Cominciamo dal titolo: allora, in questo film c’è una diavolessa assassina di nome Aicha Kandisha che va in giro ad ammazzare chi vuoi tu (e non solo); la evochi disegnando un pentacolo col sangue e dicendo per cinque volte “Aicha Kandisha”, perché non è una che bada tanto al sottile; tutti i personaggi la chiamano Aicha Kandisha. Quindi questo film dovrebbe chiamarsi “Aicha Kandisha”, no? No. Facciamo soltanto “Kandisha”, dai, che si è già fatta una certa e Maury e Bustillo hanno fretta di andare a fare 200 euro di benzina.
Fin dalla carrellata aerea iniziale, è evidente che il fulcro dell’interesse dei registi sia la caratterizzazione sociale delle tre protagoniste e della loro cumpa, delineata in modo preciso e credibile: siamo nella banlieue, brutta come è giusto che sia; ci sono varie etnie che convivono, ragazze e ragazzi senza grandi prospettive che fumano, scopano, giocano; ci sono famiglie difficili e altre che sono appena riuscite a riscattarsi economicamente. Come si può prevedere (è comunque un film scritto col pennarellone nel 2022), la famiglia difficile è quella della bianca Amélie, la famiglia che ce l’ha fatta ma non dimentica le origini è quella della nera Bintou; completa il trio la marocchina Morjana, che una famiglia non ce l’ha e allora vuole fare un bel graffito in onore dei genitori morti insieme alle sue amiche all’interno di un palazzo prossimo alla demolizione. Ma fatelo da un’altra parte così dura di più, no?
Comunque, una sera Morjana racconta una leggenda marocchina deppaura alle altre due: esiste un demone, Aicha Kandisha, che ammazza gli uomini che maltrattano le donne. Figata! Una vera eroina femminista al passo coi tempi! Scherzo. La sera stessa, Amélie ha un alterco col suo ex, che cerca di violentarla. Amélie invoca Aicha Kandisha, la quale non solo ammazza il tipo (e fin qui ha senso), ma poi si mette ad ammazzare altri uomini a cui le tre ragazze vogliono bene (e qui non ha un cazzo di senso). Ma a Maury e Bustillo le questioni di senso non interessano, e fino a un certo punto hanno ragione loro: se l’ira implacabile di Aicha Kandisha è una scusa per creare sequenze di morire malissimo con le ossa schiantate fuori dalla carne, torsi spiattellati in due, fazze spiaccicate, gente che cade e si sfrocia sul selciato brutto della banlieue brutta, chi sono io per giudicare? Cioè, giudico bene, anzi benissimo! Questo è uno di quei filmi, un po’ come uno di quei porni, in cui ti viene da urlare “Troppa trama!” e ti vuoi concentrare solo sulle parti salienti; e invece ti tocca anche tutta la fuffa intorno.
Come fermare la sete di sangue della perfida Aicha Kandisha? Le soluzioni hanno una meno senso dell’altra, ma ormai non è più questo che ci importa; col fatto che la storia sia una cazzata abbiamo già fatto pace. Il problema è un altro, e ben altro: perché a questo punto, come dire, il film è finito. I registi si sono divertiti ad escogitare le sequenze truculente, a far sentire la musica dei ggiovani che ascoltano i ggiovani mentre si fanno le sigarette di droca dei ggiovani, a far piombare una diavolessa dai piedoni di capra nel tinello buono, uff che fatica! Per cui a un certo punto hanno deciso che il film finisce qui; non hanno più voglia di girarlo, la capra (un’altra, non Aicha Kandisha) gli ha mangiato la sceneggiatura, devono di nuovo fare benzina (probabile). Sta di fatto che iniziano a fare retconning mannaro, a inserire gratuitamente elementi esterni che appesantiscono una storia agile, a ritardare il finale già scontatissimo; e soprattutto, imperdonabile, lasciano gli attori, seppur volenterosi, a gironzolare allo stato brado:
Esempio 1:
“Sono un bambino di 8 anni, mia sorella ha sgozzato il mio coniglietto cercando di evocare Aicha Kandisha. Come devo reagire?”
“Niente, tanto adesso ti porta da un imam esorcista”
“Ah, figo! Allora in quella scena lì cosa faccio?”
“Ma non rompere il cazzo”
Esempio 2:
“Quindi ora entro in casa e trovo Aicha Kandisha che fa a pezzi mio padre; cosa faccio, svengo? Mi dispero? Faccio qualcosa per aiutarlo?”
“Boh, stai lì e urla qualcosa”
“Così? E basta?”
“Buona la prima, pausa caffé!”
Ma come, una tale sciatteria da parte di Maury e Bustillo (che io continuo a pronunciare alla bergamasca, il Màuri e il Bustìllo, come se fossero due compagni delle medie)! Ma signora mia, questi due non erano mica due geni maledetti una quindicina di anni fa? Come hanno fatto a cadere così in basso? Quindi sono andata a ripescare i loro nomi sulle nostre gloriose pagine e ho capito che no, questi due non sono mai stati dei grandi geni; e infatti noi non li abbiamo mai (o quasi) trattati come tali. Abbiamo sempre avuto ragione noi, insomma. Ciao Mauri, ciao Bustillo, salutatemi la cumpa.
DVD-quote:
“Troppa trama”
Cicciolina Wertmüller, i400calci.com
Sto recuperando in questi giorni i film che non avevo ancora visto di Yuzna e Gordon girati in Spagna negli anni zero (scoprendo per altro che Gordon ha avuto un finale di carriera DA URLO) e mi sono trovato a ragionare sulla “new wave” horror spagnola di quegli anni, di quanto fosse solida, varia, divertente, e di come stia invecchiando bene. Idem con patate per quella inglese, sempre di quegli anni. E di come invece quella francese, che fu quella che all’epoca accese piu’ i cuori e le speranze, alla lunga si sia rivelata quasi una bolla di sapone, con davvero pochi titoli da mettere via e registi che si sono quasi tutti persi. Dice tutto che alla fine quello che va avanti con piu’ corenza sia quel cazzone di Aja.
Spingiti più a nord , Belgio , Germania , Danimarca , Finlandia , Norvegia e Svezia.
Ci vorrà un po’ ma diverse belle cose le troverai.
Beh certo, parlavo di scene horror grosse e affermate in Europa, che all’epoca erano quelle tre.
Ai tempi della new wave francese ricordo che venne al Frightfest il regista di La Horde e, in un momento assolutamente insospettabile in cui sembrava che il suo film continuasse un’ondata ancora in crescita, disse che in realtà la pacchia era già finita e che non c’erano già più finanziamenti. Quindi insomma, si sapeva che sarebbe durata poco. Dispiace solo che quelli che avevano fatto in tempo a brillare non siano riusciti a riaffermarsi – M&B non trovando più l’ispirazione di À l’intérieur, Xavier Gens andando a girare roba moscia a Hollywood, Pascal Laugier rimanendo nella sua nicchia. Aja quello più fortunato, alla fine dei conti.
“Rec” è stato probabilmente l’apice di quel periodo d’oro dell’horror spagnolo
Di loro ho visto solo À l’intérieur e, pur trovandolo divertente, l’ho sempre reputato un filmetto non all’altezza della fama che si è costruito.
idem
Mathilde Lamusse immediato Jimmy Bobo special regione Liguria.
Grande Ciccy che nella rece scrive il nome della tizia 6 volte e mentre leggevo avevo paurissima. Comunque Hai La Candida ( in italiano) ho scoperto che esiste davvero come entità. Questa cosa è molto bella, anche perchè se compare è una grandissima gnocca ma tu puoi salvarti osservandole i piedi. Si salvano solo i feticisti, quindi.