preparazione a quello nuovo, la cui uscita era prevista per il 10 aprile, ma poi è stato spostato a novembre.
Pensavano forse di scoraggiarci?
Col cazzo: adesso ci mettiamo qua e ve li raccontiamo TUTTI.
A voi Le Basi: 007.
Partiamo dal presupposto che, molto probabilmente, io di James Bond non ci capisco un accidente. Almeno per quel che riguarda i capitoli coperti finora, non noto francamente grande differenza tra quelli considerati buoni e quelli considerati cattivi: mi sembrano tutti in linea di massima ok, evidentemente figli del proprio tempo, ma, come dire, invecchiati malino. Goldfinger? Volevo chiamare il telefono rosa. Thunderball? Se la vostra idea di divertimento è una battaglia sottomarina al rallentatore lunga tre ore… E poi c’è quel tizio che li interpreta — Shawn Connery? L’ho scritto giusto? Ehi, sono sicuro che è un tipo a postissimo, ma c’è qualcosa di lui che proprio non riesco a farmi piacere. Quanto a Roger Moore…
Amici, non so come dirvelo.
A me il Bond di Roger Moore piace.
È bello, stupido e quando le cose vanno come vuole lui sembra più un colpo di fortuna che un suo merito. Dove Connery aveva carisma e sangue freddo, Moore perde la calma facilmente, è violento anche quando non serve, spara battute come un comico stand-up, si muove come se sapesse di trovarsi in un film e che non può succedergli niente di male. Gli manca la gravitas di Connery ed è evidentemente molto più preoccupato di apparire figo che portare a casa la pellaccia.
Se devo scegliere un James Bond in cui identificarmi, quel babbeo di Roger Moore è il mio uomo. E gli 007 di Roger Moore sono i miei film. Camp, sopra le righe, mezzi scemi, un pastone di generi a cui sembra non riescano a stare dietro neanche i suoi autori, ma ritmatissimi, modaioli, rock’n’roll (in Goldfinger Bond diceva che i Beatles vanno ascoltati coi tappi per le orecchie, in Live and Let Die la canzone dei titoli di testa gliela canta Paul McCartney). Nessuno mai si sognerebbe di dire che sono migliori, ma diavolo se sono divertenti!
E ha perfettamente ragione il mio amico George Rohmer quando dice che, con Moore, Bond ha smesso di stabilire le mode per limitarsi a seguirle: se la volta scorsa era la blaxploitation, questa settimana è il turno dei film di kung-fu, sulla scia del successo commerciale che avevano avuto anche nel mondo occidentale L’urlo di Chen nel ‘72 e, soprattutto, Enter the Dragon nel ‘73 (che ironicamente prendeva a piene mani dal trend bondiano, calando Bruce Lee in una tipica avventura da 007). The Man with the Golden Gun infila ben tre combattimenti di arti marziali — una serie di dimostrazioni in una scuola, una zuffa di gruppo per strada e una sequenza ambientata in un palazzetto dello sport durante un incontro di muay thai — e il bello è che che non hanno assolutamente niente a che fare con la trama del film! Sono inserti puramente gratuiti, piazzati senza un particolare sforzo di contestualizzazione (emblematico il momento in cui Bond viene catturato dai cattivi, che invece di ucciderlo sul posto lo portano in un dojo e lo vestono di tutto punto per farlo scontrare con una serie di combattenti sperando che a un certo punto ci scappi il morto) perché fa figo, perché è questo che vogliono vedere i ragazzi al giorno d’oggi.
E quindi di cosa parla The Man with the Golden Gun, ora che abbiamo stabilito che non parla di arti marziali?
C’è un MacGuffin, incredibilmente, che Bond insegue per mezza Asia schiacciando nel tragitto quante più donne possibili, fino ad arrivare all’inevitabile base segreta del supercattivo che minaccia il mondo con un raggio della morte. La produzione sceglie le location — Macao, Hong Kong e Bangkok — da una lista di posti in cui non era in corso una guerra civile al momento delle riprese e gli sceneggiatori ci buttano un po’ di politica tirando in ballo la crisi energetica del ‘73 per dare alla storia un senso di incombente attualità, ma è tutta scena. Sarebbe stata la solita minestra riscaldata, probabilmente indistinguibile da una mezza dozzina di altri film della saga, se non fosse stato per il suo cattivo, quell’icona immortale di Christopher Lee nel ruolo di Francisco Scaramanga, l’uomo dalla pistola d’oro che dà il titolo alla pellicola.
Sexy, affascinante e assolutamente sopra le righe, Scaramanga è il genere di cattivo “da fumetti” che solo nei Bond di Roger Moore poteva avere senso di esistere. La sua presenza nel film è stata drasticamente ridotta rispetto alle prime bozze della sceneggiatura, ma ogni volta che compare divora la scena grazie al carisma incontenibile di Lee, che trasforma un buzzurro pieno di gioielli d’oro in una sorta di “doppio oscuro” di James Bond.
Non più giovanissimo ma ancora in perfetta forma grazie a un regime di allenamento tutto particolare, Scaramanga è un assassino a pagamento che accetta incarichi per la cifra simbolica di un milione di dollari e uccide le proprie vittime con un proiettile d’oro. Comunica con i suoi clienti solo attraverso intermediari e non esistono sue foto, per questo nessuno conosce il suo aspetto, ma per qualche motivo tutti sembrano sapere che ha tre capezzoli. Come Bond, è elegantissimo, impeccabile nello stile e amante del lusso, ed esattamente come Bond è un professionista sposato con il proprio lavoro, ha un rapporto disturbato con il sesso (come in una sorta di rituale da sportivo scaramantico, ha rapporti solo prima di uccidere) ed è schiavo di gadget e tecnologie futuristiche, come dimostrano il raggio della morte a energia solare, la macchina che si trasforma in aereo e l’eponima pistola d’oro montabile, che si ottiene assemblando un accendino, un portasigarette e una penna stilografica.
A tutto questo si aggiunge il bizzarro rapporto con il suo scagnozzo, Nick Nack (Hervé Villechaize, grande caratterista dalla storia personale tristissima che in pochi anni infila due ruoli di culto: questo e la spalla di Ricardo Montalbán nella serie Fantasy Island) che gli fa da maggiordomo, da segretario e da assistente, ma con il quale è anche in corso una perversa scommessa: Scaramanga gli lascerà in eredità tutto il suo patrimonio se Nick Nack riuscirà a trovare un assassino abbastanza in gamba da ucciderlo.
Se l’intero film fosse giocato sulla contrapposizione tra Bond e Scaramanga non esiterei a definirlo perfetto. Purtroppo, se ricordate quanto detto un paio di paragrafi fa (e se non lo ricordate fatevi due domande perché l’ho detto letteralmente un paio di paragrafi fa) la presenza di Scaramanga è in realtà piuttosto ridotta, rispetto alle 2 ore e passa della pellicola. Per la maggior parte del tempo Bond importuna ballerine, fa home invasion a insopportabili industriali cinesi, si prende a pizze in faccia con anonimi maestri di arti marziali e fa i conti con le vera nemesi del ciclo rogermooriano: la linea comica — tragicamente incarnata in questo film dalla Bond girl Mary Goodnight e dallo sceriffo redneck J.W. Pepper.
Quest’ultimo è una vecchia conoscenza che viene dritta dritta da Live and Let Die. Per non si sa quale perverso motivo Guy Hamilton (già regista di Goldfinger, Diamonds are Forever e, appunto, Live and Let Die) aveva trovato così divertente l’idea di un poliziotto americano bifolco e razzista la cui strada si incrocia per caso con quella di Bond, da decidere di includerlo anche in questo film. Ignorante, presuntuoso e molesto, il personaggio interpretato da Clifton James rappresenta un elemento di disturbo, una specie di anomalia in un mondo dove tutti sono cool, atletici e alla moda. Un personaggio secondario che non sa di esserlo, che balla a un ritmo diverso da tutti gli altri, incapace di capire quanto sia più grosso di lui ciò che gli accade intorno… Ok, la sto facendo sembrare una cosa molto più profonda di quanto non sia: J.W. Pepper è un cazzo di stupido ciccione sudato e sputazzante che si accolla a Bond e commenta “umoristicamente” tutto quello che gli succede come una specie di Jar Jar Binks sudista.
Mary Goodnight meriterebbe un saggio a parte. A mani basse non solo la peggiore Bond girl di sempre ma l’essere umano più stupido dell’intero franchise. La quintessenza della bionda tonta e tettona, diventa incredibilmente più ottusa (e meno vestita) man mano che il film procede, una roba che scritta oggi lo sceneggiatore andrebbe in prigione senza passare dal via. È così irritante che Bond resiste quasi fino alla fine alla tentazione di portarsela a letto (e quando cede è solo perché a quel punto la scelta era tra lei e Nick Nack) e il suo apporto alla storia oscilla tra assolutamente irrilevante e vero e proprio antagonista inconsapevole che complica la trama attraverso una serie di errori e azioni senza senso a uso ridere. Per capirci, stiamo parlando di una che aziona per sbaglio il raggio della morte del cattivo toccando il tasto di accensione col culo: se avessero provato a farla in Austin Powers, Mike Myers avrebbe detto “mi sembra un po’ eccessivo”. Non altrettanto sofisticata, ma abbastanza rivelatrice anche la scena in cui lei e Bond stanno per scopare quando bussa alla porta un’altra donna, Bond fa nascondere Goodnight nell’armadio mentre accoglie e finisce per farsi l’altra: qui invece siamo in pieno territorio cinepanettone e Neri Parenti sta valutando l’ipotesi di fare un remake.
Se in On Her Majesty Secret Service Tracy Bond faceva sperare in una luce in fondo al tunnel fatto di Bond girl monodimensionali buone solo a fare la damigella in pericolo, Goodnight riporta la rappresentazione femminile allo zero assoluto e se possibile fa anche qualche passo indietro.
Ma la tensione schizofrenica tra l’action e l’autoparodia che caratterizza The Man with the Golden Gun è forse rappresentata alla perfezione alla fine del secondo atto dalla scena del salto con l’auto: uno stunt incredibile, ambiziosissimo, mai visto prima — un’auto salta da un pontile avvitandosi su se stessa di 360 gradi prima di atterrare perfettamente sull’altra sponda del fiume — rovinato dall’aggiunta di un effetto sonoro da cartone animato.
Stiamo parlando di un’acrobazia da record che anche oggi lascia a bocca aperta, un numero pericolosissimo, realizzato senza effetti speciali (non che all’epoca esistesse la tecnologia per fingere una roba del genere) che non sfigurerebbe in un Fast & Furious, e che ti combina Guy Hamilton? Ci monta sopra un fischio che pare uno sketch di Benny Hill. A distanza di anni, lo stesso Hamilton, Broccoli e il compositore John Barry ammetteranno quanto la scena esca depotenziata da quella decisione infelice… ma in quel momento sembrava una scelta buona come un’altra perché, ehi, Bond è un uomo d’azione, ma non scordiamoci che ai giovani d’oggi piace anche ridere! Non scordiamoci che ‘sta roba la dobbiamo vendere anche agli americani!
Bond Girl & Bond Villain by Gianluca Maconi:
DVD-quote:
“Il punto d’incontro tra la coolness e la scureggia”
Quantum Tarantino, i400calci.com
Bond a Mary Goodnight: “Dimmi la tabellina del 9 scema!”
James “Seth Putnam” Bond.
Gli altri sono gay!
Immagino i giorni passati a studiare lo stunt della macchina, la tensione il giorno delle riprese, il silenzio della troupe durante il salto e il boato di gioia quando è riuscito.
Solo la droga può spiegare come abbiano deciso di rovinare tutto con l’effetto sonoro di Pierino che sviene dopo aver sbirciato il culo a Carmen Russo.
ti giuro che ho passato una settimana a cercare di spiegare quel suono e non mi è venuta una descrizione migliore della tua. mi sa che te la rubo.
Tecnicamente quell’effetto è realizzato molto semplicemente con un slide whistle.
Ma Carmen Russo (dei bei tempi) merita sempre una citazione.
Ruba ruba! :)
anche on io voglio essere il bond di roger moore!
li ho visti tutti gli 007 ma il migliore per me rimane octopussy
il peggiore quello con sophie marceu( l’hanno dato ieri sera sull8 ma ne ho visto 5 minuti )
questo film per me rimane il film in cui 007 ammazza dracula e tatoo di fantasilandia
voto 8
Nick Nack non lo ammazza. Se non ricordo male (e avendolo visto un centinaio di volte non dovrei ricordar male) alla fine lo chiude in una gabbia e lo appende al pennone della barca.
Ed in poche righe Quantum mi riassume il perché il Bond di Roger Moore mi piace.
Per il resto, ho visto questo film almeno tre volte nella mia vita, ma scopro dall’articolo dell’esistenza di Mary Goodnight e Bifolco… completamente cancellati dai miei neuroni letteralmente saturati da qualsivoglia dettaglio del mezzo sorriso condiscendente di Christopher Lee.
Vorrà dire qualcosa?
sono qui per far scontare all’umanità tutti i suoi peccati. non c’è redenzione senza vergogna e non c’è vergogna senza memoria
Signore liberaci!!!
https://youtu.be/fzCIbhLUUA0
Di tutta la sequenza, il fischietto è solo la cigliegina sulla torta dimmerda che viene servita sul piatto dorato di uno stunt spettacolare.
Le battute stridule di Buzzurro, il suo grasso culone che gira ripreso dal basso, il suo urletto che Rosco Piiiiii Coltrane (ci manchi tanto James… ) vorrebbe prenderlo a ceffoni.
Ha chiamato Lando Buzzanca per lamentarsi della becera volgarità…
A causa di Villechaize io per anni ho avuto impiantato il ricordo che Scaramanga fosse interpretato da Montalbàn, e anche adesso, che l’ho rivisto n volte, mi sono dato lo schiaffetto in fronte “Ah, già, Christopher Lee!” E so che lo rifarò.
Spero che Chris mi perdoni…
Mi colpisce che i due film in cui Lee in è stato villain di 007, potenziale (Dr. No) o effettivo (Scaramanga) siano anche due film di James Bond in cui il cattivo è così importante da dare il titolo al film stesso.L’unica altra occasione è in Goldfinger.
Sono andato a risentire il fischio durante il salto dell’auto. Ma perché, perché…
E ho fatto caso solo adesso che c’è un altro caso di personaggio linea comica, fortunatamente molto più limitata, IDENTICA a quella di Vivi e lascia morire/Uomo con la pistola d’oro: l’agente di collegamento Jack Wade, anch’egli americano, grosso e buzzurro, che Bond incontra dapprima in GoldenEye e poi viene ritirato nuovamente fuori ne Il domani non muore mai.
Credo di aver visto questo film solo una volta tanto tempo fa, da ragazzino: da quel che legho e vedo mi ricordavo solo di nick nack e della sua bombetta…
Questo per dire che la linea comica (bionda svampita e grasso buzzurro) non mi risultava pervenuta, ma leggendone nella recensione mi è venuta in mente un’altra linea comica presente nelle storie annuali di martin mystere negli anni novanta (bionda svampita, grasso e smilzo): che, come spesso accadeva nei fumetti bonelli, l’avessero ricalcata dall’accoppiata di questo film?!
Nathan
senza nulla togliere a bonelli che se non stai attento ti ruba anche la sedia da sotto il culo, è un tropo ben poco originale che hanno utilizzato in millemila e di sicuro non ha inventato Bond
Ci sono trattazioni molto colte, approfondite ed interessanti sull’uso di triadi simili negli anime giapponesi, anche in modo “sottile” e quanto i personaggi che le compongono siano l’incarnazione di archetipi antichissimi
il power trio eroe-smilzo-ciccione e tutte le sue varianti ♥
se ricordo bene ha scritto qualcosa al riguardo jacopo nacci
Ma lì si va verso tutt’altro tipo di archetipo: quello rappresentato in questo film è una diade (triade in quelle storie mysteriane) che funge, oltre che da alleggerimento comico, anche come sorta di macguffin quando non proprio motore dell’azione della storia, inteso come innesco di un allontanamento della risoluzione degli avvenimenti (ad esempio mi pare l’aggravarsi della situazione una volta che “involontariamente” viene attivato il raggio della morte).
Nathan
@Quantum: pensavo esattamente a Nacci. Non so se Nathan si rende conto di aver perfettamente descritto nella variante comica il Trio Drombo (tra gli altri, ma fulgido esempio).
bonelli era molto preciso nelle citazioni, a genova avevo conosciuto un tizio di cui non ricordo il nome che lavorava alla serie Zagor e raccontava che giá con quello (cioè prima di dylan dog) le indicazioni su da dove dovessero venire le ispirazioni a livello visivo erano dettagliate tipo “deve essere come in alien quando…”, mi aveva stupito abbastanza.
regaz che ricordi, lavorava in uno studio minuscolo con 2 mac con i quali adesso manco ci potresti far girare excel! :P
@GGJJ
In effetti non me ne potevo render conto, perché banalmente non sapevo chi fosse il trio drombo (grazie santo google per la risposta sulla provenienza da yattaman) ×D
Le similitudini son certo tante, ma l’elemento fondamentale che differenzia il trio drombo dalla diade di questo film è che nel caso di yattaman i personaggi sono legati da relazioni ed interdipendenze narrative prima ancora che metanarrative (sono una squadra e se ricordo bene ddlle poche puntate viste, i due sono dei sottoposti della bionda), laddove invece in bond (ed in martin mystere) il raggruppamento dei personaggi avviene, secondo me, di più ed innanzitutto sul piano metanarrativo per la funzione che assolvono all’interno dell’ordito e non per la loro caratterizzazione o declinazione.
Interessante l’aneddoto condiviso: grazie ^_^
Nathan
Forse il Bond che ho visto più e più volte, in Betamax (!). Effettivamente già da piccolo mi interrogavo sul perché e chi avesse portato Bond nel dojo a fare fight club.
Recensione perfetta che giustamente si interroga sulla bond girl tonta (trovata comunque geniale a mio modo) e sul fischio, forse il MACCOSA definitivo.
Grazie Quantum, il caffè in ufficio ha avuto un altro sapore.
Quel fischio penso che sia la peggiore scelta mai fatta per una scena di un film
Beh, anche quella del piccione in piazza San Marco era proprio powerina…
La scena del ponte era una scena comica. Punto.
Nel 1974 non potevano prevedere che un giorno saremmo diventati tutti degli Sheldon Cooper del cazzo e avremmo preso dannatamente sul serio cazzate come quelle.
“Il lavorone e l’impegnone degli stuntman rovinato dai professoroni della regia!”
Che discorsi da 2020.
a me sheldon cooper del cazzo non lo da!!!!!!!!!!
chiedi scusa!
a me la scena del piccione in piazza a venezia è sempre piaciuto un botto
a me mi
ciao tommaso, nel 1974 non potevano prevedere che 50 anni dopo saremmo diventati tutti critici cinematografici ma, storia vera perché ho controllato da alcune foto d’epoca, avevano già le orecchie. produttore, regista e compositore hanno rivisto quella scena e hanno detto “fa cagare” (la gente cambia idea, incredibile ma vero) non perché hanno visto i nerd infuriati sui forum, ma perché faceva cagare.
@tommaso
“La scena del ponte era una scena comica. Punto.”
Un intervento a gamba tesa e a cazzo duro come il tuo ti obbliga a precisione e mira infallibile.
La scena del ponte *non* è una scena comica.
Quel suono infame fu messo a rimarcare la facilità e la naturalezza con cui a James Bond riescono imprese incredibili.
Un Astro Spiral Jump*? Et voilà! Fatto.
Discreto tentativo, comunque.
* C’è una storia incredibile dietro quello stunt. (leggi qui, punto due). E non mi stupisce che i primi a rinnegare quel fischietto furono proprio stati coloro che ne avevano deciso l’inclusione.
Intanto dico che rileggendo il mio post noto che sembra piu’ aggressivo e meno ironico di quello che voleva essere :)
Detto cio’: Guy Hamilton si sara’ pentito, ma dai, e’ Guy Hamilton, non Kubrick. Nel senso che non e’ esattamente un regista che ha portato avanti una visione, ma un buon artigiano che ha sempre seguito la corrente, per cui non mi fa molto testo che lui o un produttore rinneghino qualcosa. Non mi stupisce non si ricordasse perche’ c’avevano messo il fischio, perche’ probabilmente ce l’avevo messo perche’ sembrava giusto metterlo, perche’ nel 1974 nel sentire comune tirava cosi’.
Ripeto: la scena del ponte era palesemente una scena comica in momento del film assolutamente comico del film, e direi che solo cosi’ poteva essere inteso all’epoca. E’ oggi che quel tipo di spettacolarita’ sopra le righe e’ diventata canonica e cool, allora “macchina che fa un giro su se stessa di 360 gradi” non era sinonimo di “figata”, ma di “cazzata col botto”. Normale e giusto che venisse trattata di conseguenza.
Io i Bond di Moore me li sono visti tutti da ragazzino negli anni 80, quando erano una visione famigliare con nonni, zii e cugini. E ricordo che li si vedeva come si vedevano i film di Bud Spencer e Terence Hill, cioe’ come farse di cui ridere e con cui divertitirsi. (Gia’ i film di Connery avevano un aria piu’ cupa che, per dire, io da bambino gradivo meno.) E boh, ha senso lamentarsi che una farsa abbia elementi (anche sonori) da farsa?
Poi sono il primo a dire che “L’uomo dalla pistola ‘oro” e’ una mega-scemata, eh.
@Pitch f. H.
Io tutto quell’insguimento, con dentro quella scena, me lo ricordo una roba comica al limite dello slapstick. Anche vero che il film non lo rivedero’ da tipo vent’anni, puo’ anche darsi che ricordi male.
@tommaso
Il contesto di quella scena è che Bond e Jar Jar Binks grasso stanno inseguendo Scaramanga che ha rapito Goodnight. Quindi è tendenzialmente serio. Se lo sceriffo stesse zitto anche solo per un secondo (leggasi: comic relief non richiesto) sarebbe anche un inseguimento tosto e teso.
Il salto è una sboronata per guadagnare terreno.
Comunque adesso basta che finisce che hai ragione a darmi dello Sheldon Cooper! :-D
tommy però se vogliamo discutere sul tono del film, le mode dell’epoca e le intenzioni del regista magari dico MAGARI una visione un po’ più fresca di vent’anni fa potrebbe aiutare
non capisco molto il senso del commento commento Quentum, se si discute del tono del film oggi, sará per forza attraverso la lente culturale di oggi ma il film l’han fatto ieri ed è giusto mettere in prospettiva no?
no, infatti non hai capito. stavo dicendo a tommaso che per fare un commento critico al film la visione deve essere almeno un po’ recente, non puoi dirmi “secondo me l’intenzione del regista era questa, secondo me il tono del film era questo” e solo dopo agiungere “comunque il film l’ho visto 20 anni fa, magari ricordo male”
hahaha ok grazie ;)
Ma in questo film Bond non fa le cose migliori quando è ubriaco o ricordo male?
Con questa pellicola iniziano a mettere meglio a focus come fare i film con Moore nei panni di Bond, anche se il mix finale non è ancora perfetto. Scene spettacolari (lo stunt dell’auto, fischio del cazzo escluso (ma perché?!?!), è una bomba pure adesso!), cattivi sempre più macchiettistici (il nano, la pistola d’oro che si monta e si smonta), tecnologia esagerata (l’auto volante, il raggio della morte dentro uno scoglio in Thailandia), figa a pacchi (a parte il fastidio per Miss Goodnight, che razza di gnocca era la Ekland?) e comicità esagerata e spesso fuori luogo (ancora lo sceriffo???).
Potenzialmente questo avrebbe potuto essere uno dei migliori capitoli della serie se solo avessero capito come girarlo per sfruttare al meglio i vari fattori. Il cattivo poteva essere il negativo di Bond e lo scontro tra i due, addestrati alla pari, poteva pure concludersi in modo drammatico. E invece siamo ancora due tacche sotto il meglio.
Vado controcorrente e voglio spezzare una lancia in favore dello sceriffo sudista Pepper. I film di Bond, sopratutto quelli di Moore, vanno contestualizzati. Sono il meglio che il cinema, la moda, la figa e la tecnologia poteva offrire nell’epoca in cui sono stati girati. Probabilmente nel 1974 la spalla comica cicciona, sudaticcia, volgare e fuori posto spaccasse e alla gente piacesse quel genere di comicità. Ora, col senno di poi, la vediamo come la sabbia nelle mutande, ma 46 anni fa probabilmente era il tipo di l’alleggerimento giusto per i gusti del pubblico.
E mo mi metto comodo perché mercoledì prossimo finalmente i capoccia riescono a fare bingo!
il punto secondo me è anche capire cosa, tra la roba che va di moda in un determinato momento, ha senso mettere in un film di bond. la blaxploitation del film scorso e il kung fu di questo sono un conto: bond è comunque un franchise d’azione, ha una certa coerenza sfruttare altri sottogeneri dell’action/poliziesco per capitalizzare sulla loro popolarità. ma mettere inserti esplicitamente (esageratamente) comici in una serie che fino a un attimo prima NON ERA comica, che fino a un attimo prima non aveva quei toni, non è una decisione da prendere così alla leggera. perché se no vale tutto e allora aggiungi direttamente al cast il cane poochie e siamo a posto.
Se tanto mi da tanto è ora di un James Bond con tutina e mantello.
Il cambiamento qua è totale: il Bond di questo film è 100% Roger Moore style.
Il che non sarebbe neanche un male se non fosse che da questo film in poi TUTTI i Bond di Moore diventano appena accettabili, per non dire terribili verso octopussy e bersaglio mobile.
Perché se mi dite che Goldfinger, dalla Russia con amore o Thunderball sono allo stesso livello di un qualsiasi Bond di Moore, dobbiamo parlarne. Seriamente.
Condivido pienamente.
I Bond di Moore sono quelli invecchiati peggio in assoluto e se la giocano ad armi pari con quelli di Pierce Brosnan (eccettutato l’ottimo Goldeneye) in zona retrocessione/playout.
Lo stesso “On Her Majesty’s Secret Service” col monoespressivo Lazenby rimane ancora oggi molto più godibile rispetto ad un qualsiasi film di Moore senza dimenticare che, a mio avviso, Brosnan sia stato un James Bond di gran lunga migliore di Moore. L’irlandese ha avuto la sfortuna di trovarsi nel periodo peggiore della saga…..
Permettimi, non sono d’accordo. Anzi i due migliori di Moore (la spia che mi amava e solo per i tuoi occhi) non sono ancora stati recensiti e, a mio parere, non sfigura o per niente rispetto ai più blasonati di Connery.
Certo poi dobbiamo contestualizzare tutto e indubbiamente Moore rispetto a Connery si è trovato davanti un franchise e una tecnologia che negli anni 60 ancora non c’era. Io per esempio trovo thunderball noiosetto e lo “salvo” grazie al nostro Adolfo Celi. Quello secondo me è un film invecchiato malissimo sotto diversi punti di vista. Poi son gusti, sia chiaro, anche Moore ha fatto dei film brutti su tutti bersaglio mobile.
Concordo invece su Brosnan. Il miglior interprete, il più equilibrato in durezza, humor, sfrontatezza, arroganza, prestanza fisica. Purtroppo non sempre con sceneggiature alla sua altezza. Oltre goldeneye io apprezzo il mondo non basta ma il resto, tranne singole scene (la BMW di il domani non muore mai) è dimenticabile.
E poi Brosnan è l’unico interprete, forse insieme a Dalton, che si vede che vuole bene a Q. Ancora oggi io mi commuovo a vedere Q scendere con l’elevatore e bond dirgli: ma lei non andrà in pensione presto
Figurati, è giusto non vederla allo stesso modo :) si tratta di arte alla fine, la soggettività la fa da padrone.
Sicuramente Roger Moore ha avuto il non facile onere di sostituire Connery e di far proseguire il franchise in un’era in cui non era scontato che la saga andasse avanti anche senza Connery (la singola esperienza di Lazenby, per quanto fosse stata convincente al botteghino, non fa testo), soprattutto considerato il materiale letterario vincolante a disposizione. Spesso, parlando di 007, ci dimentichiamo che comunque la sceneggiatura è assai vincolata dal personaggio di Fleming, che incarnava il prototipo di maschio alpha virile che tutti i maschi del dopoguerra avrebbero desiderato essere e che inevitabilmente (e sottolineo: giustamente) è andato sgretolandosi nei decenni. Il vero motivo del successo della saga è il personaggio, più che la storia in sé: se è attrattivo, se è in grado di calamitare su di sé una credibile attenzione anche misteriosa, il 50% del lavoro è fatto. Il motivo per cui reputo i Bond di Moore invecchiati male o, comunque, non all’altezza di quelli di Connery, è proprio quell’aria poco credibile, poco misteriosa, poco seria, in cui hai la sensazione che, qualsiasi cosa accada sullo schermo, il finale sarà lieto perché non può non esserlo. Non che nei film precedenti ciò non si respiri, ma manca un elemento a mio avviso fondamentale in ogni spy story che si rispetti: la tensione. Concordo col recensore quando asserisce che i film di Moore smettano di lanciare mode, ma piuttosto le inseguano: è esattamente questo il motivo per cui questi 007 siano fallibili, perché non hanno spina dorsale. Ed è grave: non esiste che il Maschio per definizione insegua mode anziché lanciarle. I film di Connery erano iconici, lanciavano un chiaro messaggio di coolness, che poteva essere raccolto o rispedito al mittente: ma la carica iconografica era notevole, innegabile, indiscutibile. L’epoca di Moore sembra quasi una caricatura offensiva di Fleming. L’autoironia di fondo che si percepisce, ad esempio, in “Bersaglio mobile”, “Vivi e lascia morire”, “Octopussy” (che sembra più Indiana Jones che James Bond!), “Moonraker” e anche in questo “L’uomo dalla pistola d’oro” è insopportabile, quasi offensiva per il franchise. Concordo con te su “La spia che mi amava”, l’unico veramente convincente dell’epoca Moore (merita senza alcun dubbio la top10), in cui, per quanto sia il lato “divertente” a permeare la pellicola, vi è una costruzione narrativa solida e, appunto, “attrattiva”. “Thunderball”, che tu reputi giustamente uno dei meno riusciti dell’era Connery, se la gioca ad armi pari con “La spia che mi amava”: la distanza tra uno dei meno riusciti di Connery e il migliore di Moore è risicata. Il che, a mio modesto avviso, la dice lunga.
“Solo per i tuoi occhi” è un discreto film, non lo nego, ma non vede neanche lontanamente i grandi capolavori della saga: senza infamia e senza lode, così come “Il domani non muore mai” con Brosnan.
Gli altri di Moore e Brosnan (scusami, ma “Il mondo non basta” è davvero orrido a mio avviso, un inno al kitsch superato solo da “La morte può attendere”) meritano il fondo della classifica. Povero Brosnan, meritava di meglio.
Ma è proprio ciò che tu dici il grande lavoro di Moore e degli sceneggiatori (perché è chiaro che la scelta è il cambio di mood sarà calato dall’alto). La decostruzione di un’icona che stava invecchiando velocemente. Il maschio degli anni 60 non è quello dei 70, è cambiato o sta cambiando il modello e quindi bond si adatta. La scelta di Moore è funzionale a questo divenire. Basta vedere una puntata de il santo o di attenti a quei due per capire che lo stile non può che essere quello. E ne è segno che questo cambiamento del mood è già presente in una cascata di diamanti. Forse l’esperienza di lazenby, la tragica morte della moglie, l’irrisolta faida con blofeld che lasciano un bond sconfitto come mai (bisognerà aspettare Craig) è stato mostrato, il non eccellente risultato di pubblico e critica fanno scegliere un cambio di passo.
Ovviamente può non piacere, sia chiaro, però non credo sia una deformazione dello 007 di Fleming. È la trasformazione di un eroe figlio degli anni 50 che approda nei 70. Traslando sui fumetti il Peter Parker del 1964 non è lo stesso di quello del 73 o del 77. È meglio? È peggio? Son gusti ma fare un paragone ha poco senso. Diverso sarebbe il discorso se lo avessero snaturato per cui di colpo diventava spidey fosse diventato arrogante, uccideva i villain e sfrattava zia may.
Chiudo dicendo che per me la spia che mi amava sta nettamente sopra thunderball non per una questioni di confronti (vale il ragionamento fatto prima) ma perché lo trovo più scorrevole, con più azione, la lotus, squalo, ecc. Poi quando si recensira’ il film ci sarà modo di parlarne
Il fisico di Britt Ekland però spakka in questo film
pensa se oltre che scema era pure brutta
Per 46 anni ho sperato che quel fischio fosse stato uno sclero del doppiaggio italiano. Una volta tanto non abbiamo nulla da invidiare ai produttori d’oltremanica.
“Mary Goodnight… la quintessenza della bionda tonta e tettona… una roba che scritta oggi lo sceneggiatore andrebbe in prigione senza passare dal via”.
Scusate, ma siamo sicuri che questa sia da considerarsi una stroncatura e non un apprezzamento? :D
per me rimarrá sempre la tipa che NON esce le tette in the wicked man.
A rovinare il momento dello stunt, oltre al fischio bizzarro, anche la battuta di Moore: “Ever heard of Evel Ka-nevil?” Già lo stuntman Evel Knievel è un personaggio irrilevante ora come ora, pronunciato così poi…
Riguardo alla Bond Girl, secondo me hanno fatto di peggio: Denise Richards (!) che fa la scienziata nucleare (!!) chiamata Christmas Jones (!!!), sono curioso di vedere cosa direte in proposito su quel film, trasmesso l’altro giorno fra l’altro.
I disegni sono molto belli, come sempre, e apprezzo il retrogusto di Dracula che ha Scaramanga ;)
ho un commento in canna su quello da 20 anni esatti. non ti deluderò.
(Solo per gioco, quale diehard fan di Roger Moore, mi sono divertito ad immaginare un frammento di conferenza-stampa).
– Miss Ekland, posso chiederle se, nell’interpretare l’agente Mary Goodnight, lei abbia avuto qualche modello di riferimento?
– La ringrazio per la domanda. Certo che ne ho avuti: soprattutto il personaggio più popolare fra quelli del mio ex-marito.
c’ho messo un quarto d’ora a capirla, continuavo a pensare che cazzo c’entra il dr stranamore
:)
Di Brosnan salvo anch’io solo Goldeneye, che ha avuto il merito di rilanciare la saga.
a me piace il filone “serio” di 007, in cui può esserci ironia senza svaccare nella commedia più o meno volontaria.
Quelli di Moore sono assurdi. L’apice è moonraker, in piena epoca star wars.
Totalmente d’accordo
Capisco la scelta e che possa aver avuto successo, ma per me con Moore si passa direttamente alla parodia di Bond
Re: (!) che fa la scienziata nucleare (!!) chiamata Christmas Jones
“I thought that Christmas only comes once a year”
Un amico che lavorava a Hollywood mi spiego’ le scelte di questo film cosi’: Broccoli era accanito un giocatore d’azzardo ed aveva appena perso un sacco di soldi. Per questo fecero un Bond un po’ al risparmio e sul sicuro, riprendendo certe scelte del film precedente. Anche la scelta di fare un Bond autoironico (quasi una autoparodia) con Moore era voluta. Broccoli era un Italoamericano pieno di humor che non solo non dimenticava la lezione di Intrigo internazionale, ma che capiva che i sixties e i Beatles erano finiti da un pezzo. Il vero Bond con Moore e’ il successivo The Spy Who Loved Me, perfetto equilibrio fra azione, locations esotiche, set futuribili, gadget fumettosi e strizzate d’occhio al pubblico.
“una roba che scritta oggi lo sceneggiatore andrebbe in prigione senza passare dal via”
Non è che le veterofemministe del mitu hanno già conquistato il mondo, eh!
uno può pur sempre sognare
Io queste cose le sogno quando digerisco davvero tanto male.
Salve a tutti.
Prendo serenamente atto che ci sono varie posizioni contrastanti, sulla gestione Moore del personaggio fleminghiano: come disse Mark Twain, è la diversità delle opinioni che rende possibili le corse dei cavalli.
E quindi anche la sequenza ad Ascot in AVTAK, ultimo Bond-movie del Nostro (esaltante, per me).
Ci tengo però a sviluppare meglio quanto avevo accennato nel brevissimo commento poco sopra, introducendo la gag su Britt Ekland; naturalmente a livello di puri miei gusti personali, da semplice appassionato del Comandante.
Io amo TUTTA la Classic Continuity di James Bond, 1962-2002, in TUTTE le sue incarnazioni fino a Pierce Brosnan: sì, compresi i bistrattati Mr. Timothy Dalton e Mr. “other fellow” George Lazenby (del quale incidentalmente – visto che siamo in tema di osmosi intergeneri – mi intriga molto l’effimero ma apprezzato passaggio al filone marzialista di Hong Kong, proprio a metà ’70s, concretizzando purtroppo da solo alcuni progetti che aveva iniziato a delineare con il trionfante Bruce Lee in persona).
Traggo invece un po’ meno entusiasmo – solo un po’ – dalla Reboot Continuity inaugurata nel 2006; per varî motivi, fra cui sicuramente il tono più dark (filologico finché si voglia; il tono, perché se pensiamo al rivoluzionario background di Ernst Stavro Blofeld…).
Del resto, mi trovo in una eccellente compagnia: di Matthew Vaughn, dichiarato fan rogermooriano, che proprio per questo abbandono della levitá negli spy-movies mise mano (con l’abituale co-writer Jane Goldman) a «Kingsman – The Secret Service», 2015.
Vuoto di entertainment egregiamente riempito, IMHO.
Ciò non toglie (ribadisco), tornando alle origini ed al primo decennio della saga Eon, che il meno umoristico Sean Connery non potrebbe essermi più caro di così, in quanto Fondatore del Mito bondiano sullo schermo (nonché per il complesso della carriera, va da sé): la sua prima apparizione in smoking, al tavolo da gioco del Club Le Cercle – per il sottoscritto come credo per chiunque – sta lassù, fra quelle di John Wayne in «Stagecoach / Ombre Rosse» e di Harrison Ford in «Raiders of the Lost Ark» (dico le prime due “great entrances” che mi siano venute in mente).
Ma, appunto, nei termini di identificazione elettiva e di sfrenato divertissement ai quali si è riferito Quantum Tarantino, propendo anch’io per l’approccio ìlare di Sir Roger George Moore, KBE: adoro tutti i suoi 7 OO7 (record impossibile da eguagliare, almeno in àmbito eredi Broccoli; e secondo me assai più significativo di quello meramente “temporale”, 14 anni di permanenza, ascritto a Daniel Craig); così come – ecco il diehard fan completista – adoro «The Saint», «The Persuaders», «That Lucky Touch», «Shout at the Devil», «The Wild Geese», etc.
A proposito, da un resoconto durante il filming di quest’ultimo, mi piace concludere con il ricordo di ciò che Richard Harris aveva chiesto a Moore e della risposta che ne aveva ricevuto (stavolta NON è una mia invenzione):
– Roger, vecchio ragazzo, quando ti deciderai a prendere sul serio il business del cinema?
– Quando il business del cinema si deciderà a prendere sul serio me…