John Ford e John Wayne.
Akira Kurosawa e Toshiro Mifune.
Martin Scorsese e Robert De Niro.
Tim Burton e Johnny Depp.
Joe Dante e Dick Miller.
Massì, anche Isaac Florentine e Scott Adkins.
Sono tanti i registi che si fanno ispirare dal loro attore preferito e finiscono per sfornare diversi lavori insieme.
Ma la mia coppia preferita, se me lo chiedete oggi, è quella formata da Ernesto Díaz Espinoza e Marko Zaror.
Lo è perché ogni loro film è un atto d’amore.
Innanzitutto perché stanno in Cile! Chi parla mai del Cile? Io gli unici film dal Cile che ho visto in vita mia sono quelli di Alejandro Jodorowski, e potrei sbagliarmi ma non mi risulta che sia uscito molto altro da là.
Per me il Cile, storicamente, è Alejandro Jodorowski e Ivan Zamorano (e qualche altro calciatore inferiore). Stop.
E invece succede che da quelle parti nasca un atleta impressionante, proprio uno di quelli da next level genetico, un giandone di 1,88 dalle spalle larghe, il fisico scolpito e l’agilità di una libellula, che a 18 anni è già un prodigio delle arti marziali e intanto – siccome non gli manca niente – campa facendo il fotomodello.
Contemporaneamente nasce anche un tizio in fissa con le arti marziali ma più specificatamente col cinema di genere tutto, che diventa un filmmaker di tutto rispetto, diciamo una specie di Robert Rodriguez, con lo stesso amore ma meno schizofrenia.
E quando dico contemporaneamente intendo proprio contemporaneamente: IMDb, lo scopro ora, dice che sia Marko Zaror che Ernesto Díaz Espinoza sono nati a Santiago del Cile il 10 giugno 1978. Poi dice che si sono conosciuti solo al liceo.
Kiltro, Mirageman, Mandrill, Redeemer: tutta roba di cui vi abbiamo già parlato o almeno accennato.
Tutti film in cui non ci si accontenta di trovare una scusa qualsiasi per dare a Marko Zaror qualcuno da stendere a calci volanti: gli si dà un personaggio dettagliato, gli si costruisce un mondo intorno, si omaggia un genere, un sottogenere o un immaginario.
E con Fist of the Condor, finalmente, si fa un gongfupian.
Un gongfupian classico, come si facevano a Hong Kong negli anni ’60.
Tranne che è ambientato in Cile. Oggi. Più o meno.
Non sto ad aprire una parentesi per spiegare che i gongfupian sono i film di kung fu cinesi realistici e di ambientazione moderna, tipo quelli di Bruce Lee, contrapposti ai wuxiapian che sono invece i film magici in costume dove volano coi cavi e si danno le spadate, tipo quelli omaggiati da La tigre e il dragone, perché sicuramente lo sapete tutti. Siete un pubblico di amanti della cultura e io vi ringrazio per il tempo e lo spazio che ho appena risparmiato.
Quello che voglio tentare di farvi immaginare però è una storia ambientata in tempi imprecisati ma moderni in Cile su un maestro di arti marziali che ha delle storie pese di rivalità con un fratello gemello, e che conosce un colpo segreto che se lo sai sei il più forte di tutti: il Pugno del Condor, appunto. Il Cile di questo film fa di tutto per assomigliare alla Cina dei grandi classici del kung fu: è tutto ripreso in paesaggi di campagna, sterpaglia, spiagge e casolari isolati dal mondo, ma è anche saltuariamente intervallato da Marko Zaror che gira in moto come una specie di Mad Max nell’apocalisse, a dare al tutto un tocco da racconto mitologico senza tempo, un po’ alla Strade di fuoco.
Però la trama è proprio così: un misterioso colpo invincibile di obbligatoria provenienza animale; due gemelli che avevano iniziato l’addestramento insieme, per poi separarsi e ritrovarsi agli estremi opposti della morale, come yin e yang; l’eterna battaglia, filosofia ed etica opposte, personaggi senza nome, i traumi fisici e mentali, ecc… Tranne che sono tutti cileni. Più un asiatico o due di contorno, come timbro di garanzia immagino.
Come negli altri film del duo Zaror/Espinoza, la scusa si presta bene a un numero abbondante di esibizioni marziali, ma il resto è tutt’altro che riempitivo: il resto è passione vera.
Il resto è divertirsi a costruire una mitologia semplice ma dettagliata, un mettere in scena luoghi comuni e archetipi ma levigati con amore.
Immaginate un’operazione alla Pacific Rim, ma sulle arti marziali invece che sui robot: Marko Zaror adotta uno stile di menare personale, spesso in posa con il busto in avanti e le braccia tese dietro come (appunto) un condor in picchiata, ma a volte anche imitando altri animali tipo quando si mette a galoppare a quattro zampe come una pantera (o quando fa il suo caratteristico salto della farfalla, sempre impeccabile anche a 45 anni); il suo gemello (Marko Zaror con una parrucca terribile) ha una sua variante di stile che riflette la brutta piega morale che ha preso il suo personaggio; lo scagnozzo principale è un praticante cileno di kalaripayattu. E ogni colpo è coreografato e ripreso senza strafare ma con ossequiosa cura.
Insomma: ci si diverte, e ci si commuove anche un pochino.
Si tirano degli accidenti quando (più un’avvertenza che uno spoiler) si scopre che è soltanto la prima parte di una saga, ma si chiude se non altro in un posto sensato.
Si tirano degli accidenti più forti quando poi si va a leggere su IMDb che Espinoza e Zaror sono già passati ad altro invece che girare la seconda parte di questo, ma nel loro prossimo film ci sarà anche l’amico Scott Adkins, quindi ci accontentiamo.
Pellicola graffiata e doppiata male-quote:
“La miglior dimostrazione che Cina e Cile hanno solo due lettere di differenza”
Nanni Cobretti, i400Calci.com
P.S.: un saluto anche a Patricio Valladares che, sempre dal Cile, continua imperterrito da oltre un decennio a tenere alta la bandiera del gore underground
Quindi “Ku Fu – dalla Sicilia con furore” è un gongfupian.
Non vedo errori.
Vabbè, a proposito del Cile.
Hai/avete visto SENDERO (Path – 2015)?
Ero convinto di sì e invece no.
Direi che merita. A suo tempo era su Netflix.
Infatti mi ricordavo di Hidden in the woods (https://www.i400calci.com/2012/09/frightfest-2012-hidden-in-the-woods/), come di un film che vorrei ma mai oserò guardare. Quello che si vede su IMDB del 2014 immagino sia l’annunciato&edulcorato remake. Ma quindi l’originale rimane nell’underground più verace?
rece top come sempre
È un po’ che ho perso di vista Patricio, ma so che ha un nuovo film in uscita quest’anno che sarà a un festival londinese a cui purtroppo non riuscirò ad andare. Non sono neanche mai riuscito a vedere il remake di Hidden in the Woods.
Di film cileni ce ne sono abbastanza da far tremare le pareti ,ad esempio il Traume del 2017 film per stomaci forti.
Si trova anche sub ita.
P.s. Questo lo guarderò a cannone di certo.
Non ricordo se ho visto qualcosa con Zaror protagonista.
Così al volo, quale consigli?
Questo e Redeemer sono forse i più facili da rintracciare visto che hanno avuto un’uscita italiana.
oh la fotta! dove si recupera? è giá uscito?
“Where to watch Fist of the Condor” in fondo all’articolo 😅
Hahaha ok grqzie
Amenabar, Larrain e Lelio. Almeno questi recenti sono da citare per quanto poco calciabili.
ok pero amenabar ha studiato e, credo, continui a lavorare a madrid. insomma io lo metterei tra i registi spagnoli
Di Larrain ho visto quello su Lady Diana e l’ho disprezzato proprio concettualmente.
In ambito cinematografico “Spencer” è IL MALE.
se si parla di Cile, eccezione meritevolissima El Conde appena uscito.
si mena poco, ma fantasia e gore sopra la media.
Biografia romanzata e gore su Andonio Conde?
Ma è meglio questo o Redeemer?
La Madonna che ho tirato sul finale aperto i miei vicini ancora se la ricordano. E poi che dura solo un ora e un quarto! Potevano allungarlo mezz’ora e chiudere tutto. Cmq spero che facciano il sequel. Tolto lo shock finale, il resto mi è piaciuto parecchio.
Bello bello bello. Sarà stata l’atmosfera diversa dal solito oppure la durata “giusta” con il giusto concentrato di botte e riflessioni, ma mi è piaciuto parecchiotto. Grazie per il bel suggerimento.
Tanta tanta roba.